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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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§ 2 - Dell'ubbidienza.

1. La virtù più amata dalla religiosa ha da esser quella dell'ubbidienza, poiché tutta la perfezione della religione, dice S. Bonaventura, importa la privazione della propria volontà: Tota religionis perfectio in voluntatis propriae subtractione consistit.1 Non v'è sagrificio più grande che un'anima possa offerire a Dio, che l'ubbidire alle regole ed agli ordini de' superiori; perché siccome la cosa a noi più cara è la libertà della nostra volontà, secondo dice l'Angelico: Nihil est homini amabilius libertate propriae voluntatis (Opusc. XVIII, de


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Perfect. c. 10);2 così non possiamo noi far dono più caro a Dio, che consagrargli la propria volontà. Melior est obedientia, quam victimae, dice lo Spirito Santo (Eccl. IV, 17):3 Piace più a Dio l'ubbidienza, che tutt'i sagrifici che possiamo offerirgli. Chi sagrifica a Dio le sue robe dispensandole in limosine, il suo onore abbracciando i disprezzi, il suo corpo mortificandolo co' digiuni e colle penitenze, gli dona parte di sé; ma chi gli sagrifica la sua volontà, sottomettendola all'ubbidienza, gli dona tutto quel che ha, ed allora può dire a Dio: Signore, avendovi data la mia volontà, non ho più che darvi. Inoltre dice S. Gregorio che per mezzo delle altre virtù noi doniamo a Dio le cose nostre, ma coll'ubbidienza veniamo a dargli tutti noi stessi: Per alias virtutes nostra Deo impendimus, per obedientiam nosmet ipsos (Lib. VI, in Reg. c. 2).4 Oltreché scrisse lo stesso S. Dottore che l'ubbidienza porta seco e custodisce nell'anima tutte l'altre virtù: Obedientia virtus est quae ceteras virtutes in mentem ingerit et custodit (S. Greg., Mor. lib. XXXV, c. 22).5 S. Teresa dice: Iddio da un'anima che sta risoluta d'amarlo, non vuol altro se non che ubbidisca.6 Ed in altro luogo, parlando anche dell'ubbidienza, dice: Sa il demonio che qui consiste il rimedio d'un'anima, e perciò si adopera molto per impedirlo.7


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2. Diceva il Ven. P. Sertorio Caputo che l'ubbidienza portava seco anche il merito del martirio; perché siccome col martirio si sagrifica il capo, così coll'ubbidienza si sagrifica a Dio il proprio volere, ch'è il capo dell'anima.8 Quindi dice il Savio che l'uomo ubbidiente riporterà le vittorie contro tutti gli assalti de' nemici: Vir obediens loquetur victorias (Prov. XXI, 28). Sì, dice S. Gregorio, con giusta ragione gli ubbidienti vincono tutte le tentazioni dell'inferno, perché siccome essi coll'ubbidienza soggettano agli uomini la loro volontà, così rendonsi superiori a' demoni, che per la loro disubbidienza caddero: Victores sunt qui obediunt, quia dum voluntatem aliis subiiciunt, ipsis lapsis per inobedientiam angelis dominantur (S. Greg., lib. IV, in I Reg. c. 10).9 Soggiunge Cassiano che quando una persona mortifica la propria volontà, vengono per conseguenza a distruggersi in lei tutt'i vizi, poiché tutt'i vizi provengono dalla volontà propria: Mortificatione voluntatum marcescunt vitia universa.10 Promette Dio a chi rinunzia la propria volontà, di sollevarlo dalla terra e renderlo quale spirito celeste: Si avertere feceris voluntatem


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tuam.... sustollam te super altitudinem terrae (Is. LVIII, 13).11 Aggiunge S. Lorenzo Giustiniani che un'anima che sagrifica a Dio la volontà propria, gli diventacara che ne otterrà quanto dimanda: Qui se Deo tradidit, voluntatem propriam immolando, omne quod poposcerit, consequetur.12

3. Scrive S. Agostino che avendo Adamo colla disubbidienza perduto se stesso e tutto il genere umano, a tal fine principalmente si fece uomo il Figlio di Dio, per insegnarci col suo esempio l'ubbidienza.13 Cominciò pertanto Gesù Cristo sin da fanciullo ad ubbidire a Maria ed a Giuseppe. Seguì a far lo stesso in tutta la sua vita; sin tanto che finalmente, per ubbidire, giunse a morire con una morte infame di croce: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philip. II, 8). Dice S. Bernardo che i disubbidienti redimunt se, ne obediant: non ita Christus. Ille siquidem dedit vitam,


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ne perderet obedientiam (Epist. 41).14 Molti faticano e stentano per esentarsi dall'ubbidienza; non fece così il nostro Redentore; egli per non perdere l'ubbidienza, si contentò di perder la vita. Pertanto rivelò la divina Madre ad una sua serva che Gesù Cristo morì con un affetto speciale verso le anime ubbidienti.15

4. Il Ven. P. de Leonardis, fondatore della religione della Madre di Dio, importunato da' suoi discepoli, acciocché scrivesse e desse loro le regole, scrisse su d'un foglio questa sola parola: Ubbidienza;16 volendo con ciò significare quel che diceva il P. Sertorio Caputo, cioè che nella religione è la stessa cosa ubbidienza e santità, e ch'è lo stesso essere ubbidiente che l'esser santo.17 Insegna S. Tommaso che 'l voto dell'ubbidienza è quello che propriamente costituisce il religioso.18 E secondo ciò dicea S. Teresa che una religiosa la quale non è ubbidiente, non può chiamarsi religiosa.19 A che serve una


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monaca che non sa ubbidire? Vi sono molte che sanno di belle lettere, di poesia, di lingue, d'istorie, ma poi non sanno ubbidire. Una religiosa che non sa ubbidire, non sa niente.

5. All'incontro dicea S. Teresa che l'ubbidienza è la via breve per giunger presto alla perfezione.20 Narrasi nelle Vite de' Padri che uno di loro vide una volta due ordini di beati: uno di coloro che lasciando il mondo erano vivuti ne' deserti, esercitandosi ivi sempre in orazioni e penitenze; un altro di coloro che per amore di Gesù Cristo si erano sottoposti all'ubbidienza, vivendo soggetti alla volontà degli altri. Vide poi che questi secondi godeano maggior gloria degli eremiti, perché quelli aveano bensì piaciuto a Dio ne' loro esercizi, ma sempre avean fatta la propria volontà; ma gli ubbidienti avean donata a Dio la loro volontà, che gli era stato il sagrificio il più gradito.21 Narra ancora S. Doroteo del suo discepolo S. Dositeo, ch'essendo egli debole di sanità, e non potendo praticare gli esercizi della comunità, che faceano gli altri monaci, si dedicò tutto all'ubbidienza, spogliandosi affatto della volontà propria. Morì dentro lo spazio di cinque anni. Morto che fu, rivelò il Signore all'abbate che questo santo giovine aveva ottenuto il premio di S. Paolo eremita e di S. Antonio abbate. I monaci si maravigliavano come Dositeo avesse potuto meritar tanta gloria, non facendo neppure ciò che praticavano gli altri. Fu loro risposto da Dio che quel


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giovine era stato così premiato per lo merito dell'ubbidienza esercitata.22 Scrive S. Girolamo: Maioris est meriti iniuncta refectio ieiunio propria deliberatione suscepto (Lib. II, in I Reg. c. 2);23 È di maggior merito appresso Dio il prender cibo per ubbidienza, che digiunare per propria volontà. Questo medesimo rivelò Maria santissima a S. Brigida (Revel. cap. 26): temendo la santa di scadere nello spirito, per causa che 'l confessore le avea proibite le solite sue penitenze, la divina Madre l'animò ad ubbidire senza alcun timore, dicendole che coloro che fan penitenza, hanno una sola paga, ma chi lascia di mortificarsi per ubbidienza, riceve paga doppia, una per la penitenza che desiderava di fare, l'altra per l'ubbidienza per cui lascia di farla.24

6. Diceva il B. Giuseppe Calasanzio che una religiosa ubbidiente è la gemma preziosa del monastero.25 Oh se tutte le monache fossero tali, tutti i monasteri sarebbero tanti paradisi di Gesù Cristo!- Inoltre una monaca diligente ad ubbidire, ella in tutto quel che fa guadagna meriti immensi, mentre in tutto fa la volontà di Dio, nel che certamente consiste tutto il nostro merito. E questo è il gran bene che apporta


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la religione, il renderci atti ad acquistare tesori eterni in ogni cosa che facciamo per ubbidienza. Anche le cose di nostro genio, quando son da noi eseguite per fine di ubbidire, ci fanno acquistare gran meriti. Dicea S. Luigi Gonzaga che la religione è una nave a vele, dove ancora chi non fatica fa viaggio.26 Sì, perché la religiosa non solo merita quando digiuna, quando dice l'Officio o fa l'orazione, ma ben anche quando sta a riposo e si astiene dal faticare per ubbidire, quando si ciba, quando si ricrea; perché facendo tutto per ubbidienza, in tutto fa la volontà di Dio. Oh quanto vale ogni cosa fatta per ubbidire alla volontà de' superiori!

7. Se dunque volete, sorella benedetta, farvi santa e presto santa, dedicatevi da ogg'innanzi interamente all'ubbidienza, spogliandovi della propria volontà, e procurando di far tutto per ubbidire alle regole ed alla superiora circa gli esercizi esterni, ed al padre spirituale circa le cose interne. Questa è la differenza tra le monache perfette e le imperfette. Le imperfette niente eseguiscono con allegrezza,27 se non sono cose di propria soddisfazione e volontà. Vogliono sì bene esercitare gli offici del monastero, perché il restar senza offici pensano esser loro di poco onore; ma non vogliono altri offici, se non quelli dove trovano il proprio comodo e la propria soddisfazione. E così parimente fanno nell'altre cose. In somma vogliono farsi sante, ma secondo il loro genio, e secondo loro detta l'amor proprio. Ma dicea il B. Giuseppe Calasanzio: Non serve a Dio, ma a se stesso, chi nel servire Dio cerca il proprio comodo.28 All'incontro le religiose amanti della perfezione non fan così: elle niente ricusano di quel


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che impone loro l'ubbidienza, e niente vogliono se non quel solo che l'ubbidienza vuole. Fate così anche voi, e vi farete presto santa. Procurate di far tutto ciò che fate per ubbidire, e anderete sempre sicura. I negozianti, per accertare i loro guadagni, si procurano l'assicurazione dagli altri; e così voi, per render certi i vostri guadagni eterni, procuratevi in ogni vostra opera l'assicurazione dell'ubbidienza, sottomettendola alla discrezione de' superiori; altrimenti l'opera correrà sempre rischio di riuscir per voi dannosa, o almeno inutile al vostro profitto. S. Anselmo, essendo arcivescovo di Cantuaria, e non avendo ivi alcuno che gli fosse superiore, fe' assegnarsi dal Papa per superiore un suo cappellano a cui ubbidisse; e così egli poi seguì a regolarsi, non facendo alcuna cosa senza il suo consenso.29 Ciò tanto maggiormente conviene a voi che siete religiosa, ed avete consagrata la vostra volontà all'ubbidienza.

Preghiera.

Ah Gesù mio, voi per salvare me avete ubbidito sino alla morte, e morte di croce; ed io ingrata, per non privarmi di qualche mia misera e vile soddisfazione, tante volte vi ho perduto il rispetto e l'ubbidienza. Signor mio, aspettatemi, non mi abbandonate ancora. Io mi pento con tutto il cuore di quanti disgusti vi ho dati. Vedo già che troppo ho maltrattata la vostra pazienza, e perciò non meriterei pietà. Ma vedo che voi a questo fine mi avete sopportata finora, acciocché un giorno mi ravvedessi e mi donassi tutta a voi. Ecco, spero che sia giunto già questo giorno per me. Sento la vostra voce che mi chiama ad amarvi: non voglio più resistere. Eccomi, a voi mi dono; non mi rifiutate. Ditemi che ho da fare per compiacervi, che tutto voglio farlo. Vi prometto da ogg'innanzi di non ripugnare più all'ubbidienza de' miei superiori.

Io v'amo, Gesù mio; e perché v'amo, voglio far quanto


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posso per darvi gusto. Datemi voi l'aiuto per eseguirlo. Tiratemi e stringetemi sempre più al vostro amore.

Eterno Padre, io vi offerisco la Passione del vostro Figlio; per questa vi prego a darmi tutte le grazie che mi bisognano per farmi santa, qual voi mi volete.

O Maria, madre e speranza mia, pregate voi per me il vostro Figlio, acciocch'io non sia più mia, ma sua e tutta sua e sempre sua.




1 «Tota Religionis perfectio in voluntatis propriae abdicatione consistit.» Speculum disciplinae, pars 1, cap. 4, n. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 585.- Questo opuscolo fu scritto da Fr. BERNARDO DA BESSA; però ebbe gran parte S. Bonaventura nel comporlo.- Vedi Appendice, 10.



2 «Martyres illud propter Deum contemnunt, scilicet propriam vitam, propter quam omnia temporalia quaeruntur, et eius conservatio etiam cum omnium aliorum amissione aliis omnibus praefertur.... Inter alia autem, quanto aliquid magis naturaliter amatur, tanto perfectius contemnitur propter Christum. Nihil enim est homini amabilius libertate propriae voluntatis.» S. THOMAS, Opusculum 18, De perfectione vitae spiritualis, cap. 10. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 117, col. 4.



3 Multo enim melior est obedientia quam stultorum victimae. Eccl. IV, 17. - Melior est enim obedientia quam victimae, I Reg. XV, 22.



4 «Inobedientes autem, dum tumenti corde maiorum iussa non faciunt, cum meliorare quod eis iniungitur conantur, sua opera Deo offerre dum cupiunt, semetipsos tollunt. Nam per alias virtutes nostra ei impendimus, per obedientiam nosmetipsos exhibemus.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Regum Expositiones, lib. 6, cap. 2, n. 21. ML 79-430.



5 «Sola namque virtus est obedientia quae virtutes ceteras menti inserit, insertasque custodit.» IDEM, Moralia in Iob, lib. 35, cap. 14 (al. 10), n. 28. ML 76-765.



6 «¡ Oh Señor, cuàn diferentes son vuestros caminos de nuestras torpes imaginaciones! Y còmo de un alma, que està ya determinada a amaros, y dejada en vuestras manos, no querèis otra cosa si no que obedezca y se informe bien de lo que es màs servicio vuestro, y eso desee.» S. TERESA, Las Fundaciones, cap. 5. Obras, V, pag. 40.



7 «Yo creo, que como el demonio ve que no hay camino que màs presto lleve a la suma perfeciòn que el de la obediencia, pone tantos desgustos (disgustos) y dificultades debajo de color de bien; y esto se note bien, y veràn claro que digo verdad.» Op. cit., l. c., pag. 41, 42.



8 «Dicea.... ubbidienza e santità in Religione non essere che, sotto due diversi vocaboli, una cosa stessa; conciosiacosachè a divenir santo un religioso, più non vi vuole che divenir santo un religioso, più non vi vuole che divenire ubbidiente. Nè santo di qualunque santità, ma d' una di tutto punto perfetta, che l' innalza alla sorte sublime de' martiri. La spada, diceva, al martire spicca ad un colpo il capo dal busto, e nel capo l' anima dal corpo: l' ubbidienza spicca all' anima il capo, cioè il proprio volere e parere, ch' è quanto dire, la miglior vita di lei, ch' è la ragionevole: a cui morendo per Dio, divien partecipe de' meriti e delle corone de' martiri.» Antonio BARONE, S. I., Vita del P. Sertorio Caputo, S: I. (+1608), lib. 3, cap. 11, Napoli, 1691, pag. 349.



9 «Ceteris quidem virtutibus daemones impugnamus, per obedientiam vincimus. Victores ergo sunt qui obediunt, quia dum voluntatem suam aliis perfecte subiiciunt, ipsi lapsis per obedientiam (lege: inobedientiam) Angelis dominantur.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Reg. Expositiones, lib. 4, cap. 5, n. 21. ML 79-297, 298.



10 «Audi paucis ordinem per quem ascendere ad perfectionem summam since ullo labore ac difficultate valeas. Principium nostrae salutis sapientiaeque secundum Scripturas timor Domini est (Prov. I). De timore Domini nascitur compunctio salutaris. De compunctione cordis procedit abremuntiatio, id est, nuditas et contemptus omnium facultatum. De nuditate humilitas procreatur. De humilitate mortificatio voluntatum generatur. Mortificatione voluntatum exstirpantur atque marcescunt universa vitia. Expulsione vitiorum virtutes fructificant atque succrescunt. Pullulatione virtutum puritas cordis acquiritur. Puritate cordis apostolicae caritatis perfectio possidetur.» IO. CASSIANUS, De coenobiorum institutis, lib. 4, cap. 43. ML 49-202.



11 Si averteris a sabbato pedem tuum, facere voluntatem tuam in die sancto meo, et vocaveris sabbatum delicatum, et sanctum Domino gloriosum, et glorificaveris eum dum non facis vias tuas, et non invenitur voluntas tua, ut loquaris sermonem; Tunc  delectaberis super Domino, et sustollam te super altitudines terrae, et cibabo te hereditate Iacob patris tui: os enim Domini locutum est. Is. LVIII, 13, 14.



12 «Quod vult a Deo, impetrat haec virtus beata. Si cor nostrum non reprehendit nos, ait Ioannes (I Io. III, 21), fiduciam habemus apud Deum, quod quidquid petimus, accipiemus, quia mandata eius custodimus. Non enim obedientis potest repelli oratio, que de puritate cordis exhibetur. Sicut enim seipsum Deo tradidit voluntatem propriam immolando, sic a Deo omne quod poposcerit consequetur.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Lignum vitae, De obedientia, cap. 3. Opera, Venetiis, 1721, pag. 34.



13 «Sunt et alia multa quae in Christi Incarnatione, quae superbis displicet, salubriter intuenda atque  cogitanda sunt.... Quod autem maius obedientiae nobis praeberetur exemplum, qui per inobedientiam perieramus, quam Deo Patri Deus Filius obediens usque ad mortem crucis (Philip. II, 8)? Quid, praemium ipsum obedientiae ubi ostenderetur melius, quam in carne tanti Mediatoris, quae ad vitam resurrexit aeternam?» S. AUGUSTINUS, De Trinitate, lib. 13, cap. 17, n. 22. ML 42-1031, 1032.- «Tu in latissimo fructuosorum nemorum praedio te perdidisti, obedientiam negligendo: ille obediens in angustissimum diversorium mortalis venit, ut mortuum quaereret moriendo.» IDEM, Sermo 188, cap. 3, n. 3. ML 38-1004.- La finalità indicata da S. Alfonso viene più espressamente segnata in un opuscolo che non è di S. Agostino, ma sta inter Opera S. Augustini, in Appendice: De Incarnatione Verbi libri duo, collecti ex Origenis opere IIEPI APXQN, iuxta versionem Ruffini, lib. 1, cap, 18, ML 42-1186; «Nam unigenitus Filius Dei qui erat Verbum et Sapientia Patris, cum esset in ea gloria apud Patrem, quam habuit antequam mundus esset, exinanivit semetipsum et formam servi accipiens efficitur obediens usque ad mortem, ut obedientiam doceret eos qui non aliter, nisi per obedientiam, salutem consequi poterant, in semetipso prius complens quod ab aliis volebat impleri.»



14 S. BERNARDUS, Tractatus de moribus et officio episcoporum, seu Epistola 42 ad Henricum Archiepiscopum Senonensem, cap. 9, n. 33. ML 182-830, 831.



15 «Come rivelò la Santissima Vergine ad una sua serva divota, Gesù Cristo è morto con amore speciale per loro offerisce in cielo al Padre la sua Passione.» PINAMONTI, La Religiosa in solitudine, Lezione per il sesto giorno. Opere, Venezia, 1762, pag. 200.



16 «Cominciò ad introdurre nella sua Congregazione quel modo di vivere, il quale molti anni dopo lasciò anche scritto nelle sue Costituzioni. Non volle però di subito far leggi e pubblicar statuti; ma pian piano con la viva voce, e più coll' esempio della sua vita, cominciò a dar forma a quella nascente famiglia. Ma dicendogli un giorno uno de' suoi figliuoli che sarebbe stato bene porre in scrittura qualche regola, acciò sapesse ciascuno qual cosa dovesse osservare, egli ciò approvando rispose che volea farlo per ogni maniera; e preso un foglio di carta, vi scrisse dentro con caratteri maggiori questa sola parola: OBBEDIENZA; ed affissolo in luogo pubblico, chiamò tutti di casa, e disse loro: «Ecco la Regola, la quale avete da me richiesta: questa per ora dovrà a tutti bastare.» MARRACCI, Vita del Ven. P. Giovanni Leonardi, lib. 1, cap. 10.



17 Vedi sopra, not. 8.



18 «Votum obedientiae est praecipuum inter tria vota religionis.... Primo quidem, quia per votum obedientiae aliquid maius homo offert Deo, scilicet ipsam voluntatem.... Secundo, quia votum obedientiae continet sub se alia vota... Tertio, quia votum obedientiae proprie se extendit ad actus propinquos fini religionis. Quanto autem aliquid propinquius est fini, tanto melius est. Et inde etiam est quod votum obedientiae est religioni essentialius. Si enim aliquis, absque voto obedientiae, voluntariam paupertatem et continentiam etiam voto servet, non propter hoc pertinet ad statum religionis, qui praefertur etiam ipsi virginitati ex voto observatae.» S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 186, art. 8, c.



19 «En esto de obediencia es en lo que màs habia de poner, y por parecerme que si no la hay es no ser monjas, no digo nada de ello, porque hablo con monjas, a mi parecer, buenas, al menos que lo desean ser.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 18. Obras, III, Burgos, 1916, pag. 86.



20 «No hay camino que màs presto lleve a la suma perfeciòn que el de la obediencia.» S. TERESA, Las Fundaciones, cap. 5. Obras, V, Burgos, 1918, pag. 41.



21 «Dixit quidam senex: Quia frater qui ad obedientiam patris spiritualis animum dederit, maiorem mercedem habet quam ille qui solus in eremo recesserit. Dicebat autem: Quia narravit aliquis Patrum vidisse se quatuor ordines in caelo: quorum primus ordo erat hominum infirmorum et gratias agentium Deo; secundus ordo, hospitalitatem sectantium et instanter ministrantium eis; tertius ordo, in solitudine conversantium et non videntium homines; quartus ordo, eorum qui ad obediendum spiritualibus patribus se subiiciunt propter Deum. Utebatur autem ordo obedientium torque aurea et corona, et maiorem quam alii gloriam habebat. Et ego dixi ei qui mihi ostendebat omnia haec: Quomodo iste ordo, qui parvus est, maiorem quam alii gloriam habet? Et ille respondens dixit mihi: Quia qui hospitalitatem sectantur, secundum propriam voluntatem idipsum faciunt. Similiter et qui in eremo se relegant, arbitrio suo de saeculo recesserunt. Hic autem ordo qui se ad obediendum dedit, omnes voluntates suas abiiciens, pendet ad Deum et ad lussionem patris spiritualis, propterea et maiorem gloriam aliis habet.» De Vitis Patrum, auctore graeco incerto, interprete Pelagio, lib. 5, libell. 14, n. 19. ML 73-952, 953.- Cf. lib. 3, auctore probabili RUFFINO, n. 141: ibid.,  col. 787, 788.



22 «Advertite....propriam abscindere voluntatem quantum conferat. Huius rei mirabile exemplum fuit beatus ille Dositheus, qui a vita deliciosissima et molli veniens, nullis divinarum rerum doctrinis imbutus, brevi tempore in summam perfectionem provectus est, dum obedientiam unicam amplectitur et propriam voluntatem abscindit. Quem tandem Deus gloriosissimum ostendit, nec passus est ipsius virtutem in obscuro esse. Uni enim ex sanctissimis illis senioribus revelatus est, et visus inter divorum aliorum catervas, una cum illis perfruens beatitudine (verbo ad verbum: vidit eum in medio omnium illorum sanctorum, fruentem felicitate eorum).» S. DOROTHEUS, Doctrina I, n. 15. MG 88-1635, 1638.- Vedi Appendice, 6.



23 «Maioris etenim est meriti caritatis iniuncta refectio ieiunio propria deliberatione suscepto. Qui enim, iussus, carnem reficit invitus, ieiunii praemium devotione promeruit, et ampliorem mercedem obedientiae manducando conquisivit.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Regnum Expositiones, lib. 2, cap. 4, n. 12. ML 79-132.- Le antiche edizioni hanno S. Girolamo, ma l' errore è puramente tipografico, perchè anche nel corso del paragrafo, questi commenti vengono citati sotto il nome del vero autore.



24 (Mater loquitur:) «....Ecce si videris duos homines: alius est sub obedientia, alius in libera potestate. Si ille qui liber est ieiunat, simplicem habebit mercedem. Si autem ille, qui sub obedientia, comedit illo die ieiunii carnes, secundum institutionem Regulae et propter obedientiam, attamen libentius ieiunaret, si non obstiteret obedientia: ipse habebit mercedem duplicem, unam propter obedientiam, aliam propter dilationem desiderii sui et non impletionem voluntatis suae.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 26.



25 «Religiosus indifferens, Religionis gemma pretiosa.»V. TALENTI, delle Scuole Pie, Vita, lib. 7, cap. 9, III, n. 36.



26 «Mentre era novizio, faceva molte penitenze corporali, ma non tante, quante avrebbe egli voluto, non essendogli concedute dai suoi superiori, attesa la sua fiacca complessione. Ed egli di niun' altra cosa si doleva, che di non poter fare in questa parte quanto desiderava. E un dì disse confidentemente ad un Padre «che egli, nella Religione, non faceva veruna penitenza o mortificazione, rispetto a quelle che aveva fatte nel secolo, ma che si consolava sapendo che la Religione è una nave, nella quale non meno fanno progresso nel viaggio quei che per ubbidienza stanno oziosi, che gli altri che s' affaticano nel remare.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 3.



27 L' edizioni napoletane prima del 1768, e le venete anteriori e posteriori hanno: «Le imperfette niente eseguiscono o almeno niente eseguiscono con allegrezza.»



28 «Non Deo sed sibi servit, qui in Dei servitio sua procurat commoda.» V. TALENTI, delle Scuole Pie, Vita, lib. 7, cap. 9, III, n. 51.



29 «Obedientiae pertinax custos, cum archiepiscopus liberae potestatis esset, rogavit papam Urbanum, ut sibi aliquem proponeret, cuius iussis vitam disponeret. Is Edmerun (quello stesso che fu il suo compagno e suo biografo, e forse per molestia tralasciò questo fatto nello scrivere la vita del Santo) exhibuit, cuius Anselmus iussa tanti faciebat, ut cum eum cubili locasset, non solum sine praecepto eius non surgeret, sed nec latus inverteret.» WILLELMUS MALMESBURIENSIS monachus (+ 1142), De gestis Pontificum Anglorum libri quinque, lib. 1. ML 179-1503.






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