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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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§. 2. Si risponde alle obbiezioni.

 

12. Oppongono per 1. i Sabelliani più testi della scrittura, ove si dice che Dio è un solo: Ego sum Dominus, faciens omnia, extendens coelos solus, stabiliens terram; et nullus mecum12. Ecco, dicono, che il Padre pronunzia di essere stato solo nel creare il mondo. Si risponde che le parole Ego Dominus non si riferiscono solamente al Padre, ma a tutte le tre persone, che sono un Dio ed un solo Signore. In altro luogo si dice: Ego Deus, et non est alius13.


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Così parimente si risponde che la parola Ego non dinota la sola persona del Padre, ma anche quella del Figlio e dello Spirito santo, perché tutte sono un solo Dio: dicesi poi non est alius, per escludere tutte le altre persone che non sono Dio. Ma ecco, replicano, una scrittura, ove si dice che l'uno Dio è solo il Padre: Nobis tamen unus Deus, Pater, ex quo omnia, et nos in illum: et unus Dominus Iesus Christus, per quem omnia, et nos per ipsum1. Si risponde che ivi l'apostolo ammaestrava i fedeli a credere un solo Dio in tre persone, contro i gentili, che in più persone adoravano più Dei. Siccome poi crediamo che Cristo chiamato da san Paolo Unus Dominus non è il solo Signore ad esclusione del Padre; così il Padre chiamato unus Deus non dobbiamo credere che sia un solo Dio ad esclusione di Cristo e dello Spirito santo. Dicendo pertanto l'apostolo unus Deus Pater, s'intende dell'unità di natura non già di persona.

 

13. Si oppone per 2. che la stessa ragion naturale ci dimostra che, siccome tra gli uomini tre persone costituiscono tre diverse umanità individue, così in Dio le tre persone, se fossero realmente distinte costituirebbero tre Deità diverse. Si risponde che i divini misterj non debbono da noi giudicarsi secondo la nostra corta ragione umana; eglino sono infinitamente superiori alla nostra capacità. Si inter nos et Deum nihil est discriminis, dice s. Cirillo Alessandrino2, divina nostris metiamur; sin autem incomprehensibile est intervallum, cur naturae nostrae defectus normam Deo praefiniunt? Perciò se noi non giungiamo a comprendere le cose divine dobbiamo adorarle e crederle; ed acciocché siam tenuti a crederle, basta che non le conosciamo evidentemente opposte alla ragione. Siccome poi non possiamo comprender la grandezza di Dio, così neppure comprender possiamo il modo com'egli esista. Ma come, dicono, possiamo credere che tre persone realmente distinte, siano un solo Dio e non tre Dei? La ragion che ne assegnano i santi padri è questa: perché uno è il principio della divinità, cioè il Padre che da niuno procede, mentre le altre due persone procedono da esso, ma procedono in modo che non lasciano di esistere in esso, come disse Gesù Cristo: Pater in me est, et ego in Patre3. E questa è la differenza tra le persone umane e le persone divine. Tra noi tre persone costituiscono tre sostanze diverse; perché, sebbene sono della stessa specie, nondimeno sono tre sostanze individue e singolari, anzi tre singolari nature, mentre ciascuna persona ha la sua natura particolare. Ma in Dio la natura o sia la sostanza non è divisibile, ma è affatto singolare di una sola divinità; e perciò le persone, benché siano tre realmente distinte, perché poi hanno la stessa natura e la stessa sostanza divina, costituiscono una sola divinità ed un solo Dio.

 

14. Si oppone per 3. la regola ricevuta da' filosofi: Quae sunt eadem uni tertio, sunt eadem inter se. Dunque, dicono, se le persone divine sono la stessa cosa colla natura divina, sono anche la stessa fra di loro, e non possono realmente distinguersi. Potremmo rispondere, come di sovra, che questo assioma filosofico vale per le cose create, non già per le divine. Ma vi è la risposta diretta e chiara: l'assioma suddetto corre in quelle cose che convengono coll'uno terzo e con loro stesse, ma non già dove non convengono in tutto fra di loro. Le persone divine convengono bensì in tutto nella divina essenza, e perciò sono lo stesso fra di loro in quanto alla sostanza; ma perché in quanto alla personalità non totalmente convengono, per ragion dell'opposizione relativa che vi è tra di loro, giacché il Padre comunica la sua essenza alle altre due persone, e queste la ricevono dal Padre, perciò realmente è distinta la persona del Padre da quella del Figliuolo e da quella dello Spirito


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santo, che riceve l'essere dal Padre e dal Figliuolo.

 

15. Si oppone per 4. che la persona divina è infinita, dunque è unica; giacché unico è l'infinito in ogni genere di perfezione: e da ciò si prova che non possono esservi più Dei fuori di uno; perché altrimenti l'uno non possederebbe tutta la perfezione dell'altro, e così non sarebbe né infinitoDio. Si risponde che, sebbene per la infinità di Dio non possono esservi più Dei; non però dalla infinità della persona divina nel nostro Dio non ne siegue che non possano esservi più divine persone; perché in Dio, benché sieno le tre persone distinte, ciascuna nondimeno per l'unità dell'essenza contiene tutte le perfezioni delle altre. Ma il Figliuolo, dicono, non contiene la perfezione del Padre di generare, e lo Spirito santo non ha la perfezione che hanno il Padre ed il Figliuolo, di spirare; dunque non è infinito il Figliuolo, come è il Padre, né lo Spirito santo ha le perfezioni che hanno il Padre ed il Figliuolo. Si risponde che la perfezione di tutte le cose è quella che compete a ciascuna secondo la sua natura; ond'è che siccome la perfezione del Padre è di generare, così secondo la natura divina la perfezione del Figliuolo sta nell'essere generato, e quella dello Spirito santo nell'essere spirato. Essendo poi queste perfezioni relative, non possono esser le stesse in ciascuna persona; altrimenti cesserebbe la distinzione delle persone, e cesserebbe la perfezione della natura divina, la quale esige che le persone siano tra esse realmente distinte e l'essenza a ciascuna di loro sia comune. Replicano: ma questi quattro nomi di essenza, di Padre, di Figliuolo e di Spirito santo non sono nomi sinonimi; dunque sono quattro cose distinte, e perciò in Dio non solo vi è la trinità, ma anche la quaternità. Ma quanto è ridicola la opposizione, tanto è chiara la riposta. Sì, i suddetti quattro nomi non sono già sinonimi, ma non perciò l'essenza è diversa e distinta dalle persone: l'essenza divina è una cosa assoluta, ma comune a tutte le tre divine persone; le tre persone poi sono distinte dall'essenza, perché l'essenza è in ciascuna delle tre persone, come dichiarò il concilio lateranese IV. nel canone 2: In Deo trinitas est, non quaternitas; quia quaelibet trium personarum est illa res videlicet essentia sive natura divina, quae sola est universorum principium, praeter quod aliud inveniri non potest.

 

16. Oppongono per 5. i Sociniani, e dicono: Il Padre o ha generato il Figlio esistente o non esistente: se l'ha generato esistente, invano dicesi generato; se non esistente, dunque il Figlio non è sempre stato. Pertanto concludono che non vi sono in Dio tre persone della stessa essenza. Si risponde che il Padre sempre ha generato il Figliuolo, ed il Figliuolo è stato sempre esistente, perché sempre è stato generato sino dall'eternità, e sempre sarà generato continuamente; che perciò si dice nel salmo 2. vers. 7.: Ego hodie genui te, perché nell'eternità non vi è successione di tempi, e tutto è a Dio presente. Né vale dire che invano il Padre ha generato il Figlio, giacché il Figlio è stato sempre esistente: perché si risponde che la divina generazione è stata eterna, e come il Padre generante è eterno, così il Figliuolo in eterno è stato sempre generato; ambedue pertanto sono stati eterni, ma il Padre è stato sempre il principio nella natura divina.

 

17. Si oppone per ultimo che i primi cristiani non credeano il mistero della trinità; perché se l'avessero creduto, i gentili avrebbero loro opposte le tante difficoltà che umanamente parlando appariscono in tal mistero; almeno avrebbero impreso da ciò a provare la pluralità de' loro Dei; ma queste cose non si trovano opposte da' gentili a' cristiani, né si vede che i cristiani vi abbiano risposto nelle loro apologie. Si risponde per 1. che in quei primi tempi i pastori della chiesa ben insegnavano


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ai catecumeni il simbolo degli apostoli, ove si contiene il mistero della Trinità; ma non lo palesavano apertamente a' gentili, i quali, per esser queste cose divine superiori alla loro mente, derideano quel che non intendeano. Si risponde per 2. che molti libri dei gentili sono mancati sì per l'antichità, come per le proibizioni de' principi cristiani; e così anche sono mancate molte apologie. Del resto Prassea, che negava la Trinità, ciò rinfacciava già ai cattolici, dicendo che, ammettendo tre persone in Dio, approvavano la pluralità degli Dei de' gentili. Di più ben si legge nella prima apologia di s. Giustino, che gli idolatri rimproveravano a' cristiani che adorassero Cristo come figlio di Dio. Di più Celso Gentile presso Origene1 oppose già ai cristiani che dalla loro credenza nella Trinità ne seguiva la pluralità degli Dei: ed Origene gli rispose che la Trinità non costituisce tre Dei, ma un Dio; mentre il Padre, il Figliuolo e lo Spirito santo, benché siano tre persone, sono nondimeno una sola e stessa essenza. Si aggiunge che dagli atti de' santi martiri in mille luoghi si dimostra che i cristiani credeano che Gesù Cristo era vero figlio di Dio; il che non poteano credere, senza credere insieme che in Dio vi siano tre persone.

 




12 Isa. 44. 24.



13 Isa 45. 22.

1 1. Cor. 8. 6.



2 L. 11. in Ioan. p. 99.



3 Ioan. 10. 38.

1 Orig. l. contra Celsum.




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