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Sant'Alfonso Maria de Liguori Storia delle Eresie IntraText CT - Lettura del testo |
Eresia di Giovanni Hus e Girolamo di Praga.
39. Qualità di Giovanni Hus e principj della sua eresia. 40. Sua condanna nel sinodo. 41. Compendio degli errori di Hus. 42. Concilio di Costanza, ove è costretto Hus ad intervenire. 43. Giunge a Costanza, e tenta la fuga. 44. Si presenta al concilio, e resta ostinato. 45. È condannato e bruciato. 46. Di Girolamo di Praga, che anche muore bruciato ed ostinato. 47. Guerra degli Hussiti, loro sconfitta e conversione.
39. A tempo di Wenceslao re di Boemia, figlio dell'imperator Carlo IV., verso i principj del secolo XV. entrò
nella Boemia la peste dell'eresia di Wicleffo. Fioriva allora l'università di Praga, ma i professori che la reggeano malamente la governavano: poiché essendo eglino di quattro diverse nazioni, cioè della boemica, sassonica, bavarica e polonica, che tutte godeano gli stessi privilegi, era tra di esse entrato l'impegno di non farsi suppeditare; e perciò i maestri, più che ad insegnar la verità agli scolari, attendeano a contraddirsi tra di loro. In questo stato trovandosi le cose, riuscì a Giovanni Hus, ch'era uno de' professori per parte de' boemi, di ottenere dal re che la sua nazione nelle decisioni delle controversie avesse tanta forza, quanta ne aveano tutte le altre tre. Dopo tal nuovo stabilimento si partirono da Praga i dottori tedeschi, e fondarono in altro luogo una nuova accademia, quale fu quella di Lipsia; e quella di Praga restò quasi tutta sottoposta al governo di Giovanni1. Giovanni Hus era nativo di una picciola terra di Boemia, nominata dallo stesso suo cognome Hus, ed era nato da poveri genitori; in modo che narra il Varillas2 ch'egli cominciò ad istruirsi nelle lettere coll'occasione di accompagnare alla scuola un figlio di un cert'uomo. Ma a poco a poco col suo talento si avanzò ad esser laureato dottore in Praga; e per opera sua quella università diventò un'assemblea di eretici. Essendo pertanto dopo la partenza de' tedeschi egli restato ivi a dominare, avvenne la disgrazia che giunse in Praga un certo allievo di Wicleffo, Pietro Payne, fuggito dall'Inghilterra, il quale portò seco i libri dell'empio maestro, e cominciò a spargere la di lui dottrina. Lesse allora Giovanni Hus i libri di Wicleffo, e trovandovi tante sentenze pellegrine, benché pestilenti ed eretiche, gli piacquero, pensando di acquistarsi con quelle maggior numero di giovani scolari, che amano le novità. Non ardì di subito approvarle ed insegnarle, mentre egli stesso non molto tempo prima avea sottoscritta la condanna di quelle fatta dall'università3; le proponeva solo per modo di discorrere. Ma inoltrandosi a poco a poco cominciò a spargere il veleno di Wicleffo, non solo tra gli scolari nell'università, ma anche tra il popolo nelle chiese; e predicando un giorno nella chiesa di s. Matteo e s. Mattia di Praga, vantò i libri di Wicleffo, e disse che morendo desiderava di giungere a quella gloria che Wicleffo godeva in cielo.
40. Tradusse poi alcuni libri di lui in lingua boema, specialmente quello del Trialogo, il più infetto degli altri. Molti chierici di vita perduta si fecero suoi seguaci, e gli si unirono anche altri dottori, i quali non soffrivano che le cariche si dessero a nobili meno istruiti di essi nelle lettere. Fra questi dottori vi fu ancora Girolamo di Praga, il quale nell'anno 1408. insieme con Giovanni Hus avea condannati gli articoli di Wicleffo, ma poi avendo prevaricato, fatto compagno di Giovanni, ebbe l'ardire di chiamare ingiusta la condanna fatta di quelli dal concilio di Costanzo. L'arcivescovo di Praga Sbinko procurò di riparare un sinodo, che adunò di più celebri dottori4, ove furono condannate le proposizioni di Hus. Da ciò sdegnato l'eretico cercò di sollevare contro il sinodo fatto anche la plebe; onde l'arcivescovo lo scomunicò, e mandò al papa Alessandro V. la condanna fatta de' suoi errori. Ma ciò niente giovò; poiché Hus appellò dalla condanna allo stesso pontefice male informato, com'egli dicea. Morì fra questo mentre l'arcivescovo; perloché restò la Boemia piena di eretici. Allora uscirono a farsi compagni di Hus Giacobello di Misna e Pietro di Dresda, che fortemente si pose a predicare contro l'errore della chiesa, come egli dicea, che usa dar la comunione al popolo sotto la sola specie del pane; onde
esclamava esser dannati tutti coloro che così comunicavano. A tal proposizione si unì anche Giovanni Hus con tutti i settatori, in modo che di poi i boemi hussiti per niun mezzo, e né pure colla forza delle armi fu possibile staccarli da questa falsa opinione.
41. Gli articoli di Giovanni Hus descritti da Natale Alessandro1 furono trenta. Faremo qui solamente un succinto compendio delle materie de' suoi articoli rispetto alla sostanza. Dicea che la chiesa è composta de' soli predestinati; Art. 1. 3. 5. 6. Di più che le due nature, la divinità e l'umanità sono un Cristo; Art. 4. Dicea che Pietro non fu, né è capo della chiesa cattolica; Art. 7. 10 ed 11. Di più che così i signori civili, come gli ecclesiastici, quali sono i prelati, i vescovi, non sono più tali, mentre sono in peccato mortale; ciò diceva nell'Art. 30; e negli articoli antecedenti dicea lo stesso del papa; Art. 20. 22. 24. e 26. Dicea di più che la dignità papale è provenuta dalla potenza di Cesare; Art. 9. Di più che l'ubbidienza ecclesiastica è invenzione de' sacerdoti; Art. 15. Di più che quanto fa l'uomo vizioso, tutto è vizioso; e quanto fa il virtuoso, tutto è virtuoso; Art. 16. Di più che i buoni sacerdoti, anche scomunicati, debbon predicare; Art. 17. e 18: e nell'articolo 19 riprova le censure ecclesiastiche. Dicea di più che la condanna dei 45 articoli di Wicleffo fu iniqua; Art. 25. Di più che non bisognava un capo che reggesse la chiesa, mentre gli apostoli e gli altri sacerdoti ben regolarono la chiesa, prima che s'introducesse l'officio del papa; Art. 27. 28 e 29. Ciò è quanto in sostanza si contiene negli articoli di Giovanni Hus. Del resto Van-Ranst, pag. 275, avverte, e lo prova coi passi del medesimo Giovanni, ch'egli tenne il dogma della presenza reale di Gesù Cristo nell'eucaristia; e quanto egli fu accusato nel concilio nella sessione 15 di avere insegnato che vi restava la sostanza del pane, negò di aver ciò mai né insegnato, né tenuto. Ammise anche la confessione sacramentale colle sue tre parti, come noi, la estrema unzione e tutti gli altri sacramenti; ammise i suffragi per li defunti e l'invocazione dei santi e la loro intercessione. Da ciò dice poi il Van-Ranst: Vedano i Luterani e i Calvinisti con quanta ingiustizia condannano nella chiesa romana que' dogmi tenuti già da Giovanni Hus, che essi venerano come il testimonio della verità, e vantansi di aver da lui origine e la successione delle loro chiese.
42. Vediamo ora la fine che toccò a Giovanni Hus per la sua ostinazione. Nell'anno 1413 il papa con un sinodo congregato in Roma condannò Wicleffo ed i suoi errori. Ciò inteso da Giovanni, si pose a lacerare la fama de' padri di questo sinodo; per la qual cosa il papa si vide obbligato a sospenderlo da ogni officio ecclesiastico, tanto più che, avendolo fatto citare a portarsi in Roma, egli non vi era comparso. Indi nell'anno 1414 si congregò il concilio ecumenico nella città di Costanza, ove intervennero 29 cardinali, quattro patriarchi e 207 prelati, e di più vi assistette anche l'imperator Sigismondo in persona2. A questo concilio fu dall'imperatore chiamato Giovanni Hus, acciocché ivi si portasse a difendere la sua causa; ma egli non volle partirsi da Praga, se prima l'imperatore non l'avesse assicurato con un suo salvacondotto. Ricevuto poi il salvacondotto, andò a Costanza, e vi andò con gran presunzione di convincere i padri del concilio co' suoi falsi argomenti, e senza timore di patirne danno, se mai il concilio non gli avesse approvati, fidando al salvacondotto che aveva ottenuto. Ma l'allucinato non si era accorto della clausula in quello apposta, cioè: che se gli dava la sicurtà solamente a rispetto de' delitti a lui imputati, ma non già degli errori ch'egli tenea contro la chiesa3; sicché
la sicurtà gli era promessa a riguardo della fede, sempre che egli ubbidisse al concilio dopo essere stato inteso, ma non già quando avesse con ostinazione seguito a sostenere le sue eresie. Ma ciò è quello che egli non osservò, come vedremo. Onde ingiustamente dissero poi i Luterani che nella nostra chiesa vi era la massima: Non esse servandam fidem haereticis; e perciò non vollero intervenire al concilio di Trento. No; la nostra chiesa insegna che la fede dee mantenersi anche a' barbari ed a' Giudei: ed in fatti nel concilio di Basilea ben si osservò il salvocondotto dato agli Hussiti, benché restassero ostinati ne' loro errori.
43. Giunto Giovanni Hus in Costanza, prima di portarsi al concilio affisse il suo salvacondotto alla porta della chiesa; e frattanto che tratteneasi nel suo ospizio, non cessava di lodare Wicleffo, e di spargere le sue perfide massime. Inoltre quantunque egli fosse stato scomunicato dal suo pastore in Praga, non si astenea di dire la messa in una cappella; onde l'arcivescovo, avendo ciò saputo, gli proibì di più celebrare, e proibì anche a' suoi sudditi di sentire la sua messa1. Da ciò spaventato Giovanni e dalle accuse che se gli preparavano, ed insieme dall'ordine del concilio di non partirsi da Costanza, ebbe timore, e pensò di fuggire; ed a tale effetto si vestì da villano, e si pose dentro del fieno sovra d'un carro. Ma il suo errore fu di fidarsi in tal faccenda di un uomo, a cui era stata data l'incombenza di spiare le di lui azioni; e costui, posto che fu Giovanni sul carro, fu quegli che lo scoprì, e lo fece catturare dal console della città. Ciò avvenne nella domenica terza di quaresima. Preso ch'egli fu, gli dimandarono perché si fosse vestito in quella foggia, e si fosse nascosto sotto del fieno, rispose: perché sentiva freddo. Lo posero sovra d'un cavallo, e lo portarono alla carcere. Allora egli addusse il salvacondotto; ma allora gli fu fatta avvertire la clausula del salvacondotto, per cui egli aveva ottenuta la sicurezza solo per i delitti appostigli, ma non per gli errori contro la fede; onde gli fu detto: Sta decretato che tu giustifichi la tua causa non esser eretica; altrimenti, se non ti rivochi, morrai2. A tal risposta restò egli più atterrito; e perciò vedendo i suoi boemi che l'accompagnavano, si slanciò dalla sella del cavallo ove sedeva, e si gittò in mezzo di loro: ma di nuovo fu preso da' ministri della giustizia, e fu chiuso in un convento de' Domenicani. Ma perché ivi macchinava una nuova fuga, fu chiuso in un carcere più sicuro3.
44. Stando Giovanni Hus in quella prigione, fu citato acciocché venisse al concilio per giustificarsi. Fra questo tempo dal concilio furono condannati i 45 articoli di Wicleffo; dal che a Giovanni si accrebbe il timore. Fece poi il concilio l'esame formale de' testimonj contro di lui circa gli errori da esso tenuti e predicati e scritti nei suoi libri. Fu stesa la formola dell'abiura, che dovea fare Giovanni, se volea ritrattarsi, volendo il concilio che si ritrattasse non solo colla voce, ma anche collo scritto, sottoscrivendo l'abiura delle sue proposizioni in linguaggio boemo. Ma ciò egli negò di voler fare, e presentò una sua scrittura, in cui dichiarava che non poteva in coscienza ritrattare tutti gli errori che gli erano stati imputati: ma i padri la ributtarono. Il cardinal di Cambrai si affaticò per indurlo a ritrattarsi generalmente, mentre le accuse stavano ben provate, e gli promise che il concilio gli avrebbe fatta tutta l'indulgenza possibile. Rispose Hus allora umilmente, e disse che non era ostinato, ed era venuto per imparare da' padri, e che ben si sottometteva alla dottrina del concilio. Detto ciò, gli fu data una penna per soscrivere la sua ritrattazione in lingua boema, come da principio gli era stato ordinato. Ma egli
rispose che l'impediva di far ciò il timore di mentire. Dimostrandosi in somma ostinato, anche l'imperatore volle parlargli, e l'esortò a ritrattarsi: ma in vano; perloché il concilio assegnò il giorno 6 di luglio per dar termine a questo affare. Ma prima di venire alla sentenza se gli usò la carità di mandargli quattro vescovi e quattro gentiluomini di Boemia a persuaderlo che si rimettesse. Le sue risposte furono tutte ambigue. Giunto il giorno destinato, fu Giovanni condotto nella chiesa del concilio, ivi fu richiesto se anatematizzava gli errori di Wicleffo. Se ne scusò con un lungo discorso, dicendo che la coscienza non glielo permettea.
45. Dopo ciò fu pronunciata contro di lui la sentenza, dichiarandolo reo di tanti suoi errori ed ostinato; che per tanto il concilio lo degradava dal sacerdozio, e lo consegnava al braccio secolare. Mentre si lesse la sentenza, Hus non disse alcuna parola, sperando dopo la lettura di parlare a suo piacere, ma in aprir la bocca subito fu fatto tacere. Indi immediatamente fu fatto vestire degli abiti sacerdotali, e spogliare, e gli fu posta una mitra di carta sulla testa, ove stava scritto: Ecco l'eresiarca. Allora il duca Luigi di Baviera lo prese, e lo consegnò a' ministri di giustizia, che lo fecero radere nella stessa piazza, ove stava il rogo in cui doveva esser bruciato. Fu legato al palo: ma prima di darsi fuoco al rogo, il duca di Baviera di nuovo l'ammonì a ritrattarsi. Rispose: La scrittura dice che si deve ubbidire più a Dio che agli uomini. Il duca allora gli voltò le spalle e il boia diede fuoco alla paglia. Cominciando ad ardere fu inteso dire l'ipocrita: Iesu Christe Fili Dei vivi, miserere mei; parole postegli in bocca dalla vanagloria per far vedere ch'egli moriva da martire. Anche il demonio vanta i suoi martiri, e perciò infonde loro una falsa costanza; ma, come dice s. Agostino, Martyrem non facit poena, sed causa, cioè la confessione della fede. La fiamma fu sì grande, che si crede averlo subito affogato, mentre non si vide che desse più segno di vita. Morto che fu, le sue ceneri furon buttate nel lago, e così finì la scena del povero Giovanni Hus1.
46. Parliamo ora di Girolamo di Praga, che siccome fu compagno di Hus negli errori contro la chiesa, così anche volle essergli compagno nella morte di fuoco e nell'eterna dannazione. Fu Girolamo uomo laico, suo discepolo e socio nel seminare i suoi errori; pervertito prima da' libri di Wicleffo, e poi da quelli di Hus. Egli venne a Costanza per aiutare l'amico e maestro; ma scoperto qual era, fu anche egli catturato, e costretto a comparire al concilio insieme col maestro. Ma la sua causa si fece un anno dopo la morte di Hus. Si formò contro di lui un pieno processo, nel quale stava provato, come scrive Rainaldo2, il quale ne riferisce gli atti che egli avea predicate le stesse eresie di Wicleffo e di Hus, e di più avea commessi molti eccessi, ed eccitate più sedizioni in diversi regni e città. Quando fu presentato al concilio nell'anno antecedente 1414. egli confessò di essersi ingannato, e di aver errato; e non ebbe ripugnanza anche di abiurare le sue eresie, secondo la formola datagli dal concilio. Ed allora gli fu data licenza di parlare cogli altri. Ma ricaduto poi di nuovo nella sua perfidia, giunse a dire agli amici che aveva abiurato non per ragione della coscienza, ma per timore del fuoco; mentre esso volea difendere sino alla morte quel che avea predicato. Onde scoperto, fu obbligato a comparir di nuovo al concilio nell'anno 1415, dove, essendogli detto dal patriarca di Costantinopoli che si purgasse della nuova accusa fattagli, egli sfacciatamente rispose allora che il timore di esser bruciato l'avea fatto abiurare, ma ch'egli tenea per veri tutti gli articoli di Wicleffo, e che volea col fuoco espiare la sua colpa di essersi ritrattato. I padri con tutto ciò gli usarono la carità
di aspettare, per dargli tempo di ravvedersi. Ma finalmente nella sessione 25. dopo una forte ammonizione fattagli dal vescovo di Lodi, trovandolo ancora ostinato, lo dichiararono eretico pertinace, e l'abbandonarono in mano del magistrato, che fece condurlo al rogo. Stando ivi fu esortato di nuovo da altri a ritrattarsi: disse che egli non trovava cosa nella sua coscienza che gli rimordesse: si spogliò da se stesso, ed indi fu legato al palo, e vi fu posto il fuoco. Egli non morì così presto, come morì Giovanni Hus, ma morì similmente senza dare alcun segno di penitenza1.
47. Morì Giovanni Hus con Girolamo di Praga d'una morte così infelice, che fu principio della loro morte eterna: ma con tutto ciò non finì l'eresia di Hus; anzi, come scrive il Varillas2, più animati gli Hussiti, o, per dir meglio, più irritati dal di lui supplicio, si adunarono in Boemia, saccheggiarono le chiese, s'impadronirono de' beni dei monasterj, ed insidiarono anche la vita del lor re Wenceslao; e benché cessarono dal parricidio, nondimeno appresso pentironsi di non averlo commesso, e non lo compirono, perché Wenceslao allora terminò di vivere. Indi avendo eletto per loro capo Zisca, intimarono la guerra all'imperator Sigismondo, succeduto al regno della Boemia come fratello di Wenceslao; ed avendo vinte quattro battaglie, lo discacciarono dalla Boemia. Zisca però in tali incontri perdette tutti due gli occhi, e con tutto ciò ancora comandava e vincea; ma colto poi dalla peste morì, e morendo lasciò detto che della sua pelle se ne facesse un timpano, affinché anche morto potesse egli atterrire i nemici. Morto Zisca, il partito si divise in due fazioni, degli Orfelini, o sieno Orebiti, e de' Taboriti, che si unirono contro i cattolici, benché discordassero nella dottrina. I sacerdoti cattolici da essi o eran bruciati vivi, o divisi per mezzo. Quando si fece il concilio in Basilea, eglino, ottenuto prima il salvacondotto, vi mandarono i loro legati per trattar la concordia; ma quella non ebbe effetto, anzi crebbe la guerra. Poiché essendo ritornati in Boemia, ed avendo raccolto un esercito di eretici, posero l'assedio alla città: ma in una battaglia furono disfatti da Mainardo nobile boemo; ed allora Sigismondo ricuperò il regno, e si stabilì la pace cogli Hussiti, i quali abiurarono l'eresia, e promisero l'ubbidienza al papa, e furono dal medesimo assoluti dalle censure ai 5. di luglio dell'anno 14363.