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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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Si risponde alle obbiezioni contro la presenza reale.

 

15. Oppongono per 1. le parole di Cristo: Spiritus est qui vivificat, caro non prodest quidquam; verba quae ego locutus sum vobis, spiritus et vita sunt4. Ecco, dicono, che le parole, di cui noi ci serviamo per provare la presenza reale di Cristo nell'eucaristia, sono parole figurate che significano il cibo celeste di vita, il quale si riceve colla fede. Si risponde per 1. con san Giovan Grisostomo5, che scrisse: Quomodo igitur (Christus) ait: Caro non prodest quidquam? Non de sua carne dicit, absit; sed de his qui carnaliter accipiunt quae dicuntur. Secondo quel che dice l'apostolo: Animalis homo non percipit ea quae sunt spiritus Dei6. Sicché il Signore non parlava della sua carne, secondo il Grisostomo, ma degli uomini carnali che parlano carnalmente de' misterj divini; e questo senso ben si accorda colle parole di s. Giovanni: Verba quae ego locutus sum vobis, spiritus et vita sunt7, significando che le parole dette non erano di cose carnali e caduche, ma spirituali e di vita eterna. Ma se le riferite parole si vogliono intendere della propria carne di Cristo, come spiegano s. Atanasio e s. Agostino, il Signore volle con quelle significarci che la sua carne data a noi in cibo ricevea bensì la virtù di santificarci dallo spirito, o sia dalla divinità che le era unita, ma che la sola carne niente giovava. Ecco le parole di s. Agostino8: Non prodest quidquam (caro), sed quomodo illi intellexerunt; carnem quippe sic intellexerunt, quomodo in cadavere dilaniatur, aut in macello venditur, non quomodo spiritu vegetatur. Caro non prodest quidquam, sed sola caro; accedat spiritus ad carnem, et prodest plurimum.

 

16. Oppongono per 2. che nelle parole proferite da Cristo Hoc est corpus meum, il pronome hoc non dimostrava, né altro potea dimostrare che il solo pane che teneva in mano; ma il pane non poteva esser corpo di Cristo, se non per mera figura. Si risponde che la proposizione Hoc est corpus meum, se si guarda imperfetta e non ancora compita, come se si dicesse solamente hoc est, allora è vero che il pronome hoc dimostra il solo pane; ma se si guarda perfetta e compita, dinota non il pane, ma il corpo di Cristo. Quando il Signore mutò l'acqua in vino, se avesse detto Hoc est vinum, ognuno avrebbe capito che l'hoc si riferiva non all'acqua, ma al vino: e così nell'eucaristia


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la voce hoc dee riferirsi, secondo il senso compito, al corpo; poiché la mutazione allora si fa, quando tutta la proposizione è compiuta. Siccome il pronome hoc nella proposizione detta da Cristo non significò cosa alcuna, fin tanto ch'egli non proferì il sostantivo di quel pronome, quale fu corpus meum, e con cui restò compita la proposizione.

 

17. Oppongono per 3. che la suddetta proposizione Hoc est corpus meum fu mera figura, come le altre che nella scrittura vi sono di Cristo: Ego sum vitis vera - Ego sum ostium - Petra erat Christus. Si risponde che intanto queste proposizioni si prendono in senso improprio, perché ripugna a Cristo il senso proprio, come l'essere vite, porta o pietra; e perciò non possono congiungersi col verbo sum, se non solo nel senso improprio. Ma nelle parole dell'eucaristia non vi è alcuna ripugnanza di congiungere il predicato col soggetto; poiché, come si è detto, non disse il Signore: Hic panis est corpus meum, ma disse: Hoc est corpus meum; hoc, cioè la cosa che si contiene sotto questa specie di pane, è il mio corpo; nel che non vi è affatto alcuna ripugnanza.

 

18. Oppongono per 4. contro la presenza reale di Cristo nel sacramento le parole che narra s. Giovanni (12. 8.): Pauperes enim semper habetis vobiscum, me autem non semper habetis. Dunque nell'ascensione il Salvatore lasciò di stare più in terra. Si risponde che il Signore parlava allora della presenza visibile, in cui poteva in quel tempo ricever l'ossequio prestatogli dalla Maddalena. Quindi a Giuda che mormorava dicendo ut quid perditio haec? rispose me autem non semper habetis, cioè in sembianza visibile, e naturale; ma ciò non escludea che dopo la salita al cielo non fosse rimasto in terra nell'eucaristia sotto le specie di pane e di vino invisibilmente in modo soprannaturale. E così intendosi tutti gli altri passi consimili: Iterum relinquo mundum, et vado ad Patrem1. Assumptus est in coelum, et sedet a dextris Dei2.

19. Oppongono per 5. il testo dell'apostolo: Patres nostri omnes sub nube fuerunt... et omnes eandem escam spiritalem manducaverunt3. Dunque, dicono, non prendiamo noi Cristo nell'eucaristia se non per la fede, siccome lo ricevettero gli ebrei. Si risponde che il senso di tali parole è che sì bene gli ebrei presero lo stesso cibo spirituale, cioè la manna, di cui parla s. Paolo, che fu figura dell'eucaristia, ma non presero il corpo di Cristo realmente, come lo prendiamo noi. Gli ebrei mangiarono la figura del corpo di Cristo; noi mangiamo il vero corpo prima già figurato.

 

20. Oppongono per 6. le parole del Signore: Non bibam amodo de hoc genimine vitis usque in diem illum, cum illud bibam vobiscum novum in regno Patris mei4. E ciò lo disse dopo le parole: Hic est enim sanguis meus novi testamenti, qui pro multis effundetur in remissionem peccatorum5. Notate, dicono, de hoc genimine vitis: ecco che il vino restò vino, anche dopo che fu consacrato. Si risponde per 1. che Cristo potea chiamarlo vino anche dopo la consacrazione, non già perché ritenesse la sostanza di vino, ma perché ne ritenea la specie, siccome da s. Paolo l'eucaristia si chiama pane anche dopo la consacrazione: Quicunque manducaverit panem hunc, vel biberit calicem Domini indigne, reus erit corporis et sanguinis Domini6. (Vedi quel che si dirà a questo proposito al num. 29). Si risponde per 2. con s. Fulgenzio7, il quale accortamente distingue, e dice che Gesù Cristo prese due calici; uno pasquale secondo il rito giudaico, l'altro eucaristico secondo il rito sacramentale. Ora il Signore nelle prime parole riferite di sopra, parlò del primo calice e non già del secondo; e ciò apparisce chiaramente dall'altro vangelo di s. Luca al capo 22, ove nel verso 17 scrive


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s. Luca: Et accepto calice, gratias egit, et dixit: Accipite, et dividite inter vos, dico enim vobis, quod non bibam de generatione vitis, donec regnum Dei veniat. Indi al verso 20 narra lo stesso s. Luca che Cristo prese il calice del vino e lo consacrò: Similiter et calicem, postquam coenavit, dicens: Hic est calix novum testamentum in sanguine meo, qui pro vobis fundetur. Sicché le parole notate di sopra non bibam amodo de generatione vitis etc., furono dette prima della consacrazione del calice eucaristico.

 

21. Oppongono per 7. che questa presenza reale di Cristo nell'eucaristia non si può credere, mentr'ella ripugna affatto al giudizio de' sensi. Ma si risponde in breve a ciò con quel che dice l'apostolo, che le cose della fede non appariscono a' sensi: Est autem fides... argumentum non apparentium1. E con quell'altro testo, ove dice che l'uomo animale, cioè che vuol regolarsi col solo lume naturale, non può intendere le cose divine: Animalia autem homo non percipit ea quae sunt spiritus Dei; stultitia enim est illi, et non potest intelligere2. Ma leggasi quel che si dirà su questa opposizione nel §. III. seguente.

 




4 Io. 6. 64.



5 Hom. 46. in Ioan.



6 1. Cor. 2. 14.



7 Ioan. 6. 64.



8 Tract. 27. in Ioan.

1 Ioan. 16. 28.



2 Marc. c. 16. 19.



3 1. Cor. 10. 1. et 3.



4 Matth. 26. 29.



5 Vers. 28.



6 1. Cor. 11. 27.



7 Ad Ferrandum dialog. de quinq. quaest. q. 5.

1 Hebr. 11. 1.



2 1. Cor. 2. 14.






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