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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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CAPO XV - Dell'orazione mentale.

§ l. - Necessità morale dell'orazione mentale per le religiose.

1. La vita delle religiose ha da esser vita d'orazione. Una religiosa che non è amante dell'orazione, è difficile, diciamo meglio, è moralmente impossibile che sia buona religiosa. Se vedete una religiosa tepida, dite: Costei non fa orazione, e direte la verità. Il demonio in ciò si affatica colle religiose, in far loro perdere l'amore all'orazione; e se in ciò le vince, vincerà tutto. Dicea S. Filippo Neri: Una religiosa senza orazione


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è religiosa senza ragione.1 Aggiungo io: Non è più religiosa, ma un cadavere di religiosa.

Senza orazione, per 1. non vi è luce. - Chi tiene chiusi gli occhi, dice S. Agostino, non può veder la via che conduce alla patria.2 Le verità eterne son tutte cose spirituali, che non si mirano cogli occhi del corpo, ma solo cogli occhi della mente, cioè col pensiero e colla considerazione. Or chi non fa orazione mentale, non le vede, e perciò neppur vede l'importanza dell'eterna salute, né i mezzi che dee prendere per ottenerla. Questa è già la causa della perdita di tante anime, il trascurar di considerare il gran negozio della nostra salute, e ciò che dobbiamo fare per salvarci: Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est qui recogitet corde (Ier. XII, 11). All'incontro dice il Signore che chi tiene avanti gli occhi le verità della fede, cioè la morte, il giudizio e l'eternità felice o infelice che ci aspetta, non caderà mai in peccato: Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis (Eccli. VII, 40). Accostatevi a Dio, dice Davide, e sarete illuminati: Accedite ad eum et illuminamini (Ps. XXXIII, 6). In altro luogo ci avverte il nostro Salvatore: Sint lumbi vestri praecincti, et lucernac ardentes in manibus vestris (Luc. XII, 35). Queste lucerne, dice S. Bonaventura, sono appunto le sante meditazioni: Oratio est lucerna;3 poiché nell'orazione il Signore ci parla e c'illumina per accertare la via della salute: Lucerna pedibus meis verbum tuum (Ps. CXVIII, 105).

2. Dice di più S. Bonaventura che l'orazione mentale è come uno specchio che ci fa vedere tutte le macchie che abbiamo nell'anima.4 Scrisse S. Teresa al vescovo d'Osma (Lettera 8):


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Sebbene ci pare che non si trovino in noi imperfezioni, quando però apre Iddio gli occhi dell'anima, come suol farlo nell'orazione, ben compariscono queste imperfezioni.5 Chi non fa orazione, neppure conosce i suoi difetti, e perciò non gli abborrisce, come dice S. Bernardo: Se ipsum non exhorret, quia non sentit.6 Neppure conosce i pericoli della sua salute ne' quali si trova, e perciò non pensa neppure a liberarsene. Ma chi si mette all'orazione, subito gli si fanno avanti i suoi difetti e i pericoli di perdersi, e vedendoli penserà a rimediarvi. Davide, meditando l'eternità, moveasi a praticar le virtù ed a purgarsi da' vizi: Cogitavi dies antiquos et annos aeternos in mente habui... et exercitabar et scopebam spiritum meum (Ps. LXXVI, 6 et 7).

Dicea lo Sposo de' Sacri Cantici: Flores apparuerunt in terra nostra, tempus putationis advenit; vox turturis audita est in terra nostra (Cant. II, 12). Quando l'anima, qual solitaria tortorella, si ritira e si raccoglie nell'orazione a parlare con Dio, allora appariscono i fiori, cioè i buoni desideri; ed allora vien anche il tempo della puta,7 cioè della riforma de' difetti, che nell'orazione si fan conoscere. Puta, dice S. Bernardo, tempus putationis adesse, si meditationis praeivit (De cons., lib. II, c. 6).8 Poiché, altrove dice il santo, la meditazione questo opera, regola gli affetti, indirizza le azioni e corregge i difetti: Consideratio regit affectus, dirigit actus, corrigit excessus (S. Bern., ibid., lib. I, c. 7).9


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3. Per 2. senza orazione non v'è forza di resistere alle tentazioni dei nemici, e di esercitar le virtù cristiane. - L'orazione è come il fuoco a rispetto del ferro, il quale allorch'è freddo, è troppo duro e difficile ad esser lavorato; ma posto al fuoco si ammollisce, e facilmente il fabbro ne fa quel che vuole: Faber ignitum ferrum ictibus mollire satagit, scrisse il Ven. Bartolomeo a Martyribus (De gradu doct. spir., c. 26).10

Per osservare i divini precetti e consigli, bisogna avere un cuor tenero, cioè docile e facile a ricever le impressioni delle celesti ispirazioni, e pronto a metterle in esecuzione; ciò era quello che Salomone domandava a Dio: Dabis ergo servo tuo cor docile (III Reg. III, 9). Il nostro cuore al presente, per causa del peccato, da se stesso è indocile e duro, poich'essendo tutto inclinato a' piaceri del senso, ripugna alle leggi dello spirito, siccome se ne lagnava l'Apostolo: Video autem aliam legem in membris meis repugnantem legi mentis meae (Rom. VII, 23). Ma l'uomo ben si rende poi docile e tenero agl'influssi della grazia, che gli si comunica nell'orazione; ivi al considerare la divina bontà, il grand'amore che Dio gli ha


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portato e gl'immensi benefici che gli ha fatti, s'infiamma, s'intenerisce, e così rendesi facile ad ubbidir poi alle divine voci. Altrimenti senza orazione il cuore resterà duro, restio, disubbidiente, e così si perderà: Cor durum habebit male in novissimo; et qui amat periculum, peribit in illo (Eccli. III, 27).11 E perciò S. Bernardo esortava Eugenio Papa,12 a non lasciar mai l'orazione per causa degli affari esterni: Timeo tibi, Eugeni, ne multitudo negotiorum, intermissa oratione et consideratione, te ad cor durum perducat; quod se ipsum non exhorret, quia non sentit (S. Bern., Lib. 1, de Cons. ad Eugen.).13

4. Sembrerà a taluno tempo ozioso e perduto il tanto trattenersi che fanno l'anime divote all'orazione, potendolo spendere, come dicono, in opere fruttuose. Ma non sanno che l'anime nell'orazione prendon forza, per vincere i nemici ed esercitar le virtù. Ex hoc otio, scrisse S. Bernardo, vires proveniunt.14 Perciò il Signore ordinò che la sua sposa non fosse disturbata dal sonno che prendea: Ne suscitetis neque evigilare faciatis dilectam, donec ipsa velit (Cant. III, 5). Dicesi donec ipsa velit, perché il sonno, o sia riposo che prende l'anima nell'orazione, è tutto volontario, ma insieme è necessario per la vita spirituale. Chi non dorme, non ha forza poi di faticare e di camminare, ma va cadendo per via. La persona che non riposa e non prende forza nell'orazione, non ha forza poi per operare il bene e per resistere alle tentazioni,


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e va cadendo per via. Si legge nella vita della Ven. Suor Maria Crocifissa (L. II, c. 8) che, stando ella in orazione, intese che un demonio si vantava di avere fatta mancare una monaca alla orazione comune, e che poi, seguitando il demonio a tentarla in cosa grave, la povera sorella già stava in pericolo di cadervi; onde la Serva di Dio subito accorse, e col divino aiuto la liberò da quella rea suggestione.15 Vedasi in qual pericolo si mette quella religiosa che lascia l'orazione! Dicea S. Teresa che chi lascia l'orazione mentale, non ha bisogno de' demoni che lo portino all'inferno, ma ch'egli ci si mette da se stesso colle mani sue.16 E l'abbate Diocle dicea: Chi lascia l'orazione, tra breve diventa o bestia o demonio.17

5. Senza le nostre preghiere Iddio non concede i suoi aiuti, e senza i divini aiuti noi non possiamo osservare i precetti; perciò l'Apostolo esortava i suoi discepoli a pregar sempre: Sine intermissione orate (I Thess. V, [17]). Noi siamo tutti poveri mendici: Ego autem mendicus sum et pauper (Ps. XXXIX, [18]). Tutta l'entrata de' poveri è il chieder la limosina a' ricchi; e questa è ancora la nostra ricchezza, il pregare,


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mentre col pregare otteniamo da Dio le sue grazie. Senza pregare, dice il Grisostomo, è assolutamente impossibile il viver bene: Simpliciter impossibile est absque precationis praesidio cum virtute degere.18 E donde mai, dicea il dotto mons. Abelly, deriva tanta rilasciatezza di costumi che si vede, se non dalla mancanza dell'orazione?19 Dio ha tutta la buona volontà d'arricchirci delle sue grazie, ma, come scrive S. Gregorio, vuole esser pregato e quasi forzato dalle nostre preghiere a donarcele: Vult Deus rogari, vult cogi, vult quadam importunitate vinci (S. Greg., In Ps. poenit. 6).20 Chi attende a pregare, è impossibile che cada in peccato: Impossibile est hominem congruo precantem studio umquam peccare, dice il Grisostomo (Hom. 79, ad pop. Antioch.).21 Ed in altro luogo dice che i demoni in veder che preghiamo, subito lasciano di tentarci: Si nos compererint deprecatione munitos, illico resiliunt (Chrys., Lib. 1, de orando Deo).22


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6. Da questa assoluta necessitá che abbiamo di pregare, nasce poi la necessità morale dell'orazione mentale; poiché, non meditando la persona e distraendosi in affari di mondo, poco conoscerà i suoi bisogni spirituali, poco i pericoli della salute, poco i mezzi che dee usare per vincer le tentazioni, e poco conoscerà ancora la stessa necessità che abbiam tutti di pregare: e così lascerà l'esercizio della preghiera, e, non pregando, certamente si perderà.

Il gran vescovo monsignor Palafox nelle sue annotazioni alle lettere di S. Teresa (alla Lettera VIII, nel num. 10) scrisse così: Come può durar la carità, se Dio non ci la perseveranza? Come ci darà la perseveranza il Signore, se non gliela chiediamo? E come gliela chiederemo senza l'orazione? Senza l'orazione non v'è comunicazione con Dio per conservar le virtù.23 E secondo lo stesso sentimento, diceva il cardinal Bellarmino esser moralmente impossibile a chi non medita, il viver senza peccato.24 Dirà taluno: Io non fo orazione mentale, ma dico molte orazioni vocali. Ma in ciò bisogna intendere, come avverte S. Agostino, che per ottener le grazie non basta pregar colla sola voce, ma bisogna ancora pregar


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collo spirito. Scrivendo il santo su quelle parole di Davide: Voce mea ad Dominum clamavi (Psal. CXLI, [2]), dice così: Multi clamant, non voce sua - cioè non colla interna dello spirito - sed corporis. Cogitatio tua clamor est ad Dominum. Clama intus, ubi Deus audit (S. Aug., in Ps. V, 30).25 E ciò appunto è quel che esortava l'Apostolo: Orantes omni tempore in spiritu (Ephes. VI, 18). Le orazioni vocali per lo più si fanno distratte, colla voce del corpo, non del cuore, specialmente se son molte, e più specialmente poi se son fatte da chi non fa orazione mentale; e perciò Dio poco le sente e poco l'esaudisce. Molti dicono il rosario, l'Officio della Madonna, e fanno altre opere esterne di divozione, e pure sieguono a star in peccato; ma chi seguita l'orazione mentale, è impossibile che seguiti a star in peccato: o lascerà l'orazione o lascerà il peccato. Diceva un gran Servo di Dio: Orazione mentale e peccato non possono star insieme. E ciò si vede colla sperienza che quei che fanno l'orazione, difficilmente cadono in disgrazia di Dio; e se mai per disgrazia qualche volta vi cadono, seguitando l'orazione, presto si ravvedono e ritornano a Dio. Siasi un'anima rilasciata quanto si voglia, dice S. Teresa, s'ella persevera nell'orazione, il Signore ben la ridurrà in porto di salute.26

7. Tutt'i santi in somma si son fatti santi coll'orazione mentale. L'orazione è quella beata fornace, in cui si accendono l'anime nel divino amore: In meditatione mea exardescet ignis (Psal. XXXVIII, 4). Dicea S. Vincenzo di Paoli che sarebbe un miracolo vedere un peccatore, che sente le prediche nella missione o negli esercizi spirituali, e non si converte; e pure chi predica e parla negli esercizi non è altri che un uomo; ma nell'orazione mentale quegli che parla all'anima


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è Dio medesimo:27 Ducam eam in solitudinem et loquar ad cor eius (Osee II, 14). Dicea S. Caterina di Bologna: Chi non frequenta l'orazione, è priva di quel legame che stringe l'anima con Dio: onde non sarà difficile che 'l demonio, trovandola sola, la faccia sua. Dicea la santa: Come intenderò che si trovi amor di Dio in quell'anima, che poco si cura di trattar con Dio nell'orazione?28 E dove mai i santi si sono tanto accesi d'amor divino, se non già nell'orazione? Per mezzo dell'orazione S. Pietro d'Alcantara giunse a tale ardore che una volta buttossi a refrigerarsi in uno stagno gelato, e quell'acqua gelata cominciò a bollire come bolle l'acqua d'una caldaia posta sul fuoco.29 S. Filippo Neri nell'orazione tanto s'infiammava


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e talmente tremava, che facea tremare tutta la stanza.30 S. Luigi Gonzaga nell'orazione s'infiammava tanto di divino ardore, che ne appariva infiammata anche la faccia, e 'l cuore gli batteaforte che parea volesse uscirne dal petto.31 Ex oratione, scrisse S. Lorenzo Giustiniani, fugatur tentatio, abscedit tristitia, virtus reparatur, excitatur fervor, et divini amoris fiamma succrescit (De casto connub., cap. 22, n. 4):32 Per virtù dell'orazione si discaccia la tentazione, si allontana la mestizia, si riparo alla virtù offesa, si sveglia il fervor raffreddato e si aumenta l'amabil fiamma del divino amore. Perciò con ragione dicea S. Luigi Gonzaga che chi non fa molta orazione, non mai arriverà ad un grado eminente di virtù.33

8. Un'anima di orazione, dice Davide, è come un albero piantato vicino alla corrente dell'acque, che frutto a suo tempo, e tutte le sue azioni van prospere avanti a Dio: Beatus vir, qui... in lege eius meditabitur die ac nocte! et erit tamquam lignum quod plantatum est secus decursus aquarum, quod fructum suum dabit in tempore suo, et folium eius non defluet; et omnia quaecumque faciet, prosperabuntur (Psal.


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I, 1-3). Notate la parola in tempore suo, cioè in tempo di dover sopportare quel dolore, quell'affronto, ecc.

S. Giovan Grisostomo paragona l'orazione ad una fontana che sta in mezzo ad un giardino: quel giardino che vien sempre innaffiato dall'acque d'una fonte, oh come si vede sempre con fiori e colle piante verdi!34 Tale appunto è un'anima d'orazione; la vedrete sempre crescere ne' buoni desideri e ne' frutti di sante virtù. Dond'ella mai riceve tanti beni? Dall'orazione, da cui viene continuamente irrigata: Emissiones tuae paradisus malorum punicorum cum pomorum fructibus... Fons hortorum puteus aquarum viventium, quae fluunt impetu de Libano (Cant. IV, ex v. 13). Ma fate che nel giardino manchi la fontana, ecco come seccano subito i fiori, le piante e tutto; e perché? perché è seccata l'acqua. Vedrete quella persona, che quando facea l'orazione era tutta modesta, umile, divota e mortificata. Fate che poi lasci l'orazione, e presto la vedrete immodesta cogli occhi, superba, che si risente ad ogni parola, indivota, che poco più frequenta i sagramenti e la chiesa, poco più attende a mortificarsi; e la vedrete attaccata alle vanità, alle conversazioni, a' passatempi ed a' piaceri terreni; e perché? è mancata l'acqua, e perciò è mancato lo spirito: Anima mea... sine aqua tibi... defecit spiritus meus (Psal. CXLII, 6, [7]). Ha lasciata l'orazione, e perciò è seccato il giardino, e la misera va da male in peggio. Quando l'anima lascia l'orazione, il Grisostomo non solo la per inferma, ma per morta: Quisquis non orat Deum nec divino eius colloquio cupit assidue frui, is mortuus est... Animae mors est non provolvi coram Deo (Chrys., lib. I, de orando Deo).


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9. Dice lo stesso santo dottore che l'orazione è la radice di quella vite che fruttifica: Radix vitis frugiferae.36 E S. Giovan Climaco dice: Oratio est propugnaculum adversus impetum afflictionum, virtutum scaturigo, gratiarum conciliatrix (S. Clim., Gradu 28).37 Ruffino dice che tutto il profitto spirituale dell'anime deriva dall'orazione mentale: Omnis profectus spiritualis ex meditatione procedit (In Psalm. 36).38 E 'l Gersone giunge a dire che chi non medita, senza miracolo non può viver da cristiano: Absque meditationis exercitio nullus, secluso miraculo Dei, ad christianae religionis normam attingit (Gers., de medit., consid. 7).39 Parlando dell'orazione disse Geremia: Sedebit solitarius et tacebit, quia levavit se super se (Thr. III, 28). Viene a dire che l'anima non può prender sapore di Dio, se non si ritira dalle creature, e non siede, cioè se non si ferma a contemplare la bontà, l'amore e l'amabilità del suo Dio. Ma quando ella solitaria si raccoglie nell'orazione e tace, cioè si ritira da' pensieri del mondo, allora si solleva sopra se stessa, levavit se super se; ed esce dall'orazione, diversa da quella che vi è entrata. Dicea S. Ignazio di Loiola che l'orazione mentale è la via breve per giungere alla perfezione.40 In somma chi più s'avanza nell'orazione, più


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s'avanza nella perfezione. Nell'orazione l'anima si riempie di santi pensieri, di santi affetti, desideri e risoluzioni sante, e d'amore verso Dio. Ivi gli sagrifica le sue passioni, i suoi appetiti, gli attacchi alla terra e tutti gl'interessi dell'amor proprio.

In oltre nell'orazione possiamo salvare molti peccatori, pregando per essi, come faceva una S. Teresa, una S. Maria Maddalena de' Pazzi41 e come fanno tutte le anime innamorate di Dio, che nell'orazione non lasciano mai di raccomandargli gl'infedeli, gli eretici e tutti i poveri peccatori; pregando anche il Signore che dia spirito a' sacerdoti operari, acciocché li convertano.

Nell'orazione possiamo ancora guadagnare il merito di molte opere che non facciamo, col solo desiderio di farle; giacché il Signore, siccome punisce i desideri cattivi, così rimunera all'incontro ogni buon desiderio che abbiamo.

10. Bisogna poi sovra tutto avvertire a non andare all'orazione per aver consolazioni e tenerezze, ma solo per piacere a Dio, e per intender da lui come vuol esser da noi amato e servito. Diceva il P. Baldassarre Alvarez: L'amare Iddio non consiste nel ricevere i suoi favori, ma nel servirlo solo per dargli gusto.42 E soggiungeva che la consolazione divina è a


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guisa del rinfresco che prende il viandante per la via, non già per fermarsi ivi, ma per passare avanti con maggior lena.43 Quando dunque vi ritrovate arida nell'orazione, e, con tutto il tedio che vi provate, costante la seguite, allora sappiate che molto gradite allo Sposo e fate grandi acquisti di meriti. Dimandategli allora: Gesù mio, perché mi trattate così? Voi m'avete privata di tutto, di robe, di parenti e di volontà, ed io ne sono stata contenta per fare acquisto di voi; ma ora perché ancor di voi mi private? Ditegli ciò con umiltà di affetto, ch'egli vi farà intendere che tutto lo fa perché v'ama e per maggior vostro bene. Diceva il P. Torres: Il portar la croce con Gesù senza consolazione, fa correre anzi volare l'anima alla perfezione.44

Preghiera.

Gesù mio, voi tra le pene avete amato me, tra le pene voglio amarvi ancor io. Voi non avete sparambiato45 niente, siete giunto sino a dare tutto il vostro sangue e la vita per guadagnarvi il mio amore, ed io nell'amarvi avrò da seguire ad essere così scarsa con voi, come ho fatto per lo passato?


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No, mio Redentore, non ha da esser così, mi basti la sconoscenza che vi ho usata per lo passato. A voi consagro tutto il mio cuore. Voi solo meritate tutto l'amor mio, voi solo voglio amare.

Mio Dio, giacché mi volete tutta per voi, datemi forza di servirvi, nella vita che mi resta, come voi meritate. Perdonate le mie tepidezze e le mie infedeltà passate. Quante volte ho lasciata l'orazione per soddisfare i miei capricci! Oimè quante volte io poteva trattenermi con voi a darvi gusto, e mi son trattenuta colle creature a darvi disgusto! Oh tornassero tanti anni da me perduti! Ma se quelli non tornano, il tempo di vita che mi resta ha da essere tutto vostro, amato mio Salvatore. V'amo, Gesù mio, v'amo, mio sommo bene; voi siete ed avete da esser sempre l'unico amato, l'unico amore dell'anima mia.

Oh Madre del bell'amore, Maria, voi impetratemi questa grazia di amare il vostro Figlio, e di spendere la vita che mi resta tutta nel suo amore; voi ottenete quanto volete da Gesù da voi la spero.




1«Diceva che un uomo senza orazione è un animale senza discorso.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 5, n. 19.



2 «Quomodo enim nihil prodest aperire oculos, si sit quisque in tenebris: ita nihil prodest esse in luce, si clausi sint oculi.» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. XXV, Enarratio 2, n. 14. ML 36-196. Parla S. Agostino del cristiano che vive male, il quale «in luce quidem est nonnisi Dei, sed clausis oculis».



3 «Est autem oratio sicut lucerna viam demonstrans.» Diaeta salutis, tit. 2, cap. 5: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668 (iuxta editionem Vaticanam), VI, 284.- Autore: «Fr. GULIELMUS DE LANICIA, O. M.» Cf. Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, Prolegomena.



4 «Oratio est quasi speculum: nam clarius fatic hominem agnoscere defectus suos, vel profectus, quia conscientia lucidius ibi se sibi repraesentat.» De prof.ctu religiosorum, lib. 2, cap. 66: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, VII, 603. Autore: «Fr. DAVID AB AUGUSTA O. M.». Cf. Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, Prolegomena.



5 S. TERESA, Obras, IX, Epistolario, III, pag. 280: Cartas apocrifas, Carta 5, a un Prelado de la Iglesia.- Che questa lettera «a D. Alonso Velazquez, Obispo de Osma» non sia di S. Teresa; che però sia dottrina della Santa Madre scoprirsi a noi nell' orazione i nostri difetti nascosti: vedi nel nostro vol. I, Appendice, 52, pag. 455.



6 «Multo prudentius te illis (nempe nimiis occupationibus) subtrahas vel ad tempus, quam patiare trahi ab ipsis, et duci ce te paulatim quo tu non vis. Quaeris quo? Ad cor durum... Solum est cor durum, quod seipsum non exhorret, quia nec sentit.» S. BERNARDUS, De consideratione, lib. 1, cap. 2, n. 3. ML 182-730.



7 Potagione.- Le edizioni Remondiniane hanno potazione.



8 «Tibi iam praecessisse meditatio debet: tempus faciendi prae manibus... Age ergo, puta tempus putationis advenisse, si tamen meditationis praeivit. Si cor movisti, movenda iam lingua, movenda est et manus.» S. BERNARDUS, De consideratione, lib. 2, cap. 6, n. 13. ML 182-749. Parla qui S. Bernardo al pontefice della estirpazione dei vizi e degli scandali dal mondo. Vale lo stesso per noi: il campo affidato alle nostre cure non è già tutto il mondo, ma l' anima nostra.



9 «Et primum quidem ipsum fontem suum, id est mentem, de qua oritur, purificat consideratio. Deinde regit affectus, dirigit actus, corrigit excessus, componit mores, vitam honestat et ordinat; postremo divinarum pariter et humanarum rerum scientiam confert. Haec est quae confusa disterminat, hiantia cogit, sparsa colligit, secreta rimatur, vera vestigat, verisimilia examinat, ficta et fucata explorat. Haec est quae agenda praeordinat, acta recogitat, ut nihil in mente resideat aut incorrectum, aut correctione egens. Haec est quae in prosperis adversa praesentit, in adversis quasi non sentit: quorum alterum fortitudinis, alterum prudentiae est.» S. BERNARDUS, De consideratione, lib. 1, cap. 7, n. 8. ML 182-737.



10 «Si faber ferrarius nequeat solus in varios usus ferrum mollire, convocat alios ut malleis ferreis concurrentes, quamplurimis ictibus, in quodlibet velint opus, ferrum aptare possint: sic cum propriae voluntatis duritia a nobis frangi nequeat, oportet plures convenire tribulantes et nostri contemptores, qui nos affligere et mortificare valeant. Item ferrum rubigine multa contectum, si in ignem mittatur, primo a rubigine contracta purificatur, secundo rubescit, colorem rutilum ignis assumens, tertio liquescens ad quamvis formam ab artifice imprimendam aptum redditur: sic anima inordinatis affectionibus scatens, si divini amoris igne succedatur, primo quidem purgatur, secundo rubescere ac clarescere incipit, sanctis meditationibus, aspirationibus et caelestibus desideriis quasi colorem sucipiens: si demum in hoc divino igne perduret, mollescit ac liquescit expulsa duritia voluntatis, eiusque proprietate in divniam voluntatem transformata, habilisac flexibilis redditur, et apta, ut in ea divinum fiat beneplacitum tam in secundis quam in adversis.» BARTHOLOMAEUS A MARTYRIBUS, O. P., Archiepiscopus Bracarensis, Compendium mysticae doctrinae, (al. Compendium spiritualis doctrinae), pars 2, cap. 26.



11.... et qui amat periculum, in illo peribit. Eccli. III, 27.



12 Le ediz. napoletane, per evidente errore di trascrizione e in contradizione con la esatta citazione latina, hanno Gregorio.



13 «Hinc prorsus, hinc tibi timui semper et timeo, ne, dilato remedio, dolorem non sustinens, periculo te irrevocabiliter desperatus immergas. Vereor, inquam, ne in mediis occupationibus, quoniam multae sunt, dum diffidis finem, frontem dures, et ita sensim te ipsum quodammodo sensu prives iusti utilisque doloris. Multo prudentius te illis subtrahas vel ad tempus, quam patiare trahi ab ipsis, et duci certe paulatim quo tu non vis. Quaeris quo? Ad cor durum. Nec pergas quaerere quid illud sit: si non expavisti, tuum hoc est. Solum est cor durum, quod semetipsum non exhorret, quia nec sentit.» S. BERNARDUS, De consideratione, lib. 1, cap. 2, n. 3. ML 182-730.



14 Forse allude S. Alfonso a questo passo dell' Abbate GILLEBERTO, (inter Opera S. Bernardi, Epistola 2, ad quemdam Adamum, n. 4, ML 184-293): «Otiosumne tibi nostrum videtur et iners silentium.... in quo et traditur et exercetur ars quaedam velut directam ad lineam progrediendi in Deum, transformandi et transmutandi se in novum hominem....? Perennes omnino hic et fere in promptu sunt radiantes omnino metalli venae, si tamen in altum quis fodere maluerit, quam foris mendicare.»



15 «Trovandosi nell' orazione comune, giunse a ferirle.... l' orecchio una terribile voce, che... tre volte articolò....: Fa guerra, fa guerra, fa guerra.... Argomentò che fosse del nemico: onde sollecita implorò.... il solito patrocinio di Maria, e da questa le fu... rivelato che quel demonio di cui... aveva udita la.... voce, tenea per ufficio nel monastero di tentar le religiose nelle piccole trasgressioni; che assalita tal Sorella... n' era uscito vittorioso, inducendola a mancare dall' orazione comune... Or fattosi il passo per l' apertura di quella difettosa minuzia, voleva avanzarsi a maggiori guadagni....: al che bisognando l' aiuto d' altri suoi infernali compagni, invitavali alla guerra.» Ubbidiente al cenno della Vergine, si porta Crocifissa alla cella della pericolante sorella. Le impedisce l' ingresso il demonio, in figura d' uomo bruttissimo, colle braccia distese in forma di croce. Crocifissa, nel vedere il segno sacrosanto della croce, niene curando di chi lo figurava, disse: Per signum crucis, de inimicis nostris libera nos, Deus noster. A quest' atto, con grida e minacce sparve il tentatore, ma, nel dipartirsi, diede una forte spinta a Crocifissa, la quale per molto tempo ne risentì gravissimo dolore nel braccio. «Restò con questo libera dalla rea suggestione quella religiosa, e lieta oltre modo... dell' ottenuta vittoria la Serva di Dio.» Girolamo TURANO, Vita della Ven. Suor Maria Crocifissa della Concezione, O. S. B. (+1699), lib. 2, cap. 8.



16 «Hizome en est gran bateria el demonio, y pasè tanto en parecerme poca umildad tenerla (la oraciòn), siendo tan ruin, que... la dejè año y medio, al menos un año....; y no fuera màs, ni fuè, que meterme yo mesma, sin haber menester demonios que me hiciesen ir a el infierno.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 19. Obras. I, 139.



17 «Mens quae cogitatione recessit a Dei contemplatione, fit vel daemon vel bestia.» Vitis De Patrum, lib. 8. sive Historia Lausiaca, auctore PALLADIO, cap. 98. ML 73-1190.



18 «Et fieri quidem omnino non posse ut sine precibus (sine precatione) vita cum virtute ducatur, perspicuum esse omnibus existimo.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De precatione, oratio 1. MG 50-777.- Questa oratio, e l' altra che segue, de precatione, sono ormai, con ragione, tenute per genuine (Cavallera, Indices in MG pag. 62, col. 2), quantunque ne abbia dubitato il Montfaucon (MG 50-775 et seq.), il quale però confuta i principali argomenti degli avversari. Espone qui il Grisostomo, colla solita efficacia ed eloquenza, la stessa dottrina che nei suoi Sermones de Anna (MG 54) ed altrove.



19 «Et sane si attente inquirere volumus unde tanta in plerisque sacerdotibus inopia virtutum, unde inordinatio vitae, unde morum corruptela, unde alii quicumque defectus, non erit difficile tot malorums caturiginem deprehendere, scilicet orationis neglectum. Sicut enim, iuxta D. Augustini effatum, «ille novit recte vivere qui novit recte orare», sic, in sensu contrario dicere possumus quod ille nescit recte vivere qui nescit recte orare.» Lud. ABELLY, episc. Ruthenensis (Rodez), Sacerdos christianus seu Manductio ad vitam sacerdotalem pie instituendam, pars 2, cap. 3. Tertia in Germania editio, Coloniae Agrippinae, 1698.- Viene tanto più a proposito questo testo, che il pio vescovo parla qui della preghiera: tratta poi dell' orazione mentale nel seguente capitolo.



20 Expositio in VII Psalmos Poenitentiales, in Ps. 6 (Ps. CIX), n. 2. ML 79-633.



21 «Impossibile enim, impossibile est, inquam, hominem, qua decet alacritate precantem, et assidue Deum orantem, umquam in peccatum incidere.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De Anna, Sermo 4, n. 5. MG 54-666.



22 «Siquidem septos nos precibus viderint (daemones), continuo tamquam fures ac scelesti resiliunt, qui gladium militis capiti appensum cernunt.» IDEM, De precatione, oratio 1 (autentica, come si è detto di sopra, nota 18). MG 50-780.- «Cave ergo ne daemon... animam invadat tuam; ac cum praesentem videris, diligenter ad Dominum confugias. Si enim te oscitantem et segnem viderit, ut desertum diversorium invadet; sin vigilem et intentum caelisque haerentem, ne intueri quidem audebit... Tibi consule, animaeque tuae aditum daemoni occlude. Nihil autem perinde ipsi ingressum ad nos occludere solet, atque oratio et supplicatio assidua.» IDEM, De incomprehensibili, contra Anomaeos, hom. 4, n. 5. MG 48-734.



23 «Come può durar la carità, se Iddio non ci dà la perseveranza? come ce la darà il Signore, se non gliela chiediamo? come gliela chiederemo senza l' orazione? Come dunque può farsi questo sì gran miracolo senza di essa, tolto il canale dell' influenze divine all' anima, ch' è propriamente l' orazione? per qual parte correrà quest' acqua dello Spirito Santo? Dunque senza l' orazione non v' è communicazione con Dio per conservar le virtù acquistate, nè per acquistar le perdute, nè vi è altro mezzo, e, sto per dire, altro rimedio per aver bene». Lettere di... S. Teresa... con le Annotazioni di Mgr. Gio. di PALAFOX E MENDOZA, Vescovo di Osma. Parte 1, lettera 8, (non autentica: vedi sopra, nota 5), annotazione 10.



24 «Ut bene vivamus, fieri non potest sine auxilio Dei, cum scriptum sit: Sine me nihil potestis facere (Io. XV, 5) et Non sumus sufficientes cogitare aliquid a nobis, quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est (II. Cor. III, 5). Igitur auxilium Dei per orationem proprie dictam pelere necesse habemus... Quare... oratio.... mentalis et vocalis necessariae sunt, et de iis verba Domini et Apostoli intelligi debent.» S. ROBERTUS BELLARMINUS, De controversiis, tom. 4, Ultima Controversia principalis, lib.1 (de Oratione), cap. 3.- «Questa meditazione stimò egli tanto necessaria a qualsivoglia fedele, che una volta alla sua Corte disse come non credeva esser alcun crisiano che non vi spendesse almeno un quarto d' ora al giorno, non parendogli che si potessero ben ordinare le azioni senza l' invocazione del favor divino.» Giacomo FULIGATTI, S. I., Vita, 2a ed., Roma, 1644, cap. 35.



25 «Multi enim clamant ad Dominum, non voce sua, sed voce corporis sui... Non ubi homo audit, ibi Deus audit: nisi voce pulmonum et laterum et linguae clames, homo te non audit; cogitatio tua clamor est ad Dominum.» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 141, n. 2. ML 37-1834.- «Clamor ad Deum non est voce, sed corde. Multi silentes labiis, corde clamaverunt: multi ore strepentes, corde averso, nihil impetrare potuerunt. Si ergo clamas, clama intus, ubi audit Deus.» Enarratio in Ps. 30, sermo 3, n. 10. ML 36-254.



26 «Si en ella (en la oraciòn) persevera, por pecados, y tentaciones y caidas de mil maneras que ponga el demonio, en fin, tengo por cierto la saca el Señor a puerto de salvaciòn.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 8. Obras, I, 56.



27 «Donnant un jour aux siens quelques avis touchant l' oraison, il leur dit que «l' oraison était una prédication que l' on se fasait à soi-même pour se convaincre du besoin qu' on avait de recourir à Dieu et de coopérer avec sa grâce pour extirper les vices de notre âme et pour y planter les vertus....» ABELLY, Vie, lib. 3, ch. 7.- «Expliquant la différence qu' il y a entre les pensées qui viennent de nous-mêmes et celles qui nous sont inspirées de Dieu: «Voyez, dit-il, la difference qu' il y a entre la lumiére du feu et celle du soleil; pendant la nuit notre feu nous éclaire, et par le moyen de sa lueur nous voyons les choses, mais nous ne les voyons qu' imparfaitement, nous n' en decouvrons que la superficie, et cette leur ne va pas plus avant: mais le soleil replit et vivifie tout par sa lumiere; il ne decouvre pas seulement l' extérieur des choses, mais par une vertu secrète il pénètre au dedans, il les fait agir et les rend même fructueuses et fertiles, selon la qualitè de leur nature. Or, les pensées et les considérations qui viennent de notre entendement ne sont que des petits feux qui montrent seulement un peu le dehors des objets, et ne produisent rien davantage; mais les lumières de la grâce que le soleil de justice répand dans nos âmes, découvrent et pénétrent jusqu' au fond et au plus intime de notre coeur, qu' elles excitent et portent à faire des productiones merveilleuses. Il faut donc demander à Dieu que ce soit lui-même qui nous éclaire et qui nous inspire ce qui lui est agréable.» ABELLY, Vie, liv. 3, ch. 7. section unique.



28 «Fu sentita dir più volte....: «Quando vedrete una persona religiosa che non si dà all' orazione, non fate gran fondamento sopra di lei... Chi non frequenta l' orazione, e chi non ne gusta, non ha in sè quel legame che ci tiene annodati e stretti con Dio; onde non sarà gran fatto che il mondo e il demonio, trovandolo così solo, l' inducano a collegarsi con loro.... Chi mi darà ad intendere che in quell' anima si trovi l' amor di Dio, se ella non si cura di trattar mai con lui nell' orazione; se le rincresce di pensare alle cose di Sua Divina Maestà; se le par lungo e malamente speso quel tempo che si spende in conversare famigliarmente e trattenersi seco; se le viene nausea e tedio per la prolissità delle divine lodi?....» Giac. GRASSETTI, S. I., Vita, lib. 3, cap. 2.



29 «Quadam die huius incendii divini fiamma etiam corpus sibi correptum sentiens, procurrebat in hortum, ibique se totum usque ad collum congelato stagno promptius immersit: tanto vero temporis spatio in eodem permansit, quanto cuicumque alteri ad exstinguendum omnem calorem naturalem, ispsamque etiam vitam certo suffecisset: miro tamen divinae caritatis prodigio visum est gelu resolvi, stagnumque instar ferventis ollae ebullire.» LAURENTIUS A S. PAULO, Vita, lib. 4, n. 221: inter Acta SS. Bollandiana, 19 octobr.



30 «Gli cominciò la palpitazione del cuore, durandogli per tutta la vita; solendogli occorrere solamente quando faceva qualche azione spirituale, come in far orazione, in dir Messa....: cagionandogli un tremore così veemente, che pareva che 'l cuore gli volesse uscir fuori del petto: facendo alle volte tremar la sedia, altre volte il letto, e tal volta ancora l' istessa camera, come se fosse stata agitata, per così dire, dal terremoto.» BACCI, Vita, lib. 1, cap. 6, n. 4.



31 «Tra il giorno ed in mezzo delle occupazioni, era visitato da Dio con grandissime consolazioni, le quali non erano solamente di passaggio, ma duravano alle volte un' ora e più; e gli riempivano l' anima in modo, che ridondando nel corpo pareva che tutto avvampasse di celeste ardore, e mostrava nel rossore della faccia il fuoco che di dentro aveva. Altre volte se gli accendeva in sì fatto modo il cuore di questa divina fiamma, che coll' assiduo ed importumo palpitare, pareva gli volesse saltare fuori dal petto.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 8.



32 «Ex munda oratione depuratur animus, exhilaratur affectus, pascitur caritas, appetitus dilectionis augetur, certificatur fides, convalescit spes, exsultat spiritus, viscera quatiuntur, pacificatur cor, ignis accenditur, veritas aperitur, fugatur tentatio, abscedit tristitia, renovatur sensus, virtus debilitata reparatur, excitatur fervor, fugatur tepor, vitiorum rubigo consumitur, caelestium desideriorum scintillae emicant, et divini amoris fiamma succrescit.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De casto connubio Verbi et animae, cap. 22. Opera, Venetiis, 1721, pag. 166.



33 «Soleva dire che «chi non è uomo d' orazione e di raccoglimento, è quasi impossibile che arrivi a perfetta vittoria di se medesimo, ed a grado eminente di santità e di perfezione, come l' esperienza stessa dimostra.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 7.



34 «Nobis... vita est in precibus traducenda, iisque mens perpetuo irriganda: non enim minus, quam arbores aquis, illis nos indigemus universi. Nam neque illae possun esse fructuosae nisi humorem radicibus ebibant; neque nos pretiosissimae pietatis fruges fundere, nisi precibus irrigemur.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De precatione, oratio 1. MG 50-779.



36 «(Profiteor) deprecationem caput esse bonorum operum, basim ac radicem vitae frugiferae.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De orando Deum, lib. 1. Opera, V, Venetiis, 1574 fol. 111, col. 2, 3: Opera, V, Parisiis, 1581.- De precatione, orantio 1: MG 50-778. - S. Alfonso, nelle sue note, avrà scritto o letto vitis frugiferae invece di vitae frugiferae: errore senza importanza, non essendo cambiato il senso.



37 «Oratio, si ipsius... spectes.... vim seu efficaciam, (est) mundi conservatio, Dei reconciliatio, mater macrimarum et iterum filia, propitiatio peccatorum, pons tentationum, propugnaculum adversus impetum afflictionum, officium angelorum, omnium spirituum alimentum, futura laetitia, actio sempiterna, virtutum scaturigo, gratiarum divinarum conciliatrix, profectus spiritualis, nutrimentum animae, mentis illustratio, securis desperationis, spei demonstratio, tristitiae solutio, divitiae monachorum, thesaurus solitariorum, irae diminutio, speculum religiosi profectus, dimensionum index, status declaratio, futurorum significatio, gloriae futurae indicium.» S. IO. CLIMACUS, Scala Paradisi, gradus 28. MG 88-1130.



38 In LXXV Davidis Psalmos Commentarius, (opera d' incerto autore, attribuita da parecchi a Rufino), in Ps. 36, v. 30. ML 21-782.



39 «Absque meditationis exercitio nullus, secluso miraculo Dei speciali, ad perfectionem contemplationis dirigitur aut pervenit, nullus ad rectissimam christianae religionis normam attingit, imo vix se componit.» IO. GERSONIUS, Tractatus consolatorius de meditatione, consideratio 7. Opera, III, Antwerpiae, 1706, pag. 451.



40 «Il N. P. Ignazio diceva (come riferisce il P. Diego Mirone, uno de' suoi più cari figli), che la meditazione e l' apparecchiamento dell' animo, lega in certo modo le mani alla natura troppo licenziosa, onde poi riesce agevole il vincerne le viziose inclinazioni senza gran ripugnanza.» BARTOLI, Vita, lib. 4, § 37, Torino, 1825, pag. 163.



41 Per santa Teresa, vedi YEPES, Vita, lib. 3, cap. 25, 26; RIBERA, Vita, lib. 4, cap. 11; per santa Maria Maddalena de' Pazzi, PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, dal cap. 98 al cap. 103. Del resto, queste due sante furono così sollecite nel guadagnar anime a Dio e nel comunicar l' ardore del loro zelo, che potrebbe dirsi essere stata questa la loro propria vocazione. In prova di ciò, tutto dovrebbe riferirsi delle loro vite, come pure delle Opere dell' una e delle rivelazioni dell' altra.



42 «Insegnava a coloro che con lui trattavan di spirito, ed altamente sentivan pungersi il cuore,  per parer loro di non amare Dio con fervore, insegnava, dico, che anche in questo stato ch' erano, incominciassero ad amarlo: prima col tolerarlo, se giudichino esser da lui poco ben trattati; secondo, contentandosi di ciò che loro concede ed avendolo a dono singolare; terzo, sieno anche contenti, quantunque sien per aspettarlo nelle sue tardanze, nè giudicar le debbono troppo lunghe, ma brievi ed opportune, e come ricchi testori, giacchè quegli delle anime pure e limpide non consistono in aver beni da Dio, ma in tener Lui soddisfatto; quarto facendogli i maggiori servigi e più frequenti che potranno, con intenzion pura pura di piacergli. Avvenganchè in quella guisa che un' onestissima consorte mostra il suo amore al suo sposo facendo quanto può per piacergli, e, se si adorna e si rabbelisce, il fa per piacere a lui solo, e non altrui....: non in altra maniera l' anima che ama Dio con attenzione, tutte le sue contentezze ha poste in ciò ch' ei sia soddisfatto, e se brama gli adornamenti delle virtù, delle scienze, e d' altre grazie, non è per piacere agli uomini, o perchè la stimino, perchè ciò stima una certa specie di tradimento nel santo spiritual coniugio, ma solo per piacere al suo Sposo Iddio, e per aiutar altri, i quali gli piacciano; che se Iddio le toglie le consolazioni, i favori, le grazie, datele senza suo merito, ma per mera bontà di lui, e benchè sia calpestata e dispregiata, nulla perde del sereno del cuore e del tranquillo del volto, perchè così vuol Dio, nel cui beneplacito ha stabilito tutto il suo bene: et sic placens Deo, erit dilectus: e quegli che in questa maniera piacerà a Dio, sarà l' eletto e diletto di Dio, e s' avvantagierà nell' eccellenza dell' amor suo, e nelle dovizie e ricchezze che da lui si diramano.» Ven. Lodovico DA PONTE, S. I., Vita, cap. 49, pag. 493, 494.



43 «Un' altra volta dice: «Intesi che Iddio ristrigne la sua benefica mano nel regolare le sue spirituali consolazioni, perchè è così conveniente al suo ossequio. Imperciocchè tanto più l' anima è preparata e disposta, quanto più si rassomiglia al suo Redentore, ilq uale, mentre visse tra noi, tutta passò la sua vita di pena in pena, e la sua benedettissima anima fu un continuo ricetto di desolazioni e maninconie. La consolazione debb' essere a guisa del rinfresco che il viaggiante prende all' albergo in campagna, non per fermarsi quivi, ma per passare innanzi con più animo e vigore.» Op. cit., l. c., pag. 492.



44 «Il portar la croce con Gesù senza consolazione, non fa perdere lo spirito, ma fa correre, anzi volare l' anima alla perfezione. Disce dunque pati fortiter et Christiformiter; nè si sgomenti, np si lamenti più.» Lod. SABBATINI d' Anfora, Vita, lib. 4, cap. 1.



45 Risparmiato.






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