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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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§. 6. Che Dio non può essere autor del peccato.

 

48. Lettor mio, preparatevi a restare inorridito in sentir le bestemmie che i settarj, e specialmente Calvino, vomitano su questa materia de' peccati. Non si prendono orrore di dire per 1. che Iddio ordina tutti i peccati che nel mondo si commettono. Ecco come scrive Calvino3: Nec absurdum videri debet quod dico, Deum non modo primi hominis casum et in eo posteriorum ruinam praevidisse, sed arbitrio quoque suo dispensasse. In altro luogo4 dice: Ex Dei ordinatione reprobis iniicitur peccandi necessitas. Scrive per 2.5 che Dio spinge il demonio a tentare gli uomini al peccato: Dicitur et Deus suo modo agere, quod Satan ipse (instrumentum cum sit irae eius) pro eius nutu atque imperio se inflectit ad exequenda eius iusta iudicia. Ed al §. 5 dice: Porro Satanae ministerium intercedere ad reprobos instigandos, quotiens huc atque illuc Dominus providentia sua eos destinat. Per 3. scrive6 che Dio muove l'uomo a peccare: Homo iusto Dei impulsu agit quod sibi non licet. Per 4. scrive7 che Dio stesso opera in noi, e con noi i peccati, e si serve degli uomini come di stromenti per eseguire i suoi giudizj: Concedo fures, homicidas etc. divinae esse providentiae instrumenta, quibus Dominus ad exequenda sua iudicia utitur. Per altro questa bella dottrina Calvino l'apprese da Lutero e da Zuinglio. Lutero scrisse: Mala opera in impiis Deus operatur. Zuinglio8 scrisse: Quando facimus adulterium, homicidium, Dei opus est auctoris. In somma poi Calvino9 non ripugna di chiamare Dio autore di tutt'i peccati: Et iam satis aperte ostendi


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Deum vocari omnium eorum (peccatorum) auctorem, quae isti censores volunt tantum eius permissu contingere. Con queste false dottrine credono, o per meglio dire si lusingano i settarj, di trovare scusa ne' loro vizi, dicendo che se peccano, peccano per necessità; e che se si dannano, anche per necessità si dannano, perché tutti i dannati sono da Dio sin dalla loro creazione predestinati all'inferno; errore che poi confuteremo nel §. seguente.

 

49. La ragione che adduce Calvino delle esecrande proposizioni riferite di sopra è questa: dice egli che Dio non avrebbe potuto aver la prescienza della sorte felice o infelice di ciascuno di noi, se non avesse ordinate con suo decreto le opere buone o male che noi facciamo nella nostra vita: Decretum quidem horribile fateor; inficiari tamen nemo poterit quin praesciverit Deus quem exitum esset habiturus homo, et ideo praesciverit, quia decreto suo sic ordinaverit. Ma si risponde che altro è il prevedere, altro è il predestinare i peccati degli uomini. Non v'ha dubbio che Dio colla sua infinita intelligenza sa e comprende tutte le cose future, e fra queste tutte le colpe che ciascun uomo commetterà; ma alcune cose Iddio le prevede secondo il suo decreto positivo, altre secondo la sua permissione. Ma così il decreto divino, come la permissione, niente offendono la libertà dell'uomo; poiché Dio prevedendo le di lui opere buone o male, le prevede tutte liberamente fatte. I settarj argomentano così: se Dio ha preveduto il peccato di Pietro, egli non può errare nella cognizione del futuro; dunque, giungendo il tempo preveduto, Pietro necessariamente peccherà. Ma non dicono bene, dicendo necessariamente: peccherà infallibilmente, perché Dio già l'ha preveduto, né può errare nel prevedere; ma Pietro non peccherà necessariamente, perché se egli vorrà peccare, peccherà liberamente per sua malizia, e Dio solamente lo permetterà per non privarlo della libertà che gli ha data.

 

50. Vediamo ora quanti assurdi vi sarebbero, se si volessero ammettere le proposizioni asserite da' settarj. Il primo assurdo. Dicono essi che Dio per giusti fini ordina e vuole i peccati che dagli uomini si commettono. Ma son troppo chiare le scritture le quali ci fan sapere che Dio non vuole i peccati, anzi gli odia, e non può guardarli senza orrore; e che all'incontro vuole la nostra santificazione: Quoniam non Deus volens iniquitatem tu es1. Odio sunt Deo impius et impietas eius2. Mundi sunt oculi tui, ne videas malum; et respicere ad iniquitatem non poteris3. Or se Dio si protesta che non vuole il peccato, ma l'odia e lo proibisce, come possono dire i settarj che Dio, facendosi contrario a se stesso, vuole i peccati, e li predestina? Calvino si fa già questa difficoltà4, e dice: Obiiciunt, si nihil eveniat, nisi volente Deo, duas esse in eo contrarias voluntates, quia occulto consilio decernat, quae lege sua palam vetuit. Facile diluitur. Udiamo da Calvino come si scioglie questa contrarietà di voleri in Dio. Dice che si scioglie colla risposta che si dai rozzi, quando sono interrogati di qualche difficil punto: Non capimus. Ma la vera risposta è che il supposto di Calvino è tutto falso; perché Dio non può mai volere quel che a noi proibisce ed egli odia. Anche Melantone nella sua confessione augustana contro il suo Lutero disse: Causa peccati est voluntas impiorum, quae avertit se a Deo.

 

51. Il secondo assurdo. Dicono che Dio spinge il demonio a tentare, e Dio stesso tenta e muove l'uomo a peccare. Ma come ciò può essere, mentre Dio ci proibisce di acconsentire a' cattivi appetiti? Post concupiscentias tuas non eas5. Ei ci comanda di fuggire il peccato come dalla faccia del serpente: Quasi a facie colubri, fuge peccata6. S. Paolo ci esorta a prender contro le tentazioni del demonio l'armatura di Dio, qual'è l'orazione: Induite


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vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli1. S. Stefano rimproverava a' giudei ch'essi resisteano allo Spirito santo. Se fosse vero che Dio è quello che ci spinge a peccare, i giudei poteano rispondere a s. Stefano: noi non già resistiamo allo Spirito santo, ma facciamo ciò che lo Spirito santo c'ispira, e perciò ti lapidiamo. Gesù Cristo c'insegna a pregare Dio che non permetta di esser tentati da quelle occasioni malvage che ci farebbero cadere: Et ne nos inducas in tentationem. Or se Dio spinge il demonio a tentarci, ed egli stesso ci tenta e muove a peccare, e decreta che pecchiamo, come poi c'impone di fuggire il peccato, di resistere al peccato, e pregare che siamo liberi dalle tentazioni? Se Dio ha destinato che Pietro abbia quella tentazione, e da quella sia vinto, come Pietro potrà pregare Iddio che lo liberi da quella tentazione, e muti il suo decreto? Eh che Dio non mai spinge il demonio a tentarci, ma solamente lo permette per provarci. Il demonio quando ci tenta opera empiamente; onde Dio non può imporcelo: Nemini mandavit (Deus) impie agere2. Anzi il Signore in tutte le tentazioni ci offerisce e ci porge l'aiuto bastante a resistere; e si protesta che non mai permetterà che noi siamo tentati oltre le nostre forze: Fidelis Deus est, qui non patietur vos tentari supra id quod potestis3. Ma noi, replicano, abbiamo in più luoghi della scrittura che Dio ha tentati gli uomini: Deus tentavit eos4. Tentavit Deus Abraham5. Bisogna distinguere: il demonio tenta gli uomini per farli cadere in peccato; ma Iddio li tenta solamente per provare la loro fedeltà, come la provò in Abramo, e la prova continuamente nei suoi servi che gli son fedeli: Deus tentavit eos: et invenit illos dignos se6. Del resto Iddio non mai tenta a peccare come fa il demonio: Deus enim intentator malorum est; ipse autem neminem tentat7.

52. Il terzo assurdo. Il Signore dice: Nolite omni spiritui credere, sed probate spiritus si ex Deo sint8. Pertanto noi cattolici siam tenuti ad esaminar le risoluzioni che dobbiamo prendere, oppure i consigli che riceviamo dagli altri, anche nelle cose che a prima faccia ne sembrano oneste e sante; perché non rare volte quella che crediamo ispirazione di Dio, è istigazione del demonio per rovinarci. Ma secondo Calvino non siamo obbligati a far questo esame, se quello che ci muove sia spirito buono o malo, perché o buono o malo, tutto è da Dio, il quale vuole che si eseguisca da noi così il bene, come il male ch'egli c'ispira. E secondo questo modo non vale più la massima de' settarj di dover intendere la scrittura giusta lo spirito privato; perché ogni cosa che si faccia, e qualunque errore di falsa interpretazione o di eresia che si siegua, egli è ispirato da Dio.

 

53. Il quarto assurdo. Tutte le scritture ci fan sapere che Dio è molto più inclinato ad usar misericordia e perdonare, che ad usar giustizia e punire: Universae viae Domini misericordia et veritas9. Misericordia Domini plena est terra10. Miserationes eius super omnia opera eius11. Superexaltat autem misericordia iudicium12. Sicché Iddio non solo sovra i giusti, ma ancora sovra i peccatori sovrabbonda di misericordia. Basta a farci intendere il gran desiderio che ha Dio di farci bene e salvarci quel detto che tante volte ripete nel vangelo: Petite et accipietis13. Petite et dabitur vobis14. Omnis enim qui petit accipit15. Egli offerisce a tutti i suoi tesori, la luce, l'amor divino, la grazia efficace, la perseveranza finale, la salute eterna, sempre che gliele domandiamo. Dio è fedele, non può mancare alle sue promesse: ond'è che chi si perde, solo per sua colpa si perde. Calvino dice che pochi sono gli eletti, e questi sono Beza ed i suoi discepoli; e


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tutti gli altri son reprobi, sovra i quali Iddio esercita solamente la sua giustizia, mentre gli ha predestinati all'inferno, e perciò li priva d'ogni grazia, ed egli stesso gl'incita a peccare. Dunque, secondo Calvino, bisogna che non ci figuriamo un Dio misericordioso, ma un Dio tiranno, anzi il più crudele ed ingiusto di tutti i tiranni; mentr'egli, come dice, vuole che pecchino gli uomini, affin di tormentarli eternamente. Dice Calvino che Dio lo fa per esercitar la sua giustizia; ma questa appunto è la crudeltà de' tiranni, i quali vogliono che gli altri commettano delitti, acciocché poi in castigarli possano saziare il loro animo crudele.

 

54. Il quinto assurdo. Giacché l'uomo è necessitato a peccare, perché Dio vuole che pecchi, e lo muove a peccare, dunque è ingiustizia il castigarlo; mentre chi è forzato a peccare non ha libertà, e perciò non pecca. Anzi seguendo la volontà di Dio, che vuole che pecchi, più presto merita premio, seguendo la divina volontà; sicché come Dio può punirlo per esercitar la sua giustizia? Ma dice Beza che l'apostolo scrive: Qui (Deus) operatur omnia secundum consilium voluntatis suae1. Se tutto si fa per volontà di Dio, dunque, dice, anche i peccati si fanno per sua volontà. Ma no; erra Beza: tutto si fa per volontà di Dio, ma fuori de' peccati. Dio non vuole i peccati, né vuole che alcuno si perda col peccato: Nunquid voluntatis meae est mors impii? dicit Dominus2... Nolens aliquos perire3. Dio vuole che tutti si facciano santi: Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra4.

55. Il sesto assurdo. Dicono i settarj che Dio stesso opera con noi i peccati, e di noi si serve come di stromenti per eseguire i peccati; onde Calvino, come notammo a principio di questo paragrafo, non ripugna di chiamare Dio autore del peccato. Ciò sta condannato dal concilio di Trento5: Si quis dixerit non esse in potestate hominis vias suas malas facere, sed mala opera, ita ut bona, Deum operari, non permissive solum, sed etiam proprie et per se, adeo ut sit proprium eius opus non minus proditio Iudae, quam vocatio Pauli, anathema sit. Ma se Dio è autor del peccato, mentr'esso lo vuole, e ci spinge a peccare, ed opera con noi il peccato, come poi l'uomo pecca, e Dio non pecca? Interrogato Zuinglio di questa difficoltà, non sapendo altro che rispondere, disse sdegnato: De hoc ipsum Deum interroga; ego enim ei non fui a consiliis. E Calvino a questa stessa difficoltà: come Dio condanni gli uomini esecutori del peccato, quando egli stesso gli opera per loro mezzo; nelle opere male non l'istrumento, ma l'operante essendo il colpevole; onde se l'uomo peccasse solo come istrumento di Dio, non sarebbe l'uomo il colpevole, ma Dio: risponde che dalle nostre menti di carne ciò non si può intendere: Vix capit sensus carnis6. Rispondono poi alcuni settarj che Dio non pecca operando il peccato, ma pecca solamente l'uomo; perché l'uomo opera a mal fine, ma Dio opera a buon fine di esercitar la sua giustizia con punire il peccatore per il suo delitto. Ma questa risposta neppure scuserebbe Dio da colpa; perché secondo Calvino, Iddio decreta e predestina l'uomo, non solo a far l'opera del peccato, ma a farla con mala volontà, altrimenti non potrebbe punirlo; dunque in quanto al peccato Dio è vero autor del peccato, e veramente pecca. Zuinglio7 un'altra ragione, dicendo che l'uomo pecca, perché opera contro la legge; ma Dio non pecca, perché Iddio non ha legge. Ma Calvino stesso ributta questa inetta ragione8, dicendo: Non fingimus Deum exlegem. E con ragione: perché sebbene a Dio niuno può dar legge, nondimeno la stessa sua giustizia e bontà gli è legge. Pertanto siccome il peccato è contrario alla legge di natura, così è contrario alla bontà di Dio; e perché Dio non può mai volere il peccato.


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Ma giacché dice il Calvinista che quanto fa l'uomo di bene o di male, lo fa per necessità, perché tutto l'opera Dio; se accadesse poi che costui fosse bastonato da un altro, e dicendogli esso: Perché mi bastoni, colui gli rispondesse: Non son io che ti batto; è Dio, il quale mi muove e mi forza a batterti: vorrei vedere se il Calvinista lo scuserebbe secondo la dottrina di Calvino, oppure sdegnato gli direbbe: Che Dio, che Dio? Non è Dio, sei tu che mi percuoti, perché vuoi percuotermi per l'odio che mi porti. Ah miseri eretici, che ben conoscono i loro inganni! Son ciechi, perché vogliono esser ciechi.

 

56. Oppongono poi i settarj molti passi di scrittura, coi quali intendono provare che Dio voglia, comandi ed operi i peccati: Ego Dominus... faciens pacem et creans malum1. Ma a ciò risponde Tertulliano: Mala dicuntur et delicta et supplicia. Dio opera i supplicj, non già i delitti. E poi soggiunge: Malorum culpae diabolum, malorum poenae Deum. Nella ribellione di Assalonne contro Davide suo padre Iddio volle il castigo di Davide, ma non il peccato di Assalonne. Ma sta scritto2: Dominus praecepit ei (Semei) ut malediceret David. In Ezechiele3: Ego Dominus decepi prophetam illum. Ne' salmi4: Convertit cor eorum, ut odirent populum eius. Ed in s. Paolo5: Mittet illis Deus operationem erroris, ut credant mendacio. Ecco, dicono, come Dio comanda ed opera i peccati. Ma non vogliono i settarj distinguere in questi testi la volontà di Dio, dalla permissione di Dio; Iddio per giusti suoi fini permette che gli uomini si ingannino e pecchino o per pena degli empj, o per profitto de' buoni; ma non mai vuole, né opera il peccato. Scrive Tertulliano6: Deus non est mali auctor, quia non effector; certe permissor. S. Ambrogio7 scrive: Deus operatur quod bonum est, non quod malum. S. Agostino8 scrive: Iniquitatem damnare novit ipse, non facere.

 




3 Inst. l. 3. cap. 23. §. 7. infra.



4 Ib. §. 39.



5 L. 3. c. 4. §. 3.



6 Inst. 1. 1. c. 18. §. 4.



7 L. 1. c. 17. §. 5.



8 Serm. de provid. c. 6.



9 L. 1. c. 18. §. 3.

1 Psal. 5. 5.



2 Sap. 14. 9.



3 Habac. 1. 13.



4 Inst. l. 1. c. 16. §. 3.



5 Eccl. 18. 30.



6 Eccl. 21. 2.

1 Ephes. 6. 11.



2 Eccl. 15. 21.



3 1. Cor. 10. 13.



4 Sap. 3. 5.



5 Gen. 22. 1.



6 Sap. 3. 5.



7 Iac. 1. 13.



8 1. Ioan. 4. 1.



9 Psal. 24. 10.



10 Psal. 32. 5.



11 Psal. 144. 9.



12 Iac. 2. 13.



13 Ioan. 16. 24.



14 Matth. 7. 7.



15 Luc. 11. 10.

1 Ephes. 1. 11.



2 Ezech. 18. 23.



3 2. Petr. 3. 9.



4 1. Thess. 4. 3.



5 Sess. 6. can. 6.



6 Cal. inst. l. 1. c. 18. §. 1.



7 Serm. de provid. c. 5.



8 L. 3. c. 23. §. 2.

1 Isa. 45. 6. et 7.



2 2. Reg. 16. 10.



3 14.



4 104. 25.



5 2. Tess. 2. 11.



6 L. adv. Hermog.



7 L. de Parad. c. 15.



8 Ep. 105. ad Sixtum.






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