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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE XVIII. - PER LA DOMENICA IV. DI QUARESIMA

 

La tenera compassione che ha G. C. de' peccatori.

Facite omnes discumbere. (Ioan. 6. 10.)

Abbiamo nel vangelo di questo giorno, che ritrovandosi il nostro Salvatore sopra di un monte co' suoi discepoli e colla moltitudine di quasi cinquemila persone che lo aveano seguito, in vedere i miracoli che facea sopra gl'infermi, dimandò egli a san Filippo: ove compreremo tanti pani che bastino a dar da mangiare a questa povera gente? Rispose s. Filippo: Signore, per comprar tanti pani non ci bastano dugento danari. Allora dice s. Andrea: qui vi è un fanciullo che tiene cinque pani d'orzo e due pesci; ma che possono bastare a tanti? Ciò non ostante Gesù Cristo disse: via su fate che tutti siedano a terra, facite


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omnes discumbere; e poi fece dispensare quei pani e quei pesci, che non solo bastarono a tutti, ma raccogliendo in fine gli avanzi del pane, se ne empirono dodici cofani. Il Signore fece questo gran miracolo per compassione che ebbe di tanti poveri nel corpo, ma assai più grande è la compassione che egli ha de' poveri nell'anima, quali sono i peccatori, che sono privi della divina grazia; e questo sarà il soggetto del presente sermone: «La tenera compassione che ha Gesù Cristo de' peccatori.

 

Il nostro amantissimo Redentore, spinto dalle viscere della sua misericordia verso degli uomini che gemeano miseramente sotto la schiavitù del peccato e del demonio, scese dal cielo in terra per redimerli e salvarli dalla morte eterna colla sua propria morte: così cantò s. Zaccaria padre del Battista, allorché venne in casa sua la b. Vergine Maria, già fatta madre del Verbo Incarnato: Per viscera misericordiae Dei nostri, in quibus visitavit nos oriens ex alto1.

 

Quindi dichiarò poi Gesù Cristo che esso era quel buon pastore ch'era venuto in terra a dar la salute a noi sue pecorelle: Ego veni ut vitam habeant, et abundantius habeant2. Notate quella parola abundantius, la quale esprime che egli era venuto non solo a farci ricuperare la vita perduta della grazia, ma a donarci una vita più abbondante e migliore della vita perduta da noi col peccato. Sì, perché dice s. Leone, che Gesù colla sua morte ci recò maggior bene, che non ci avea recato di danno il demonio col peccato: Ampliora adepti sumus per Christi gratiam, quam per diaboli amiseramus invidiam3. E ciò significò ben anche l'apostolo, quando disse che la grazia avea sopravanzato il delitto: Ubi abundavit delictum, superabundavit et gratia4.

 

Ma, Signor mio, giacché avete voluto prender carne umana, bastava una sola vostra preghiera a redimere tutti gli uomini; che bisogno vi era di fare una vita così povera e disprezzata per 33 anni, ed una morte così amara e vituperosa, morendo di dolore sopra di un legno infame, spargendo tutto il vostro sangue a forza di tormenti? Sì, risponde Gesù Cristo, ben so che bastava una goccia del mio sangue, una semplice mia preghiera a salvare il mondo; ma non bastava a dimostrare l'amore che io porto agli uomini: e perciò ho voluto tanto patire e morire con una morte così atroce, per essere dagli uomini amato, dopo che mi avessero veduto così morto per loro amore. Questo importa, disse, essere buon pastore: Ego sum pastor bonus, bonus pastor animam suam dat pro ovibus suis5.

 

O uomini, uomini, e qual maggior segno d'affetto potea darci il Figlio di Dio, che dar la vita per noi sue pecorelle? In hoc, scrive s. Giovanni, cognovimus caritatem Dei, quoniam ille animam suam pro nobis posuit6. Non può alcuno, disse il medesimo Salvatore, dimostrar maggiore amore a' suoi amici, che dare per essi la vita: Maiorem hac dilectionem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis7. Ma voi, Signore, non solo per gli amici, ma


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siete morto per noi, che per i nostri peccati eravamo vostri nemici: Cum inimici essemus, reconciliati sumus Deo per mortem Filii eius1. Oh amore immenso del nostro Dio, esclama s. Bernardo: Ut parceret servis, nec Pater Filio, nec Filius sibi ipsi pepercit! Per perdonare a noi servi ribelli, il Padre non ha voluto perdonare al Figlio, e il Figlio non ha voluto perdonare a se stesso, soddisfacendo colla sua morte la divina giustizia per i peccati da noi commessi.

 

Mentre Gesù Cristo si avvicinava alla sua passione, andò un giorno a Samaria; ma i samaritani non vollero riceverlo, onde s. Giacomo e s. Giovanni sdegnati contro i samaritani per questo affronto fatto al lor maestro, rivolti a lui gli dissero: Signore, volete che facciamo scender fuoco dal cielo per castigare questi temerarj? Domine, vis dicimus, ut ignis descendat de coelo et consumat illos2? Ma Gesù che era pieno di dolcezza anche verso coloro che lo disprezzavano, che rispose? Et conversus increpavit illos dicens: Nescitis, cuius spiritus estis. Filius hominis non venit animas perdere, sed salvare3. Fortemente li riprese dicendo: e qual mai è questo spirito vostro? Questo non è lo spirito mio; il mio è spirito di pazienza e compassione verso de' peccatori, mentre io son venuto a salvare le anime, non già a perderle; e voi parlate di fuoco, di castighi e di vendetta? Perciò in altro luogo disse a' suoi discepoli: Discite a me, quia mitis sum et humilis corde4. Io non voglio che impariate da me a castigare, ma ad esser mansueti e sopportare e perdonare le ingiurie.

 

Ben egli dichiarò la tenerezza del suo cuore verso dei peccatori, quando disse: Quis ex vobis homo, qui habet centum oves, et si perdiderit unam ex illis, nonne dimittit nonagintanovem in deserto, et vadit ad illam quae perierat, donec inveniat eam5? Se alcuno, disse, ha cento pecorelle, e ne perde una, egli lascia le novantanove, e va in cerca della pecorella perduta, e non lascia di cercarla, finché non la ritrova. E poi soggiunse: Et cum invenerit eam, imponit in humeros suos gaudens, et veniens domum convocat amicos et vicinos, dicens illis: Congratulamini mihi, quia inveni ovem meam, quae perierat6. E quando la ritrova, per più non perderla se la mette sulle spalle e poi chiama gli amici e i vicini a consolarsene seco, per aver ritrovata la pecorella perduta. Ma, Signore, l'allegrezza dee essere non tanto di voi, quanto della pecorella in aver ritrovato voi suo pastore e Dio. Sì, dice Gesù Cristo, gode la pecorella in ritrovare me suo pastore, ma più grande è il mio contento in ritrovare la pecorella perduta. E poi conchiude dicendo: Dico vobis, quod ita gaudium erit in coelo super uno peccatore poenitentiam agente, quam super nonagintanovem iustis qui non indigent poenitentia7. È più grande, dice, l'allegrezza che si fa in cielo sopra d'un peccatore il quale si converte, che sopra di novantanove giusti che ritengono la loro innocenza. E qual sarà quel peccatore così duro, che intendendo ciò, e sapendo l'amore col quale sta Gesù


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Cristo per abbracciarlo e porselo sopra le spalle, quando si pente de' suoi peccati, non voglia subito andare a gittarsi a' piedi suoi?

 

Similmente dichiarò il Signore questa sua tenerezza verso de' peccatori pentiti nella parabola del figlio prodigo, come sta in san Luca1 ove dicesi che un certo giovine non volendo aver più la soggezione del padre per vivere a modo suo tra i vizj, domandò la sua porzione; e il padre glie la diede con dolore, piangendo la di lui ruina. Il figlio si partì dalla casa del padre, e tra poco tempo, avendo già dissipata la sua sostanza, si ridusse a tal miseria, che per vivere fu costretto di mettersi a pascere i porci. Tutto è figura del peccatore, che partendosi da Dio e perdendo la divina grazia, perde tutti i meriti acquistati, e si riduce a fare una vita misera sotto la schiavitù del demonio. Dicesi poi in s. Luca, che vedendosi quel giovine ridotto a tanta miseria, si risolse di ritornare al padre; ed il padre, che è figura di Gesù Cristo, quando vide il figlio che ritornava a' piedi suoi, subito se ne mosse a compassione: Vidit illum pater ipsius, et misericordia motus est. Onde invece di scacciarlo, come meritava quell'ingrato, Accurrens cecidit super collum eius et osculatus est eum; gli andò all'ncontro colle braccia aperte, ed abbracciandolo venne per la tenerezza a cadere sopra il suo collo, e lo consolò coi suoi baci. Indi disse a' suoi servi: Cito proferte stolam primam et induite illum; portate la veste più bella e vestitelo: Stolam primam significa la grazia divina, che Dio perdonando restituisce al peccatore pentito coll'aggiunta di nuovi doni celesti, come spiegano s. Girolamo e s. Agostino: Et date annulum in manum eius, dategli l'anello di sposa, poiché l'anima ricuperando la grazia di Dio ritorna ad essere sposa di Gesù Cristo. Et adducite vitulum saginatum, et occidite, et manducemus et epulemur: portate il vitello ingrassato, che significa Gesù sacramentato, misticamente sacrificato ed ucciso nell'altare, cioè la s. comunione: Via su, dice, facciamo festa, manducemus et epulemur. Ma perché, o Padre divino, tanta festa per il ritorno d'un figlio che vi è stato così ingrato? Quia, egli risponde, hic filius meus mortuus erat et revixit, perierat et inventus est; io fo festa, perché questo mio figlio era morto per me, ed ora è risorto; per me era perduto, ed ora l'ho ritrovato.

 

Questa tenerezza poi di Gesù Cristo ben la sperimentò quella donna peccatrice, che s. Gregorio vuole essere stata s. Maria Maddalena, la quale un giorno andò a gittarsi a' piedi di Gesù Cristo, come si legge in s. Luca2, e gli lavò i piedi colle sue lagrime; onde il Signore tutto dolcezza a lei rivolto la consolò dicendole: Remittuntur tibi peccata... Fides tua te salvam fecit, vade in pace. Figlia, ti sieno rimessi i tuoi peccati, la confidenza che hai avuta in me ti ha salvata, va in pace. La sperimentò ancora quel povero infermo di trent'otto anni, che era infermo di corpo e d'anima: il Signore lo sanò dal suo male, e gli perdonò i suoi peccati; onde poi gli disse: Ecce sanus factus es: iam noli peccare, ne deterius tibi aliquid contingat3. La sperimentò ancora quel


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lebbroso1, il quale disse a Gesù Cristo: Signore, se voi volete, potete sanarmi: Domine, si vis potes me mundare. E Gesù rispose: Volo, mundare: come dicesse: sì che voglio, mentre a questo fine sono sceso dal cielo per consolare tutti: sii guarito come desideri; e così nello stesso punto avvenne: Et confestim mundata est lepra eius.

 

La sperimentò ancora la donna adultera, che dagli scribi e farisei fu presentata a Gesù Cristo: questi gli dissero: nella legge di Mosè sta ordinato che tali donne debbano esser lapidate; tu dunque che ne dici? In lege autem Moyses mandavit nobis huiusmodi lapidare. Tu ergo quid dicis2? E ciò, come scrive s. Giovanni, lo dissero per tentarlo a rispondere, affinché poi potessero accusarlo come trasgressor della legge se rispondea che si dovesse liberare, o per far perdere a lui il nome di mansueto se rispondea che si dovesse lapidare: Si dicat lapidandam (spiega s. Agostino3), famam perdet mansuetudinis; sin dimittendam, transgressae legis accusabitur. Ma il Signore che rispose? Non disse né l'uno né l'altro, ma chinandosi scrisse col dito sulla terra: Iesus autem inclinans se deorsum, digito scribebat in terra. Questo scritto sulla terra, dicono gl'interpreti, che verisimilmente era qualche sentenza di scrittura, la quale ammoniva gli accusatori de' proprj peccati, ch'erano forse maggiori di quello della donna, e poi disse loro: chi di voi è senza peccato, sia il primo a lapidarla: Qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat. Ma quelli, come narra il Vangelista, l'uno dopo l'altro se ne uscirono, e restò ivi solamente la donna, a cui rivolto Gesù Cristo disse: Nemo te condemnavit... nec ego te condemnabo; vade, et iam amplius noli peccare. Or via, le disse, giacché niuno di costoro ti ha condannata, non pensare che abbia a condannarti io che non sono venuto in terra a condannare i peccatori, ma a perdonarli e salvarli: va in pace e da qui avanti non commettere più peccati.

 

No che non è venuto Gesù Cristo per condannare i peccatori, ma per liberarli dall'inferno sempreché vogliano emendarsi. E quando li vede ostinati a volersi perdere, egli quasi piangendo dice loro per Ezechiele4: Et quare moriemini domus Israel? Come volesse dire: figli miei, e perché volere morire, perché volere andare all'inferno, quando io son venuto dal cielo a liberarvi colla morte da quest'inferno? E poi soggiunge per lo stesso profeta: voi siete già morti alla divina grazia, ma io non voglio la vostra morte; ritornate a me, ed io vi restituirò la vita che miseramente voi avete perduta: Quia nolo mortem morientis, dicit Dominus Deus; revertimini et vivite5. Ma qualche peccatore, che si ritrova troppo aggravato da' peccati, dirà: ma chi sa se Gesù Cristo mi discaccia? No, gli risponde Gesù Cristo: Eum qui venit ad me, non eiiciam foras6. Niuno che viene a me pentito dei peccati fatti, sarà da me discacciato, ancorché le sue colpe fossero molte ed enormi.

 

Ecco come il nostro Redentore in altro luogo ci animo di andare a' suoi piedi, con sicura speranza


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di essere consolati e perdonati: Venite, dice, ad me omnes, qui laboratis, et onerati estis, et ego reficiam vos1. Venite a me tutti, poveri peccatori che faticate per dannarvi e gemete sotto il peso delle vostre iniquità; venite, ed io vi libererò da tutte le vostre angustie. Ed in altro luogo giunge a dirci: Venite, et arguite me, dicit Dominus, si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix dealbabuntur2. Venite pentiti delle offese che mi avete fatte, e se io non vi perdono, arguite me; come dicesse, prendetevela con me, e rimproveratemi qual mentitore, mentr'io vi prometto che quantunque i peccati vostri fossero neri come la semenza di cremisi (viene a dire, ancorché fossero orrendi ed enormissimi) la vostra coscienza, per mezzo del sangue mio, con cui la laverò, diventerà candida e bella come la neve.

 

Presto, peccatori, fratelli miei, torniamo a Gesù Cristo se l'abbiamo lasciato; presto, prima che ci colga la morte in peccato e restiamo condannati all'inferno, dove tutte queste misericordie che ci usa il Signore, saranno, se non ci emendiamo, tante spade che ci lacereranno il cuore per tutta l'eternità.

 




1 Luc. 1. 78.

2 Ioan. 10. 10.

3 Serm. 1. de Ascens.

4 Rom. 5. 5.

5 Ioan. 10. 11. et 15.

6 1. Ioan. 3. 16.

7 Ioan. 15. 13.

1 Rom. 5. 10.

2 Luc. 9. 54.

3 Ib. vers. 55. et 56.

4 Matth. 11. 29.

5 Luc. 15. 4.

6 Ibid. 5. et 6.

7 Ibid. vers. 7.

1 Cap. 15. ex vers. 12.

2 7. 47. et 50.

3 Ioan. 5. ex v. 5. ad 14.

1 Matth. 8. 2. et. 3.

2 Ioan. 8. 5.

3 Tract. 33. in Ioan.

4 18. 31.

5 Ezech. 18. 32.

6 Ioan. 6. 37.

1 Matth. 11. 28.

2 Isa. 1. 18.




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