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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Storia delle Eresie

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§. 3. Dice il p. Berruyer che la sola umanità di Cristo ubbidì, orò e patì; e che la sua obblazione, orazione e mediazione non erano operazioni prodotte dal Verbo come da principio fisico ed efficiente, ma che in tal senso erano azioni della sola umanità.

 

26. Dice il p. Berruyer che le operazioni di Gesù Cristo non furono prodotte dal Verbo, ma dalla sola umanità; e soggiunge che l'unione ipostatica niente conferì a rendere la natura umana di Cristo un principio compito delle di lei azioni fisicamente o soprannaturalmente prodotte. Ecco le sue parole: Non sunt operationes a Verbo elicitae... sunt operationes totius humanitatis2. E prima3 avea scritto: Ad complementum autem naturae Christi humanae, in ratione principii agentis, et actiones suas physice sive supernaturaliter producentis, unio hypostatica nihil omnino contulit. In altro luogo poi dice che tutte le proposizioni che si trovano di Gesù Cristo nelle scritture, specialmente del nuovo Testamento, sempre si verificano direttamente e primariamente nell'uomo Dio, o sia nell'umanità di Cristo unita alla divinità, e dal Verbo compiuta nell'unità di persona: e dice che questo è il metodo naturale d'interpretar le scritture: Dico insuper omnes et singulas eiusdem propositiones quae sunt de Christo Iesu in scripturis sanctis, praesertim novi Testamenti, semper et ubique verificari directe et primo in homine Deo, sive in humanitate Christi divinitati unita et Verbo, completa in unitate personae... Atque haec est simplex, obvia et naturalis scripturas interpretandi methodus etc.4.

 

27. E quindi in somma ne deduce che la sola umanità di Cristo fu quella che ubbidì, che orò, che patì; ella sola fu dotata di tutti i doni necessarj ad operar liberamente e meritoriamente per il concorso divino naturale e soprannaturale: Humanitas sola obedivit Patri, sola oravit, sola passa est, sola ornata fuit donis et dotibus omnibus necessariis ad agendum libere et meritorie5. Iesu Christi oblatio, oratio et mediatio non sunt operationes a Verbo elicitae tamquam a principio physico et efficiente, sed in eo sensu sunt operationes solius humanitatis Christi in agendo et merendo per concursum Dei naturalem et supernaturalem completae6. Ed ecco che il p. Berruyer con ciò priva Dio dell'onore infinito che ha ricevuto da Gesù Cristo, il quale, essendo Dio al Padre eguale, gli si è fatto servo, e gli ha sacrificato se stesso. Di più toglie ai meriti di Gesù Cristo il valore infinito che hanno, mentre vuole che le operazioni di Cristo non furon fatte dalla persona del Verbo, ma dalla sola umanità. Distrugge anche per conseguenza la speranza che noi abbiamo ne' meriti infiniti di Gesù Cristo. Inoltre ci toglie il motivo più forte dell'amore che dobbiamo avere verso del nostro Redentore, nel pensare ch'egli, essendo Dio, e non potendo patire come Dio, ha voluto assumere carne umana, affin di patire e morire per noi, e così soddisfare la divina giustizia per le nostre colpe, ed ottenerci la grazia e la vita eterna. Ma quel che più importa, dice il censore di Roma, se la sola umanità di Cristo fu quella che


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ubbidì, orò e patì, e se l'obblazione, orazione e meditazione di Cristo non furono operazioni prodotte dal Verbo, ma dalla sola umanità, ne siegue che l'umanità di Cristo ebbe da sé la propria sussistenza. Dunque la persona umana di Cristo fu distinta da quella del Verbo, e furono due persone?

 

28. Soggiunge poi il p. Berruyer al passo ultimamente citato, Humanitas sola obedivit etc. queste altre parole: Ille, inquam, homo, qui haec omnia egit, et passus est libere et sancte, et cuius humanitas in Verbo subsistebat, obiectum est in recto immediatum omnium, quae de Christo sunt, narrationum1. Sicché l'uomo, non già il Verbo, era quegli che in Cristo operava: Ille homo qui haec omnia egit, dice il p. Berruyer. Né facciasi caso delle parole che aggiunge: Cuius humanitas in Verbo subsistebat; perché egli non lascia mai il suo sistema, e lo replica sempre nel libro delle sue dissertazioni, dove parla con modi e frasi così oscure e stravaganti, che chi avesse genio di diventar pazzo, legga queste dissertazioni, che conseguirà l'intento. Il suo sistema, come abbiamo detto più volte, è che Cristo non sia il Verbo eterno, figliuolo nato da Dio Padre, ma il Figlio fatto nel tempo da Dio uno, sussistente in tre persone, che l'ha fatto figlio suo con unirlo con una persona divina, come scrive in altro luogo (pag. 27) ove dice che, parlando con rigore, Gesù Cristo formalmente fu costituito figlio di Dio, solo per l'azione che l'unì con una persona divina: Rigorose loquendo, per ipsam formaliter actionem unientem cum persona divina; così spiegò nella pag. 59. Egli dice dunque che Dio per l'azione con cui unì l'umanità di Cristo col Verbo, formò la seconda filiazione, ed operò che Cristo uomo fosse fatto figlio di Dio; onde secondo Berruyer, l'esser unito il Verbo coll'umanità di Cristo fu come un mezzo per far diventare Cristo figliuolo di Dio. Ma tutto è falso; perché, parlandosi di Gesù Cristo, non si ha da dire che quell'uomo, per essere stato unito con una persona divina, è stato fatto in tempo dalla Trinità figlio di Dio, ma si ha da dire che quel Dio, quel Verbo eterno, figlio nato dal Padre ab aeterno, nato dalla sostanza del Padre (come parla il simbolo di s. Atanasio, Deus est ex substantia Patris ante saecula genitus), altrimenti non può mai dirsi figlio naturale di Dio, quello è che, unendo a sé l'umanità in unità di persona, l'ha sempre sostenuta, ed egli è quello che ha operato il tutto, e, non ostante che fosse eguale a Dio, si è esinanito ed umiliato sino a morir crocifisso nella sua carne assunta.

 

29. Tutto l'errore del p. Berruyer consiste nel riguardare l'umanità di Cristo come un soggetto sussistente in sé, al quale si fosse unito poi il Verbo. Secondo la fede e la ragione dee dirsi che l'umanità di Cristo fu accessoria al Verbo che l'assunse, siccome insegna s. Agostino: Homo autem quia in unitatem personae accessit Verbo anima et caro2. Il p. Berruyer dice tutto il contrario. Egli fa la divinità del Verbo accessoria all'umanità. Ma bisogna persuaderci, secondo c'insegnano i concilj ed i padri, che l'umanità di Gesù Cristo non fu prima che venisse il Verbo ad incarnarsi. Il concilio VI.3 ciò appunto rimproverò a Paolo Samosateno, che con Nestorio voleva esistente l'umanità di Cristo prima dell'incarnazione; onde il concilio dichiarò: Simul enim caro, simul Dei Verbi caro fuit; simul animata rationabiliter, simul Dei Verbi caro animata rationabiliter. S. Cirillo4 nella sua lettera a Nestorio, approvata dal sinodo efesino scrisse: Non enim primum vulgaris quispiam homo ex Virgine ortus est, in quem Dei Verbum deinde se dimiserit; sed in ipso utero carni unitum secundum carnem progenitum dicitur, utpote suae carnis generationem sibi ut proprium vindicans. S. Leone Magno5 riprovando il detto di Eutiche, che Gesù Cristo solo prima dell'incarnazione fu in due nature,


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dice: Sed hoc catolicae mentes auresque non tolerant... natura quippe nostra non sic assumpta est, ut prius creata postea sumeretur, sed ut ipsa assumptione creatur. S. Agostino parlando del beneficio fatto all'umanità di Cristo di esser unita alla divinità, scrisse: Ex quo esse homo coepit, non aliud coepit esse homo, quam Dei filius1. S. Giovan Damasceno2 scrisse: Non quemadmodum quidam falso praedicant, mens ante carnem ex Virgine assumptam Deo Verbo copulata est, et tum Christi nomen accepit.

 

30. Ma a questo che dicono i concilj ed i padri, non si accorda ciò che scrive il p. Berruyer, dicendo che tutte le scritture che parlano di Gesù Cristo si verificano direttamente nell'umanità di Cristo unita alla divinità: Dico insuper omnes propositiones quae sunt de Christo in scripturis... verificari directe et primo in homine Deo, sive in humanitate Christi divinitati unita etc.3. Onde poco dopo soggiunge che l'oggetto primario di tutto ciò che dicesi di Cristo, è l'uomo Dio, non Dio uomo: Homo Deus, non similiter Deus homo obiectum primarium etc. (pag. 24.). Ed in altro luogo (pag. 27.) come abbiam riferito di sopra, dice che Gesù Cristo fu costituito formalmente figlio naturale di Dio, solo per l'azione che l'unì al Verbo: Per ipsam formaliter actionem unientem Iesus Christus constituitur tantum filius Dei naturalis. Ma questo è falso; perché Gesù Cristo è figlio naturale di Dio, non già per l'azione che l'unì al Verbo, ma perché il Verbo, che è figlio naturale di Dio, come quegli che dal Padre è stato generato ab aeterno, assumendo l'umanità di Cristo, l'unì a sé in unità di persona. Sicché Berruyer ci rappresenta come l'umanità fosse l'oggetto primario in recto e per sé sussistente, a cui si fosse unito il Verbo, e che per questa unione Cristo uomo è stato poi fatto figlio di Dio nel tempo. E quindi dice che la sola umanità ubbidì, orò e patì; e poi soggiunge che quell'uomo ha fatto tutte queste cose: Ille (inquam) homo qui haec omnia egit... obiectum est in recto immediatum eorum quae de Christo sunt etc. Ma no: secondo la fede noi dobbiamo riguardare come oggetto primaro il Verbo eterno che assunse l'umanità di Cristo, e l'unì ipostaticamente a se stesso in una persona; e con ciò l'anima e il corpo di Gesù Cristo divennero anima propria e corpo proprio del Verbo. Avendo il Verbo assunto un corpo umano, dice s. Cirillo, non era già quel corpo alieno dal Verbo, ma fatto suo proprio: Non est alienum a Verbo corpus suum4. Questo dinotano le parole del simbolo: Descendit de coelis, et incarnatus, et homo factus est. Quindi diciamo col simbolo che Dio si è fatto uomo, e non già, come dice Berruyer, che l'uomo è divenuto Dio; perché un tal parlare ci fa concepire, come l'uomo sussistente si fosse unito con Dio, e così vengono a supporsi due persone, come volea Nestorio. Ma la fede c'insegna che Dio si è fatto uomo con prender carne umana; e così in Cristo una fu la persona, la quale fu Dio ed uomo. Neppure può dirsi, come insegna s. Tommaso5, quel che dicea Nestorio, che Cristo era stato assunto da Dio, come un istromento per operar l'umana salute; mentre, come scrisse s. Cirillo riferito dallo stesso s. Tommaso, la scrittura vuole che crediamo Gesù Cristo, non come un istromento di Dio, ma come un vero Dio fatto uomo: Christum non tanquam instrumenti officio assumptum dicit scriptura, sed tanquam Deum vere humanatum.

 

31. Non si dubita che in Gesù Cristo vi sono due nature distinte, delle quali ciascuna ha la propria sua volontà e le proprie operazioni, contro i Monoteliti che voleano in Gesù Cristo una sola volontà ed operazione. Ma è certo all'incontro che le operazioni della natura umana in Gesù Cristo non erano meramente umane, ma erano, come parlano le scuole, teandriche, cioè divine


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e umane, e principalmente divine; poiché quantunque in ogni operazione di Cristo vi concorrea la natura umana, nondimeno questa era tutta subordinata alla persona del Verbo, ch'era l'unico capo che determinava e dirigea tutte le operazioni dell'umanità: Il Verbo, scrisse monsignor Bossuet, presiede a tutto, il Verbo governa il tutto, e l'uomo sottomesso alla direzione del Verbo non ha altri movimenti che divini; tutto quanto vuole e fa è guidato dal Verbo1. S. Agostino dice che siccome in noi l'anima regge il corpo, così in Gesù Cristo il Verbo reggea l'umanità. Quid est homo? scrive il santo: anima habens corpus. Quid est Christus? Verbum Dei habens hominem. E s. Tommaso scrisse: Ubicunque sunt plura agentia ordinata, inferius movetur a superiori... Sicut autem in homine puro corpus movetur ab anima... ita in Domino Iesu Christo humana natura movebatur et regebatur a divina2. Ond'è ch'è tutto falso quel che dice il p. Berruyer: Humanitas sola obedivit Patri, sola oravit, sola passa est3. Iesu Christi oblatio, oratio et mediatio non sunt operationes a Verbo elicitae tanquam a principio physico et efficiente4. E nella pag. 22. dice: Ad complementum naturae Christi humanae in ratione principii producentis, et actiones suas sive physice sive supernaturaliter agentis, nihil omnino contulit unio hypostatica. Se la sola umanità di Cristo, dice il censore romano, ha ubbidito, orato e patito; e se l'obblazione, orazione e mediazione di Cristo non sono operazioni elicite dal Verbo, ma dalla sola umanità in modo che l'unione ipostatica niente affatto ha conferito all'umanità, acciocché il principio delle sue operazioni fosse compiuto; ne siegue che l'umanità di Cristo operava da sé, ed operando da sé, dovrebbe dirsi che avea la propria sussistenza e la propria persona distinta dalla persona del Verbo; ed ecco due persone in Gesù Cristo, come volea Nestorio.

 

32. Ma no, quanto operò Gesù Cristo, tutto lo fece il Verbo, il quale sostenea ambedue le nature, e non potendo, come Dio, patire e morire per la salute degli uomini, prese carne umana, e così si rese passibile e mortale, come si disse nel sinodo lateranese: Qui cum secundum divinitatem sit immortalis et impassibilis, idem ipse secundum humanitatem factus est mortalis et passibilis. Ed in tal modo il Verbo eterno nella carne assunta sacrificò a Dio il suo sangue e la sua vita, e si fece mediatore presso Dio, egualmente grande che Dio, come scrive s. Paolo parlando di Gesù Cristo: In quo habemus redemptionem per sanguinem eius... qui est imago Dei invisibilis... quoniam in ipso condita sunt universa in coelis et in terra... quia in ipso complacuit omnem plenitudinem inhabitare5. Sicché, secondo l'apostolo, Gesù Cristo è quegli stesso che ha creato il mondo, ed in cui risiede la pienezza della divinità.

 

33. Ma dice il difensore di Berruyer nella sua apologia che il suo autore, dicendo che la sola umanità di Cristo ubbidì, orò e patì, parla dell'umanità come principio quo fisico, cioè medio quo fit operatio, il quale principio fisico competeva alla sola umanità e non al Verbo, giacché per mezzo dell'umanità Cristo patì e morì. Ma si risponde che l'umanità, qual principio quo, non potea da sé operare in Cristo, se non l'avesse mossa il principio quod, qual era il Verbo; il quale essendo l'unica persona che sostentava le due nature, egli era quello che principalmente operava tutto nell'umanità assunta, benché per mezzo di quella poi orò, patì, morì. Posto ciò, come può difendersi quel che dicea Berruyer, che humanitas sola oravit, passa est? E come potea dire: Christi oblatio, oratio, mediatio non sunt operationes a Verbo elicitae? E quel che più fa peso, come potea dire che intorno alle azioni di Cristo nihil omnino contulit unio hypostatica? Ho detto di sopra che il Verbo


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era il principale agente che operava tutto. A ciò non vale opporre e dire: dunque l'umanità di Cristo nulla operava? Si risponde che il Verbo operava tutto; perché quantunque l'umanità anche operasse, nondimeno essendo il Verbo l'unica persona che sosteneva e compiva questa umanità, egli tutto operava così nell'anima, come nel corpo, poiché l'anima e il corpo coll'unità della sua persona erano divenuti suoi propri. Onde quanto si faceva in Gesù Cristo, tutti erano voleri, azioni e patimenti del Verbo; mentre egli era quello che determinava il tutto, e l'umanità ubbidiente consentiva ed eseguiva. Quindi è che tutte le operazioni di Gesù Cristo furono sante e di prezzo infinito, valevoli ad ottenerci ogni grazia; che perciò dobbiamo di tutto sempre ringraziarlo.

 

34. Bisogna dunque toglierci dalla mente la falsa e guasta idea che il p. Berruyer, come scrive l'autore del Saggio, volea farci fare di Gesù Cristo, cioè che la sua umanità sia stata un ente da sé esistente, al quale Iddio unì uno de' suoi figli naturali: giacché come considerammo nel paragrafo antecedente al num. 11, due figli naturali di Dio vi sono stati, secondo il p. Berruyer, cioè uno generato ab aeterno dal Padre, e l'altro nel tempo da tutta la Trinità; ma come vuole Berruyer, Gesù Cristo propriamente non fu il Verbo che s'incarnò, secondo scrive s. Giovanni: Et Verbum caro factum est, ma fu quell'altro figlio di Dio fatto nel tempo. Ma non dicono così i santi padri: Questi dicono che fu il Verbo. S. Girolamo1 scrive: Anima et caro Christi cum Verbo Dei una persona est, unus Christus. S. Ambrogio2, spiegando che Gesù Cristo parlava talvolta secondo la natura divina e talvolta secondo l'umana, scrive: Quasi Deus sequitur divina, quia Verbum est, quasi homo dicit humana. S. Leone papa3 scrisse: Idem est, qui mortem subiit, et sempiternus esse non desiit. S. Agostino4 scrisse: Iesus Christus Dei filius est et Deus et homo. Deus ante omnia saecula, homo in nostro saeculo. Deus quia Dei Verbum; Deus enim erat Verbum: homo autem, quia in unitatem personae accessit Verbo anima et caro... Non duo filii, Deus et homo, sed unus Dei filius. Ed in altro luogo, cioè nel capo 36: Ex quo homo esse coepit, non aliud coepit esse homo, quam Dei filius, et hoc unicus, et propter Deum Verbum, quod, illo suscepto, caro factum est, utique Deus... ut sit Christus una persona, Verbum et homo. E così parlano uniformemente gli altri santi padri, che lascio qui per brevità.

 

35. Con molta ragione dunque della santa sede è stato condannato con tanto rigore e più volte il libro del p. Berruyer; giacché è un'opera che non solo contiene più errori contro la dottrina della chiesa, ma è molto perniciosa, mentre ci fa perdere il giusto concetto che dobbiamo avere di Gesù Cristo. La chiesa c'insegna che il Verbo eterno, ch'è l'unico figlio naturale di Dio (poiché Dio non ha che un solo figlio naturale, e perciò si chiama unigenito nato dalla sostanza di Dio Padre prima persona della Trinità) si è fatto uomo, ed è morto per la nostra salute. All'incontro il p. Berruyer vuole farci credere che Gesù Cristo non è il Verbo, figlio nato dal Padre ab aeterno, ma un figlio non conosciuto da altri, fuorché da lui e dal p. Arduino, o, per meglio dire, da essi ideato: il quale in verità, se fosse vera la loro idea, non avrebbe che il solo nome ed onore di esser chiamato figlio di Dio, giacché per esser Gesù Cristo vero figlio naturale di Dio, bisognava che fosse nato dalla sostanza del Padre; ma Cristo, secondo parla il Berruyer, è stato fatto in tempo da tutta la Trinità. Ed ecco sconvolto tutto il concetto che sinora abbiamo avuto del nostro Salvatore, cioè di un Dio che per nostro amore si è abbassato a prender carne umana, per patire e morire con quella, mentre il p. Berruyer ci rappresenta Gesù Cristo, non già qual è un Dio fatto uomo, ma


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un uomo fatto figlio di Dio per causa dell'unione fatta del Verbo colla sua umanità. Gesù Cristo crocifisso è la prova più grande dell'amore che Dio ci porta, ed è il motivo più forte che ci induce, o come parla s. Paolo, ci forza ad amarlo (charitas Christi urget nos), nell'intendere che il Verbo eterno, eguale al Padre da cui è nato, ha voluto annientarsi ed umiliarsi sino a prender carne umana e morire per noi su di una croce. Ma secondo parla Berruyer, va a terra questa prova dell'amor divino e questo motivoforte di amarlo. Ecco, per concludere, la differenza che vi è tra la verità che ci insegna la chiesa e l'errore che ci propone il p. Berruyer: la chiesa ci propone a credere in Gesù Cristo un Dio fatto uomo, che per noi patisce e muore nella carne assunta, ed assunta unicamente a questo fine di poter patire per nostro amore: il p. Berruyer poi in Gesù Cristo altro non ci fa credere che un uomo, il quale, per essere stato da Dio unito ad una persona divina, è stato fatto dalla Trinità figlio naturale di Dio, ed è morto per la salute umana. Ma secondo Berruyer non è morto un Dio, ma è morto un uomo, il quale non ha potuto esser figlio di Dio, secondo si figura quest'autore: poiché per essere figlio naturale di Dio, avrebbe dovuto nascere dalla sostanza del Padre, ma secondo suppone Berruyer, è stata opera ad extra prodotta da tutta la Trinità; e se Gesù Cristo è opera ad extra, non può essere figlio naturale di Dio, ma non è che una pura creatura: ed in tal modo ecco ammesso per conseguenza che in Gesù Cristo vi sono due persone distinte, una umana e l'altra divina. In somma secondo Berruyer non potremmo noi dire che un Dio dilexit nos, et tradidit semetipsum pro nobis1; poiché secondo lui non è stato il Verbo, che tradidit semetipsum, ma è stata l'umanità di Cristo, onorata per altro dell'unione col Verbo, quae sola passa est, e si è soggettata alla morte. Ma l'errore del p. Berruyer resti seco, e ciascuno di noi dica con gioia, come dicea s. Paolo: In fide vivo filii Dei, qui dilexit me et tradidit semetipsum pro me2, e ringrazii ed ami con tutto il suo cuore quel Dio, che, essendo Dio, ha voluto farsi uomo per patire e morire per ognuno di noi.

 

36. È una compassione il veder poi lo strapazzo che fa il p. Berruyer in tutta la sua opera, e specialmente nelle dissertazioni delle sacre scritture, per accomodarle al suo falso sistema di Gesù Cristo figlio di Dio uno sussistente in tre persone. Di sovra al num. 7. rapportammo il testo di s. Paolo3: Hoc enim sentite in vobis, quod et in Christo Iesu, qui, cum in forma Dei esset, non rapinam arbitratus est esse se aequalem Deo, sed semetipsum exinanivit formam servi accipiens etc. Questo testo prova ad evidenza che il Verbo, eguale al Padre, si annichilò in prender la forma di servo con farsi uomo. Ma il p. Berruyer4 dice che non è il Verbo, non la natura divina che si umiliò, ma fu la natura umana congiunta alla divina che si abbassò: Humiliat sese natura humana naturae divinae physice coniuncta. Scrive egli che il voler supporre il Verbo umiliato ad incarnarsi e morir in croce, è un degradare la divinità; onde dice che ciò deve intendersi secondo la comunicazione degl'idiomi, e per conseguenza di quel che ha fatto Gesù Cristo dopo l'unione ipostatica, e perciò dice che l'umanità è quella che si è abbassata. Ma, io dico, qual maraviglia sarebbe il sapere che l'umanità si annichilasse avanti a Dio? Il prodigio di pietà e di amore che dimostrò Iddio nell'incarnazione, e che fece stupire il cielo e la natura, fu il vedere il Verbo, figlio nato da Dio ed eguale al Padre annichilarsi, come significa la parola exinanivit, in farsi uomo, e da Dio farsi servo di Dio secondo la carne. Così l'intendono tutti i santi padri e tutti i dottori cattolici, fuori del p. Arduino e del p. Berruyer: e così l'intese anche


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il concilio di Calcedonia nell'azione 5, ove dichiarò che quel figlio di Dio, che fu generato dal Padre prima di tutti i secoli, negli ultimi giorni (novissimis diebus) s'incarnò e patì per la nostra salute.

 

37. Passiamo ad altri testi. L'apostolo1 scrive: Diebus istis locutus est nobis in filio... per quem fecit et saecula. Tutti i padri intendono ciò del Verbo, per cui sono state create tutte le cose, e che poi si è fatto uomo; ma il p. Berruyer spiega le parole per quem fecit et saecula così: in considerazione di cui Dio ha fatti i secoli. E così parimente spiega il testo di s. Giovanni2: Omnia per ipsum facta sunt. A riguardo del quale sono state fatte tutte le cose; sicché ricusa di dare al Verbo il titolo di creatore. Quando all'incontro san Paolo scrive che Iddio ad filium autem (dixit): Thronus tuus Deus in saeculum saeculi... et tu in principio, Domine, terram fundasti, et opera manuum tuarum sunt coeli3. Sicché Iddio non dice di aver creato esso la terra e i cieli in considerazione o a riguardo del figlio, ma dice che li ha creati il figlio; onde commenta s. Gio. Grisostomo: Nunquam profecto id asserimus: nisi conditorem filium, non ministrum arbitraretur, ac Patri et Filio pares esse intelligeret dignitates.

 

38. Il testo di Davide: Dominus dixit ad me: Filius meus es tu; ego hodie genui te4. Dice Berruyer che quell'hodie genui te, s'intende non già della generazione eterna, come l'intendono tutti; ma della generazione temporale da lui inventata, allorché Gesù Cristo fu fatto nel tempo figlio di Dio uno sussistente in tre persone. Ego hodie genui te, egli lo spiega così: io sarò il tuo Padre, e tu sarai il mio figliuolo; parlando già della seconda filiazione fatta da Dio uno in tre persone da lui sognata.

 

39. Il testo di s. Luca: Ideoque et quod nascetur ex te sanctum vocabitur Filius Dei5. Dice il p. Berruyer che tali parole non si riferiscono a Gesù Cristo come Verbo, ma come uomo; mentre il nome di santo dice non convenire al Verbo, ma più presto all'umanità. Ma tutti i dottori per la parola sanctum intendono il Verbo, il figlio di Dio nato dal Padre ab aeterno. Saggiamente scrive monsignor Bossuet che la parola sanctum quando è nome aggettivo, conviene più presto alla creatura, ma quando è sostantivo e neutro, significa la stessa santità per essenza, la quale è propria solamente di Dio.

 

40. Circa il testo di s. Matteo6, Euntes ergo docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus sancti, dice Berruyer che sotto il nome di Padre non s'intende la prima persona della Trinità, ma il Dio degli ebrei cioè Dio uno sussistente in tre persone: sotto nome poi di Figlio non s'intende il Verbo, ma Cristo come uomo fatto figlio di Dio, per quell'azione con cui l'unì Iddio col Verbo. Lo Spirito santo poi non dice che cosa debba intendersi. Ecco in somma secondo Berruyer sconvolto, e, per dir meglio, abolito il sacramento del battesimo; perché secondo lui primieramente non saremmo noi battezzati in nome del Padre, ma in nome della Trinità, e secondo questa forma il battesimo sarebbe nullo, come dicono tutti con s. Tommaso7. Secondariamente non saremmo battezzati in nome del vero figlio di Dio, quale fu il Verbo che s'incarnò, ma in nome del figlio, inventato dal p. Berruyer fatto nel tempo dalla Trinità, figlio che non ci è stato mai né mai ci sarà; poiché non vi è stato né vi sarà altro figlio naturale di Dio, che quell'unico ch'è stato generato ab aeterno dalla sostanza del Padre, principio e prima persona della Trinità. La seconda generazione fatta nel tempo, o per meglio dire, l'incarnazione del Verbo, non fece Cristo figlio di Dio, ma l'unì in una persona col vero figlio di Dio, né gli diede padre, ma solamente la madre che lo generò dalla sua sostanza. E, a parlar con rigore, questa non può dirsi generazione: poiché la generazione del figlio


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di Dio è stata quella sola ch'è stata eterna; l'umanità poi di Cristo non fu generata da Dio, ma fu creata, e solo da Maria fu generata. Dice il p. Berruyer che Maria santissima è madre di Dio per due titoli, 1. per aver generato il Verbo, 2. per aver data a Cristo l'umanità, mentre, come dice, l'unione fatta poi di questa umanità col Verbo ha operato che Gesù Cristo fosse fatto figlio di Dio. L'uno e l'altro detto è falso: giacché per primo non può dirsi che Maria ha generato il Verbo: il Verbo non ha avuta madre, ma solamente padre ch'è stato Dio; Maria ha generato solamente l'uomo, il quale fu unito in una persona col Verbo; e perciò essendo ella madre dell'uomo, fu, e giustamente si chiama vera madre di Dio. È falso per secondo quel che dice Berruyer, cioè che la santissima Vergine ha contribuito colla sua sostanza a far divenire Gesù Cristo figlio di Dio uno sussistente in tre persone, mentre questa supposizione, come abbiam veduto, è tutta falsa; sicché Berruyer assegnando a Maria queste due maternità, distrugge l'una e l'altra. Vi sono altri testi stroppiati da Berruyer; ma li tralascio per togliere a' lettori ed a me il tedio che sento in dover rispondere a tante inezie e falsità non ancora intese.

 




2 Berruyer t. 8. p. 53.



3 Id. p. 22.



4 Id. p. 18. e 19.



5 Id. ib. p. 20. 21. e 23.



6 p. 53.

1 T. 8. p. 53. e 95.



2 In Enchirid. c. 35.



3 Act. 11.



4 Ep. 2. ad Nestor.



5 Ep. ad Iulian.

1 In Enchirid. c. 36.



2 L. 4. de fide orthod. c. 6.



3 T. 8. p. 18.



4 Ep. ad Nestor.



5 3. Part. q. 2. a. 6. ad 4.

1 Bossuet diss. istor p. 2.



2 P. 3. q. 19 a. 1.



3 P. 20.



4 P. 53.



5 Coloss. 1. 14.

1 Tr. 49. in Io.



2 Ap. s. Leon. in ep. 134.



3 Serm. 66.



4 in Enchirid. c. 35.

1 Ep. 5. 2.



2 Gal. 2. 20.



3 Phil. 2. 5.



4 Disser. 1. p. 26.

1 Hebr. 1. 2.



2 1. 3.



3 Hebr. 1. 8. ad 10.



4 Psal. 2. 7.



5 Luc. 1. 35.



6 28. 19.



7 3. Part. q. 60. a. 8.




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