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S. Alfonso Maria de Liguori
Sermoni compendiati

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SERMONE XXXVIII. - PER LA DOMENICA IX. DOPO PENTECOSTE

 

Della morte del peccatore.

Circumdabunt te inimici tui vallo (Luc. 19. 43.)

 

Gesù Cristo un giorno, vedendo da lontano la città di Gerusalemme, ove i giudei tra poco aveano da farlo morire: Videns civitatem, flevit super illam. Pianse il nostro pietoso Redentore, considerando il castigo che lo sovrastava, e le predisse: Circumdabunt te inimici tui vallo. Povera città, hai da vederti un giorno circondata da' nemici che ti devasteranno, e non vi lasceranno pietra sopra pietra. Dilettissimi, figura di questa città infelice è l'anima del peccatore, che in punto di morte si troverà circondato da tutte le parti da' suoi nemici, e questi saranno

 

Per I. I rimorsi della coscienza;

 

Per II. Gli assalti de' demoni;

 

Per III. I timori della morte eterna.

 

PUNTO I. Il peccatore in morte sarà afflitto da' rimorsi di coscienza.

 

Morietur in tempestate anima eorum6. I poveri peccatori che stanno in peccato muoiono in una gran tempesta, la quale già anticipatamente sta loro minacciata da Dio: Tempestas


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erumpens super caput impiorum veniet1 A principio dell'infermità il peccatore non molto si affligge, né molto teme, perché a principio tutti, parenti, amici e medici, tutti gli dicono che non è niente, e così ancora egli si lusinga e spera; ma quando poi l'infermità si avanza, e cominciano a comparire i sintomi maligni, che sono i nunzj della morte vicina, allora comincia la tempesta minacciata dal Signore a' malvagi: Cum irruerit interitus, quasi tempestas ingruerit2. Questa tempesta si formerà contro l'infermo così dai dolori dell'infermità, come dal timore di doversi partire dalla terra, e lasciar tutto; ma più da' rimorsi della coscienza, la quale gli metterà davanti tutta la vita sconcertata fatta: Venient in cogitatione peccatorum suorum timidi, et traducent illos ex adverso iniquitates ipsorum3. Allora gli verranno a mente i suoi peccati, ed alla vista di quelli resterà atterrito: poiché traducent illos ex adverso iniquitates ipsorum, le stesse sue colpe, senz'altri testimonj, l'assaliranno e lo convinceranno come reo dell'inferno.

 

Tali infermi si confesseranno, ma dice s. Agostino4: Poenitentia, quae ab infirmo petitur, infirma est. E s. Girolamo scrive che di centomila peccatori, che seguitano a stare in peccato sino alla morte, appena uno in quel punto si salverà: Vix de centum millibus, quorum mala vita fuit, meretur in morte a Deo indulgentiam unus5. Aggiunge s. Vincenzo Ferreri6 essere maggior miracolo il salvarsi uno di costoro, che risuscitare un morto: Maius miraculum est, quod male viventes faciant bonum finem, quam suscitare mortuos. Conosceranno i miseri il male che han fatto, vorranno detestarlo, ma non potranno. Antioco conobbe già la malizia de' suoi peccati, mentre disse: Nunc reminiscor malorum, quae feci in Ierusalem7. Si ricordò de' peccati, ma non ebbe lo spirito di detestarli, e morì disperato ed oppresso da una gran mestizia, dicendo: Et ecce pereo tristitia magna8. Lo stesso avvenne a Saulle in morte, come dice s. Fulgenzio; conobbe egli i suoi peccati, paventò il castigo che per quelli meritava, ma non gli odiò: Non odit quod fecerat, sed timuit quod nolebat.

 

Oh quanto è difficile che un peccatore, il quale ha dormito più anni in peccato, faccia una vera conversione in tempo di sua morte, avendo la mente ottenebrata e il cuore indurito: Cor eius indurabitur tanquam lapis, et stringetur quasi malleatoris incus9. Egli in sua vita, in vece di ammollirsi alle grazie e chiamate di Dio, più si è indurito, come più s'indurisce l'incudine ai colpi del martello: in pena di ciò duro si ritroverà in morte: Cor durum habebit male in novissimo; et qui amat periculum in illo peribit10. Avendo egli sino alla morte amato il peccato, ha insieme amato il pericolo della sua dannazione; onde giustamente permetterà Iddio che perisca in quel pericolo in cui ha voluto vivere sino alla morte.

 

Scrive s. Agostino che chi è lasciato dal peccato, prima che egli lo lasci, difficilmente in morte lo detesterà come dee; perché allora lo


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detesterà non per odio del peccato, ma costretto dalla necessità: Qui prius a peccato relinquitur, quam ipse relinquat, non libere, sed quasi ex necessitate condemnat. Ma come potrà di cuore odiare quel peccato che ha amato sino alla morte? Dovrà amare quel nemico che sino ad allora ha odiato: dovrà odiare quella persona che sino ad allora ha amata; oh che montagne da superare! E facilmente gli avverrà allora quel che avvenne ad alcuni cittadini, che teneano riservate molte fiere a fine di scatenarle contro i loro nemici quando venivano; ma nel tempo che le sciolsero, quelle in vece di offendere i nemici, divorarono loro stessi. Il peccatore, quando vorrà discacciare da sé le sue iniquità, elle finiranno di rovinarlo o colla compiacenza degli oggetti sino ad allora graditi, o colla disperazione del perdono nel vedere la loro enormità e moltitudine: Virum iniustum mala capient in interitu1. Dice s. Bernardo che in morte il peccatore si vedrà afferrato e legato da' suoi medesimi peccati, che gli diranno: Opera tua sumus, non te deseremus. Noi siamo tuoi parti, non vogliamo lasciarti mai, ti accompagneremo al giudizio, e ti saremo poi compagni per tutta l'eternità nell'inferno.

 

PUNTO II. Sarà afflitto dagli assalti de' demonj.

 

Descendit diabolus ad vos habens iram magnam sciens quod modicum tempus habet2. In morte il demonio mette tutta la forza per non farsi scappar di mano quell'anima che sta per uscire di questa vita, scorgendo dalle circostanze del morbo che poco tempo gli resta di guadagnarla per sempre. Dice il concilio di Trento3 che Gesù Cristo ci ha lasciato il sacramento dell'estrema unzione per una fermissima difesa contro le tentazioni che ci il demonio in punto di morte: Extremae unctionis sacramento finem vitae, tanquam firmissimo quodam praesidio munivit. E soggiunge che il nemico in niun tempo con tanta violenza combatte per farci perdere e diffidare della divina misericordia, che nel fine della nostra vita: Nullum tempus est, quo vehementius ille omnes suae versutiae nervos intendat ad perdendos nos penitus, et a fiducia, etiamsi possit, divinae misericordiae deturbandos, quam cum impendere nobis exitum vitae perspicit.

 

Oh quanto sono terribili gli assalti e le insidie che trama il demonio contro le anime de' poveri moribondi, anche di coloro che han fatta vita santa! Questo disse il re s. Eleazaro, dopo che si vide libero da una gravissima infermità; le tentazioni, disse, che il demonio in tempo di morte, non si possono capire, se non da chi le prova. Si legge nella vita di s. Andrea di Avellino, che in tempo della sua agonia ebbe un combattimentofiero coll'inferno, che fece tremare tutti i suoi religiosi che l'assisteano. Videro che per l'agitazione gli si gonfiò la faccia e diventò nera, gli tremavano tutte le membra, e gli usciva dagli occhi un fiume di lagrime. Tutti ne piangeano per compassione, e stavano pieni di spavento, vedendo che così moriva un santo; ma poi si consolarono in vedere che presentandogli un'immagine di Maria ss., il santo tutto si rasserenò e tutto allegro spirò l'anima benedetta.

 


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Or se questo avviene ai santi, che avverrà a quei poveri peccatori che sino alla morte son vivuti in peccato? In quel punto il demonio tentatore non viene solo a tentarli in mille modi per farli perdere eternamente, ma chiama ancora compagni ad aiutarlo: Replebuntur domus eorum draconibus1. Quando alcuno sta per morire, si empie la sua casa di demonj, che si uniscono a suo danno: Omnes persecutores eius apprehenderunt eam inter angustias2. Tutti questi nemici gli si faranno dintorno in quelle angustie della morte; uno gli dirà: non aver paura, perché non morirai in questa infermità. Un altro dirà: e come? Tu per tanti anni sei stato sordo alle voci di Dio, ed ora Dio vorrà salvarti? Un altro: ma come ora puoi rimediare a quelle frodi, a quei danni fatti, a quelle fame tolte? Un altro: che speranza vi è per te? Non vedi che le tue confessioni fatte sono state tutte nulle, senza vero dolore e senza vero proposito? Come puoi rifarle ora con questo cuore così duro che ti senti? Non lo vedi che sei dannato? E tra queste angustie ed insulti di disperazione, il povero moribondo turbato e confuso ha da passare all'eternità: Turbabuntur populi et pertransibunt3.

 

PUNTO III. Sarà afflitto da' tormenti della morte eterna.

 

Povero quell'infermo che si mette a letto in peccato mortale! Chi vive in peccato sino alla morte, in peccato se ne morirà: In peccato vestro moriemini4. È vero che in qualunque ora il peccatore si converte, Iddio promette di perdonargli; ma a niun peccatore promette Iddio che in morte lo farà convertire. Dice Isaia5: Quaerite Dominum dum inveniri potest. Dunque vi sarà un tempo per alcuni peccatori che cercheranno Dio e non lo troveranno: Quaeretis me et non invenietis6. Si confesseranno i miseri in tempo di morte, prometteranno, piangeranno, cercheranno pietà a Dio, ma senza sapere quel che si facciano. Avviene a costoro quel che avverrebbe a taluno il quale si vedesse sotto i piedi del suo nemico che gli tiene posto il pugnale alla gola in atto di scannarlo: egli allora piangerà, gli cercherà perdono, prometterà di servirlo come schiavo in tutta la sua vita; ma il nemico gli crederà? No, crederà che sono tutte parole finte a fine di scappare dalle di lui mani, e che appresso, se gli perdonasse, gli sarebbe più nemico di prima. E così parimente, vedendo Dio che tutti quei pentimenti e promesse del moribondo non escono dal cuore, ma son fatte per timore della morte e della dannazione vicina, come può perdonargli?

 

Il sacerdote assistente a' piedi del letto nella raccomandazione che fa dell'anima, prega il Signore e dice: Agnosce, Domine, creaturam tuam. Ma Dio risponde: conosco che è mia creatura, ma egli non mi ha stimato da creatore, mi ha trattato da nemico. Seguita il sacerdote a pregare: Ne memineris iniquitatum eius antiquarum. E Dio: gli perdonerei le sue colpe antiche, commesse nella prima età; ma egli ha seguito a disprezzarmi sino a questo tempo della sua morte: Verterunt ad me tergum, et non faciem, et in tempore afflictionis suae dicent: Surge et libera nos. Ubi sunt dii tui, quos fecisti tibi?


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Surgant et liberent te1. Tu, dice Dio, mi hai tenute voltate le spalle sino alla tua morte, ed ora vuoi che io ti liberi dal castigo? Chiama i tuoi dei, cioè quelle creature, quei danari, quegli amici, che tu hai amati più di me, chiama essi che ora vengano ad aiutarti e liberarti dall'inferno che ti aspetta; ora a me tocca giustamente di vendicarmi delle offese che mi hai fatte. Tu hai disprezzate le mie minacce fatte a' peccatori ostinati, e non ne hai fatto conto: Mea est ultio, et ego retribuam in tempore, ut labatur pes eorum2. Ora è giunto il tempo della mia vendetta, è giusto che si eseguisca. Così appunto avvenne ad un certo uomo di Madrid (come narra il p. Carlo Bovio3) il quale menava mala vita, ma per la morte infelice d'un suo compagno si confessò, e di più risolse di entrare in una religione osservante; ma perché trascurò subito di eseguirla, ritornò alla vita primiera. Ridotto in miseria, andò vagabondo, girando il mondo, e giunse in Lima, dove essendo caduto infermo, dallo spedale in cui si ricoverò mandò a chiamare un confessore e promise nuovamente di mutar vita e di entrare in religione. Ma guarito, ripigliò la mala vita, ed ecco che gli fu sopra la vendetta di Dio. Un giorno quel confessore, che era missionario, passando per una montagna, udì una voce che pareva urlo di fiera; si accostò a quella voce, e vide un moribondo mezzo fracido, che così urlava da disperato, e cominciò a dirgli di buone parole; ma quegli aprendo gli occhi, lo riconobbe e disse: e tu ancora per aggiunta sei qui venuto ad essere spettatore della giustizia di Dio? Sappi che io sono quell'infermo che tu confessasti nello spedale di Lima; ti promisi di mutar vita, ma poi non l'ho fatto, ed ora muoio disperato. E così il misero in mezzo a quegli atti di disperazione esalò l'anima infelice.

 

Concludiamo il discorso. Ditemi, uditori miei, se si ritrovasse una persona in peccato, e fosse colta da una gocciola che le facesse perdere i sensi, qual compassione vi farebbe il vederla morire così senza sacramenti e senza segni di penitenza? E non è pazzo poi chi avendo tempo di riconciliarsi con Dio seguita a stare in peccato, o torna a peccare, e si mette così in pericolo di morire improvvisamente, e morire in peccato? Qua hora non putatis, ci avvisa il Signore, Filius hominis veniet4. Una morte improvvisa, siccome è avvenuta a tanti, così può avvenire ad ognuno di noi. E bisogna intendere che tutte le morti che accadono agli uomini di mala vita, tutte sono improvvise, ancorché l'infermità dia qualche spazio di tempo; poiché i giorni di quella infermità mortale sono giorni di tenebre, giorni di confusione, ne' quali è difficile, anzi moralmente impossibile l'aggiustare una coscienza imbrattata di peccati. Dimmi, fratello mio, se ora ti ritrovassi in punto di morte disperato da' medici e già ridotto in agonia, quanto desidereresti un altro mese, un'altra settimana di tempo per aggiustare i conti da rendere a Dio? E Dio già ti questo tempo, e ti chiama e ti fa conoscere il pericolo in cui stai di dannarti. Presto datti a Dio; che aspetti? Aspetti che proprio Dio ti mandi all'inferno? Ambulate, dum lucem habetis5. Sappiti servire di questa


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luce e di questo tempo che ora Iddio ti , e rimedia ora che puoi; perché verrà tempo nel quale non potrai più rimediare.

(prego il mio lettore a leggere il sermone XLIV., che sta alla domenica XV. dopo pentecoste, della morte pratica, cioè di quel che avviene praticamente nella morte di un uomo di mondo. Attesto per esperienza che dove io ho fatta quella predica, benché ella sia spogliata di passi latini, nondimeno ha fatta una gran sensazione ed ha lasciata l'udienza atterrita. le cose pratiche fanno molto più impressione che le speculative).

 




6 Iob. 36. 14.

1 Ier. 23. 19.

2 Prov. 1. 27.

3 Sap. 4. 20.

4 Serm. 37. de temp.

5 In epist. de mort. Eus.

6 Serm. 1. de Nat. Virg.

7 1. Mach. 6. 12.

8 Ibid.

9 Iob. 41. 15.

10 Eccl. 3. 27.

1. Psal. 139. 12.

2 Apoc. 12. 12.

3 Sess. 14. c. 9. in Doctr. de Sacr. Ex. Unct.

1 Isa. 13. 21.

2 Thren. 1. 3.

3 Iob. 34. 20.

4 Ioan. 8. 21.

5 55. 6.

6 Ioan. 7. 34.

1 Ier. 2. 27. et 28.

2 Deut. 32. 35.

3 Part. 3. es. 9.

4 Luc. 12. 40.

5 Io. 12. 35.




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