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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE IV. - PER LA DOMENICA IV. DELL'AVVENTO

 

Dell'amore che ci porta Gesù Cristo e dell'obbligo che noi abbiamo di amarlo.

Et videbit omnis caro salutare Dei. (Luc. 3. 6.)

 

Questo Salvatore del mondo predetto dal profeta Isaia, che un giorno gli uomini avrebbero veduto in questa terra, et videbit omnis caro salutare Dei, eccolo è già venuto, e noi l'abbiam veduto non solo conversare tra gli uomini, ma anche patire e morire per nostro amore. Tratteniamoci dunque questa mattina a considerare l'amore che dobbiamo portare a Gesù Cristo, almeno per gratitudine dell'amore ch'egli ci porta. Onde vedremo

 


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Nel punto I. Quanto è grande l'amore che ci ha dimostrato Gesù C.;

 

Nel punto II. Quanto noi siamo obbligati a riamarlo.

 

PUNTO I. Quanto è grande l'amore che ci ha dimostrato Gesù Cristo.

 

Dice s. Agostino che a questo fine Gesù Cristo è venuto, acciocché l'uomo conoscesse quanto lo ama Iddio: Propterea Christus advenit, ut cognosceret homo, quantum eum diligat Deus. Egli è venuto dunque, e per dimostrarci l'amore immenso che ci porta questo Dio, ci ha donato tutto se stesso con abbandonarsi a tutte le pene di questa vita e poi ai flagelli, alle spine ed a tutti i dolori e disprezzi che patì nella sua passione sino a morire abbandonato da tutti sopra di un legno infame di croce: Dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis1.

 

Ben potea Gesù Cristo salvarci senza morire in croce e senza patire. Bastava per redimerci una sola goccia del suo sangue; bastava una semplice sua preghiera offerta all'eterno Padre, perché essendo ella d'infinito valore per ragione della di lui divinità, bastava a salvare il mondo e mille mondi; ma no, dice il Grisostomo, o altro autore antico: Quod sufficiebat redemptioni non sufficiebat amori: quel che bastava alla nostra redenzione non bastava al grande amore ch'egli ci portava. Volle pertanto, affin di dimostrarci quanto ci amava, non solo spargere parte del suo sangue, ma tutto il sangue a forza di tormenti. Ciò significano le parole ch'egli proferì nella notte precedente alla sua morte: Hic est enim sanguis meus novi testamenti, qui pro multis effundetur etc.2. La parola effundetur dinota che il sangue di Gesù Cristo nella sua passione fu tutto sparso sino all'ultima goccia; e perciò quando dopo la morte gli fu aperto il costato colla lancia da Longino, uscì sangue ed acqua, in segno che quelle erano le ultime goccie di sangue che gli erano rimaste; sicché potendo Gesù Cristo salvarci senza patire, volle abbracciare una vita tutta colma di pene, e poi volle morire con una morte amara ed ignominiosa di croce: Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis3.

 

Si dice in s. Giovanni4: Maiorem hac dilectionem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis. Che potea far più il figlio di Dio per dimostrarci l'amore che ci portava, che morire per noi? Che può fare più un amico per un altro, che dar la vita per lui? Maiorem hac dilectionem nemo habet. Dimmi, fratello mio, se un servo tuo, se l'uomo più vile della terra avesse fatto per te quel che fece Gesù Cristo, in morir di dolore su d'una croce, potresti tu ricordartene e non amarlo?

 

S. Francesco d'Assisi par che non sapesse pensare ad altro, che alla passione di Gesù Cristo; e pensando a quella, continuamente piangea, sì che per lo tanto spargimento di lagrime diventò quasi cieco. Un giorno fu trovato così piangendo ai piedi del crocifisso, e sospirando a gran voce: dimandato perché così piangesse ed esclamasse, rispose: «Piango i dolori e le ignominie del mio Signore. E quello che più mi fa piangere è che gli nomini, per cui egli ha tanto patito, ne vivono scordati».

 

Se mai dubiti, o cristiano, se ti


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ama o no Gesù Cristo, alza gli occhi, e guardalo pendente da quella croce. Ah che troppo certi testimonj dell'amore che per te conserva, dice san Tommaso da Villanova sono quella croce, dov'egli sta inchiodato, quei dolori interni ed esterni che patisce, e quella morte amara che per te sopporta: Testis crux, testes dolores, testis amara mors, quam pro te sustinuit1. Non senti, dicea s. Bernardo, la voce di quella croce, di quelle piaghe, che gridano per farti intendere che egli veramente ti ha amato? Clamat crux, clamat vulnus, quod ipse vere dilexit.

 

Dice s. Paolo che non tanto la flagellazione, la coronazione di spine, il viaggio doloroso al Calvario, l'agonia di tre ore sopra la croce, e tutte le altre pene di pugni, schiaffi, sputi in faccia ed altre ingiurie che patì Gesù Cristo, ci debbono muovere ad amarlo, quanto l'amore che ci ha dimostrato nel voler tanto patire per noi: questo amore, dice l' apostolo, non solo ci obbliga, ma in certo modo ci fa forza e ci costringe ad amare un Dio che ci ha tanto amato: Caritas enim Christi urget nos2. Scrive s. Francesco di Sales su questo testo: «Sapendo noi che Gesù vero Dio ci ha amati sino a soffrire per noi la morte e morte di croce, non è questo un avere i nostri cuori sotto d'un torchio, e sentirlo stringere per forza, e spremerne l'amore per una violenza che tanto è più forte, quanto è più amabile

 

Fu tanto l'amore del quale ardea per noi l' innamorato cuore di G. Cristo, che non solo volle per noi morire, ma in tutta la sua vita sospirava ardentemente quel giorno in cui dovea patir la morte per nostro amore. Perciò mentre viveva andava dicendo: Baptismo autem habeo baptizari, et quomodo coarctor, usquedum perficiatur3? Io dovrò esser battezzato nella mia passione col battesimo del mio medesimo sangue, per lavare i peccati degli uomini; et quomodo coarctor, ed oh quanto mi sento stringere, come spiega s. Ambrogio, dal desiderio che giunga presto per me il giorno della mia morte! Quindi nella notte precedente alla sua passione ebbe a dire: Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum, antequam patiar4.

 

Scrisse s. Lorenzo Giustiniani: Vidimus sapientem prae nimietate amoris infatuatum. Abbiamo veduto, disse, il Figlio di Dio, ch'è la sapienza divina, quasi impazzito per il troppo amore portato agli uomini. Questo appunto diceano i gentili, quando loro si predicava la morte di Gesù Cristo, da lui sofferta per amore degli uomini, la stimavano una pazzia da non potersi mai credere, così attesta l'apostolo: Nos autem praedicamus Christum crucifixum, iudaeis quidem scandalum, gentibus autem stultitiam5. E chi mai può credere, essi diceano, che un Dio felicissimo in se stesso, e che di niuno ha bisogno, abbia voluto prendere carne umana, e morire per amore degli uomini sue creature? Ciò sarebbe lo stesso che credere un Dio divenuto pazzo per amore degli uomini: Stultum visum est, scrisse s. Gregorio6, ut pro hominibus auctor vitae moreretur. Ma checché si dicano e pensino gl'infedeli, egli è di fede che il Figlio di Dio per nostro amore ha voluto spargere tutto il suo sangue,


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per farne un bagno e lavare le nostre anime da tutti i loro peccati: Dilexit nos et lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo1. Quindi i santi considerando l'amore di Gesù Cristo, restavano ammutoliti dallo stupore. S. Francesco di Paola a vista del crocifisso non sapeva far altro che esclamare: O amore! O amore! O amore!

 

Cum dilexisset suos, qui erant in mundo, in finem dilexit eos2. Questo amante Signore non fu contento di dimostrarci il suo amore, morendo per noi sulla croce, ma giunto al fine della sua vita, volle di più lasciarci la sua medesima carne per cibo delle anime nostre, e così unirsi tutto con noi, dicendo: Accipite et comedite, hoc est corpus meum3. Ma di quest'altro dono ed eccesso di amore ne parleremo a lungo un'altra volta, quando tratteremo del ss. sacramento dell'altare. Passiamo ora all'altro punto.

 

PUNTO II. Quanto noi siamo obbligati di amare Gesù Cristo.

 

Chi ama, vuol essere amato. Dice s. Bernardo: Cum amat Deus, non aliud vult quam amari4. E prima lo disse lo stesso Redentore: Ignem veni mittere in terram, et quid volo nisi ut accendatur5? Io, dice Gesù Cristo, sono venuto in terra per accendere ne' cuori degli uomini il santo fuoco del divino amore, et quid volo nisi ut accendatur! Dio non vuol altro da noi, che essere amato; e perciò la santa chiesa ci fa pregare: Illo nos igne, quaesumus, Domine, Spiritus inflammet, quem Dominus Iesus Christus misit in terram, et voluit vehementer accendi. Ah che non han fatto i santi, accesi da questo fuoco! Hanno abbandonato tutto, delizie, onori, porpore e scettri, per tendere solo ad ardere di questo beato fuoco. Dirai: ma come potrò fare, per ardere anch'io d'amore per Gesù Cristo? Fa come faceva Davide: In meditatione mea exardescet ignis6. La meditazione è la beata fornace, dove si accende questo beato fuoco dell'amor divino. Fa l'orazione mentale ogni giorno, pensando alla passione di Gesù Cristo, e non dubitare, che tu pure sarai acceso da questa beata fiamma.

 

A questo fine, dice s. Paolo, Gesù Cristo ha voluto morire per noi, per impadronirsi di tutti i cuori: In hoc enim Christus mortuus est, et resurrexit, ut et mortuorum et vivorum dominetur7. Egli ha voluto dar la vita per tutti gli uomini senza escluderne alcuno, scrive lo stesso apostolo, affinché niuno di essi viva più a se stesso, ma viva solo a quel Dio che per lui ha voluto morire: Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt, iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est8.

 

Ah che per ben corrispondere all'amore di questo Dio bisognerebbe che un altro Dio morisse per lui, com'è morto Gesù Cristo per noi!

Ma bisogna esclamare: oh ingratitudine umana! Un Dio ha voluto dar la vita per la salute degli uomini, e gli uomini neppure vogliono pensarci! Ah che se ciascuno pensasse spesso alla passione del Redentore, ed all'amore che in quella ci ha dimostrato, come potrebbe non amarlo, con tutto il suo cuore? A chi guarda con viva fede Gesù appeso a tre chiodi


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in un patibolo infame, ben ogni piaga di Gesù gli parla e dice: Diliges Dominum Deum tuum: ama, o uomo, ama il tuo Signore e Dio, che ti ha tanto amato: ed a queste così tenere voci chi mai può resistere? Dice s. Bonaventura, che le piaghe di Gesù Cristo sunt vulnera dura corda vulnerantia, et mentes congelatas inflammantia; sono piaghe che impiagano i cuori più duri, ed infiammano le anime più fredde.

 

Oh si scires mysterium crucis! disse s. Andrea apostolo al tiranno, mentre quegli lo tentava a negar G. Cristo: o tiranno, ei volle dire, se tu intendessi l'amore che ti ha portato il tuo Salvatore nel voler morire sopra d'una croce per salvarti, non ti affaticheresti a tentarmi, ma abbandoneresti tutti i beni di questa terra per darti tutto ad amar Gesù Cristo.

 

Termino, uditori miei dilettissimi, con raccomandarvi da oggi avanti di meditare ogni giorno la passione di Gesù Cristo; mi contento che v'impieghiate un quarto d'ora. Almeno ognuno di voi si procuri una bella immagine del crocifisso, la tenga nella sua stanza, ed almeno da quando in quando gli dia un'occhiata dicendo: ah Gesù mio, voi siete morto per me, ed io non vi amo! Se un amico patisce per un altro ingiurie, percosse e carceri, molto si compiace che quegli se ne ricordi, ci pensi e ne parli con gratitudine. All'incontro molto gli dispiace se colui non vi vuole pensare e non ne vuole sentir parlare. E così molto piace a Gesù Cristo che noi spesso pensiamo alla sua passione; e molto gli dispiace che noi neppure vi vogliamo pensare. Oh quanto ci consoleranno in morte i dolori e la morte di Gesù Cristo, se in vita gli avremo meditati spesso con amore! Non aspettiamo che gli altri nella nostra morte ci pongano in mano il crocifisso, e ci ricordino quel che G. Cristo ha patito per noi: abbracciamolo da ora in vita, e teniamolo sempre stretto con noi, acciocché con lui possiamo vivere e morire. E chi è divoto della passione del Signore, non può non esser divoto anche de' dolori di Maria: la memoria de' quali anche molto ci consolerà in punto di morte. Oh bel meditare, meditare Gesù in croce! Oh bel morire, morire abbracciato con Gesù crocifisso, morendo volentieri per amor di quel Dio che è morto per nostro amore!

 




1 Gal. 2. 20.

2 Matth. 26. 28.

3 Phil. 2. 8.

4 15. 13

1 Conc. 3.

2 2. Cor. 5. 14.

3 Luc. 12. 50.

4 Luc. 22. 15.

5 1. Cor. 1. 23.

6 Hom. 6.

1 Apocal. 1. 5.

2 Ioan. 13. 1.

3 Matth. 26. 26.

4 Serm. 83. in Cant.

5 Luc. 12. 49.

6 Ps. 38.

7 Rom. 14. 9.

8 2. Cor. 5. 15.




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