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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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CAPO III - La religiosa dee esser tutta di Dio.

1. Riferisce Plutarco (Quaest. Rom. 49) che in Roma, allorché la sposa giungeva in casa dello sposo, doveva dirgli queste parole: Ubi tu Caius, ego Caia. Il che significava: Dove sarai tu, sposo mio, colla tua volontà, ivi sarò ancor io colla mia.1 Or questo appunto è quel che Gesù Cristo dimanda da ogni vergine sua sposa: Praebe... cor tuum mihi (Prov. XXIII, 26): Figlia e sposa mia, quel che voglio da te è che mi doni il tuo cuore, cioè la tua volontà. - Quando Dio creò i nostri progenitori Adamo ed Eva, dice l'Ecclesiastico: Posuit oculum suum super corda illorum (Eccli. XVII, 7). Non pose gli occhi sopra le mani, ma su de' loro cuori; perché tutte le opere esterne, se non procedono dal cuore e sono scompagnate dall'affetto interno, niente vagliano davanti a Dio. Tutta la gloria d'una sposa è d'esser tutta unita coll'interno, cioè col cuore, al Cuore di Dio: Omnis gloria eius ab intus (Psal. XLIV).2 Ciò fa che una religiosa sia tutta di Dio.

2. Dice S. Bernardo che Iddio come nostro sovrano esige timore, come padre esige rispetto, ma come sposo non vuole altro che amore: Exigit Deus timeri ut dominus, honorari ut pater, ut sponsus amari (Serm. 83, in Cant.).3 Quindi è che


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Gesù Cristo ogni altro difetto sopporta più volentieri in una vergine sua sposa, che il difetto d'amore; cioè s'ella nudrisce nel cuore qualche affetto ad altri fuori di lui. A tal fine vuole che la religiosa nel consagrarsi per sua sposa, in far la professione, riceva il sagro velo, ed allora il prelato gli dica: Accipe velum, ut nullum amatorem praeter eum admittas:4 Ricevi questo velo, acciocché da ogg'innanzi non guardi più le creature, e discacci dal cuore ogni affetto che non è per Dio. Per lo stesso fine vuole la Chiesa che la monaca si muti il nome, acciocché si dimentichi del mondo, e si stimi come morta a tutte le cose del mondo, e quindi dica col cuore quel che già proferisce colla bocca: Regnum mundi et omnem ornatum saeculi contempsi propter amorem Domini mei Iesu Christi, quem vidi, quem amavi, in quem credidi, quem dilexi:5 Io ho disprezzato il mondo e tutte le sue pompe per amore di Gesù mio sposo, al quale, dopo averlo conosciuto per l'oggetto fra tutti il più degno e 'l più amabile, ho donato tutto il mio amore. Discede a me, pabulum mortis, quia ab alio amatore praeventa sum, così colla vergine S. Agnese dee dire ogni religiosa.6 Allorché qualche oggetto della terra pretende di entrar nel suo cuore a prendersi parte di quell'affetto ch'ella ha consagrato intieramente al suo sposo divino: Parti da me, dee dirgli, affetto malvagio che vuoi avvelenarmi il cuore per ridurmi alla morte; parti, giacche altro amante più nobile, più fedele e più grato di te è stato il primo ad amarmi, e s'ha preso tutto il mio cuore. Tu sei creatura vile e misera, ed io sono sposata a quel Signore ch'è il re del cielo e della terra: Ipsi desponsata sum cui angeli serviunt.7


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3. Il nostro cuore non può vivere senza amore, o ama Dio o ama le creature: se non ama le creature, certamente amerà Dio; perciò lo Spirito Santo ci esorta a metter tutta la cura a conservare il nostro cuore libero da tutti gli affetti che non sono per Dio: Omni custodia serva cor tuum, quia ex ipso vita procedit (Prov. IV, 23). Sempreché il cuore amerà Dio, avrà vita; ma se collocherà il suo amore nelle creature, ivi troverà la morte. Per farsi dunque santa un'anima bisogna che discacci dal cuore ogni cosa che non è Dio. - I Padri antichi dell'eremo, allorché veniva alcuno per esser ricevuto nella loro compagnia, questa era la dimanda che gli faceano: Affersne cor vacuum, ut possit illud Spiritus Sanctus implere?8 E con ragione, perché quel cuore in cui v'è terra non può esser ripieno dell'amor divino. Colui che porta alla fonte un vaso pieno d'arena, per quanto si affaticherà, non potrà mai riempirlo d'acqua, se prima non ne cava la terra. Oh Dio, e perché mai tante religiose vanno all'orazione, alla comunione, e poco ne riportano d'aumento d'amore divino? Perché vi vanno coi cuori pieni di terra, cioè d'affetti verso la stima propria, verso le vanità, verso la propria volontà, verso i parenti o altra creatura; se non ne tolgono la terra, non potrà mai entrarvi l'amore verso Dio. Datemi un'anima che non ami cosa alcuna di questo mondo, che certamente ella sarà piena di amor divino. Bisogna pertanto pregar sempre, come pregava Davide: Cor mundum crea in me, Deus (Psal. L, 12): Signore, datemi un cuore che sia vuoto d'affetto verso tutti gli oggetti che sono fuori di voi. Vae duplici corde! dice Dio


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(Eccli. II, 14). Guai, spiega S. Agostino, a chi del suo cuore, ch'è uno, ne fa due, e lo divide con darne parte a Dio e parte al demonio: Vae duplici corde, qui de suo partem faciunt Deo, partem diabolo! (S. Aug., De Subst. dilect. num. 4). Poiché, soggiunge il santo, Iddio giustamente si sdegna con chi lo tratta di pari col suo nemico; e perciò egli si partirà dal di lui cuore, e lo lascerà a posseder tutto dal demonio: Iratus Deus, quia fit sibi pars cum diabolo, discedit, et totum diabolus possidet.9 Almeno, conclude lo stesso santo dottore, non può esser tutta di Dio quell'anima che ama qualche cosa fuori di Dio; quanto più amerà quella cosa, tanto meno amerà Dio: Minus te amat qui tecum aliquid aliud amat.10

4. In somma ogni picciolo attacco alle creature impedisce che l'anima sia tutta di Dio. S. Teresa sin tanto che nudriva nel cuore un certo picciolo affetto disordinato, ma non già impuro, verso d'un suo parente, non era tutta di Dio;11 ma


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quando poi si staccò da tutti gli affetti alle creature e consagrò il suo cuore intieramente all'amor verso Dio, allora meritò di sentire dal Signore che le dicesse: Teresa, ora tu sei tutta mia, ed io son tutto tuo.12 Diceva il B. Giuseppe Calasanzio che niente a Gesù Cristo chi non gli dona per intiero il suo cuore.13 E giustamente ciò dicea, mentre il nostro cuore è troppo picciolo per amare un Dio che merita un amore infinito; e poi vi sarà chi vorrà dividere questo cuorepicciolo, con darne parte a Dio e parte alle creature? No, esclamava il B. Egidio, dicendo: Una uni;14 quest'una anima, quest'uno cuore che abbiamo è dovere che lo diamo non diviso, ma intiero, a quell'uno che merita tutto il nostro amore e che tanto ha fatto e patito per obbligarci ad amarlo. Non bisognava certamente, scrive il P. Nieremberg, che Gesù Cristo facesse tanta spesa per salvarci; bastava ch'egli spendesse una sola goccia di sangue, una lagrima, una semplice preghiera: questa ben era sufficiente a salvare tutto il mondo ed infiniti mondi; ma lo sposo divino ha voluto spendere tutto il sangue e la vita non solo per salvarci, ma ancora per essere amato da noi con tutto il cuore.15 Poteva ben anche mandare un angelo a redimerci dal peccato; ma no, dice Ugone di S. Vittore, acciocché tu non dividessi il tuo amore tra lui tuo Creatore e l'angelo redentore, ha voluto essere insieme tuo Creatore e tuo Redentore: Ne amorem divideres, tibi factus est Creator et Redemptor (In lib. Sent.).16


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5. Il Signore da tutti vuol'esser amato con tutto il cuore; a ciascuno intima il precetto: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo (Matth. XXII, 37). Ma specialmente quest'amoroso precetto l'intima alle sue spose. Il Ven. P. Gio. Giuseppe della Croce alcantarino ad uno de' suoi frati, che diceva essersi fatto religioso per salvarsi l'anima: No, figlio, rispose, non dici bene: «Per salvarmi l'anima»; di meglio: «Per farmi santo»: questo dee essere il fine del religioso, di amare Dio in grado altissimo.17 - Oh Dio, e se una religiosa non ama Gesù Cristo con tutto il cuore, chi sarà che dovrà meglio amarlo d'una religiosa? Quante scelte ha dovuto fare il Signore per farvi sua sposa nella religione! Prima ha dovuto scegliervi da mezzo al numero innumerabile delle creature possibili. Indi ha dovuto scegliervi da tanti altri che nascono tra gl'infedeli e tra gli eretici, rendendovi figlia della santa Chiesa sin dalla vostra nascita per mezzo del santo battesimo. Indi ha dovuto scegliervi tra tante secolari che vivono in mezzo al mondo, cioè in mezzo a tanti pericoli ed occasioni di perdere la salute eterna, ed a tal fine si è degnato di favorirvi con tanti lumi, chiamate e grazie speciali, per ridurvi ad esser religiosa. Or se voi non amerete il vostro Dio con tutto il cuore e non sarete tutta sua, chi mai lo sarà? Haec est generatio quaerentium Dominum (Psal. XXIII, 6).18


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In vedere quelle vergini, che, nate di sangue nobile, co' beni di fortuna, sicché potendo meglio delle altre godere delle delizie mondane, hanno lasciato tutto e si son chiuse in un monastero a viver poveramente, che altro mai può pensarsi e dirsi, se non che Haec est generatio quaerentium Dominum, queste son di quel genere di persone che non cercano altro che Dio?

6. Bisogna dunque, dice S. Bernardo, giacché Dio vi ha chiamata ad essere sua sposa, che non pensiate ad amare altro che Dio: Nihil tibi et mundo; obliviscere omnium. Soli omnium serves te ipsam, quem ex omnibus tibi elegisti (S. Bern., Serm. 40, in Cantic.).19 Or che ti sei consagrata a Gesù Cristo, che hai più che fare col mondo? Scordati di tutto, e procura di conservare il tuo cuore intiero a quel solo Signore che t'hai scelto tra tutti gli oggetti ad amare. Dissi: il tuo cuore intiero, mentre Gesù vuole che la sua sposa sia orto chiuso e fonte suggellato: Hortus conclusus, fons signatus, soror mea sponsa (Cant. IV, 12).20 Orto chiuso, che non ammetta altro che lo sposo divino ad abitar coll'affetto nel suo cuore: Hortus conclusus, qui neminem nisi dilectum admittit (Gilibert., Serm. 35 in Cant.).21 Fonte suggellato, mentre questo sposo è geloso, e non vuole che nel cuore d'una sua sposa v'entri altro amore che 'l suo; perciò l'impone: Pone me ut signaculum super cor tuum, ut signaculum super brachium tuum, quia fortis est ut mors dilectio (Cant. VIII, 6). Io voglio, le dice, che mi collochi come suggello sopra il tuo cuore e sopra il tuo braccio, affinché non ami altri che me,


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e non operi alcuna azione per altro fine che per piacer a me. Così appunto spiega S. Gregorio: Super cor et super brachium sponsae dilectus ut signaculum ponitur, quia in sancta anima quantum ab ea diligatur, et voluntate et actione designatur:22 Il diletto si mette come suggello sul cuore e sul braccio della sposa, perché l'anima santa e colla volontà e coll'opere a conoscere quanto ami il suo sposo. Eh che l'amore, quando è forte, ben sa discacciare dall'anima ogni altro affetto che non è per Dio: Quia fortis est ut mors dilectio. Siccome non v'è potenza creata che resista alla morte, allorché arriva il tempo determinato alla sua venuta, così non v'è impedimento e difficoltà che non resti vinta dall'amor divino, quando egli possiede un cuore. Si dederit homo omnem substantiam domus suae pro dilectione, quasi nihil despiciet eam (Cant. VIII, 7). Un cuore amante di Dio disprezza tutto quel che gli offerisce e gli può dare il mondo; disprezza in somma tutto ciò che non è Dio. Quando la casa va a fuoco, dice S. Francesco di Sales, si gittano tutte le robe dalla finestra;23 e vuol dire che quando un'anima arde di divino amore, non ha bisogno ella di prediche né di lezioni spirituali o di consigli del direttore; ma da se stessa si spoglia di tutti i beni creati, per non possedere e non amare altro che l'unico suo bene ch'è Dio.

7. Forse, sorella mia, non merita tanto amore il vostro sposo Gesù, dopo che ha data la vita per voi sulla croce e vi ha donato tante volte se stesso nella santa comunione? ed inoltre vi ha arricchita di tante grazie speciali non fatte ad altre? Pensate, dice S. Gio. Grisostomo, ch'egli v'ha dato tutto se stesso e niente si ha riserbato: Totum tibi dedit, nihil sibi


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retinuit.24 Ciò era quello che maggiormente infiammava S. Bernardo ad amare il suo Dio, dicendo: Totus mihi datus, totus in meos usus expensus:25 Il mio Signore si è dato tutto a me e si è consumato tutto per mio amore; è ragione dunque ch'io mi consumi tutto per amor suo. Dilectus meus mihi et ego illi (Cant. II, 16): Il mio amato si è donato tutto a me, è giusto ch'io mi doni tutto a lui. Dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi che la religiosa, essendo chiamata ad esser la sposa del Crocifisso, in tutta la sua vita ed in tutte le sue azioni non dee altro rimirare che Gesù crocifisso, e non occuparsi in altro che nel considerare l'amore che le ha portato questo divino sposo.26 Egli, allorché stava per compire l'opra dell'umana


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Redenzione, disse: Nunc princeps huius mundi eiicietur foras (Io. XII, 31). Parlando S. Agostino di questo passo, scrive: Che forse Gesù intendeva di dire che 'l demonio uscir dovea, dopo la sua morte, fuori del mondo? Non ita, sed extra corda credentium (Tract. 4, in Evan. Io.):27 Non già, ma intendea che dovea uscire fuori de' cuori di tutt'i fedeli. Ma se Gesù Cristo è morto per tutti, specialmente è morto per le vergini sue spose. Se dunque un Dio si è dato tutto a voi senza riserba, sarebbe troppo grande la vostra ingratitudine, se voi ripugnaste di dargli tutto il vostro cuore, e andaste riserbata in amarlo. Ditegli dunque sovente: Voi, Gesù mio, vi siete dato a me senza riserba; mi avete dato tutto il vostro sangue, tutt'i vostri sudori, tutt'i vostri meriti, in somma non vi è restato più che darmi; io mi dono tutta a voi, vi dono tutt'i beni che posso sperare dalla terra; vi dono tutte le mie soddisfazioni; vi dono il mio corpo, l'anima mia, la mia volontà, la mia libertà: non ho più che darvi; se più avessi, più vi darei. Rinunzio a tutto che può darmi il mondo, e mi dichiaro che voi solo mi bastate. Oh che bel baratto, dicea S. Teresa, dare a Dio l'amor nostro e ricevere l'amor suo!28 Ma all'incontro avvertiva la santa così: Perché non finiamo di dare intieramente a Dio il nostro affetto, ne anche ci vien dato tutto il tesoro dell'amor suo.29


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8. Una sposa di Gesù Cristo non dee cantare altro cantico che quel cantico nuovo di cui parla Davide: Cantate Domino canticum novum (Ps. XCV, 1). Dice S. Agostino: Quid habet canticum novum, nisi amorem novum? (Serm. 336, de temp.):30 Che cosa significa tal cantico nuovo, se non un nuovo amore? Le canzoni vecchie sono gli affetti alle creature ed a noi stessi, che sin dalla nascita portiamo con noi, per l'inclinazione al male che in noi cagionò il maledetto peccato, siccome ne avvisa lo Spirito Santo: Sensus enim et cogitatio humani cordis [in malum] prona sunt ab adolescentia sua (Gen. VIII, 21). La canzona nuova all'incontro è l'amore del nostro cuore che consagriamo a Dio. Siegue pertanto ad esortarci S. Agostino: Vox huius cantoris fervor est sancti amoris; ipsum amemus propter ipsum:31 La voce del nostro cuore con cui lodar dobbiamo il nostro Dio, dee esser il fervore del santo amore, amandolo, perché merita d'esser amato, e discacciando dal cuore ogni cosa che non è Dio. Gesù, questo sposo crocifisso, vuol le sue spose crocifisse a tutte le cose di questo mondo. E quando il mondo ci mette avanti gli occhi le sue pompe e le sue delizie, dobbiamo alzar la voce con S. Paolino e dire: Habeant sibi divitias suas divites, regna sua reges; nobis Christus regnum et gloria est:32 Che si godano pure i ricchi i loro beni, i regi i loro regni; il nostro regno e gloria sia solo Gesù Cristo, cui amare importa più che possedere il dominio di tutta la terra. La sposa di Gesù Cristo non dee desiderare altro


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che amore; non d'altro dee vivere che d'amore; non altro cercare che sempre più crescere nell'amore: dee continuamente andar languendo d'amore per lo coro, per la cella, per lo dormitorio, per lo giardino e per ogni luogo: dee esser così grande l'ardor del suo amore che ne spanda le fiamme non solo per lo monastero, ma anche di fuori. A questo amore l'esorta e l'invita col suo esempio il diletto suo sposo.- Oh beata quella religiosa, che può dire con verità quel che dicea S. Francesco: Deus meus et omnia! Mio Dio, dopo che voi mi avete obbligata con tante finezze amorose, come potrò mai andar cercando beni di terra, avendo trovato voi, che siete ogni bene? Deus meus et omnia.33 Che onori! che ricchezze! che piaceri! Voi siete il mio onore, la mia ricchezza, la mia delizia, voi mi siete ogni cosa. Quid... mihi est in caelo et a te quid volui super terram?... Deus cordis mei et pars mea Deus in aeternum (Psal. LXXII, 26): E chi mai posso trovare né in cielo né in terra più degno d'amore, e che più m'ha obbligata ad amarlo, fuori di voi? Voi solo dunque è ragione che siate l'unico Signor del mio cuore; voi solo dovete in esso regnare e dominarlo, ed il mio cuore solo al vostro amore dee ubbidire, eseguendo tutto ciò che a voi piace. Inveni quem diligit anima mea; tenui eum nec dimittam (Cant. III, 4): Sì che ho ritrovato chi ama l'anima mia e chi solo può contentarmi. Venga tutto il mondo co' suoi piaceri, venga l'inferno con tutte le sue forze per separarmi da voi: no che mai vi lascerò, Gesù sposo mio: Tenui eum nec dimittam. Voglio tenervi sempre stretto col mio amore, né vi lascerò mai partire da me; voglio vivere e morire sempre unita e tutta unita con voi.

9. Per giungere alla perfezione e per godere la vera pace di coscienza, bisogna morire al mondo ed a noi stessi: Beati mortui qui in Domino moriuntur (Apoc. XIV, 13). Ma non si può morire senza dolore, onde per morire al mondo e distaccarsi da' suoi beni, bisogna farsi animo a patire. Perciò il regno de' cieli nelle divine Scritture ora è paragonato ad un tesoro, per cui acquistare è necessario vender tutto: ora ad


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una città, dove per entrare vi bisogna fatica e diligenza, perché la porta è stretta: ora ad un palagio, dove le pietre, che sono le anime che lo compongono, debbono esser lavorate a colpi di scarpello: ora ad un convito, dove per entrare bisogna lasciare tutti gli altri affari: ora ad un pallio, per cui guadagnare è necessario correre sino alla fine: ora finalmente ad una corona, per ottener la quale bisogna combattere e vincere. In somma per morire al mondo, bisogna far morire in noi l'amor proprio. Dice S. Agostino che quanto manca l'amor proprio, tanto cresce l'amor divino: la morte dell'amor proprio è la perfezione della carità: Nutrimentum caritatis est diminutio cupiditatis; perfectio, nulla cupiditas (Lib. LXXXIII q., qu. 36).34 La carità non si misura colla tenerezza, ma colla fortezza. L'amore ardente, dice lo stesso santo, vince ogni cosa, aspra che sia: Nihil tam durum quod non amoris igne vincatur (S. Aug., in Io. tract. XLVIII, 3).35 Ed in altro luogo scrive: In eo quod amatur, aut non laboratur, aut ipse labor amatur (De bono viduit. c. 21):36 Un'anima che ama Dio, o non patisce, allorché patisce per Dio, o se patisce, ben ella ama lo stesso patire. Scrive il medesimo santo dottore nelle sue Confessioni che quando egli si diede a Dio, la stessa privazione de' piaceri terreni gli si rendette amabile; e dove prima temea di perderli, appresso godea d'averli lasciati: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum! et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat (Lib. IX Confess. c. 1).37 Ad una religiosa che ha posto


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tutto il suo amore in Dio, tutto riesce facile, la povertà, l'ubbidienza, la mortificazione e tutte l'altre cose; ma ad un'altra che non si contenta di Dio solo, tutto riesce insopportabile.

10. È vero che quanto facciamo di bene, tutto viene da Dio, e senza la sua grazia non possiamo dire neppur Gesù, come dice l'Apostolo;38 ma ciò non ostante vuole il Signore che anche noi ci mettiamo la nostra parte, e cooperiamo all'acquisto della nostra eterna salute. Molte anime vorrebbero farsi sante, ma vorrebbero che tutto facesse Iddio e le rendesse sante senza alcun loro scomodo e fatica. Ma ciò non può essere; la divina legge si chiama giogo portato a due, per significare che per osservarla bisogna che Dio ci aiuti da una parte e noi ci aiutiamo dall'altra, e qualche volta bisogna che, per portare questo giogo ed acquistarci il cielo, ci facciamo violenza: Regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud (Matth. XI, 12). E S. Paolo dice che non riceverà la corona chi non combatterà quanto bisogna per vincere i nemici della nostra salute.39 Pertanto, o sposa benedetta del Signore, ti dico coll'apostolo S. Giovanni: Tene quod habes, ut nemo accipiat coronam tuam (Apoc. III, 11): Giacché Gesù Cristo ti ha fatta sua sposa, procura di tener forte e di non farti da' nemici toglier quella corona eterna di regina che ti apparecchia nel cielo, col renderti simile al tuo sposo, giacché tutt'i predestinati hanno da trovarsi a lui conformi: Quos praescivit et praedestinavit, conformes fieri imaginis Filii sui (Rom. VIII, 29). Egli va innanzi coronato di spine, carico di croce, lacerato e vilipeso, ed in tale stato invita chi vuol seguirlo a negare se stesso: Qui vult venire post me, abneget semet ipsum (Matth. XVI, 24).40 Egli va a morire per voi; bisogna


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che ancora voi vi sagrifichiate alla morte per amor suo, e diciate coll'innamorato S. Francesco: O bone Iesu, moriar amore amoris tui, qui amore amoris mei dignatus es mori:41 O buon Gesù, è giusto ch'io muoia per amore del vostro amore, giacché voi siete morto per amore dell'amore che mi avete portato. Sì, dice l'Apostolo, è ragione che moriate a voi stessi, e viviate solo a quel Dio che per voi è morto: Qui vivunt, iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est (II Cor. V, 15). È vero che siete debole per eseguire tutto ciò, ma la divina virtù v'aiuterà, se confidate nella bontà del vostro sposo. Quando il demonio vi molesta e vuol farvi diffidare, con dirvi: Ma come potrai durar questa vita così mortificata, negando sempre te stessa e tutte le proprie soddisfazioni? rispondetegli con S. Paolo: Omnia possum in eo qui me confortat (Philip. IV, 13): Io non ho forza di far niente; ma quel Signore che mi ha eletta per sua e mi ha chiamata al suo amore, egli mi darà vigore a far tutto ciò che da me vuole. Dice S. Teresa: Se il difetto non viene da noi, non abbiamo paura che resti da Dio il darci aiuto per farci santi.42 Oh Dio, e se non si fa santa una religiosa, chi dee farsi santo! Non lasciate pertanto di spesso offerirvi a Dio con volontà risoluta di compiacerlo in tutto, e di pregarlo sempre che vi assista colla sua grazia. Egli ha promesso di concedere quanto gli si domanda con confidenza: Omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis et evenient vobis (Marc. XI, 24).

11. Che timore dunque avete? fatevi coraggio. Iddio già vi ha tolta da mezzo al mondo, v'ha liberata da' suoi lacci, v'ha chiamata al suo amore e già v'apparecchia mille grazie ed aiuti, se voi gli siete fedele. Voi già avete lasciato il secolo: avete fatto il più; vi dirò quel che dicea S. Teresa


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alle sue figlie: Il meno vi resta da fare per farvi santa.43 Presto, risolvetevi di spezzarla affatto col mondo. E che? forse dopo aver lasciato il mondo, dopo aver rinunziato a' beni che il mondo vi offeriva, dopo esservi privata della vostra libertà, chiudendovi tra quattro mura per sempre, forse per misere soddisfazioni o capricci, volete mettervi a rischio di perder tutto, l'anima, il paradiso e Dio? e da sposa del Re celeste diventare infelice schiava di Lucifero, che vi renderà infelice in questa vita e più infelice nell'altra? Presto, replico, risolvetevi, e tremate che queste parole che leggete non sieno l'ultima chiamata che vi fa il Signore. Non resistete più alla divina voce. Chi sa se voi resistendo in questo punto, in questo medesimo punto non vi abbandoni Dio? Risoluzione, risoluzione. D'anime risolute, dicea S. Teresa, ha timore il demonio.44 Fatevi animo: molte anime, dice S. Bernardo, non si fanno sante, per non farsi animo.45 Fatevi animo e confidate in Dio. Volontà risoluta vince tutto. Oh beata voi, se


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ubbidendo alla divina voce che vi chiama, col donarvi tutta a Gesù Cristo, poteste in morte ringraziarlo e dirgli quel che gli dicea la gloriosa vergine S. Agata in fine della sua vita: Domine, qui abstulisti a me amorem saeculi, accipe animam meam!46 O mio Dio che mi avete liberata dall'amore al mondo, acciocché io collocassi in voi tutti gli affetti miei, ricevete ora l'anima mia, affinch'io venga nel vostro regno ad amarvi con tutte le forze, senza timore di potermi più separare da voi, immenso ed infinito bene.

12. Oh imitassero tutte le religiose l'esempio della Ven. Suor Francesca Farnese, la quale, menando prima vita imperfetta, un giorno a caso si abbatté a leggere il martirio de' Santi Francescani nel Giappone; ond'ella poi compunta cominciò a dire: «E noi, sorelle, che faremo? Abbiamo abbandonata la casa, i parenti e le comodità, e poi ci avremo a dannare tra quattro mura, per tenere attaccato il cuore alle cose del mondo che non possediamo?» Ed indi risolse di finirla col mondo e darsi tutta a Dio, come poi eseguì, con istituire quella mirabile riforma di cui ella fu la direttrice.47 Gran


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cosa, dice S. Girolamo, tutti gli uomini cercano di perfezionarsi nelle loro scienze, e poi nella scienza de' santi tanti si contentano di aver solo cominciato: In omnibus mundi studiis non satiantur homines, et in virtutum studio tantum coepisse sufficiet? (S. Hier., ad Demetriad.).48 Ogni cristiano è obbligato di tendere alla perfezione: Christianum cum dico, perfectum dico, scrive S. Ambrogio (Serm. XII, in Ps. 118).49 E tal obbligo nasce dal precetto che tutti abbiamo di amare Dio con tutte le nostre forze. Oltreché, essendo noi tenuti a conservarci in grazia di Dio, siam tenuti ancora a sempre perfezionarci nel divino amore; poiché nella via del Signore è certo che chi non si avanza, va indietro e si mette in pericolo di cadere in peccato. Or se ciò corre per tutti i cristiani, maggiormente corre per li religiosi, che hanno maggior obbligo di camminare alla perfezione, così per le maggiori grazie ed aiuti divini ch'essi hanno per farsi santi, come anche per ragion de' voti e delle regole della religione che han promesso di osservare.

13. Ma per tendere come si dee alla perfezione, non basta averne qualche semplice desiderio, ed inefficace; bisogna affaticarsi e prendere risolutamente i mezzi per giungervi. Non è necessario già a tal fine imprendere cose molto straordinarie ed eccedenti; basta con diligenza ed attenzione fare gli esercizi ordinari, e con fedeltà osservare le regole e praticar le virtù cristiane. È vero nonperò che ad una religiosa che vuol farsi santa, non basterà quel poco che comanda la regola


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comune; la regola si accomoda anche all'anime deboli: onde bisogna coll'ubbidienza del direttore aggiungervi altre opere di orazione, di carità, di mortificazioni e simili. Dice S. Bernardo: Perfectum non potest esse nisi singulare.50 Quella religiosa che non vuol far niente di più di quello che fanno l'altre comunemente, non potrà mai arrivare ad alcun alto grado di perfezione. Bisogna dunque che vi facciate violenza, e con animo grande intraprendiate i mezzi per la vostra perfezione.

14. I mezzi principali son questi:

1. Abbiate un desiderio ardente di farvi santa.

2. Abbiate gran confidenza in Gesù Cristo e nella sua divina Madre.

3. Fuggite qualunque peccato o difetto pienamente volontario; ma dopo i difetti commessi non vi perdete d'animo, pentitevi e ripigliate la carriera.

4. Troncate ogni attacco alle creature ed alla volontà e stima propria.

5. Procurate di resistere sempre alle vostre inclinazioni.

6. Osservate le vostre regole con fedeltà, per minime ch'elle sieno.

7. Fate i vostri esercizi ordinari colla maggior perfezione che potete.

8. Procurate coll'ubbidienza del direttore di comunicarvi spesso, di far molta orazione mentale, e tutte quelle mortificazioni corporali ch'egli vi concede.

9. Preferite sempre quell'azione, che vedete esser più cara a Dio e più contraria all'amor proprio.

10. Abbracciate con allegrezza dalle mani di Dio tutte le contrarietà che vi accadono.

11. Amate e beneficate chi vi perseguita.


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12. Procurate d'impiegare per Dio ogni momento di tempo.

13. Offerite quanto fate a Dio, unito coi meriti di Gesù Cristo.

14. Specialmente offerite sempre voi stessa al Signore, acciocché faccia di voi e delle vostre cose tutto quel che gli piace.

15. Protestatevi sempre con Dio che altro non volete che il suo gusto e 'l suo amore.

16. Sovra tutto, per ultimo, pregate sempre, e raccomandatevi con confidenza a Gesù Cristo ed alla SS. Vergine; e verso Maria abbiate una confidenza e tenerezza speciale.

Finisco con dirvi quelle stesse parole che 'l Ven. P. D. Antonio Torres, rivenuto da un'estasi amorosa, disse ad una religiosa sua penitente: Figliuola, ama, ama lo Sposo tuo, ch'è l'unico oggetto che merita d'esser amato.51




1 «Cur sponsam introducentes dicere iubent: Ubi tu Caius, ego Caia? An quia hac conditione pacta intrat, ut particeps omnium rerum et gubernandae familiae sit? Itaque haec verba id significant: Ubi tu dominus eris et paterfamilias, ego domina ero et materfamilias. Nomine autem Caii et Caiae communibus usi sunt peculiariter, quomodo iureconsulti Caium, Seium, Lucium, Titium, nomen ei de quo agitur imponunt, et philosophi Dionis aut Theonis voces usurpant? Aut quia Caia Caecilia homesta fuit ac proba matrona, uxor unius de filiis Tarquinii? Cui Caiae in Sanci tempio statua aenea priscis temporibus posita fuit cum sandaliis et fuso: quae domi actae vitae, industriaeque sunt signa.» PLUTARCHUS, Quaestiones Romanae, XXX.



2 Omnis gloria eius filiae regis ab intus. Ps. XLIV, 14.



3 «Iste sponsus non modo amans sed amor est. Numquid honor? Contendat quis esse: ego non legi. Legi autem quia Deus caritas est (I Io. IV, 16); et non quia honor est, vel dignitas, legi. Non quia honorem non vult Deus, qui ait: Si ego pater, ubi est honor meus? (Malach. I, 6). Verum id pater. Sed, si sponsum exhibeat, puto quia mutabit vocem et dicet: Si ego sponsum, ubi est amor meus? Nam et ante ita locutus est: Si ego Dominus, ubi est timor meus? (Malach. I, 6). Exigit ergo Deus timeri ut dominus, honorari ut pater; ut sponsus, amari. S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 83, n. 4. ML 183-1183.



4 «Pontifex imponit velum super caput cuiuslibet.... dicens: Accipe velamen sacrum, quo cognoscaris mundum contempsisse, et te Christo Iesu veraciter humiliterque, toto cordis annisu, sponsam perpetualiter subdidisse, qui te ab omni defendat et ad vitam perducat aeternam. R). Amen. Ambabus velatis, ambae....cantant hanc Antiphonam: Posuit signum in faciem meam, ut nullum praeter eum amatorem admittam.» PONTIF. ROMAN., De benedictione et consecratione Virginum.



5 PONTIFICALE ROMANUM, l. c.



6 BREVIARIUM ROM., die 21 ian., I noct., 1 antiphona. - Vedi sopra, cap. 1, nota 13.



7 «Ipsi sum desponsata cui angeli serviunt, cuius pulchritudinem sol et luna mirantur.» PONTIFICALE ROM., De benedictione et consecratione virginum. - BREVIARIUM ROM., die 21 ian., II noct., resp. 3; III noct., antiphona 3. - Appendix ad Opera S. Ambrosii, Epistola, 1, n. 3, ML 17-736, et inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 21 ian., Vita S. Agnetis, n. 3: «Iam amplexibus eius castis astricta sum, iam corpus eius corpori meo sociatum est, et sanguis eius ornavit genas meas: cuius mater virgo est, cuius pater feminam nescit; cui angeli serviunt, cuius pulchritudinem sol et luna mirantur.»- Vedi sopra, cap. 1, nota 13.



8 Queste veramente erano le disposizioni che i Padri antichi richiedevano dai candidati alla vita eremitica o monastica: volontà di farsi santo, ed accettazione dell' indispensabile condizione, che è l' annegazione di se stesso.- Vedi: CASSIANUS, De coenobiorum institutis, lib. 4, De institutis renuntiantium, cap. 3-10, ML 49, col. 154-163; cap. 40, 41, col. 199-201; cap. 43, col 202; Vitae Patrum, passim; S. BASILIUS, Regulae fusius tractatae, Interrogatio X, MG 31-943 et seq., ecc,; come pure il nostro vol. I, Appendice 72.



9 «Non vult Christus communionem sed solus vult possidere quod emit. Tanti emit, ut solus possideat; tu facis ei consortem diabolum, cui te per peccatum vendideras. Vae duplici corde (Eccli. II, 14), quin in corde suo partem faciunt Deo, partem faciunt diabolo. Iratus Deus, quia fit ibi pars diabolo, discedit, et totum diabolus possidebit.... Cognoscamus ergo Agnum, fratres, cognoscamus pretium nostrum.» S. AUGUSTINUS., In Ioannis Evangelium, tractatus 7, n. 7. ML 35-1441. - Liber de substantia dilectionis, inter Opera S. Augustini, ML 40, col. 843-848, non è di S. Agostino, ma piuttosto di Ugone da S. Vittore. Del resto, la sentenza qui riferita, la quale è veramente di S. Agostino, non vi si trova.



10 «Minus enim te amat qui tecum aliquid amat quod no propter te amat. O amor qui semper ardes et numquam exstingueris! Caritas Deus meus, accende me!» S. AUGUSTINUS, Confessiones, lib. 10, cap. 29, n. 40. ML 32-796.



11 Dell' affetto troppo tenero verso qualche suo parente, mentre adolescente viveva nella casa paterna e si lasciò trascinare, per poco tempo, all' amore delle vanità del mondo, parla santa Teresa nel Libro de la vida, cap. 2: Obras, I, 10, 11. Di quella tal quale mondanità fu causa principale la sua familiarità con una sua cugina, quella intrinseca familiarità che, a poco a poco, rende simili i pensieri, i gusti, i costumi (l. c., 11, 12). In quelle poi, per nulla scandalose ma troppo terrestri conversazioni che, nel principio della vita religiosa, l' allontanarono alquanto dalla via della santità, non sembra che si tratti, almeno principalmente, di un suo consanguineo, ma piuttosto di qualche insigne personaggio, forse prelato, di recente da lei conosciuto, onesto sì ma non santo, da non potersi annoverare tra quegli «angeli» con cui solamente lo zelante Sposo divino voleva che la sua sposa tenesse conversazione e commercio. Nondimeno apparisce chiaro che, in quei medesimi anni, anche il distacco dalla famiglia non fu quello che da lei esigeva il Signore. Di quella qualsivoglia tiepidezza, quale ne sia stata l' origine, quale il progresso e l' esito; da quali favori divini e da quali esimie virtù sia stata pur accompagnata e da quali fervori interrotta, non essendo continua, ma per intervalli; quali danni e pericoli abbia nondimeno cagionato e quanto sia da temersi, per un' anima obbligata o invitata alla perfezione, il non rispondere alle grazie e chiamate divine, e specialmente l' affezionarsi indebitamente ad una creatura, lo vedrai non solo nel Libro de la Vida, cap. 6-9 e cap. 32, ma anche nelle altre opere della Santa, specialmente Moradas terceras, cap. 1, e Moradas quintas, cap. 4, come pure nelle Esclamaciones del alma a Dios, scritte, a quanto pare, in quel tempo.



12 «Estas (palabras) me dice Su Majestad muchas veces, mostràmdome gran amor: «Ya eres mia y yo soy tuyo.» Las que yo siempre tengo costumbre de decir, y a mi parecer las digo con verdad, son: «Què se me da, Senor, a mi de mi, sino de Vos?» Libro de la Vida, cap. 39: Obras, I, pag. 355.



13 «Nihil Christo dedisti, si ei totum cor tuum non dedisti.» Vinc. TALENTI (delle Scuole Pie), Vita, lib. 7, cap. 9, III, n. 60.



14 «Alius Frater rogavit quidnam posset Deo gratissimum facere. Aegidius autem mane respondit illi cantans: Unam uni; nec quidquam his addebat. Dicente Fratre se nescire quid ea sibi velint: «Unam, inquit Aegidius, animam, sine intermissione et absque medio, uni Deo commendabis.» Acta B. Aegidii (inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 23 Aprilis), pars 3, cap. 1, n. 83 (tom. III mensis Aprilis, pag. 240).



15 Prodigio dle divino amore, lib. 4, cap. 2, § 1. Opere spirituali del P. Giov. Eus. NIEREMBERG, I, Venezia, 1715.



16 «Factus est itaque Deus homo ut hominem quem fecerat liberaret, ut idem esset Creator hominis et Redemptor.» HUGO A S. VICTORE, De sacramentis christianae fidei, lib. 1, pars 8, cap. 6. ML 176-310. - «Creator et Salvator duo nomina sunt et res una... Creator quia fecit nos, Salvator quia redemit nos... Et ab uno utrumque factum est, ut bonum nostrum totum esset ab uno, et totum in uno, et unum.» Id. op., lib. 1, pars 10, cap. 5: col: 334. - Summa sententiarum, dello stesso Ugone, ML 176, col. 41-174, non contiene questo pensiero nei suoi sette trattati.



17 «Solea dire alle persone religiose: «Leviamo la propria volontà, e tutti saremo santi.» Altre volte: «Bisogna amar Dio, ma veramente: bisogna farsi santo, ma santo ecclesiastico.» E per ver udito da un giovine Frate laico, di fresco professo tra gli Scalzi, di essersi fatto religioso per salvarsi l' anima: «No, figliuolo, non dici bene, gli replicò subito, ma per farti santo. Il fine del religioso deve essere di esercitare le virtù in grado altissimo; appunto come chi volendo tirare da giù una pietra dentro di una finestra, la tira sempre un poco più alto, così ancora deve fare un religioso: deve esercitare grandi virtù per farsi santo, poiché in questa maniera, se non sarà santo, poiché in questa maniera, se non sarà santo, almeno si salverà.» DIODATO DELL' ASSUNTA, Saggio storico della vita, Napoli, 1789, art. XV, pag. 122, 123.



18 Haec est generatio quaerentium eum, quaerentium faciem Dei Iacob, Ps. XXIII, 6.



19 «Nihil tibi et turbis, nihil cum multitudine ceterorum, etiamque ipsum obliviscere populum tuum, et domum patris tui, et concupiscet rex decorem tuum (Ps. XLIV, 11, 12). O sancta anima, sola esto, ut soli omnium serves te ipsam, quem ex omnibus tibi elegisti.» S. BERNARDUS, In Cantica. Sermo 40, n. 4. ML 183-983.



20 Hortus conclusus soror mea sponsa, hortus conclusus, fons signatus. Cant. IV, 12.



21 «Male hortum, in quo positus erat, custodivit Adam.... In sudore vultus pane vescitur suo, qui in paradiso de vitae ligno ad libitum pome carpebat.... Commutatio misera; sed tu, Domine, perdis, et iuste, omnes qui fornicantur abs te. Iure perditur, qui tam caras necessitudines perdit fornicando; nec ultra meretur haec blandimenta audire, ut vocetur  soror, ut sponsa, ut hortus, et hortus conclusus, qui neminem nisi dilectum admittit. Porta paradisi tui semper clausa sit, soli Principi paradisi tui semper clausa sit, soli Principi pateat.» GILLEBERTUS Abbas (Gillebertus de Hoilandia, Abbas Swinshetensis in Anglia, Ord. Cist.), In Cantica sermo 35, n. 2. ML 184-183.



22 «In corde sunt cogitationes, et in brachio operationes. Super cor ergo et super brachium sponsae, dilectus ut signaculum ponitur; quia in sancta anima quantum ab ea diligatur, et voluntate et actione designatur. Signum quippe sancta mens interius et exterius Christum portat; quia dum in eius meditationibus assidue laborat, in exteriori actione eum imitari non cessat, quo eius dilecta esse dubitari non debeat.» S. GREGORIUS MAGNUS, Super Cantica Canticorum expositio (in cap. VIII, 6), cap. 8, n. 6. ML 79-541.



23 «Quand il (S. François de Sales) voulait porter les âmes à la vie chrètienne et leur faire quitter la vie du monde, il ne leur parlait point de l' extèrieur, ni des cheveux, ni des habits, ni de semblables choses; il ne parlait qu' au cœur et du cœur, sachant que, ce donjon gagnè, le reste ne tient plus. Quand le feu est dans une maison, disait-il, voyez-vous comme l'on jette tous les meubles par les fenênetres.» CAMUS, èd. Collet, Esprit de S. François de Sales, partie 3, ch. 27.



24 Diffusamente ed assai vivamente esprime questo pensiero S. GIO. GRISOSTOMO in più luoghi, specialmente: In Matthaeum, hom. 25 (al. 26), n. 3: MG 57-331, 332; hom. 76 (al. 77), n. 5: MG 58-700; Expositio in Ps. 44, n. 11: MG 55-200.- Vedi il nostro vol. I, Append., 13.



25 «Totus siquidem mihi datus, et totus in meos usus expensus est.» S. BERNARDUS, In Circumcisione Domini, sermo 3, n. 4. ML 183-138.



26 Riassume qui S. Alfonso e compendia più sentenze della Santa, cioè:

Non dee la religiosa altro rimirare che Gesù crocifisso.- «Gli occhi della persona religiosa sono chiusi e serrati a tutte le cose della terra, e aperti a quelle del cielo, per non vedere che Gesù Cristo.» PUCCINI, Vita, 1671, in fine: Detti e sentenze, § 2, n. 12.- «Gli occhi d' un' anima religiosa non devono rimirare altro oggetto che Gesù Cristo, il quale è la bellezza delle bellezze.» Op. c., l. c., § 1, n. 17. - «La pietà dei religiosi e delle religiose dee in questo mondo trattenersi ed occuparsi attorno all' Umanità Sacrata di Gesù.» Op. c., l. c., § 1, n. 41.- «O anime che desiderate fare gran profitto nelle virtù in poco tempo, scegliete per maestro e per guida Gesù Cristo sulla croce o nel Sacramento dell' Altare.» Op. c., l. c., § 5, n. 3.

E' ciò, in tutta la sua vita ed in tutte le sue azioni.- «Offrite tutte le vostre azioni e tutte le vostre passioni (cioè i patimenti) ad onore di tutto ciò che ha operato e sofferto in terra il Verbo Umanato.» Op. c., l. c., § 1, n. 20. - «In tutte le azioni e pratiche dee proporsi per esemplare Gesù Cristo.» Op. c., l. c., § 5, n. 2.- «Noi in tutto e per tutto dobbiamo imitare Gesù Incarnato.» Op. c., l. c., § 5, n. 4. - L' ultima delle venti  regole di perfezione date alla Santa da Gesù medesimo fu questa: «L' ultima cosa sarà che, in tutte le operazioni che io ti permetterò, tanto interne quanto esterne, sempre sii trasformata in me.» PUCCINI, Vita, 1611, parte 1, cap. 10; 1671, cap. 85.

Né in altro dee occuparsi che nel considerare l' amore che le ha portato questo divino Sposo.- Ricordiamo solo, come si è detto di sopra, che «la pietà dei religiosi e delle religiose dee in questo mondo trattenersi ed occuparsi attorno all' Umanità Sacrata di Gesù;» e che, per la Serafica Vergine, rimirar Gesù Cristo, altro non è che rimirar l' Amore. «Amore, Amore, Amore!» - «O Signor mio, non più amore: è troppo, Gesù mio, l' amore che tu porti alla creatura: non già troppo alla tua grandezza, ma troppo alla creatura sì vile e bassa.» - «O Amore, o Amore: non resterò giammai, o Dio mio, di chiamarti Amore.» - «Non sapete voi, care mie sorelle, che il mio Gesù non è che amore? anzi pazzo d' amore. Pazzo d' amore dico che sei, o Gesù mio, e sempre lo dirò.» - «O Amore, o Amore! dammi tanta voce, o Signor mio, che chiamando te Amore, sia sentita dall' oriente sino all' occidente, e da tutte le parti del mondo, sino all' inferno, acciò tu sii riconosciuto e riverito come vero Amore....» PUCCINI, Vita, 1671, cap. 86; - 1611, parte 1, cap. 11.



27 «Nunc, inquit, princeps huius mundi eiicietur foras: hoc intelligendum est quod nunc fit, non quod tanto post futurum est in novissimo die. Praedicebat ergo Dominus quod sciebat, post Passionem et glorificationem suam per universum mundum multos populos credituros, in quorum cordibus diabolus intus erat; cui quando ex fide renuntiant, eiicitur foras.... Quid ergo, ait quispiam, quia diabolus de credentium cordibus eiicietur foras, iam fidelium neminem tentat? Imo vero tentare non cessat. Sed aliud est intrinsecus regnare, aliud forinsecus oppugnare: nam et munitissimam civitatem aliquando hostis oppugnat, nec expugnat.... Quantaslibet... adversum nos erigat machinas, quando non tenet locum cordis ubi fides habitat, eiectus est foras.» S. AUGUSTINUS, In Ioannis Evangelium, tract. 52, nn. 7, 9. ML 35-1772.



28 «Mirà que es hermoso trueco dar nuestro amor por el suyo.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 16. Obras, III, Burgos. 1916. pag.77.



29 Porque no se acaba de dar junto, no se nos da por junto este tesoro.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 11. Obras. I, Burgos, 1915, pag. 76.



30 «Mandatum novum do vobis.... (Io. XIII, 34).... Cantate Domino canticum novum.... (Ps. XCV, 1). Quod ibi dixit canticum novum; hoc Dominus dixit mandatum novum. Quid enim habet canticum novum, nisi amorem novum? Cantare amantis est. Vox huius cantoris, fervor est sancti amoris.» S. AUGUSTINUS, Sermo 336, cap. 1, n. 1. ML 38-1472.



31 «Cantare amantis est. Vox huius cantoris, fervor est sancti amoris. - Amemus, gratis amemus: Deum enim amamus, quo nihil melius invenimus. Ipsum amemus propter ipsum.» S. AUGUSTINUS. Sermo 336, cap. 1 et 2, nn. 1 et 2. ML 38-1472.



32 «Sibi habeant litteras suas oratores, sibi sapientiam suam philosophi, sibi diivtias suas divities, sibi regna sua reges: nobis gloria, et possessio, et regnum Christus est, nobis sapientia in stultitia praedicationis, nobis virtus in infirmitate carnis, nobis gloria in crucis scandalo, quo mihi mundus occiditur et ego mundo, ut vivam Deo, non autem iam ego, sed in me Christus.» S. PAULINUS, Nolanus episcopus, Epistola 38, ad Aprum, n. 6. ML 61-360



33 Oratio quotidiana B. P. FRANCISCI: Opera, I, Pedeponti, 1739, pag. 20.- MARCO DA LISBONA, Croniche, parte 1, lib. 1, cap. 8.



34 «Caritatis autem venenum est, spes adipiscendorum aut retinendorum temporalium. Nutrimentum eius est imminutio cupiditatis; perfectio, nulla cupiditas.» S. AUGUSTINUS, De diversis quaestionibus LXXXIII liber unus, qu. 36, n. 1. ML 40-25.



35 «Restat cum dolore magna confictio. Nihil est tamen tam durum atque ferreum, quod non amoris igne vincatur.» S. AUGUSTINUS, De moribus Ecclesiae catholicae, lib. 1, cap. 22, n. 41. ML 32-1329.



36 «Ieiunia quoque ac vigilae, in quantum valetudinem non perturbant, si orando, psallendo, legendo, et in lege Dei meditando imsumantur, in delicias spiritual

es etiam ipsa quae videntur laboriosa vertuntur. Nullo modo enim sunt omerosi labores amantium, sed etiam ipsi delectant, sicut venantium, aucupatium, piscantium, vindemiantium, negotiantium, ludo aliquo sese oblectantium. Interest ergo quid ametur. Nam in eo quod amatur, aut non laboratur, aut et labor amatur. Et vide quam pudendum et dolendum sit, si delectat labor ut fera capiatur, ut cupa et sacculus impleatur, ut pila iaciatur, et non delectat ut Deus acquiratur.» S. AUGUSTINUS, Liber de bono viduitatis, ad Iulianam viduam, cap. 21, n. 26. ML 40-448.



37 «Ubi erat tam annoso tempore, et de quo imo altoque secreto evocatum est in momento liberum arbitrium meum, quo subderem cervicem leni iugo tuo, et humeros levi sarcinae tuae (Matth. XI, 30), Christe Iesu, adiutor meus et Redemptor meus? Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum! Et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat. Eiiciebas enim eas a me, vera tu et summa suavitas: eiiciebas, et intrabas pro eis omni voluptate dulcior, sed non carni et sanguini; omni luce clarior, sed omni secreto interior; omni honore sublimior, sed non sublimus in se. Iam liber erat aminus meus a curis mordacibus ambiendi et acquirendi, et voluntandi atque scalpendi scabiem libidinum; et garriebam tibi claritati meae, et divitiis meis, et saluti meae, Domino Deo meo.» S. AUGUSTINUS, Confessiones, lib. 9, cap. 1, n. 1. ML 32-763.



38 Et nemo potest dicere, Dominus Iesus, nisi in Spiritu Sancto. I Cor. XII, 3.



39 Nam et qui certat in agone, non coronatur nisi legitime certaverit. II Tim. II, 5.



40 Si quis vult venire post me, abneget semetipsum. Matth. XVI, 24.



41 «Absorbeat, quaeso, Domine, mentem meam, ab omnibus quae sub caelo sunt, ignita et melliflua vis amoris tui: ut amore amoris tui moriar, qui amore amoris mei dignatus es mori. Per temetipsum Dei Filium, qui cum Patre, etc. Amen.» Oratio ad impetrandum divinum amorem. Opera S. FRANCISCI, I, Pedeponti, 1739, pag. 19, 20.



42 «Dios nos libre, hermanas, cuando algo hicièremos no perfeto, decir: «no somos angeles», «no somos santas»; mirà que lo podriamos ser, dàndonos Dios la mano; y no hayàis miedo que quede por El, si no queda por nosotras.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 16. Obras, III, pag. 78.



43 «Otros hay que dejado todas las cosas por el Senor..... mas tienen mucha honra.... Estas almas, por la mayor parte, les lastima cualquier cosa que digan de ellos. Y no abrazan la cruz, sino llèvanla arrastrando.... No, tampoco es èsta la amistad que pide la Esposa; por eso, hijas mias, mirà mucho - pues habèis hecho lo que aqui digo al principio  no faltèis, ni os detengàis en lo segundo. Todo es cansancio para vosotras; si lo habèis dejado lo màs, dejàis el mundo, los regalos, y contentos y riquezas dèl, que aunque falsos, en fin, aplacen, ¿ què temèis? Mirà que no lo entendèis, que por libraros de un desabor que os puede dar con un dicho, os cargàis de mil cuidados y obligaciones. Son tantas las que hay si queremos contentar a los del mundo, que no se sufre decirlas, por no me alargar, ni aun sabria.» S. TERESA, Conceptos del amor de Dios, cap. 2. Obras, IV, pag. 235, 236.



44 «(El demonio) ha gran miedo a ànimas determinadas.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 23. Obras,III, 110.



45 «Omnes quod bonum est nostis, et viam per quam incedere, et quomodo in ea incedere debeatis: sed voluntas non una est. Quidam enim ad omnia viae et vitae huius exercitia non solum ambulant, sed et currunt, imo potius volant.... Alii autem no sic, sed corde arido et affectione recalcitrante, vix pudore trahuntur... vix gehennali timore compelluntur. Quosdam nec compellimus quidem, quibus frons mulieris meretricis facta est, et nolunt erubescere. Sunt, inquam, multi inter nos, qui nobiscum de uno pane comedunt, nobiscum dormiunt, nobiscum cantant, nobiscum laboramt, miseri et miserabiles, utpote per omnia participes tribulationis, sed consolationis non ita.... Inde autem tam perniciosa tepiditas emanat, quia affectus is est voluntas eorum nondum purgata est, nec bonum sic volunt sicut noverunt, a propria concupiscentia abstracti graviter et illecti. Amant enim in carne sua terrenas consolatiunculas, sive in verbo, sive in signo, sive in facto, sive in aliquo alio; et si haec interrumpunt aliquando, non tamen penitus rumpunt.» S. BERNARDUS, In Ascensione Domini, sermo 3, n. 6, 7. ML 183-307.



46 «Quae sic Deum precata: «Domine, qui me custodisti ab infantia, qui abstulisti a me amorem saeculi, qui me carnificum tormentis superiorem praestitisti, accipe animam meam.» BREV. ROM., die 5 febr., ad Matutinum, lectio 6. - Cf. Acta S. Agathae, n. 12, inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 5 februarii: «Domine, qui me creasti, et custodisti me ab infantia mea, et fecisti me in iuventute viriliter agere; qui tulisti a me amorem saeculi, qui corpus meum a pollutione separasti; qui fecisti me vincere tormenta carnificis, ferrum, ignem et vincula: qui mihi inter tormenta virtutem patientiae contulisti; te deprecor ut accipias spiritum meum modo; quia tempus est ut me iubeas istud saeculum derelinquere, et ad tuam misericordiam pervenire.»



47 «Giunta all' età di 23 anni, mentre un giorno vicino alla solennità del SS. Natale del Signore, si trovava in una stanza dell' infermeria a lavorare in compagnia di Suor Isabella (sua sorella carnale), che allora era infermiera, e di alcune altre monache sue compagne, diede mano ad un libro, che quivi si trovò a sorte, piuttosto per sollevarsi dalle fatiche del lavoro, che per motivo di divozione. Era questa la quarta parte delle Croniche di S. Francesco, che uscita la prima volta dalle stampe, conteneva fra le altre cose la vita e morte (a. 1597: Croniche, parte 4, lib. 10, cap. 56-70) di quei santi martiri Pietro e compagni, che andati a predicare la fede di Cristo nel Giappone, la sottroscrissero col sangue.... Questa sacra lezione.... col riferire gli esempi segnalati di quei servi di Dio, e particolarmente il dispregio che avevano mostrato di tutte le cose terrene, e la stretta osservanza della Regola che professavano, mosse l' animo di quelle vergini con desiderii d' imitarli secondo le loro forze: ma sopra tutte il cuore di Suor Francesca si sentì accendere.... Stette per qualche spazio di tempo in silenzio, e finalmente posato il libro proruppe verso l' altre monache: «E noi, sorelle, che faremo? Abbiamo abbandonata la casa paterna, i parenti e le comodità, e poi ci avremo a dannare fra quattro mura, per tenere tuttavia il cuore attaccato alle cose del mondo, che non possediamo?» E così proseguendo il discorso con altre parole infocate di spirito.... spinse e avvampò l' animo di Suor Isabella, e di quelle altre monache.... sì che tutte unitamente s' infervoravano con brama e risoluzione di romperla affatto col mondo e di darsi totalmente a Dio.» ANDREA NICOLETTI, Vita, lib. 1, cap. 10.



48 «An sola ista vita est (vita spiritualis), quae certamen non habeat de profectu, et in qua unusquisque hoc tantum debeat permanere quod coepit, nec ullo augmenti desiderio ad maiora contendat? Et cum, in omnibus mundi studiis, profectu non satientur homines, hic tantum coepisse sufficiet? Ferventissimi in terrenis, frigidissimi in caelestibus sumus.» Epistola ad Demetriadem, (non già S. Girolamo, ma dell' eresiarca Pelagio), cap. 11. ML 30-26 (in S. Hieronymi Operum Mantissa!.



49 «Christianum cum dico, perfectum dico; in Christo enim plenitudo divinitatis est, cuius nomen usurpas. Qui vocabulum geris, interpretationem vocabuli perfectionemque cur refugis?» S. AMBROSIUS, In Ps. CXVIII Expositio, sermo 12, n. 51. ML 15-1379.



50 Era odioso a San Bernardo il nome stesso di singolarità. Nel trattato De gradibus superbiae, cap. 14, n. 42, ML 182-965, segna la singolarità come quinto grado della superbia. Lodava però, e coll' esempio raccomandava quella singolarità dei santi la quale consiste a praticar le osservanze comuni con perfezione non comune: a star al dovere e alla regola, fossero pur tutti trascurati: a non lasciarsi trascinare ai difetti altrui, fossero pur generali. Di lui dice il suo terzo biografo GOFFREDO, il quale visse nella sua intima amicizia, essendo suo notaio: «Vitam regulamque commumem amplius aemulabatur, nil in suis actibus praeferens observantiae singularis... In ipsis tamen communibus erat illi singularis puritas et devotio non communis.» Vita prima, lib. 3, cap. 1, n. 1. ML 185-304. - Vedi il nostro vol. I, Appendice, 51.



51 «Trovavasi un dì ragionando con una sua figlia spirituale, religiosa di ragguardevole monastero, nobile per la nascita e più nobile pel possesso delle virtù; e il discorso aggiravasi sulle grazie e sui doni di cui la Santissima Trinità adornar suole quelle anime, in cui per la virtù della carità specialmente dimora. Nell' esprimere queste divine amorose comunicazioni, infervorossi in sì fatta guisa, che saltando con empito dalla sedia, e stringendosi ben fortemente alle grate, vi dimorò lo spazio di mezza ora rapito fuora de' sensi, e con un' aria sì giuliva ed allegra, che sembrava di paradiso. A tal veduta poco mancò che non isciogliessesi tutta in pianto la fortunatissima monaca; la quale al lieto spettacolo compunta rimase e consolata. Dopo la mezz' ora ritornato in sé da quell' estasi, così le disse: «Figliuola, amalo, amalo, ama lo Sposo tuo, che è l' unico oggetto che merita d' essere amato.» Lodovico SABBATINI d' Anfora, Vita del Padre D. Antonio de Torres, Napoli, 1732, lib. 2, cap. 2.






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