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S. Alfonso Maria de Liguori
Sull'utilità degli esercizi spirituali...

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Testo


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1. Ho ricevuta la sua lettera, in cui mi fa sapere che ancora sta irresoluto circa lo stato di vita che deve eleggere; e che avendo partecipato al suo parroco il mio consiglio di andare per tal effetto a fare gli esercizj in quella casa che tiene suo padre in campagna, le ha risposto il detto parroco che non occorreva andare in quella casa a seccarsi il cervello per otto giorni in solitudine, ma bastava che sentisse gli esercizj che tra breve egli avrebbe dati al popolo nella sua chiesa. Giacché dunque ella su quest'ultimo punto degli esercizj di nuovo mi cerca consiglio, bisogna ch'io le risponda a lungo, e le faccia conoscere primieramente quanto maggior profitto apportano gli esercizj spirituali fatti in silenzio in qualche luogo solitario, che gli altri che si fanno in pubblico, con tornare in casa, ove la persona seguita come prima a discorrere e conversare con parenti ed amici; tanto più che in casa sua, come mi scrive, non ha una camera a parte ove ritirarsi: a questi esercizj in solitudine per altro io vivo troppo affezionato, mentre da essi riconosco la mia conversione e risoluzione di lasciare il mondo. Secondariamente poi le suggerirò i mezzi e le cautele con cui dovrà fare questi esercizj per ottenerne il frutto che desidera. La prego dopo che avrà letta questa mia, farla leggere ancora al signor suo parroco.

 

2. Parliamo dunque prima del grande utile che apportano gli esercizj fatti nella solitudine, ove non si tratta con altri che con Dio, e prima di tutto vediamone la ragione. Le verità della vita eterna, come sono il grande affare della nostra salute, la preziosità del tempo che Dio ci dona, affinché accumuliamo meriti per l'eternità beata, l'obbligo che abbiamo di amare Dio per la sua infinita bontà e


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per l'amore immenso che ci porta, queste e simili cose non si vedono cogli occhi di carne, ma cogli occhi della mente. All'incontro è certo che se dal nostro intelletto non si rappresenta alla volontà il pregio di qualche bene o la deformità di qualche male, non mai la volontà abbraccerà quel benefuggirà quel male. Or questa è la rovina degli uomini attaccati al mondo; essi vivono fra le tenebre, ond'è poi che, non conoscendo la grandezza de' beni e dei mali eterni, allettati dal senso, si abbandonano a' piaceri vietati e così miseramente si perdono. Perciò lo Spirito santo, acciocché fuggiamo i peccati ci avvisa a tenere avanti gli occhi le ultime cose che ci hanno da avvenire, cioè la morte con cui finiranno per noi tutti i beni della terra, ed il giudizio divino, ove dovremo render conto a Dio di tutta la nostra vita: Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis1. Ed in altro luogo dice: Utinam saperent et intelligerent, ac novissima providerent2! Colle quali parole vuol farci intendere che se gli uomini rimirassero le cose dell'altra vita, certamente attenderebbero tutti a farsi santi, e non si porrebbero a rischio di fare una vita infelice per tutta l'eternità. Essi chiudono gli occhi alla luce, e così, restando ciechi, precipitano in tanti mali. Perciò i santi pregavano sempre il Signore che desse loro luce: Illumina oculos meos, ne unquam obdormiam in morte3. Deus illuminet vultum suum super nos4. Notam fac mihi viam in qua ambulem5. Da mihi intellectum, et discam mandata tua6.

 

3. Ora per ottenere questa luce divina bisogna accostarsi a Dio: Accedite ad eum et illuminamini7. Poiché scrive s. Agostino, che siccome non possiamo noi vedere il sole, se non col lume dello stesso sole; così non possiamo vedere il lume di Dio, se non col lume dello stesso Dio: Sicut solem non videt oculus, nisi in lumine solis, sic dominicum lumen non poterit videre intelligentia, nisi in ipsius lumine. Questo lume si ottiene negli esercizj: noi con quelli ci accostiamo a Dio, e Dio c'illumina colla sua luce. Altro non importano gli esercizj spirituali, che il distaccarci per quel tempo dal commercio del mondo e ritirarci a conversare da solo a solo con Dio. Ivi Iddio parla a noi colle sue ispirazioni, e noi parliamo a Dio, meditando, amandolo, dolendoci de' disgusti che gli abbiamo dati, offerendoci a servirlo in avvenire con tutto l'amore, e pregandolo che ci faccia conoscere la sua volontà, e ci dia forza di eseguirla. Dicea Giobbe: Nunc enim requiescerem cum regibus et consulibus terrae, qui aedificant sibi solitudines8.Chi sono questi re che si fabbricano le solitudini? Sono, come dice s. Gregorio, i dispregiatori del mondo, che si staccano dai tumulti mondani per rendersi degni di parlare da solo a solo con Dio: Aedificant solitudines, idest seipsos a tumultu mundi (quantum possunt) elongant, ut soli sint et idonei loqui cum Deo9. A s. Arsenio, mentre egli stava esaminando i mezzi che dovea prendere per farsi santo, Iddio gli fece sentire: Fuge, tace, quiesce: fuggi dal mondo, taci, lascia di parlare


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cogli uomini, e parla solo con me; e così riposa in pace nella solitudine. In conformità di ciò s. Anselmo ad uno che si trovava affannato da molte occupazioni del secolo, e si lagnava che non aveva un momento di pace, scrisse così: Fuge paullulum occupationes tuas, absconde te modicum a tumultuosis cogitationibus tuis; vaca aliquantulum Deo et requiesce in eo. Dic Deo: Eia nunc doce cor meum, ubi et quomodo te quaeram; ubi et quomodo te inveniam. Parole che tutte convengono alla persona vostra: fuggi, gli disse, per qualche tempo da queste applicazioni terrene che ti fanno stare inquieto, e riposati ritirato con Dio. Digli: Signore, insegnatemi, dove e come io possa trovarvi, affinché vi parli da solo a solo, e insieme ascolti le vostre parole.

 

4. Sì che ben parla Iddio a chi lo cerca, ma non parla in mezzo ai tumulti del mondo: Non in commotione Dominus, fu detto ad Elia1, allorché fu chiamato da Dio alla solitudine. La voce di Dio, come dicesi nello stesso luogo, è come un sibilo di un'aura leggiera, sibilus aurae tenuis, che appena si sente; e non già dall'orecchio del corpo, ma dall'orecchio del cuore, senza strepito, ed in una dolce quiete. Ciò appunto dice il Signore per Osea: Ducam eam in solitudinem et loquar ad cor eius2. Quando Dio vuol tirare a sé un'anima, la conduce alla solitudine, lungi dagli intrighi del mondo e dal commercio degli uomini, ed ivi le parla colle sue parole di fuoco: Ignitum eloquium tuum3. Le parole di Dio diconsi parole di fuoco, perché liquefanno l'anima, come dicea la sacra sposa: Anima mea liquefacta est ut dilectus meus locutus est4, sicché la rendono facile a farsi governare da Dio, ed a prender quella forma di vita che Dio vuole da lei: parole in somma efficaci ed operative, che nello stesso tempo che si fanno udire operano nell'anima quello che Dio da lei richiede.

 

5. Un giorno il Signore disse a s. Teresa: Oh quanto volentieri io parlerei a molte anime, ma il mondo fa tanto strepito nel loro cuore, che la mia voce non può sentirsi. Oh se si appartassero qualche poco dal mondo! Sicché, sig. D.N. mio carissimo, Iddio vuol parlarvi, ma vuol parlarvi da solo a solo nella solitudine, poiché se vi parlasse nella vostra casa, i parenti, gli amici e le faccende domestiche seguirebbero a fare strepito nel vostro cuore e non potreste udire la sua voce. Perciò i santi hanno lasciate le patrie e le loro case, e sono andati ad intanarsi in una grotta o deserto, oppure in una cella di qualche casa religiosa, per trovar ivi Dio ed ascoltar le sue voci. Narra s. Eucherio5, che una persona andava cercando un luogo, ove potesse trovare Dio; andò per tal fine a consigliarsi con un maestro di spirito, quegli la condusse in un luogo solitario, e poi le disse: Ecco dove si trova Dio, senza dirle altro: e con ciò volle farle intendere che Dio non si trova in mezzo ai rumori del mondo, ma nella solitudine. Dice s. Bernardo, che meglio avea conosciuto Dio tra i faggi ed i cerri, che in tutti i libri di scienze che avea studiati. Il genio de' mondani è di stare in conversazione di amici a discorrere e divertirsi; ma il


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desiderio dei santi è di starsene nei luoghi solinghi in mezzo ai boschi, o dentro le caverne per trattenersi ivi a trattar solo con Dio, il quale nella solitudine tratta e parla colle anime alla famigliare, come un amico con un altro amico: Oh solitudo, esclama s. Girolamo, in qua Deus cum suis familiariter loquitur, ac conversatur! Dicea il venerabile p. Vincenzo Carafa, che nel mondo, se avesse avuto a desiderar qualche cosa, altro non avrebbe cercato che una grotticella con un tozzo di pane ed un libro spirituale, per viver sempre ivi lontano dagli uomini e farsela solo con Dio. Lo sposo de' cantici loda la bellezza dell'anima solitaria e l'assomiglia alla bellezza della tortorella: Pulcrae sunt genae tuae sicut turturis1. Appunto perché la tortorella fugge la compagnia degli altri uccelli, e se la fa sempre ne' luoghi più solitarj. Quindi è che gli angeli santi ammirano con gaudio la bellezza e lo splendore, del quale adorna sale in cielo un'anima, che in questo mondo è vivuta nascosta e solitaria, come in un deserto: Quae est ista quae ascendit de deserto deliciis affluens2?

 

6. Ho voluto scrivervi tutte queste cose, per farvi prendere amore alla santa solitudine; mentre spero che negli esercizj che farete non già vi seccherete il cervello, come dice il signor parroco, ma che Iddio vi farà provare tante delizie di spirito, che ne uscirete talmente innamorato degli esercizj, che non lascerete poi di farli ogni anno. Cosa che vi gioverà immensamente per l'anima in ogni stato che eleggerete; poiché in mezzo al mondo le faccende, i disturbi, e le distrazioni sempre inaridiscono lo spirito, e perciò bisogna da quando in quando adacquarlo e rinnovarlo, come esorta san Paolo: Renovamini autem spiritu mentis vestrae.3 Il re Davide affannato dalle cure terrene desiderava di volare, e fuggire da mezzo al mondo per ritrovar riposo: Quis dabit mihi pennas, volabo et requiescam4? Ma non potendo lasciare il mondo col corpo, cercava almeno da tempo in tempo di sbrigarsi dagli intrighi del regno che governava e si tratteneva in solitudine a conversare con Dio; e così trovava pace il suo spirito: Ecce elongavi fugiens, et mansi in solitudine5. Anche Gesù Cristo, che non aveva bisogno di solitudine affin di stare raccolto con Dio, pure per dare a noi esempio, si distaccava spesso dal commercio degli uomini, e se ne andava sopra de' monti e ne' deserti a fare orazione: Dimissa turba, ascendit in montem solus orare6. Ipse autem secedebat in desertum et orabat7. E volea che i suoi discepoli dopo le fatiche delle loro missioni si ritirassero in qualche luogo solitario a riposar collo spirito: Venite seorsum in desertum locum et requiescite pusillum8. Dichiarando con ciò che anche in mezzo alle occupazioni spirituali lo spirito alquanto si rilascia, dovendo trattar cogli uomini; onde bisogna ristorarlo nella solitudine.

 

7. I mondani che sono avvezzi a divertirsi nelle conversazioni, ne' conviti e ne' giuochi, credono che nella solitudine, ove non sono tali spassi, si patisca un tedio insoffribile; e così veramente accade a coloro che tengono la coscienza imbrattata di peccati:


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perché quando essi stanno occupati negli affari del mondo, non pensano alle cose dell'anima; ma quando stanno disoccupati, in quella solitudine, dove non van cercando Dio, subito si affacciano loro i rimorsi della coscienza, e così nella solitudine non trovan quiete, ma tedio e pena. Ma datemi una persona che vada cercando Dio; ella nella solitudine non vi troverà tedio, ma contento e gioia: ce ne assicura il Savio: Non enim habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus illius, sed laetitiam et gaudium1. No che non apporta amarezzatedio il conversare con Dio, ma allegrezza e pace. Il venerabile cardinal Bellarmino nel tempo delle villeggiature, in cui gli altri cardinali andavano a divertirsi nelle ville, egli se ne andava in una casa solitaria a fare gli esercizj per un mese, e dicea che quella era la sua villeggiatura, ed ivi certamente ritrovava più delizie il suo spirito, che gli altri in tutti i loro spassi. S. Carlo Borromeo due volte l'anno faceva gli esercizj, ed in quelli trovava il suo paradiso, e mentre stava facendo in un anno questi esercizj sul monte di Varallo, gli venne l'ultima infermità che lo condusse alla morte. Così appunto dicea s. Girolamo, che la solitudine era il suo paradiso che trovava in questa terra: Solitudo mihi paradisus est2.

 

8. Ma qual contento, dirà taluno, può trovare una persona stando sola e non avendo con chi discorrere? No, risponde s. Bernardo, non è solo nella solitudine colui, che in quella va cercando Dio; perché ivi Dio stesso l'accompagna e lo tiene più contento che se avesse la compagnia dei primi principi della terra. Io, scrive il s. abate, non era meno solo che quando stava solo: Numquam minus solus, quam cum solus3. Il profeta Isaia descrive le dolcezze che Dio fa provare a chi va a cercarlo nella solitudine: Consolabitur Dominus Sion, et consolabitur omnes ruinas eius; et ponet desertum eius quasi delicias, et solitudinem eius quasi hortum Domini. Gaudium et laetitia invenietur in ea, gratiarum actio et vox laudis4. Il Signore sa ben consolare l'anima ritirata dal mondo: egli le compensa a mille doppj tutte le perdite che fa de' piaceri mondani; le fa diventare la solitudine un giardino di delizie, ove ella trova una pace che sazia, non essendovi colà tumulto di mondo, mentre solo trovansi ivi ringraziamenti e lodi a quel Dio che così l'accarezza. Se altro contento non vi fosse nella solitudine, che il contento di conoscere le verità eterne, questo solo basterebbe a farla sommamente desiderare. Le verità divine son quelle che conosciute saziano l'anima, e non già le vanità mondane che sono tutte bugie ed inganni. Or questo appunto è quel gran piacere che si trova negli esercizj fatti in silenzio: ivi con chiaro lume si conoscono le massime cristiane, il peso dell'eternità, la bruttezza del peccato, il valore della grazia, l'amore che Dio ci porta, la vanità dei beni di terra, la pazzia di coloro che per acquistarli perdono i beni eterni e si acquistano un'eternità di pene.

 

9. Quindi avviene poi che la persona alla vista di tali verità prende i mezzi più efficaci ad assicurare la sua eterna salute, e si solleva sopra se stessa, come parla Geremia: Sedebit


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solitarius et tacebit, quia levavit se super se1. Ivi distaccandosi dagli affetti terreni si stringe con Dio colle preghiere, co' desiderj di esser tutta sua, colle offerte di se stessa, e con altri replicati atti di pentimento, di amore, di rassegnazione, e così troverassi sollevata sopra le cose create, in modo che si riderà di coloro che tanto stimano i beni di questo secolo, mentr'ella li disprezza, conoscendoli troppo piccioli e indegni dell'amore di un cuore creato per amare un infinito bene che è Dio. È certo che chi esce dagli esercizj n'esce molto diverso e migliorato di quello che vi è entrato. Era sentimento del Grisostomo che per acquistar la perfezione era un grande aiuto il ritiramento: Ad adipiscendam perfectionem magnum in secessu subsidium. Quindi scrisse un dotto autore2, parlando degli esercizj: Felix homo, quem Christus e mundi strepitu in spiritualia exercitia et solitudinem coelesti amoenitate florentem inducit. Beato colui che staccandosi da' rumori del mondo si lascia portare dal Signore agli esercizj, ove si gode la solitudine che partecipa delle delizie del cielo! Son buone tutte le prediche che si fanno nelle chiese, ma se gli uditori non si applicano a riflettere sopra di quelle, poco sarà il frutto che ne ricaveranno; le riflessioni sono quelle che partoriscono poi le sante risoluzioni; ma queste riflessioni non si faranno mai come debbono esser fatte, se non si fanno nella solitudine. La conchiglia quando ha ricevuta la rugiada del cielo subito si chiude e scende nel fondo del mare, e così forma la perla. È cosa indubitata che ciò è quello che perfeziona il frutto degli esercizj, il riflettere in silenzio, trattandosi da solo a solo con Dio, le verità intese nella predica o lette nel libro. Perciò s. Vincenzo de Paoli nelle missioni che faceva invitava sempre gli ascoltanti a fare gli esercizj chiusi in qualche luogo solitario. Una massima santa ben riflettuta basta a fare un santo. San Francesco Saverio lasciò il mondo per l'impressione che gli fece quella massima del vangelo: Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur3? Un certo giovane studente per una sentenza della morte suggeritagli da un buon religioso mutò la sua mala vita in una vita santa. S. Clemente Ancirano per un'altra sentenza dell'eternità che gli fu suggerita dalla madre: Negotium pro quo contendimus vita aeterna est, soffrì allegramente per Gesù Cristo molti tormenti che gli furono dati dal tiranno.

 

10. Per fare poi il giusto concetto del bene che partoriscono gli esercizj fatti in solitudine, leggete, se avete qualche libro di questa materia, e vedete ivi le conversioni stupende avvenute per mezzo degli esercizj. Voglio qui accennarne alcune poche. Narra il p. Maffei che in Siena vi era un sacerdote pubblico scandaloso; questi, essendogli stati dati gli esercizj da un missionario che a caso era passato per Siena, non solo si ravvide e si confessò, ma un giorno, trovandosi in una chiesa un gran popolo, salì in pulpito, e piangendo con una fune al collo cercò perdono a tutti degli scandali dati, e dopo ciò andò a farsi cappuccino, e morì da santo; ed in morte dicea che tutto il suo bene lo riconoscea da quegli


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esercizj. Narra di più il p. Bartoli1, che un certo cavalier tedesco, il quale per essersi abbandonato a tutti i vizj era giunto a dar l'anima al demonio con una scrittura firmata col suo sangue, facendo poi gli esercizj, concepì tanto pentimento de' suoi peccati, che per il dolore svenne più volte, ed indi seguì a fare una vita penitente sinché visse. Inoltre narra il p. Rosignuoli2 che in Sicilia vi fu un figliuolo d'un barone il quale era diventato così dissoluto, che il padre dopo molti mezzi presi per vederlo corretto, e tutti riusciti vani, fu obbligato a porlo in una galea tra gli schiavi in catena; ma un certo buon religioso, avendone compassione, andò a trovarlo, e con belle maniere l'indusse a voler meditare certe massime di eternità nella stessa galea; terminate quelle meditazioni, il giovane volle farsi una confession generale, e fece una tal mutazione di vita, che il padre poi l'accolse con piacere in sua casa e seguì ad amarlo.

 

11. Un altro giovane fiammingo, avendo fatti gli esercizj ed essendosi con quelli convertito da una pessima vita, disse poi agli amici che se ne ammiravano: voi vi maravigliate di me, ma io vi dico che se il demonio stesso fosse capace di fare gli esercizj, facendoli si ridurrebbe a penitenza. Un altro che era religioso, ma di così mali costumi che si era fatto intollerabile, fu mandato da' superiori a fare gli esercizj. Mentre egli andava se ne burlava e diceva agli amici: tenete apparecchiate le corone, per quando ritorno a farmele toccare. Ma fatti gli esercizj si mutò in maniera, che divenne l'esempio degli altri religiosi, i quali vedendo quella mutazione, vollero tutti essi fare gli esercizj. Certi altri giovani, vedendo altri loro amici che andavano agli esercizj, vollero accompagnarli, non già per cavarne frutto, ma per ridersi poi nella conversazione delle loro divozioni; ma avvenne tutto il contrario, poiché negli esercizj si compunsero talmente che diedero in sospiri e pianti, si confessarono tutti e mutarono vita. E di tali fatti potrei qui addurne altri mille; ma non voglio lasciare il caso di una monaca nel monastero di Torre di Specchi in Roma, la quale facea la letterata, ma menava una vita molto imperfetta. Questa di mala voglia cominciò a fare gli esercizj, che si faceano nel monastero; ma la prima meditazione che fece del fine dell'uomo le fece tale impressione, che cominciò a piangere, e se ne andò al suo padre spirituale e gli disse: Padre, voglio farmi santa e presto santa. Volea più dire, ma le lagrime le impedirono di più parlare. Ritirata poi nella cella, scrisse una carta, in cui donò a Gesù Cristo tutta se stessa, si diede a fare una vita penitente e ritirata, e così visse fino alla morte. Se altro non fosse, basta a far gran conto degli esercizj il vedere la stima che ne han fatta tanti uomini santi. S. Carlo Borromeo dalla prima volta che fece gli esercizj in Roma si pose a fare una vita perfetta. S. Francesco di Sales dagli esercizj riconobbe il principio della sua santa vita. Il p. Luigi Granata, uomo santo, dicea che non gli sarebbe bastata tutta la vita a spiegare le nuove cognizioni delle cose eterne che avea scoperte nel fare gli esercizj. Il p. d'Avila chiamava gli esercizj una scuola di sapienza celeste, e volea che i suoi discepoli tutti


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fossero andati agli esercizj. Il p. Lodovico Blosio benedettino dicea doversi rendere speciali grazie a Dio, per avere in questi ultimi tempi manifestato alla sua chiesa questo tesoro degli esercizj.

 

12. Ma se gli esercizj giovano ad ogni stato di persone, sono di special giovamento a chi vuol eleggere lo stato di vita che ha da imprendere. E trovo scritto che il primo fine per cui furono istituiti gli esercizj fu questo di eleggere lo stato della vita, mentre da questa elezione dipende l'eterna salute di ciascuno. Non abbiamo già noi da aspettare che venga un angelo dal cielo ad assicurarci dello stato che abbiamo da eleggere secondo la volontà di Dio; basta mettersi avanti gli occhi lo stato che pensiamo di eleggere, indi dobbiamo riguardare il fine che abbiamo in questa elezione, e pesare le circostanze che vi sono.

 

13. Questo è il punto principale, per cui desidero che voi facciate gli esercizj in silenzio, cioè per risolvere lo stato che avete da eleggere. Per tanto, quando sarete entrato negli esercizj, come spero, vi prego a mettere in pratica le cose che qui soggiungo. In primo luogo l'unico intento che voi avete da avere in questi esercizj, è di conoscere quel che Dio vuole da voi; perloché in andare in quella casa solitaria, andate dicendo fra voi: Audiam quid loquatur in me Dominus Deus1, vado a sapere quel che mi dirà il Signore e che vuole da me. Inoltre è necessario che abbiate una volontà risoluta di ubbidire a Dio, e seguire la vocazione che Dio vi manifesterà, senza riserva. Di più è necessario che preghiate istantemente il Signore che vi faccia conoscere la sua volontà in quale stato vi voglia. Ma avvertite che per avere questa luce bisogna che lo preghiate con indifferenza. Chi prega Dio ad illuminarlo circa il suo stato, ma prega senza indifferenza, ed invece di stare uniformato alla volontà divina, vuole più presto che Dio si uniformi alla sua, costui è simile ad un piloto che finge di volere, ma in fatti non vuole che la nave cammini, mentre gitta l'ancora in mare e poi spande le vele; a costui il Signore non luceparla. Ma se voi lo supplicherete con indifferenza e risoluzione di eseguire la sua volontà, egli vi farà conoscere chiaramente lo stato migliore per voi. E se mai trovaste ripugnanza, ponetevi avanti il punto della morte, pensate all'elezione che vorreste in quel punto aver fatta, e quella fate.

 

14. Portatevi in quella casa un libro di meditazioni solite a farsi negli esercizj, e quelle meditazioni che leggerete vi serviranno in vece delle prediche; facendovi sopra così nella mattina come nella sera mezz'ora di riflessione per volta. Portatevi ancora qualche vita di santi o altro libro spirituale per farvi la lezione, e questi saranno i soli vostri compagni nella solitudine per quegli otto giorni. È necessario poi per aver questa luce e sentire quel che vi dice il Signore, che allontaniate da voi le distrazioni: Vacate et videte quoniam ego sum Deus2. Per conoscer le divine chiamate bisogna sbrigarsi dal trattare col mondo. Ad ogni infermo nulla giovano i rimedj, se egli non li prende colla dovuta cautela, come di fuggir l'aria cruda, il cibo nocivo, la molta applicazione di mente; e così parimente,


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acciocché vi giovino gli esercizj per la salute dell'anima bisogna rimuovere le distrazioni nocive, come sono il ricever visite degli amici o ambasciate di fuori o lettere che vi vengono scritte. S. Francesco di Sales, quando stava agli esercizj mettea da parte le lettere che ricevea, e non leggevale se non terminati gli esercizj. Bisogna ancora lasciar di leggere libri curiosi ed anche di studio; allora bisogna studiare solamente il crocifisso. Perciò nella vostra camera non tenete altri libri che spirituali; e leggendoli, non li leggete per curiosità, ma solo per lo stesso fine di risolver lo stato di vita, che Dio vi farà conoscere voler da voi.

 

15. Di più non basta togliere le distrazioni esterne, bisogna ancora rimuovere le interne: perché se deliberatamente vi applicherete a pensare a cose di mondo o di studio o simili, poco vi serviranno gli esercizj e la solitudine. Dice s. Gregorio: Quid prodest solitudo corporis, si defuerit solitudo cordis1? Pietro Ortiz agente di Carlo v. volle andare al monastero di Monte-Cassino a fare gli esercizj; or mentre stava alla porta del monastero disse a' suoi pensieri quel che disse il nostro Salvatore a' suoi discepoli: Sedete hic, donec vadam illuc et orem2: pensieri di mondo, trattenetevi qui fuori; finiti poi gli esercizj, ci rivedremo e parleremo. Mentre si sta agli esercizj bisogna valersi di quel tempo solamente per bene dell'anima, senza perderne un momento. Vi prego finalmente quando sarete negli esercizj di leggere questa breve orazione che qui sotto vi scrivo:

Dio mio, io son quel miserabile che per lo passato vi ho disprezzato; ma ora vi stimo ed amo sopra ogni cosa, né voglio amar altro che voi. Voi mi volete tutto per voi, ed io voglio essere tutto vostro. Loquere, Domine, quia audit servus tuus. Fatemi sapere quel che volete da me, ché tutto voglio farlo; e fatemi specialmente intendere in quale stato volete che io vi serva: Notam fac mihi viam in qua ambulem.

Raccomandatevi ancora negli esercizj con modo speciale alla divina Madre Maria, pregandola che vi ottenga la grazia di adempire perfettamente la volontà del suo figlio. E non vi dimenticate, quando farete gli esercizj, di raccomandarmi a Gesù Cristo, mentre io non lascierò di farlo con modo particolare per voi, acciocché il Signore vi faccia santo, come vi desidero; e con ciò mi protesto ec.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




1 Eccl. 7. 40.

 



2 Deut. 32. 29.

 



3 Psal. 12. 4.

 



4 Psal. 66. 2.

 



5 Psal. 142. 8.

 



6 Psal. 118. 73.

 



7 Psal. 33. 6.

 



8 Iob. 3. 13. et 14.

 



9 In Iob. loc. cit.

1 3. Reg. 19. 11.

 



2 Os. 2. 14.

 



3 Psal. 118. 140.

 



4 Cant. 5. 6.

 



5 Epist. ad s. Hilar.

1 Cant. 1. 9.

 



2 Cant. 8. 5.

 



3 Ephes. 4. 23.

 



4 Psal. 54. 7.

 



5 Ibid. vers. 8.

 



6 Matth. 14. 23.

 



7 Luc. 5. 16.

 



8 Marc. 6. 31.

1 Sap. 8. 16.

 



2 Ep. 4. ad Rust.

 



3 Ep. ad Fratr. de M. etc.

 



4 Isa. 51. 3.

1 Thren. 3. 28.

 



2 Presso Com. p. 213.

 



3 Matth. 16. 26.

1 Lib. 5.

 



2 Notit. mem. de es. t. 3.

1 Psal. 84. 9.

 



2 Psal. 45. 11.

1 Mor. lib. 30. cap. 12.

 



2 Matth. 26. 36.




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