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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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CAP. III. ERESIE DEL SECOLO III.

1. Di Prassea. 2. Sabellio. 3. Paolo Samosateno. 4. e 5. Manete. 6. Tertulliano. 7. 8. 9. 10. e 11. Origene. 12. 13. e 14. Novato e Novaziano. 15. Di Nipote, degli Angelici e degli Apostolici.

 

1. Prassea fu della Frigia. Egli prima fu Montanista; ma fatto poi nemico di Montano, lo fece condannare da Zefirino papa, nascondendo la propria eresia. Essendo poi stato scoperto eretico, ritrattò per allora l'errore, e dopo si diede a disseminarlo più palesemente. Prassea impugnò il mistero della Trinità, riconoscendo in Dio una sola persona ed una sola natura, ch'esso chiamava il Padre. Dicea poi che questa sola persona era discesa nel seno della Vergine; e che essendo poi nata da lei per mezzo dell'incarnazione, venne chiamata Gesù Cristo. Sicché, secondo quest'empio, il Padre avea sofferta la morte, e perciò i suoi seguaci furon detti Patripassiani. Contro l'errore che tenea Prassea circa la Trinità Tertulliano scrisse un libro a parte. I suoi discepoli che tra gli altri più si distinsero furono Berillo, Noeto e Sabellio. Berillo fu vescovo di Bostri in Arabia. Questi disse che Cristo prima dell'incarnazione non ebbe propria divinità; ma che nell'incarnazione ebbe quella sola del Padre. Riferisce Natale Alessandro che egli fu confutato da Origene, e da lui rivocato alla fede cattolica3. Noeto con più forza difese l'errore, dicendo che il Padre, il Figlio e lo Spirito santo erano una persona ed un Dio singolare. Egli coi suoi fu discacciato dalla chiesa, ed, essendo morto nella sua empietà, i fedeli non vollero dargli sepoltura4. Il più celebre fautore poi di questo errore fu Sabellio.

 

2. Sabellio fu di Tolemaide nella Libia, e visse nell'anno 257. Questi pose l'eresia del suo maestro in maggior lume; sì che da indi avanti l'empia setta fu chiamata de' Sabelliani. Egli negava la distinzione delle tre divine persone nella ss. Trinità, dicendo esser tre nomi in un Dio, inventati per dichiarare i diversi effetti della divinità. Per ispiegare i diversi effetti della Trinità, egli servivasi della similitudine del sole, distinguendo in esso il raggio, il calore e la figura che contiene l'uno e l'altro. Il raggio significava il Figlio, il calore rappresentava lo Spirito santo e la figura, o sia corpo del sole, dimostrava il Padre, che in una sola persona contenea il Figlio e lo Spirito santo5. In fine dell'opera ne addurremo la confutazione.

 

3. Paolo Samosateno fu vescovo di Antiochia. Prima di esser vescovo fu povero; ma poi per via di estorsioni e sacrilegj e colla vendita della giustizia e con false promesse divenne ricco. Eravano e superbo, che non usciva in pubblico senza una turba di cortigiani, facendosi precedere da cento officiali, e seguitare da egual numero. Nelle sue prediche non cercava che la sua gloria; e maltrattava non solo colle parole coloro che non lo lodavano, ma più volte anche colle percosse. Per questa vanità giunse a permettere che alcune donne impudiche cantassero in sua lode salmi ed inni nella chiesa. Fu inoltredissoluto ed amante delle donne, che sempre ne aveva alcune al suo seguito. Ora questo empio prelato


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a tanti suoi delitti aggiunse anche l'eresia; e per 1. insegnò che Gesù Cristo cominciò ad essere sol quando nacque dalla Vergine, onde lo stimò un puro uomo. Per 2. disse che in Gesù Cristo vi erano due persone e due figli di Dio, uno per natura e l'altro per adozione. Per 3. negò la Trinità delle divine persone; e sebbene ammise i nomi di Padre, Figliuolo e Spirito santo, non però negando egli, come discorre il p. Orsi, al Verbo ed allo Spirito santo la personale e propria esistenza, in effetto non riconoscea né l'uno, né l'altro; e conseguentemente veniva ad attribuire ad una sola persona, cioè al solo Padre, l'incarnazione e la passione1. I suoi discepoli portarono il loro errore circa la Trinità nella professione della fede e nella formola del battesimo; ma, come dice Natale Alessandro nel luogo citato, è incerto se lo stesso Paolo di ciò fosse stato l'autore.

 

4. Manete fu l'autore della setta de' Manichei: e si fece chiamare così, per aversi attribuito il titolo di Paraclito, come avea fatto Montano, e per nascondere la sua vil condizione; mentr'egli fu uno schiavo della Persia, che essendo stato liberato e adottato da una vecchia, ella mandollo a educare nello studio, ove poco o niente approfittò. Essendo egli dunque più audace che dotto, imprese a fare una nuova setta, e gli riuscì. Studiò con modo particolare la magia, e per acquistar nome si adoprò a sanare il figlio del re di Persia, ch'era già abbandonato da' medici. Ma il fanciullo con tutti i suoi incantesimi essendo morto nelle sue mani, fu posto in carcere, e sarebbe stato ucciso, se non avesse corrotti i custodi a farlo fuggire dalla prigione. Ma il misero, dopo aver girato per molti paesi, cadde di nuovo in mano del re, il quale lo fece scorticar vivo con una punta di canna. Il suo corpo fu dato poi alle fiere, e la pelle fu appesa alle porte della città; e così l'empio Manete finì la vita. Nondimeno lasciò molti seguaci, tra' quali fu anche s. Agostino in sua gioventù; il quale illuminato da Dio poi l'abbandonò, e fortemente l'impugnò2.

5. Gli errori de' Manichei erano questi: per 1. davano la pluralità degli dei, ammettendo due principj, uno del bene e l'altro del male. Diceano di più che nell'uomo vi erano due anime: una cattiva prodotta col corpo dal principio cattivo, e l'altra buona prodotta dal principio buono, la quale era coeterna a Dio e della stessa natura di Dio; e però tutto il bene che faceva l'uomo, lo attribuivano a quest'anima buona, e tutto il male all'anima cattiva. Per 2. toglievano all'uomo la libertà, dicendo che la sua volontà era prevenuta sempre da una forza, a cui era impossibile il resistere. Per 3. negavano la necessità del battesimo per la salute, e perciò non battezzavano alcuno. Per 4. oltre altri errori, e la vita che menavano piena d'impudicizie, abbominavano la carne, come prodotta dal principio cattivo; onde dicevano che Gesù Cristo non prese già un corpo simile al nostro3. I Manichei si sparsero quasi per tutta la terra, e benché fossero stati condannati da molti pontefici e perseguitati da molti imperatori ed anche da Diocleziano e poi da Graziano, da Teodosio e specialmente da Giustino e da Giustiniano, che nell'Armenia li fece ardere vivi; tuttavia durarono per molti secoli sino all'anno 1052., in cui narra Baronio, che Enrico II. avendone trovati alcuni in Francia, li fece tutti impiccare. Contro questa eresia abbiamo noi già scritta la confutazione nel nostro libro della Verità della Fede4.

6. Tertulliano nacque, come porta Fleury5, in Cartagine da un centurione delle truppe pretoriane dell'imperatore. Egli prima fu pagano; ma poi verso l'anno 197. si convertì, e fu sacerdote per lo spazio di 40. anni in circa; poiché


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morì molto vecchio. Scrisse molte opere utili alla chiesa: del battesimo, della penitenza, dell'orazione, dell'idolatria, dell'anima, delle prescrizioni ed altre, fra le quali fu celebre l'Apologia a favore de' cristiani. Scrisse ancora contro Marcione, contro Prassea ed altri eretici. In somma fu versato in tutte le scienze ed istorie. Ma benché nel libro delle prescrizioni chiamasse eretico Montano, in appresso però miseramente cadde nell'eresia dei Montanisti, come scrivono comunemente gli autori1, sedotto da Proclo in Roma. Dice il Baronio che egli fu scacciato dalla chiesa e scomunicato da papa Zefirino. Tertulliano era uomo austero: esaltava eccessivamente la continenza, faceva straordinarie vigilie; e, per isdegno preso contro il clero Romano, precipitò a seguire i Montanisti, che amavano smoderatamente il rigore, giungendo a tener Montano per Paracleto. Pertanto, come prova Natale Alessandro con s. Girolamo, s. Ilario, s. Paciano, s. Ottato e sant'Agostino, egli per 1. dicea che la chiesa non poteva assolvere gli adulterj; per 2. che le seconde nozze erano adulterj; per 3. che non si potea fuggire il martirio. Di più imponeva due quaresime, e chiamava i cattolici Psichici, cioè animali. Aggiunge Fleury2 che Tertulliano insegnava che l'anima fosse un corpo di figura palpabile, ma trasparente; perché così avea inteso una delle profetesse in una visione. Di più in altro luogo Fleury e Natale Alessandro3 dicono che Tertulliano prima di morire si separò dai Montanisti; onde restò dopo lui la setta dei Tertullianisti, i quali durarono in Cartagine per 200. anni sino al tempo di s. Agostino, in cui si riunirono alla chiesa cattolica.

 

7. Origene fu di Egitto, e ne' suoi anni più teneri fu nutrito in Alessandria. Fu figlio di s. Leonide martire, che lo fece educare nello studio delle belle lettere e della sacra scrittura4. Narrasi che lo stesso suo padre lo venerò in modo che spesso, vedendolo addormentato, gli baciava il petto, come un tempio ove dimorasse lo Spirito santo5. In età di 18. anni fu fatto catechista della chiesa di Alessandria, ed in questo impiego si conciliò tanta stima, che gli stessi pagani andavano ad udirlo. Ebbe per discepolo Plutarco, che poi fu un illustre martire. Nel maggior fervore della persecuzione non mancava di assistere a' confessori di Cristo, dispregiando i tormenti e la morte. Ebbe orrore per li diletti sensuali, e temendo di perdere la castità, dicesi che si fece eunuco per liberarsi dalle tentazioni impure, malamente interpretrando le parole di s. Matteo (19. 12.): Et sunt eunuchi, qui se ipsos castraverunt propter regnum coelorum6. Confutò gli arabi che negavano l'immortalità dell'anima: convertì, come si disse di sopra, Berillo, che negava la divinità di Gesù Cristo; e convertì anche Ambrogio infettato dell'eresia de' Valentiniani. Egli fu così avido del martirio, che, volendo offerirsi a quello con gire a trovare il padre, che stava carcerato, la madre giunse a torgli le vesti. Con tutto ciò egli andò, ma non poté parlare col padre; onde procurò con lettere esortarlo a star forte per la fede. Di soli 18. anni fu prefetto degli studj in Alessandria. Egli, facendo i commentarj sulla scrittura, dettava nello stesso tempo a sette e più scriventi. Fece diverse edizioni della scrittura, componendo il Tetrapla, l'Exapla e l'Octapla. La Tetrapla era di quattro colonne per ogni pagina. Nella prima vi era la translazione de' 70. interpreti, nella seconda quella di Aquila, nella terza quella di Simmaco, nella quarta quella di Teodozione. L'Exapla poi era in sei colonne, aggiungendovi il testo ebraico e la traduzione greca. L'Octapla finalmente era di otto colonne, aggiungendovi due altre edizioni composte da alcuni pii ebrei. Era


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a' suoi tempicelebre il suo nome, che tutti i sacerdoti e dottori correano a lui per consiglio. Ma la presunzione del suo sapere lo fece incorrere, come vedremo, in diversi errori, avendo voluto egli interpretare molti testi della scrittura nel senso mistico, lasciando il letterale. Egli diceva, come scrisse nella sua opera1, che gli aderenti alla parte esterna della scrittura, non giungono al regno di Dio; onde deesi andare in traccia dello spirito della parola, il quale è nascosto e misterioso. Alcuni han voluto difenderlo; ma altri quasi comunemente han condannata la sua dottrina: benché egli spiegò che scriveva i suoi sentimenti, come opinioni, e li soggettava a' lettori2.

8. Fu egli obbligato di andare nell'Acaia, agitata in quel tempo da varie eresie. Due vescovi della Palestina, che egli visitò nel suo passaggio, persuasi che dovesse egli recare grande utile alla chiesa, gli diedero il sacerdozio3: ma ciò talmente dispiacque a Demetrio vescovo di Alessandria, che in un concilio lo depose dal sacerdozio, e lo separò dalla comunione della chiesa; ma in questa sua avversità altri vescovi gli servirono di asilo, e l'assisterono con onore. Indi scrive Orsi4 con Eusebio, che nella persecuzione di Decio sostenne una lunga e penosa prigionia con più tormenti di catene, di un gran cerchio di ferro al collo, di tortura alle gambe sino al quinto foro del nervo, ed anche dell'eculeo. S. Dionisio, come riferisce Eusebio5, gli scrisse una lettera, o sia un picciol libro per consolarlo ed animarlo; e da ciò si ricava esser falso, come dice il Cardinal Orsi6, quel che scrive il Dupin, che la sentenza fatta contro di lui da Demetrio sussistette anche sotto i suoi successori Eracla e Dionisio. Origene poco sopravvisse a' tormenti sofferti in quella persecuzione, essendo morto in Tiro l'anno 253. e 69. della sua età7.

9. Bernino8, citando s. Epifanio9, scrive (protestandosi però se pure i malevoli di Origene non avessero inserito nel libro di s. Epifanio un tale successo) che Origene rinnegò la fede con dar l'incenso agl'idoli, per evitare i turpi insulti di un etiope, e che così fu liberato dal carcere e dalla morte: e che essendosi partito da Alessandria, giunto in Gerusalemme, a richiesta del clero e del popolo salì ivi sul pulpito; ma avendo aperto il libro de' salmi per esporne l'interpretazione, lesse le parole del salmo 49.: Peccatori autem dixit Deus: quare tu enarras iustitias meas, et assumis testamentum meum per os tuum? E dopo aver lette quelle parole, confuso senza dir altro scese dal pulpito piangendo. Ma non solo s. Epifanio, ancora Eusebio10 prima di lui attesta la caduta di Origene. E sebbene il Baronio11 riprova tal fatto, come favola, nulladimeno il Petavio, Daniele Uezio, il Pagi, e specialmente Natale Alessandro lo provano12. Il Roncaglia non però13 dice che gli argomenti di Natale non convincono, e che ben può sostenersi il contrario col Baronio. Se poi Origene sia salvo o dannato, secondo scrive Natale14, non può asserirsi di certo: riferisce non però il Baronio15 che fu veduto nell'inferno, e che così ancora asserì s. Simeone Salo. Del resto scrive il Baronio che la di lui dottrina fu condannata prima da Anastasio papa, poi da Gelasio e finalmente dal sinodo v. ecumenico16.

10. La sostanza della falsa dottrina di Origene, come ho potuto raccogliere da Natale, Fleury, Orsi, Hermant, Van-Ranst (il quale autore, benché scriva in breve, io lo trovo molto appurato, e che si accorda co' migliori scrittori) ed altri17, fu quella ch'egli espose nel suo


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Periarchon, cioè trattato de' principj, che si ha, come dice Fleury, tradotto da Rufino, il quale scrisse di averlo corretto come meglio poteva. In questo trattato Origene pretese di confutar Valentino, Marcione ed Ebione, i quali davano gli uomini essenzialmente buoni ed essenzialmente cattivi. Egli disse che solo Dio è buono ed immutabile, ma che le creature sono capaci di bene e di male, col servirsi bene o male della loro libertà. Diceva poi che le anime umane erano di una stessa natura degli spiriti celesti, composte di anima e di corpo, o sia materia, e ch'erano state create tutte prima del mondo; ma che per le loro colpe Iddio le aveva poi chiuse nel sole, nella luna e negli altri pianeti ed anche ne' corpi umani, come in una prigione, affin di punirle per qualche tempo; e che poi liberate colla morte dalla loro schiavitù andavano a ricevere il premio de' loro meriti in cielo, o la pena de' loro peccati nell'inferno; ma che tal mercede e tal pena non erano eterne: onde i beati ben poteano per causa di nuove colpe essere scacciati dal cielo; ed all'incontro che i demonj e i dannati non sarebbero stati per sempre nell'inferno; poiché nella fine del mondo Gesù Cristo sarebbe stato crocifisso, e così anch'essi avrebbero partecipato alla redenzione. Diceva ancora che dopo questo mondo ve ne sarebbero stati molti altri, siccome molti altri ve n'erano stati prima: mentre Dio, il quale non è ozioso, non è stato mai senza mondo. Questi ed altri furono gli errori di Origene, ch'egli scrisse infettato delle massime di Platone, di Pitagora e de' Manichei. Cassiodoro1, parlando di Origene, scrisse: Ego miror unum eundemque hominem tam diversum esse a se potuisse, ut in ea parte qua probatur, neminem post apostolos habeat aequalem; in ea vero quae iure reprehenditur, nemo deformius doceatur errasse. Scrive poi Cabassuzio2 che Gelasio papa seguendo le vestigia di Anastasio I. nel concilio romano pronunziò: Origenis nonnulla opuscula, quae vir bb. Hieronymus non repudiat, legenda suscipimus: reliqua autem omnia cum auctore suo dicimus esse renuenda.

 

11. Morto Origene non cessarono i suoi seguaci di turbare la chiesa con sostenere e seminare i di lui errori. Scrive Hermant3 che il nominato papa Anastasio ebbe molto da faticare per quietare in Roma la tempesta cagionata dagli Origenisti introdotti dal sacerdote Rufino col favore di Melania; e scrive ivi l'autore delle note in Hermant, che lo stesso Anastasio, scrivendo a Giovanni di Gerusalemme, l'avvisò di aver separato per la stessa causa Rufino dalla chiesa. A tempo poi di Giustiniano imperatore verso l'anno 542. alcuni monaci Origenisti, che stavano in una laura fondata da s. Saba avendo per capo il monaco Nonno, cominciarono a seminare tra i compagni i loro errori, e poi ne infettarono anche la laura massima, e furono cacciati dall'abate Gelasio; ma appresso col favore di Teodoro di Cesarea si impossessarono della medesima gran laura, discacciandone la maggior parte dei monaci che loro non consentivano. Avvenne non però che Nonno morì di subito, e l'altro suo successore Giorgio fu discacciato, come impudico, dagli stessi suoi socj; onde i monaci cattolici ebbero la sorte di costituire per loro abate Conone del loro partito4. Finalmente poi nel concilio costantinopolitano II. nel canone XI. furono condannati così Origene, come tutti i suoi settarj che avessero persistito nella di lui dottrina5.

12. Novato e Novaziano. Novato fu prete della chiesa di Cartagine. Scrisse s. Cipriano6, ch'egli era un uomo inquieto, sedizioso, avaro, e che in quanto alla sua fede era divenuto sospetto a' vescovi. Fu accusato di avere spogliati gli orfani e le vedove, e di aver negato alle chiese il danaro a lui


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consegnato, e che dopo aver inumanamente lasciato morire di fame il proprio padre, gli aveva ricusata la sepoltura: di più che, avendo dato un calcio nel ventre a sua moglie mentr'era gravida, l'avea fatta abortire. Egli ancora si adoprò che il diacono Felicissimo fosse ordinato sacerdote senza licenzasaputa di s. Cipriano suo vescovo. Inoltre esso ebbe gran parte nello scisma di Novaziano, stimolando anche gli altri ad opporsi contro il legittimo pontefice Cornelio1.

13. Parliamo ora de' costumi di Novaziano, e poi diremo quali furono gli errori di questi due eretici contro la fede. Novaziano, essendo energumeno, fu battezzato in letto per una grande infermità che l'assalì: ma essendo poi guarito, non curò che gli fossero supplite le cerimonie del battesimo, né prese la cresima, che secondo la disciplina della chiesa di quel tempo doveva prendere dopo il battesimo; e perciò i Novaziani poi negarono il sacramento della confermazione. Indi fu ordinato sacerdote, dispensando il vescovo con esso alle regole che vietavano di promuovere al clero coloro che erano stati battezzati in letto: onde il clero e molti del popolo di mala voglia acconsentirono alla sua ordinazione. In tempo della sua persecuzione pregato da' diaconi che uscisse dal luogo, ove per timore si era nascosto, ed andasse ad aiutare i fedeli, ch'erano strascinati al martirio, sdegnoso rispose che egli non volea esser più prete, ma desiderava altra cosa. Quest'altra cosa era il papato, che egli ambiva, insuperbito da qualche applauso che ricevea per una certa facondia che aveva di parlare, onde, essendo stato eletto Cornelio per pontefice, egli tanto macchinò, che si fece ordinar papa segretamente da tre vescovi ignoranti, dopo averli fatti ubbriacare. E così egli ebbe il vanto di esser il primo antipapa, e di veder divisa la chiesa romana. E per la sua ambizione che non fece? Mentre amministrava l'eucaristia a' suoi seguaci, n'esigeva il giuramento, dicendo a ciascuno: Giurami per il sangue di G.C. che non mai lascerai le mie parti, né tornerai a Cornelio2.

14. Gli errori che poi insegnavano Novato e Novaziano, furono i seguenti. Per 1. negavano che la chiesa potesse usare indulgenza con chi fosse caduto nell'idolatria in tempo della persecuzione; ed in quanto agli altri peccati, che non poteva dare il perdono a chi avesse peccato dopo il battesimo. Per 2. negavano il sacramento della confermazione. Per 3. condannavano coi Montanisti le seconde nozze, e privavano i bigami della comunione anche in punto di morte3.

15. In questo secolo vissero ancora altri eretici. Vi fu Nipote vescovo dell'Egitto, che circa l'anno 284. osò mettere di nuovo in campo l'errore dei Millenarj, prendendo troppo letteralmente la promessa dell'Apocalisse, che Gesù Cristo dovea regnare sopra la terra per lo spazio di mille anni, nei quali poi dicevano che i santi aveano a godere di ogni diletto umano. Gli Angelici giungevano a dare il culto di latria agli angeli, dicendo di più che gli angeli aveano creato il mondo, e vantavansi di menare essi una vita angelica. Gli Apostolici poi dicevano non essere lecito posseder cosa veruna, dicendo che non vi era speranza di salute per coloro che possedono ricchezze, e perciò furono riputati eretici. Di più essi discacciavano dalla loro comunione tutti coloro ch'erano ammogliati4.




3 . sec. 3. c. 3. a. 1. ex Euseb. et Van-Ranst p. 65.



4 Nat. Al. ibid. c. 3. a. 7. Van-Ranst p. 48.



5 Nat. Al. t. 7. c. 3. a. 7. Orsi t. 2. l. 5. n. 14. Hermant l. 1. cap. 60. Fleury l. 7. n. 35.



1 Orsi t. 3. l. 8. n. 15. Gotti de Vera Relig. t. 2. c. 11. §. 2. Nat. Alex. t. 7. c. 3. a. 8. §. 2. Hermant t. 1. c. 63. Fleury t. 2. l. 8. n. 1.



2 Baron. an. 277. ex n. 1. Nat. Al. t. 7. c. 3. art. 9. §. 1.



3 Nat. Alex. ibid. vide §. 2. Hermant t. 1. c. 65. Fleury t. 2. l. 8. n. 10. 11. et 12. Baron. an. 277. n. 1. et seq. Graveson in saec. 3.



4 Verità della Fede part. 3. c. 2. §. 2.



5 Fleury t. 1. l. 4. n. 47.

1 Baron. ann. 201. n. 3. et seq. ad 11. Fleury t. 1. l. 5. n. 25. et 26. Orsi t. 3. l. 8. num. 28.



2 T. 1. l. 5. n. 25.



3 Fleury l. 6. n. 3. cum s. August. et Nat. Alex. t. 6. c. 3. a. 8. n. 9.



4 Nat. Alex. t. 7. a. 12.



5 Fleury l. 5. n. 2. Orsi l. 5. n. 27.



6 Nat. Alex. t. 7. a. 12.

1 Stromata l. 10.



2 Orsi l. 6. n. 61.



3 Nat. ibid. Orsi n. 30.



4 T. 3. l. 7. n. 33.



5 Hist. eccl. l. 6. c. ult.



6 T. 3. l. 7. n. 33.



7 Orsi loc. cit. Hermant t. 1. c. 68. Baron. an. 104 n. 8. Van-Ranst p. 42. Graves. in sec. 3.



8 Istor. t. 1. c. 1. p. 125.



9 Haer. 64.



10 L. Hist. Eccl. c. 59.



11 An. 253. n. 117. et seq. cum Graves. l. cit.



12 Petav. in animadv. in s. Epiphan. Haeres. 64. Huetius l. 1. Orig. c. 4. Pagius ad an. 251. n. 19. Nat. Al. t. 7. Diss. 15. q. 2. a. unic.



13 Not. in Natal. l. cit.



14 T. 7. c. 4. a. 1. §. 4.



15 An. 532. n. 20. et 21. et an. 548. n. 18.



16 Baron. an. 400. n. 33. et 34. an. 402. n. 16. et an. 553. n. 338.



17 Nat. Al. t. 7. §. 1. 2. et 3. Fleury t. 1. l. 5. n. 54. Orsi t. 3. l. 6. n. 34. Hermant t. 1. c. 69. Van-Ranst p. 42.



1 Dial. 1.



2 Notit. Hist. Conc. Constan. 2. an. 553. n. 14.



3 T. 1. c. 132.



4 Card. Orsi t. 18. l. 41. n. 1. et 5. ad 7.



5 Orsi loc. cit. n. 70.



6 Epist. 52.

1 Vide Baron. A. 254. et n. 50. et Natal. t. 7. c. 3. a. 4. §. 1. Fleury t. 1. l. 6. n. 51.



2 Vide Natal. loc. cit. et Baron. n. 61.



3 Nat. Alex. ibid. Van-Ranst p. 45. et 46. Fleury cit. n. 51. Hermant t. 1. c. 48. et 51.



4 Nat. Alex. t. 7. c. 3. a. 6. et 9. Van-Ranst p. 47. et 64. Berti t. 1. sect. 3. c. 3.






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