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S. Alfonso Maria de Liguori
Traduzione de' Salmi e de' Cantici

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DOMENICA - A MATTUTINO

PRIMO NOTTURNO

Invitatorio. (Salmo 94. del salterio.)

In questo salmo stan corrette più cose le quali si son lasciate nel salmo che è nel breviario, dove si è posto nel modo che anticamente si recitava. Questo salmo, come dichiara s. Paolo (Hebr. 3. et 4.), riguarda direttamente Gesù Cristo, il quale è dichiarato qui Dio creatore ed insieme salvatore del mondo: onde siamo esortati noi fedeli a lodarlo e ad ascoltarlo come nostro supremo pastore.

Venite, exultemus Domino, iubilemus Deo salutari nostro. Venite, rallegriamoci nel Signore e cantiamo con giubilo le lodi di Dio nostro Salvatore. Praeoccupemus faciem eius in confessione et in psalmis iubilemus ei. Prima che sorga il sole troviamoci alla sua presenza col lodarlo e confessargli le nostre colpe (scrive s. Agostino: Est confessio laudantis, est confessio gementis); e giubiliamo cantando le sue glorie.

Quoniam Deus magnus Dominus et rex magnus super omnes deos; quoniam non repellet Dominus plebem suam, quia in manu eius sunt omnes fines terrae, et altitudines montium ipse conspicit. Poiché egli è il grande Iddio ed il gran re, superiore a tutti i falsi dei ed a tutti i re della terra. Il Signore non ributta niuno della sua plebe, mentr'egli guarda così l'altezza de' monti come la bassezza delle valli: viene a dire così i potenti del mondo (s. Agostino, terrenas potestates) come i poveri del mondo disprezzati: perché il tutto è in suo potere.

Quoniam ipsius est mare et ipse fecit illud et aridam fundaverunt manus eius: venite adoremus et procidamus ante Deum; ploremus coram Domino qui fecit nos; quia ipse est Dominus Deus noster, nos autem populus eius et oves pascuae eius. Del Signore è il mare e la terra, giacché tutto da lui è stato creato: venite dunque e adoriamolo colla faccia a terra; gemiamo davanti a quel Signore che ci ha creati, mentr'egli è il nostro Dio e noi siamo il suo popolo e la sua gregge.

Hodie si vocem eius audieritis nolite obdurare corda vestra, sicut in exacerbatione secundum diem tentationis in deserto, ubi tentaverunt me patres vestri, probaverunt et viderunt opera mea. Oggi se udirete la sua voce non vogliate udire i vostri cuori. Si avverta qui che le parole scritte di sopra: sicut in exacerbatione secundum diem tentationis in deserto etc. son poste nell'officio, secondo anticamente si leggeva il salmo: ma dipoi questo salmo fu corretto nel modo come si legge oggidì nel citato salmo 94., ed ivi si dice così: Sicut in irritatione, secundum diem tentationis in deserto, ubi tentaverunt me patres vestri; probaverunt me et viderunt opera mea. Secondo questa lezione meglio s'intende il testo, spiegandosi così: Non vogliate indurire i vostri cuori, siccome faceste un tempo, irritandomi (poiché qui è Dio che parla agli ebrei) nel deserto, ove i padri vostri vollero tentarmi con esplorare da me se io era vero Dio, cercando in quel luogo arido e mancante di tutto acqua, pane e carni; e già essi lo sperimentarono e videro i miei prodigj, che io posso fare quanto a me piace.

Quadraginta annis proximus fui generationi huic (nella versione corretta del salmo si legge offensus fui, che s. Paolo spiega1, infensus fui generationi illi) et dixi: Semper hi errant corde: ipsi vero non cognoverunt vias meas, quibus iuravi in


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ira mea, si introibunt in requiem meam. Per quarant'anni io sono stato adirato con questo popolo (qui si noti che lo stesso significa offensus che proximus, cioè proximus ad ulciscendum, come dicono il Du-Hamel ed il Bellarmino) e dissi: Sempre questi hanno il cuore perverso; non voglion conoscere i miei retti giudizj, secondo i quali io ho giurato nel mio sdegno di non farli entrare nella mia requie, cioè nella terra da me promessa.

Salmo 1.

In questo salmo Davide vuol renderci persuasi che la felicità non si dona da Dio se non agli uomini giusti; e perciò dev'esser giusto chi desidera di esser felice.

Beatus vir qui non abiit in consilio impiorum et in via peccatorum non stetit. Beato l'uomo che non orecchio ai consigli degli empj e non cammina nella via de' peccatori. Et in cathedra pestilentiae non sedit, e non siede nella cattedra della pestilenza, cioè non insegna false e pestilenti dottrine1.

Sed in lege Domini voluntas eius; et in lege eius meditabitur die ac nocte. L'uomo giusto vuole ciò che Dio ordina nella sua legge; e perciò continuamente la medita.

Et erit tamquam lignum quod plantatum est secus decursus aquarum; quod fructum suum dabit in tempore suo. Egli sarà come una pianta posta alla corrente delle acque, la quale ben darà il frutto a suo tempo.

Et folium eius non defluet; et omnia quaecumque faciet prosperabuntur. Questa pianta riterrà le sue fronde che gioveranno a render maturo il frutto; onde tutto quel che farà l'uomo giusto andrà tutto prosperamente.

Non sic impii, non sic; sed tamquam pulvis quem proiicit ventus a facie terrae. Ma non così avverrà agli empj; saranno essi dispersi come la polvere ch'è dispersa dal vento sulla terra. Nel testo ebraico in vece di pulvis si legge gluma (come porta il Pagnino), ch'è la paglia sottile o sia triturata, la quale vien portata dal vento quando si purga il frumento nell'aia.

Ideo non resurgent impii in iudicio. Nell'ebreo in vece di non resurgent si legge non stabunt; e secondo la traduzione caldaica (come scrive mons. Bossuet) si dice non subsistent; il che si spiega che gli empj nel giudizio finale non potranno opporsi alla giusta vendetta di Gesù Cristo2. Neque peccatores in concilio


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iustorum. Né i peccatori potranno stare in compagnia de' giusti.

Quoniam novit Dominum viam iustorum; et iter impiorum peribit. Poiché il Signore approverà la via dei giusti e riproverà quella degli empj.

Salmo 2.

Tutto questo salmo è, secondo il senso letterale, una profezia del regno di Cristo, come sta espresso negli Atti degli apostoli (4. 24. et seq.), dove si dice dagli stessi apostoli: Domine... qui Spiritu sancto per os patris nostri David pueri tui dixisti: Quare fremuerunt gentes, et populi meditati sunt inania? Astiterunt reges terrae, et principes convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius etc. E siegue ivi a dirsi che Erode e Pilato coi gentili e gli ebrei eransi congiurati contra il nostro Salvator Gesù Cristo. Non mancan più autori protestanti ed anche cattolici che applicano il senso letterale di questo salmo al regno di Davide; ma giustamente dice il nostro d. Saverio Mattei che questa è una sentenza nuova che regna ne' protestanti e che dee riprovarsi, dovendoci noi acquetare a quel che sta scritto negli Atti apostolici, come abbiam notato di sopra; quando che all'incontro il salmo non può intendersi di Davide senza far molta violenza al testo che troppo chiaramente parla del regno di G. C. Dice di più esso Mattei che talora (com'egli ha provato nella sua prefazione al t. 1. nel c. 10. n. 8.) nelle scritture il senso spirituale è l'unico letterale, senza supporvi un altro senso occulto. Ora leggendosi, dice, in questo salmo una profezia così chiara del regno di Gesù Cristo, secondo si vede spiegato dagli apostoli, qual motivo c'è di tirarlo al regno di Davide? Scrive s. Girolamo, parlando appunto di questo salmo, che questa è una vera temerità: Audacis est hunc psalmum interpretari velle post Petrum; imo de eo sentire aliud quam in Actibus apostolorum dixerit Petrus. E lo stesso avverte il cardinal Bellarmino dicendo: Omnino errare videntur qui ad literam de Davide hunc psalmum explicare nituntur.

Quare fremuerunt gentes et populi meditati sunt inania? E perché le genti han fremuto ed i popoli han pensate cose vane? E vuol dire che invano eransi congiurati questi tanti nemici contra il Messia. Le parole fremuerunt e meditati sunt da s. Girolamo stan tradotte in tempo futuro; ma saggiamente dice il Bellarmino che dee preferirsi la versione della volgata che ha seguitato quella de' settanta, giacché negli atti degli apostoli, come si è veduto, i detti verbi si leggono in tempo pret erito. Dicesi nel salmo: meditati sunt inania, poiché i nemici pensarono distruggere il regno di Cristo, ma invano, mentr'essi cooperarono a stabilirlo.

Astiterunt reges terrae, et principes convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius. I re della terra sono stati a far consigli, ed i principi si son congregati insieme. Per questi principi non solo s'intendono Erode, Pilato ed i principi de' sacerdoti ebrei, ma anche tutti gl'imperatori e re gentili che hanno perseguitata la chiesa di Gesù Cristo. Si dice adversus Dominum et Christum eius, perché i nemici perseguitando Cristo faceano guerra anche a Dio, giacché il Messia co' suoi miracoli si era ben manifestato per figlio di Dio. Per la prima parola poi astiterunt, secondo la significazione ebrea, s'intende propriamente quando i giudei si unirono a consigliare la presa e morte di Cristo.

Dirumpamus vincula eorum et proiiciamus a nobis iugum ipsorum. Queste parole Davide le applicò ai nemici di Dio e di Cristo, dicendo: Liberiamoci dal loro imperio e dalle loro leggi. Iugum ipsorum, volta s. Girolamo, laqueos eorum; poiché le parole ebraiche significano funes eorum, essendoché gli empj odiano le leggi divine, come giogo e catene insoffribili.

Qui habitat in coelis irridebit eos, et Dominus subsannabit eos. Ma predisse Davide che Iddio dovea dissipare e confondere tutte le loro trame, irridendo i loro disegni; come poi avvenne colla distruzione degl'idolatri e de' giudei e colla conversione delle genti alla fede.

Tunc loquetur ad eos in ira sua et in furore suo conturbabit eos. Iddio parlò ad essi e li confuse, non


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colle parole, ma colle pene orribili cui li punì. Qui si avverta che quando si parla nelle scritture dell'ira di Dio bisogna intendere che il Signore non mai opera per ira, come operano gli uomini per passione e con mente sturbata; mentr'egli quanto dispone e fa, tutto cum tranquillitate iudicat1. Onde quando si dice che Dio si adira, s'intende quando castiga i peccatori non già per giovare alla loro salute eterna, come fa spesso con alcuni, punendoli per vederli ravveduti, ma li castiga solo per castigarli e dal luogo alla sua giustizia.

Ego autem constitutus sum rex ab eo super Sion montem sanctum eius, praedicans praeceptum eius. Così loro dirà Gesù Cristo: Io son fatto re, non dagli uomini, ma da Dio mio padre sovra il suo s. monte di Sionne, cioè sovra la chiesa, la quale vien significata, come scrive s. Agostino, per la città di Gerusalemme, di cui il monte Sion era la parte principale e più diletta di Dio. Praedicans praeceptum eius; e vuol dire: Io sono stato fatto re, affin di pubblicare il suo precetto. Nell'ebreo, invece di praedicans praeceptum eius, si legge narrabo ad decretum; qui in sostanza il precetto significa lo stesso che il decreto col quale Iddio stabilì il regno di Cristo da propagarsi per tutto il mondo. Le parole poi di questo decreto sono quelle che stanno nel verso seguente.

Dominus dixit ad me: Filius meus es tu, ego hodie genui te. Qui parla il divin Padre e dice a Cristo: Tu sei il mio figliuolo, oggi io ti ho generato. Questo testo s'intende così della generazione eterna, come della temporale del Verbo divino, quando egli s'incarnò: e s'intende anche della sua risurrezione2.

Postula a me, et dabo tibi gentes haereditatem tuam et possessionem tuam terminos terrae. Seguita a dire il Padre a Gesù Cristo: Essendo tu mio figlio naturale è giusto che abbi l'imperio sopra tutte le genti e sopra tutta la terra, come tua eredità e possessione. S. Agostino intende ciò del regno spirituale che Cristo ha sopra la chiesa, la quale per li meriti di lui dovea propagarsi per tutto il mondo, secondo quello che disse lo stesso nostro Salvatore in s. Matteo3: Data est mihi omnis potestas in coelo et in terra.

Reges eos in virga ferrea, et tamquam


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vas figuli confringes eos. Ciò s'intende della potestà che ha Gesù Cristo di rimunerare i buoni e di punire i peccatori con quella facilità con cui è facile ad un vasaio rompere con una verga di ferro i vasi di creta. La verga ferrea significa di più il giudizio retto ed inflessibile di Cristo, a cui niuno può resistere.

Et nunc, reges, intelligite; erudimini qui iudicatis terram. Voi dunque re, che giudicate sulla terra, intendete il vostro dovere ed istruitevi a bene esercitarlo.

Servite Domino in timore et exultate ei cum tremore. Commenta s. Agostino1: In exultatione, ut gratias agamus, in tremore, ne cadamus. Colla parola timore del testo, secondo l'ebreo, vien significata la pietà de' figli o sia l'amor filiale con cui i re e i giudici debbono servire a Dio; onde il testo spiegasi così: Servite al Signore con timore de' figli e con allegrezza, sperando il premio se osserverete la giustizia, e temendo il castigo se non l'osserverete.

Apprehendite disciplinam, ne quando irascatur Dominus et pereatis de via iusta. Prendete con amore la divina legge ed osservatela, acciocché il Signore non si adiri se non l'osservate, e permetta che traviate dal giusto sentiero.

Cum exarserit in brevi ira eius, beati omnes qui confidunt in eo. Poveri quei che offendono la giustizia e son causa che Dio si sdegni contra di loro e si affretti a punirli! Felici all'incontro quei che confidano in Dio! perché egli darà loro luce e forza di non traviare dalla retta via.

Salmo 3.

Questo salmo porta il titolo: Psalmus David cum fugeret a facie Absalon filii sui: onde secondo il sentimento comune s'intende letteralmente di Davide che fuggiva dal suo figlio Assalonne che lo perseguitava. Ma secondo il senso mistico, dicono s. Girolamo, s. Agostino, Beda, Teodoreto ed altri, che nella persona di Davide si riconosce la persona di Gesù Cristo sì a riguardo della sua passione, come della sua risurrezione. Si avverta qui di nuovo che in tutti i salmi, ove letteralmente si parla de' nemici da cui era Davide perseguitato in questa terra, spiritualmente s'intende di tutti i nemici che noi abbiamo interni ed esterni, e specialmente de' demonj, che c'insidiano l'eterna salute e sono i nemici più potenti e nocivi.

Domine, quid multiplicati sunt qui tribulant me? multi insurgunt adversum me. Signore, perché sono moltiplicati i miei persecutori? molti insorgono contra di me.

Multi dicunt animae meae: Non est salus ipsi in Deo eius. Mi dicono che non vi è salute per me, ancorché io confidi nel mio Dio.

Tu autem, Domine, susceptor meus es, gloria mea exaltans caput meum. Ma voi, Signore, siete il mio protettore e la gloria mia, cioè la causa della mia gloria; voi siete quello che mi consolate e fate che, dove io andava col capo dimesso per la mestizia, ora lo possa alzare con allegrezza.

Voce mea ad Dominum clamavi; et exaudivit me de monte sancto suo. Io colle preghiere ho gridato al Signore, ed egli mi ha esaudito dal suo s. monte, cioè dall'alto suo cielo.

Ego dormivi et soporatus sum, et exsurrexi; quia Dominus suscepit me. In mezzo alla persecuzione io ho dormito quieto con un dolce sopore; e poi mi sono svegliato con pace, vedendo che il Signore mi ha preso sotto la sua protezione. Questo verso misticamente si applica a Gesù Cristo per quel tempo in cui volle giacer sulla croce per lasciarvi la vita,


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e poi volle risorgere dalla morte per la potenza della sua divinità.

Non timebo millia populi circumdantis me; exsurge, Domine, salvum me fac Deus meus. Io non temerò tutta la turba del popolo che mi assedia: sorgete dunque, mio Signore e Dio, e salvatemi.

Quoniam tu percussisti omnes adversantes mihi sine causa; dentes impiorum contrivisti. Giacché in altri miei pericoli voi avete percossi tutti coloro che senza ragione si sono congiurati contro di me ed avete franti i denti degli empj. Nell'ebreo si legge: Quoniam tu percurristi omnes hostes meos in maxilla, dentes impiorum contrivisti. Ma i settanta, in vece della parola in maxilla, tradussero sine causa: dice il Bellarmino che i settanta tradusser così perché avessero essi i testi ebraici più purgati di quelli che abbiamo noi.

Domini est salus, et super populum tuum benedictio tua. Del Signore è il dar la salute a chi vuole; e sovra del vostro popolo, Signore, scenda la vostra benedizione. Nel testo ebreo si legge Domino salus, cioè che la salute dee riferirsi a Dio e che noi solo da esso dobbiamo sperarla; questa salute poi è la benedizione che dona il Signore a' suoi servi, mentre il benedire di Dio è beneficare.

Salmo 4. (6. del salterio.)

Questo salmo, secondo il sentimento più probabile degli eruditi, nel senso letterale propriamente si appartiene alla penitenza di Davide. Onde l'argomento è la preghiera del peccatore che teme il divino giudizio e brama di riconciliarsi con Dio.

Domine, ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me. Signore, punitemi come vi piace, ma non mi riprendete nel vostro furore, viene a dire in somma: castigatemi da padre e non da giudice; il non esser castigato in questa terra, dopo che vi ho offeso, sarebbe per me il maggior castigo; onde vi prego a castigarmi per vedermi corretto e non già perduto. Vedasi quello che si è detto al verso 5. del salmo II.

Miserere mei, Domine, quoniam infirmus sum; sana me, Domine, quoniam conturbata sunt ossa mea. Abbiate dunque, Signore, pietà di me, mentre son pieno d'infermità; sanatemi voi, confortandomi colla vostra grazia, poiché tengo anche le ossa conturbate, cioè inferme che vacillano.

Et anima mea turbata est valde; sed tu, Domine, usquequo? E più del corpo tengo turbata l'anima: e sino a quando, Signore, mi dilungherete il vostro soccorso?

Convertere, Domine, et eripe animam meam; salvum me fac propter misericordiam tuam. Volgetevi, Signore, verso di me e liberate l'anima mia da tante miserie e pericoli che mi sovrastano; salvatemi per mera vostra misericordia, mentr'io non merito altro che castighi ed inferno.

Quoniam non est in morte qui memor sit tui; in inferno autem quis confitebitur tibi? Chi incorre la morte eterna non si ricorda più di voi; e chi è mai che, cadendo nell'inferno canterà le vostre lodi?

Laboravi in gemitu meo, lavabo per singulas noctes lectum meum, lacrymis meis stratum meum rigabo. Signore, io mi sento affaticato dal mio pianto, e non cesserò di piangere per ogni notte, bagnando il mio letto colle lagrime.

Turbatus est a furore oculus meus, inveteravi inter omnes inimicos meos. L'occhio mio sta turbato per


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lo sdegno che ho conceputo contra di me nel mirare la bruttezza de' miei peccati e in vedermi invecchiato tra i miei nemici, quali sono stati i miei mali abiti.

Discedite a me, omnes qui operamini iniquitatem; quoniam exaudivit Dominus vocem fletus mei.

Exaudivit Dominus deprecationem meam, Dominus orationem meam suscepit. Partitevi da me, miei nemici perversi, che volete anche me pervertire; perché il Signore ha esaudite le mie lagrime e le mie preghiere.

Erubescant et conturbentur vehementer omnes inimici mei; convertantur et erubescant valde velociter. Si arrossiscano e restino molto conturbati per la confusione tutti i miei avversarj: e presto se ne tornino in dietro tutti confusi per la vergogna.

Salmo 5. (7 del salterio.)

In questo salmo Davide rappresenta a Dio la sua innocenza e le angustie che pativa nella persecuzione che gli facea Saulle o Assalonne (ma pare più verisimile che parlasse di quella di Saulle). In questo salmo esorta ancora i suoi nemici a convertirsi e predice loro il castigo se non si convertono.

Domine Deus meus, in te speravi; salvum me fac ex omnibus persequentibus me et libera me. Mio Signore e mio Dio, in voi ho riposte le mie speranze; salvatemi e liberatemi da tutti i miei persecutori.

Ne quando rapiat ut leo animam meam; dum non est qui redimat, neque qui salvum faciat. Acciocché il mio nemico non mi tolga la vita come un leone; mentre non vi è chi mi sottragga dal suo furore e mi salvi.

Domine Deus meus, si feci istud, si est iniquitas in manibus meis.

Si reddidi retribuentibus mihi mala decidam merito ab inimicis meis inanis. Signore e mio Dio, se io ho commesso questo male che mi viene imputato (si può intendere di aver procurato di usurpare il regno a Saulle), se vi è alcuna colpa nelle mie operazioni e se ho renduto male per vendetta a coloro che mi han fatto del male, meritamente rimanga io vinto da' miei nemici con mio rossore.

Persequatur inimicus animam meam, et comprehendat et conculcet in terra vitam meam et gloriam meam in pulverem deducat. Il mio avversario mi perseguiti nella vita, mi abbia nelle sue mani, calpesti la terra tinta del mio sangue, in quel luogo ove mi ha tolta la vita, e riduca in povere la mia gloria.

Exurge, Domine, in ira tua; et exaltare in finibus inimicorum meorum. Ma se sono innocente, Signore, sorgete e dimostrate il vostro giusto sdegno col punire i miei nemici: fate risplendere la vostra potenza ne' loro paesi con castigarli come meritano. Qui non s'incolpi Davide che cercasse la vendetta de' suoi nemici; perché s'intende o che parlasse profeticamente, predicendo i castighi con cui quelli aveano ad esser puniti da Dio; o pure cercava che il Signore li punisse temporalmente, affinché così s'emendassero.

Et exurge, Domine Deus meus, in praecepto quod mandasti, et synagoga populorum circumdabit te. Sorgete, mio Dio, a salvar l'innocenza, secondo voi ne avete dato il precetto agli altri di difendere gl'innocenti. Et synagoga (l'ebreo legge congregatio tribuum), ed allora tutto il popolo vi sarà d'intorno a lodare l'equità de' vostri giudizj.

Et propter hanc in altum regredere; Dominus iudicat populos. E perciò ascendete al vostro trono: poiché a voi, come signore del tutto, spetta il giudicare i popoli.


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Iudica me, Domine, secundum iustitiam meam et secundum innocentiam meam et secundum innocentiam meam super me. Signore, ivi giudicatemi secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza.

Consumetur nequitia peccatorum; et diriges iustum, scrutans corda et renes Deus. L'astuzia de' peccatori riuscirà loro infruttuosa; mentre voi, che siete Dio e che scoprite i segreti de' loro cuori, ben saprete dirigere il giusto, acciocché resti illeso dalle loro insidie.

Iustum adiutorium meum a Domino, qui salvos facit rectos corde. Non mancherà di darmi il suo giusto aiuto quel Signore che rende salvi coloro che operano con retto cuore.

Deus iudex iustus, fortis et patiens; numquid irascitur per singulos dies? Qui si avverta che il testo ebreo è contrario, dicendosi ivi: Deus iustus, fortis, comminans, irascens tota die. Sicché secondo il testo ebreo odierno si legge che Dio minaccia e si adira ogni giorno; quando che nella Volgata si dice che Dio non minaccia né si adira in ogni giorno; e così anche legge la versione dei settanta, alla quale io più aderisco col Bellarmino, per la ragione di sopra già mentovata, cioè che a tempo dei settanta si crede che il testo ebreo fosse più corretto di quello che oggi abbiamo. Tanto più, dice Bellarmino, che questo senso più si conforma al verso seguente che dice:

Nisi conversi fueritis, gladium suum vibrabit; arcum suum tetendit et paravit illum. E vuol dire che Dio non istà sempre adirato con animo di punire i peccatori, come meritano: ma quando sono ostinati a non volersi convertire vibrerà la sua spada, castigandoli secondo la sua giustizia; e perciò tiene già apparecchiato e teso l'arco per iscoccare la saetta della sua giusta vendetta.

Et in eo paravit vasa mortis; sagittas suas ardentibus effecit. Tiene già in quello preparati i vasi di morte, cioè le armi che dan morte, le sue infocate saette, cioè i fulmini: così appunto lo spiega s. Girolamo: Sagittas suas ad comburendum ignitas effecit.

Ecce parturiit iniustitiam, concepit dolorem et peperit iniquitatem. Il peccatore prima concepisce il dolore, cioè l'odio contro del giusto (l'odio chiamasi dolore perché affligge l'animo di chi lo conserva) ed indi partorisce l'iniquità, cioè si adopera per opprimere la persona odiata.

Lacum aperuit et effodit eum; et incidit in foveam quam fecit. Egli ha scavato ed aperto un precipizio o sia trabocchetto coperto; ma è avvenuto ch'esso è caduto nella fossa da lui fatta.

Convertetur dolor eius in caput eius; et in verticem ipsius iniquitas eius descendet. Il dolore che volea recare agli altri ricadrà sovra lui stesso; e il danno della sua iniquità scenderà sopra la sua testa.

Confitebor Domino secundum iustitiam eius; et psallam nomini Domini altissimi. Io per me loderò la giustizia del Signore; e loderò coi salmi il nome dell'Altissimo.

Salmo 6. (8 del salterio.)

L'argomento è una lode che si a Dio per la sua potenza, sapienza e bontà, specialmente per la bontà dimostrata verso l'uomo. Noi spieghiamo questo salmo per li beneficj fatti all'uomo, secondo l'intelligenza più comune degli espositori; ma altri anche verisimilmente lo spiegano di Gesù Cristo, appoggiati all'autorità di s. Paolo (Hebr. 2. 9.).

Domine Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra! Signore e nostro supremo padrone, oh quanto è degno di ammirazione


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in tutta la terra il vostro gran nome!

Quoniam elevata est magnificentia tua super coelos. Poiché la vostra grandezza è innalzata sovra de' cieli, giacché tutto il mondo non può capirla.

Ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem propter inimicos tuos; ut destruas inimicum et ultorem. Sino i fanciulli che succiano il latte vi lodano appieno per confondere i vostri nemici: e così voi distruggete Satana vostro principal nemico e difensore (ultorem) di tutt'i vostri nemici1.

Quoniam videbo coelos tuos, opera digitorum tuorum; lunam et stellas quae tu fundasti. Quando io vedo i vostri cieli, che sono opere delle vostre mani, quando vedo la luna e le stelle e tante altre belle creature formate in benefizio dell'uomo, come posso trattenermi dal lodarvi e dall'esclamare:

Quid est homo, quod memor es eius? aut filius hominis, quoniam visitas eum? E che cosa mai è l'uomo che voi abbiate ad averne tanta memoria ed a favorirlo colle vostre visite? A ciò confà quel che sta scritto nel cantico di s. Zaccaria: Benedictus Dominus Deus Israel, quia visitavit et fecit redemptionem plebis suae. Venne lo stesso Figlio di Dio a visitare l'uomo, a prender carne umana ed a redimerlo dalla schiavitù del demonio.

Minuisti eum paulo minus ab angelis; gloria et honore coronasti eum et constituisti eum super opera manuum tuarum. Benché voi, Signore, l'abbiate formato poco minore degli angeli, nondimeno l'avete coronato di gloria e di onore e l'avete costituito sovra le altre vostre creature.

Omnia subiecisti sub pedibus eius; oves et boves universas, insuper et pecora campi.

Volucres coeli et pisces maris qui perambulant semitas maris. A lui avete sottoposte tutte le cose, le pecore, i buoi e tutte le altre bestie della terra, cogli uccelli dell'aria ed i pesci che riempiono il mare: onore dato agli uomini e non agli angeli, come scrive s. Paolo: Non enim angelis subiecit Deus orbem terrae.

Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra! Signore, che siete già anche nostro padrone, quanto è ammirabile il vostro nome in tutta la terra! mentre la vostra grandezza è innalzata sopra de' cieli, giacché tutto il mondo non può capirla.

Salmo 7. (9 del salterio.)

Gli espositori vogliono che il senso letterale di questo salmo riguardi Davide, il quale ringrazia Dio di avergli data la vittoria del suo nemico; ma che il senso spirituale riguardi Gesù Cristo, che coll'opera della redenzione ha soggiogato il demonio, nemico del genere umano. Altri vogliono, ed anche probabilmente, che in questo salmo si descriva la fine infelice degli empj prosperati e la fine gloriosa de' giusti tribolati.

Confitebor tibi, Domine, in toto corde meo; narrabo omnia mirabilia


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tua.

Laetabor et exultabo in te; psallam nomini tuo, Altissime. Signore, vi loderò con tutto l'affetto del mio cuore e pubblicherò tutte le vostre opere ammirabili. Mi rallegrerò ed esulterò di gaudio in voi, o Dio altissimo, cantando sempre le glorie del vostro nome.

In convertendo inimicum meum retrorsum; infirmabuntur et peribunt a facie tua. Fate voi che il mio avversario torni indietro disfatto; disfatto ch'egli sarà, tutti gli altri suoi seguaci resteranno indeboliti e distrutti davanti al vostro cospetto.

Quoniam fecisti iudicium meum et causam meam; sedisti super thronum, qui iudicas iustitiam. Voi che giudicate secondo la giustizia siete già asceso a sedere sul trono ed avete fatto il giudizio sopra di me e decisa la mia causa.

Increpasti gentes, et periit impius; nomen eorum delesti in aeternum et in saeculum saeculi. Avete confuse le empie nazioni e le avete abbattute; e per sempre avete distrutto il loro nome, sì che resterà sepolto in eterno obblio.

Inimici defecerunt frameae in finem; et civitates eorum destruxisti.

Periit memoria eorum cum sonitu; et Dominus in aeternum permanet. Qui la parola inimici si prende in genitivo (come dicono Menochio e il Mattei); onde il testo si costruisce così: Frameae inimici defecerunt in finem: le spade del nemico sono mancate in finem, cioè in tutto; ed avete distrutte le loro città. Onde si è perduta la loro memoria insieme colla loro fama (come spiega monsig. Bossuet); ma il Signore persiste qual è in eterno.

Paravit in iudicio thronum suum, et ipse iudicabit orbem terrae in aequitate, iudicabit populos in iustitia: l'ebreo legge: paravit ad iudicium thronum suum. Egli ha stabilito e tiene aperto il suo tribunale per giudicare; e giudicherà i popoli di tutta la terra con equità e con giustizia.

Et factus est Dominus refugium pauperi; adiutor in opportunitatibus, in tribulatione.

Et sperent in te, qui noverunt nomen tuum; quoniam non dereliquisti quaerentes te, Domine. Il Signore si è fatto l'asilo de' poveri afflitti: egli è il lor protettore nelle loro necessità, in tempo di tribolazione. Pertanto quei che conoscono e adorano il vostro nome han molta ragione di confidare in voi, o Signore, che mai non abbandonaste coloro che vi cercano da vero.

Psallite Domino qui habitat in Sion; annuntiate inter gentes studia eius.

Quoniam requirens sanguinem eorum recordatus est; non est oblitus clamorem pauperum. Lodate dunque il Signore che abita in Sionne, ove è adorato come vero Dio, a differenza degl'idoli che abitano ne' templi de' gentili, e sino fra le genti più barbare predicate le sue opere ammirabili, acciocché esse ancora il lodino: poiché, investigando egli le ingiuste operazioni degli uomini, si è ricordato del sangue de' poveri e de' loro lamenti.

Miserere mei, Domine; vide humilitatem meam de inimicis meis.

Qui exaltas me de portis mortis; ut annuntiem omnes laudationes tuas in portis filiae Sion. Qui Davide si volta a Dio e lo prega dicendo: Signore, abbiate pietà di me: guardate la mia umiltà, cioè l'abbiezione


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a cui mi han ridotto i miei nemici. Voi mi caverete fuori dalle porte (cioè da' pericoli) della morte, acciocché io predichi tutte le lodi di cui siete degno nelle porte di Sionne, figlia, cioè parte di Gerusalemme.

Exultabo in salutari tuo; infixae sunt gentes in interitu quem fecerunt. Io mi rallegrerò nella salute che mi avete donata; poiché i miei nemici son caduti nella fossa di morte che aveano contra di me preparata. In interitu, legge l'ebreo in fovea; ed a ciò corrisponde la parola infixae che significa, come dice Menochio: Queste genti mie nemiche son cadute in una fossa di loto, da cui a chi vi cade è molto difficile il liberarsene.

In laqueo isto quem absconderunt, comprehensus est pes eorum. Sicché il loro piede è stato preso in quel laccio medesimo che di nascosto avean teso per prender me.

Cognoscetur Dominus iudicia faciens; in operibus manuum suarum comprehensus est peccator. Il Signore si farà conoscere per quel gran Dio qual è nell'esercitare sugli empj la giusta vendetta, facendo restar preso il peccatore nelle stesse reti ordite dalle sue mani contra degli altri.

Convertantur peccatores in infernum; omnes gentes quae obliviscuntur Deum. Scrive il Malvenna: Convertantur in infernum; quasi dicat: male peribunt. Menochio vuole che qui per inferno s'intenda propriamente l'inferno, luogo destinato alle pene de' malvagi: Nomen inferni significatur hoc loco poenarum locus; e così anche l'intende Gordone. Onde si spiega il testo così: Quei che in vita si dimenticano di Dio faranno una mala morte e saran mandati all'inferno.

Quoniam non in finem oblivio erit pauperis; patientia pauperum non peribit in finem. Poiché all'incontro finalmente il Signore non si scorderà del povero: la pazienza del povero finalmente non perirà, cioè non resterà senza premio.

Exurge, Domine; non confortetur homo; iudicentur gentes in conspectu tuo. Sorgete, Signore, e dimostrate la vostra potenza; non prevalga l'uomo iniquo; siano giudicate le genti nel vostro cospetto secondo il loro merito.

Constitue, Domine, legislatorem super eos; ut sciant gentes quoniam homines sunt. Date loro, Signore, un legislatore il quale colla severità delle pene li raffreni e domi; acciocché sappiano che sono uomini, cioè deboli e mortali, obbligati ad ubbidirvi.

Ut quid, Domine, recessisti longe? despicis in opportunitatibus, in tribulatione? Perché Signore, vi siete allontanato da me e sembrate disprezzarmi col non consolarmi in tempo opportuno, in cui sono tribolato?

Dum superbit impius, incenditur pauper; comprehenduntur in consiliis quibus cogitant. Mentre l'empio s'insuperbisce, il povero si affligge: ma e l'uno e l'altro s'ingannano ne' loro pensamenti; poiché il superbo invano si gloria della sua temerità, e il povero invano si lagna della sua povertà.

Quoniam laudatur peccator in desideriis animae suae; et iniquus benedicitur. Poiché il peccatore si gloria e si vanta de' suoi iniqui desiderj.

Exacerbavit Dominum peccator; secundum multitudinem irae suae non quaeret. Il peccatore ha sdegnato Dio, e dovendo cercare di riconciliarsi


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col Signore, secondo la moltitudine dell'ira sua (cioè secondo la grandezza della sua superbia) che l'acceca, non quaeret, non cerca di placarlo.

Non est Deus in conspectu eius; inquinatae sunt viae illius in omni tempore. Non vi è Dio avanti gli occhi suoi; e perciò tutte le azioni della sua vita sono sempre imbrattate di colpe.

Auferuntur iudicia tua a facie eius; omnium inimicorum suorum dominabitur. Egli non pensa più, o Signore, ai vostri giudizj, cioè a' vostri precetti ed alle pene che minacciate, e perciò cerca di dominare, cioè d'opprimere, tutti i suoi nemici.

Dixit enim in corde suo: Non movebor a generatione sine malo. Dice intanto l'empio: Io non mai cadrò dal mio felice stato e sarò sempre esente da ogni male.

Cuius os maledictione plenum est et amaritudine et dolo; sub lingua eius labor et dolor. La sua bocca è piena di maledicenza, di amarezza contro il prossimo e di inganni; in modo che la lingua non gli serve se non a recar dolore ed angustia agli altri.

Sedet in insidiis cum divitibus in occultis, ut interficiat innocentem. Si associa coi ricchi e potenti a tramare occulte insidie per mandare in ruina l'innocente.

Oculi eius in pauperem respiciunt; insidiatur in abscondito, quasi leo in spelunca sua. Tiene gli occhi sovra il povero: l'insidia in segreto, a guisa di un lione che sta nascosto nella sua spelonca per divorare chi passa.

Insidiatur, ut rapiat pauperem: rapere pauperem dum attrahit eum. Insidia il povero per rapirlo, cioè per opprimerlo: e lo rapisce quando lo trae nella sua rete.

In laqueo suo humiliabit eum; inclinabit se et cadet cum dominatus fuerit pauperem. Dopo averlo preso nel suo laccio cercherà d'affliggerlo; gli sarà sopra e ne farà quel che vuole, avendolo in suo potere.

Dixit enim in corde suo: Oblitus est Deus, avertit faciem suam ne videat in finem. Poiché disse fra sé: Iddio non ha cura delle sue creature e se ne dimentica dopo averle create e volta la sua faccia per non mai vederle.

Exurge, Domine Deus, et exaltetur manus tua, ne obliviscaris pauperum. Sorgete voi, Signore, e sia esaltata la vostra potenza contra gli empj; né vi dimenticate de' poveri.

Propter quid irritavit impius Deum? Dixit enim in corde suo: Non requiret. Perché mai l'empio provoca Dio a sdegno? Lo provoca perché dice dentro il suo cuore: Iddio non ha cura delle cose umane né se n'impaccia.

Vides quoniam tu laborem et dolorem consideras; ut tradas eos in manus tuas. Signore, voi già guardate e considerate le angustie e le afflizioni de' poveri; sì che a suo tempo fate cadere gli empj nelle vostre mani per punirli.

Tibi derelictus est pauper, orphano tu eris adiutor. Il povero è lasciato alla cura di voi che siete il protettore degli orfani i quali sono destituti di ogni aiuto.

Contere brachium peccatoris et maligni; quaeretur peccatum illius, et non invenietur. Abbattete la potenza del peccatore e dell'iniquo. Quaeretur peccatum illius, et non invenietur. S. Agostino spiega così: Iudicabitur


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de peccato suo, et ipse peribit propter peccatum suum; questa spiegazione par che connetta col seguente verso, peribitis gentes de terra illius; sicché il peccatore sarà giudicato secondo il suo peccato, ed egli più non si troverà, poiché resterà perduto.

Dominus regnabit in aeternum et in saeculum saeculi; peribitis gentes de terra illius. Il Signore regnerà per sempre in tutta l'eternità: e voi, peccatori, sarete esterminati dalla terra a lui consacrata.

Desiderium pauperum exaudivit Dominus; praeparationem cordis eorum audivit auris tua. Il Signore sempre esaudirà il desiderio de' giusti afflitti; anzi voi, o Dio di bontà, ascolterete la preparazione (cioè la disposizione) del loro cuore, che precede alle loro preghiere.

Iudicare pupillo et humili; ut non apponat ultra magnificare se homo super terram. Giudicate, Signore, a favore de' pupilli e degli umili: acciocché gli uomini sulla terra non sieguano a magnificarsi, cioè ad insuperbirsi, contro di voi e contro il prossimo.

Salmo 8. (10. del salterio.)

Questo salmo è un'esortazione a' giusti di confidare in Dio nel tempo delle persecuzioni.

In Domino confido; quomodo dicitis animae meae: Transmigra in montem sicut passer? Questo luogo è difficile, ma si spiega così: Io confido nel Signore; perché mi state a dire: Vanne al monte, come passero, per fuggire le molestie del luogo dove stai? Qui il giusto ributta le suggestioni del demonio che gli dice: Lascia questo luogo a te così molesto e va come passero al monte. I passeri quando temono di esser presi nelle reti degli uccellatori se ne vanno ai monti, come luoghi più sicuri; ma il giusto che confida in Dio non cerca di mutar luogo, sapendo che in ogni luogo vi sono le tentazioni de' nemici ed in ogni luogo vi è il soccorso di Dio per chi in lui confida.

Quoniam ecce peccatores intenderunt arcum, paraverunt sagittas suas in pharetra: ut sagittent in obscuro rectos corde. Poiché gli empj hanno già teso l'arco ed han preparate più saette nella faretra per replicare i colpi contra i giusti in obscuro, cioè nelle tenebre della notte, come spiega il testo greco, per significare che tali colpi difficilmente possono evitarsi.

Quoniam quae perfecisti destruxerunt; iustus autem quid fecit? Signore (dice il Salmista) gli empj han distrutte le leggi che avete fatte, perseguitando i giusti senza che questi ne abbiano data loro causa.

Dominus in templo sancto suo; Dominus in coelo sedes eius.

Oculi eius in pauperem respiciunt; palpebrae eius interrogant filios hominum. Il Signore siede giudice nel suo s. tempio, ch'è il cielo; e di gli occhi suoi riguardano il povero e conoscono tutto quello che vi è, come se interrogando gli uomini sapesse tutto ciò che si è fatto. Così scrive Menochio: Ac si interroganti quid actum sit responderent.

Dominus interrogat iustum et impium; qui autem diligit iniquitatem odit animam suam. Il Signore interroga il giusto e l'empio, cioè conosce il giusto per rimunerarlo, e conosce l'empio per castigarlo; quindi dice il salmista che chi ama l'iniquità odia se stesso, tirando sovra di sé la divina vendetta.


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Pluet super peccatores laqueos; ignis et sulphur et spiritus procellarum pars calicis eorum. Il Signore farà piovere sovra i peccatori in questa vita lacci, con cui resteranno involti in maggiori peccati; e nell'altra vita farà piovere su di essi fuoco, solfo e spirito di tempeste, cioè venti molestissimi, che tutti saranno parte del loro calice, cioè della loro pena eterna; e questo sarà il frutto de' loro peccati.

Quoniam iustus Dominus et iustitias dilexit; aequitatem vidit vultus eius. Poiché il Signore è giusto ed ama la sua giustizia; e secondo questa punisce i malvagi e premia i buoni.

Salmo 9. (11. del salterio.)

Parlasi qui della confidenza che dobbiamo avere nella misericordia di Dio e del timore che dobbiamo sempre in noi conservare della sua giustizia.

Salvum me fac, Domine, quoniam defecit sanctus; quoniam diminutae sunt veritates a filiis hominum. Signore, salvatemi, perché anche quelli che sono stimati santi mancano ne' vostri precetti e si ritrovano bugiardi.

Vana locuti sunt unusquisque ad proximum suum; labia dolosa in corde, et corde locuti sunt. Ciascuno parla vanamente per ingannare il suo prossimo: le loro parole non sono che dolo, poiché ciascuno ha cuore doppio, mentre altro pensa ed altro dice; ciò significano le parole: in corde, et corde locuti sunt.

Disperdat Dominus universa labia dolosa et linguam magniloquam.

Qui il salmista atterrisce questi empj, dicendo che il Signore disperde, manda in ruina queste bocche ingannatrici e queste lingue vanagloriose che si vantano de' meriti che non hanno.

Qui dixerunt: Linguam nostram magnificabimus, labia nostra a nobis sunt; quis noster dominus est? Dicono questi: Noi ingrandiremo le nostre lingue, cioè faremo stimare, faremo valere la nostra lingua; il che si accorda col testo ebreo che legge: Linguae nostrae vires addemus; labia nostra a nobis sunt; abbiamo le nostre bocche le quali ci difendono; quis noster dominus est? chi sarà il signore che c'impedirà di parlare?

Propter miseriam inopum et gemitum pauperum, nunc exurgam, dicit Dominus. Ma il Signore dice: Ora io sorgerò a soccorrere la miseria e le lagrime de' poveri.

Ponam in salutari; fiducialiter agam in eo. Io collocherò il giusto in luogo di salute; e liberamente ciò farò in modo che niuno mi possa resistere.

Eloquia Domini eloquia casta; argentum igne examinatum, probatum terrae, purgatum septuplum. Le parole e promesse del Signore sono caste, cioè pure e sincere, esenti da ogni falsità e dolo; sono come l'argento provato col fuoco nel crogiuolo e sette volte raffinato, sì ch'è depurato dalla terra, cioè dalla scoria, come legge s. Girolamo. Probatum terrae, legge separatum a terra.

Tu, Domine, servabis nos et custodies nos a generatione hac in aeternum. Voi, Signore, ci salverete e custodirete sempre da questa progenie di superbi ed ingannatori.

In circuitu impii ambulant; secundum altitudinem tuam multiplicasti filios hominum. Gli empj circondano i buoni, affine di opprimerli: e voi secondo l'altezza de' vostri giudizj lasciate che questi empj crescano nel numero e nel deliziarsi (l'ebreo,


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epulari fecisti) nei beni di questo secolo.

Salmo 10. (12. del salterio.)

Questo salmo contiene un'orazione che fa il giusto a Dio in tempo di tribolazioni e tentazioni date da' nemici.

Usquequo, Domine, oblivisceris me in finem? usquequo avertis faciem tuam a me? E sino a quando, o Signore, voi vi dimenticherete di me? e mi terrete voltata la vostra faccia?

Quamdiu ponam consilia in anima mea, dolorem in corde meo per diem? E sino a quando starò agitato in consigliarmi fra me stesso per trovar la maniera di liberarmi da' miei nemici, soffrendo frattanto un continuo dolore nel mio cuore?

Usquequo exaltabitur inimicus meus super me? respice et exaudi me, Domine Deus meus. Sino a quando i miei contrarj si rallegreranno in tribolarmi? mio Signore e mio Dio, guardate la mia afflizione ed esaudite le mie preghiere.

Illumina oculos meos ne unquam obdormiam in morte: ne quando dicat inimicus meus: Praevalui adversus eum. Signore, illuminate gli occhi miei, cioè datemi luce, acciocché io non mai mi addormenti nella morte, cioè non consenta alle tentazioni che mi recano la morte dell'anima; sì che un giorno abbia a dire il mio nemico: Io l'ho vinto.

Qui tribulant me exultabunt, si motus fuero; ego autem in misericordia tua speravi. Quei che m'insidiano giubileranno se io cadrò alle loro spinte; ma io ho posta la mia confidenza nella vostra misericordia, e voi non lo permetterete.

Exultabit cor meum in salutari tuo, cantabo Domino, qui bona tribuit mihi; psallam nomini Domini altissimi. Io mi rallegrerò nella salute da voi ricevuta; ringrazierò sempre voi, mio Signore, che mi abbiate soccorso e loderò sempre il nome dell'Altissimo.

Salmo 11. (13. del salterio.)

In questo salmo si deplora la cecità e corruzione degli uomini cattivi, e specialmente degl'infedeli.

Dixit insipiens in corde suo: Non est Deus. Dice l'empio dentro del suo cuore che non vi è Dio. Il testo dice: dixit insipiens, il pazzo: poiché l'infedele che nega Dio non solo è empio, ma privo di ragione; mentre l'esistenza di Dio si fa conoscere da ognuno che ha l'uso di ragione. E dice in corde suo, perché l'empio non ardisce di dirlo agli altri per non esser deriso come stolto.

Corrupti sunt et abominabiles facti sunt in studiis suis; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum. Gli empj dicono che non vi è Dio, perché prima si son corrotti nella volontà e poi nella mente; e si sono rendutiabbominevoli nel secondar le loro passioni che fra essi non vi è pur uno che operi bene.

Dominus de coelo prospexit super filios hominum; ut videat si est intelligens aut requirens Deum.

Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum. Il Signore dal cielo ha mirati questi malvagi, per vedere se alcuno di loro conosca Dio e lo cerchi per ubbidirlo ed amarlo; ma no, perché tutti han deviato dal retto sentiero né sono più buoni a nulla; sicché non vi è tra loro chi faccia il bene.

Sepulchrum patens est guttur eorum: linguis suis dolose agebant; venenum aspidum sub labiis eorum; quorum os maledictione et amaritudine plenum est: veloces pedes eorum ad


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effundendum sanguinem. La loro bocca è come un sepolcro aperto che puzza di corruttela. Le loro lingue sono impiegate ad ingannare, sembrando che tengano sotto la lingua il veleno degli aspidi per infamare ed ingiuriare gli altri. La loro bocca è piena di maledizione e di amaro sdegno, sicché son veloci a spargere il sangue de' loro nemici.

Contritio et infelicitas in viis eorum; et viam pacis non cognoverunt; non est timor Dei ante oculos eorum. Miseri che sono! tutta la loro vita non è che afflizione e mestizia; perché non han voluto conoscere la via per trovar la pace, qual era di avere avanti gli occhi il timor di Dio: ma essi non l'han fatto.

Nonne cognoscent omnes qui operantur iniquitatem; qui devorant plebem meam sicut escam panis? Dunque non conosceranno mai la verità tutti quest'iniqui che opprimono il mio popolo con tanta facilità come mangiano il pane?

Dominum non invocaverunt; illic trepidaverunt timore ubi non est timor. Questa loro ostinazione nasce da non voler invocare il Signore in aiuto, acciocché dia loro il suo santo timore: essi temono, ma temono ove non vi è timore; temono di perdere qualche bene terreno, e non temono di perdere la grazia divina che seco porta ogni bene.

Quoniam Dominus in generatione iusta est; consilium inopis confudistis, quoniam Dominus spes eius est. Poiché il Signore non abbandona i giusti. Miseri voi che avete posti in deriso i poveri pe aver essi riposta la loro speranza in Dio!

Quis dabit ex Sion salutare Israel? cum averterit Dominus captivitatem plebis suae, exultabit Iacob et laetabitur Israel. Voi dite iniqui: Chi verrà da Sionne a dar la salute ad Israelio? ma sappiate che quando il Signore libererà il suo popolo dalla schiavitù, allora esulterà di giubilo Giacobbe e si rallegrerà Israello.

Salmo 12. (14. del salterio.)

In questo salmo si descrive il carattere d'un degno ministro del tabernacolo, e nel tempo medesimo quello d'un predestinato che avrà la sorte di abitare eternamente nella patria del cielo.

Domine, quis habitabit in tebernaculo tuo? aut quis requiescet in monte sancto tuo? Signore, chi sarà degno di abitare nella tua casa e sedere in pace sovra del tuo santo monte del cielo?

Qui ingreditur sine macula et operatur iustitiam. Chi vi entra senza macchia di peccato ed opera da giusto.

Qui loquitur veritatem in corde suo, qui non egit dolum in lingua sua. Quegli che nel suo cuore aderisce alla verità e non adopera la sua lingua per ingannare gli altri.

Nec fecit proximo suo malum et opprobrium, nec accepit adversus proximos suos. Quegli che non fa male al suo prossimo e non orecchio agli obbrobrj che sente dire ai prossimi suoi.

Ad nihilum deductus est in conspectu eius malignus; timentes autem Dominum glorificat. Il maligno negli occhi di costui è affatto disprezzato; mentr'egli onora tutti coloro che temono il Signore.

Qui iurat proximo suo et non decipit; qui pecuniam suam non dedit ad usuram et munera super innocentem non accepit. Quegli che promette con giuramento al suo prossimo e non l'inganna; quegli che non il suo danaro ad usura e non riceve regali per offendere gl'innocenti.


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Qui facit haec non movebitur in aeternum. Chi fa queste cose abiterà sicuro in cielo eternamente.




1 Hebr. 3. 10.



1 S. Girolamo traduce la parola pestilentiae in derisorum, che propriamente significa la parola ebrea derisori o sieno impostori che insegnano falsità. I settanta interpreti spiegarono: in cathedra pestium, cioè pestilente; il che in somma si riduce allo stesso significato ebreo, poiché gli empj (quali sono gli atei e gli eretici), come spiegano s. Atanasio, s. Agostino e s. Basilio, sono la peste del mondo per le false e perniciose dottrine che insegnano.



2 S. Agostino spiega che non risorgeranno per esser giudicati, mentre sono già condannati: Non resurgent ut iudicentur, quia iam poenis destinati sunt. Qui si avverta che la parola non resurgent non significa che gli empj non risorgeranno nel giudizio finale; poiché si legge in s. Matteo c. 15. che tutti gli uomini, giusti e peccatori, avranno allora da risorgere, e più distintamente l'esprime s. Paolo: Omnes... stabimus ante tribunal Christi (Rom. 14. 10.) Ma lo stesso apostolo spiega poi come s'intenda il non resurgent del salmo; egli scrive così: Omnes quidem resurgemus, sed non omnes immutabimur (1. Cor. 15. 31.). E vuol dire che tutti gli uomini risorgeranno, ma non tutti avranno la sorte d'avere un corpo spirituale e celeste come l'otterranno i giusti, secondo antecedentemente nel verso 44. avea scritto: Seminatur corpus animale, surget corpus spiritale. E nel verso 49. avea soggiunto: Igitur sicut portavimus imaginem terreni, portemus et imaginem coelestis. E così ben si spiega la parola non resurgent col testo ebraico, che in vece di non resurgent dice non stabunt ossia non consistent, giusta la traduzione caldaica. Sicché le parole non resurgent impii in iudicio neque peccatores in concilio iustorum ora facilmente s'intendono con dire che gli empj, come polvere o paglia minuta, saranno dispersi dal vento e separati da' giusti che sono il frumento, secondo quel che scrive s. Matteo: Exibunt angeli et separabunt malos de medio iustorum (13. 49.).



1 Sap. 12. 18.



2 Di questo testo vi sono tre sensi letterali intenti dallo Spirito santo, come ben riflettono Bellarmino e Menochio. Il primo è della generazione eterna di Gesù Cristo come Verbo e Figlio eterno di Dio, secondo scrive s. Paolo: Tanto melior angelis effectus, quanto differentius prae illis nomen haereditavit. Cui enim dixit angelorum: Filius meus es tu, ego hodie genui te? Onde rettamente dice s. Agostino che questo passo s'intende letteralmente della generazione eterna, per cui fu il Verbo ab eterno generato dal Padre; a differenza degli angeli che sono ministri di Dio creati nel tempo. Si dice hodie genui te, perché l'eternità è una durazione presente che non ha principiofine, siccome ben lo spiega s. Agostino in questo salmo: In aeternitate nec praeteritum quicquam est nec futurum, sed praesens tantum; quia quod aeternum est semper est. Dice mons. Bossuet che difficilmente ne' salmi si troverà un luogo dove Cristo più espressamente che in questo si asserisca per vero Figlio di Dio. Il secondo senso letterale è della risurrezione di Gesù Cristo, come si ha dagli Atti apostolici (13. 32. et 33.), dove si legge: Et nos vobis annuntiamus eam quae ad patres nostros repromissio facta est... Resuscitans Iesum, sicut et in psalmo secundo scriptum est Filius meus es tu, ego hodie genui te. In fatti la risurrezione è una certa rigenerazione, secondo quel che si legge in s. Matteo (19. 28.): In regeneratione, cum sederit Filius hominis. Il terzo senso anche letterale è della generazione di Cristo temporale secondo la carne, come vuole s. Cipriano (L. 7. contra iudaeos c. 8.), e S. Fulgenzio (contra arian. resp. 3.). E ciò ben si conferma da quel che dice l'apostolo (Hebr. 5. 5.): Sic et Christus non semetipsum clarificavit, ut pontifex fieret, sed qui locutus est ad eum: Filius meus es tu, ego hodie genui te. La chiesa pertanto nell'introito della prima messa nella notte di Natale appropria le citate parole del salmo al mistero della nascita. Si aggiunge che i s. padri intendono le parole d'Isaia (53. 8.): Generationem eius quis enarrabit? non solo della generazione divina, ma anche dell'umana di Gesù Cristo.



3 28. 18.



1 In Ps. 1.



1 Alcuni spiegano questo verso non secondo la volgata che ha seguito la versione de' settanta, ma secondo il testo ebreo, ove in vece di perfecisti laudem si legge fundasti fortitudinem. Ma checchessia di ciò, noi l'abbiamo spiegato così: Sino i fanciulli che succiano il latte appieno vi lodano e confondono i vostri nemici. Né dobbiamo noi partirci da questa interpretazione ch'è secondo la volgata, mentre Gesù Cristo medesimo l'autenticò, allorché essendo egli entrato in Gerusalemme, come scrive s. Matteo (21. 15.): Pueri clamabant: Hosanna Filio David! e mormorando i farisei di questa lode data al Salvatore, egli disse loro: Utique nunquam legistis quia ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem? e non già fundasti fortitudinem. Giustamente dice il nostro d. Saverio Mattei che in tutti quei passi del salterio e di tutto il testamento vecchio che son citati nel testamento nuovo secondo la versione de' settanta questa debba aversi per la vera ed incontrastabile, e il testo ebreo che ne discordasse debba emendarsi secondo la versione de' settanta; e soggiunge essere un'audacia l'interpretarla in senso diverso da quello che l'intese il nuovo testamento, eccettuati solo quei luoghi speciali che la chiesa diversamente ha spiegato secondo il testo ebraico, il quale possa interpretarsi in sensi letterali diversi.






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