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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO III

Il peccato ingiuria Dio, lo disonora e con ciò sommamente l'amareggia. Non vi è amarezza più sensibile, che il vedersi pagato d'ingratitudine da una persona amata e beneficata. Con chi se la piglia il peccatore? ingiuria un Dio che l'ha creato e l'ha amato tanto, ch'è giunto a dare il sangue e la vita per suo amore; ed egli commettendo un peccato mortale lo discaccia dal suo cuore. In un'anima che ama Dio, viene Dio ad abitarvi. «Si quis diligit me, Pater meus diliget eum et ad eum veniemus, et mansionem apud eum faciemus» (Io. 14. 23). Notisi: «Mansionem faciemus», Dio viene nell'anima per istarvi sempre, sicché non la lascia, se l'anima non lo discaccia: «Non deserit, nisi deseratur», come si dice nel Tridentino.1 Ma, Signore, Voi già sapete che quell'ingrato fra un altro momento già vi caccerà,2 perché non vi partite ora? che volete aspettare ch'egli proprio vi discacci? lasciatelo, partitevi, prima ch'egli vi faccia questa grande ingiuria. No, dice Dio, Io non voglio partirmi, sino che proprio esso non mi discaccia.3

Dunque, allorché l'anima consente al peccato, dice a Dio: Signore partitevi da me: «Impii dixerunt Deo, recede a nobis» (Iob. 21. 14). Non lo dice colla bocca, ma col fatto: «Recede, non verbis, sed moribus», dice S. Gregorio.4 Già sa il peccatore che Dio non può stare col peccato; vede già che peccando dee partirsi Dio; onde gli dice: Giacché Voi non potete starvi col mio peccato, e Voi partitevi, buon viaggio. E cacciando Dio dall'anima sua, fa ch'entri immediatamente il demonio, a prenderne il possesso. Per quella stessa porta, per cui esce Dio, entra


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il nemico: «Tunc vadit, et assumit septem alios spiritus secum nequiores se, et intrantes habitant ibi» (Matth. 12. 45). Quando un bambino si battezza, il sacerdote intima al demonio: «Exi ab eo, immunde spiritus, et da locum Spiritui Sancto».5 Sì, perché quell'anima, ricevendo la grazia, diventa tempio di Dio. «Nescitis, quia templum Dei estis?» (1. Cor. 3. 16). Ma quando l'uomo consente al peccato, fa tutto l'opposto: dice a Dio che sta nell'anima sua: «Exi a me, Domine, da locum diabolo». Di ciò appunto si lamentò il Signore con santa Brigida,6 dicendo ch'egli dal peccatore è come un re discacciato dal proprio trono: «Sum tanquam rex a proprio regno expulsus, et loco mei latro pessimus electus est».

Qual pena avreste voi, se riceveste un'ingiuria grave da taluno che aveste molto beneficato? Questa è la pena che avete data al vostro Dio, ch'è giunto a dar la vita per salvarvi. Il Signore chiama il cielo e la terra quasi a compatirlo, per l'ingratitudine che gli usano i peccatori. «Audite coeli desuper, auribus percipe terra; filios enutrivi, et exaltavi, ipsi autem spreverunt me» (Is. 1. 2). In somma i peccatori coi loro peccati affliggono il cuore di Dio: «Ipsi autem ad iracundiam provocaverunt, et afflixerunt spiritum sanctum eius» (Is. 63. 10).

Dio non è capace di dolore, ma se mai ne fosse capace, un peccato mortale basterebbe a farlo morire di pura mestizia, come dice il P. Medina (de Poenitent.):7 «Peccatum mortale, si possibile esset, destrueret ipsum Deum, eo quod causa esset tristitiae in Deo infinitae». Sicché, come dice S. Bernardo,8 «peccatum quantum in se est, Deum perimit». Dunque il peccatore, allorché commette un peccato mortale, per così dire il veleno a Dio; non manca per lui di torgli la vita. «Exacerbavit


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cerbavit Dominum peccator» (Hebr. 10. 4).9 E secondo dice S. Paolo, si mette sotto i piedi il Figlio di Dio: «Qui Filium Dei conculcaverit» (Hebr. 10. 29). Mentre disprezza tutto ciò che ha fatto e patito Gesu-Cristo per togliere il peccato dal mondo.

Affetti e preghiere

Dunque, mio Redentore, sempre ch'io ho peccato, vi ho discacciato dall'anima mia, ed ho posto l'opera per togliervi la vita, se mai Voi aveste potuto morire! Or sento, che Voi mi domandate: «Quid feci tibi, aut in quo contristavi te? responde mihi».10 Che male t'ho fatto io (mi dite), che disgusto t'ho dato, che tu m'hai dati tanti disgusti? Signore, mi chiedete che male m'avete fatto?11 mi avete dato l'essere, e siete morto per me. Ecco il male che mi avete fatto. Che voglio dunque rispondervi? vi dico che merito mille inferni; avete ragione di mandarmici. Ma ricordatevi di quell'amore12 che vi fe' morire per me sulla croce: ricordatevi del sangue sparso per amor mio, ed abbiate pietà di me. Ma già intendo: Voi non volete ch'io disperi;13 anzi mi fate sapere che state alla porta del mio cuore, dal quale vi ho discacciato, e bussate colle vostre ispirazioni per entrarvi. «Sto ad ostium, et pulso».14 E mi dite che v'apri: «Aperi mihi, soror mea».15 Sì, Gesù mio, io ne discaccio il peccato, me ne dolgo con tutto il cuore, e v'amo sopra ogni cosa: entrate, amor mio, la porta è aperta; entrate e non vi partite più da me. Stringetemi a Voi col vostro amore, e non permettete ch'io abbia16 a sciogliermi più da Voi. No, mio Dio, non ci vogliamo più separare, io v'abbraccio e vi stringo al mio cuore; datemi Voi la santa perseveranza. «Ne permittas me separari a Te».17

Maria Madre mia, soccorretemi sempre: pregate Gesù per me; ottenetemi ch'io non abbia da perdere più la sua grazia.




1 [16.] Conc. Trident., Sessio VI, Decretum de iustificatione, c. II: «Deus namque sua gratia semel iustificatos non deserit, nisi ab eis prius deseratur».



2 [17.] caccerà) caccierà VR BR1 BR2.



3 [20.] non mi discaccia) non mi vedo discacciato NS6.



4 [24.] S. GREGORIUS M., Moralia in Iob, l. XV, c. 44; PL 75, 1106: «Haec verbis dicere vel stulti minime praesumunt; sed tamen perversi omnes Deo recede, non verbis, sed moribus dicunt».



5 [4.] Rituale Romanum, Ordo Baptismi: «Exi ab eo, immunde spiritus, et da locum Spiritui Sancto Paraclito».



6 [8.] S. BIRGITTA, Revelationes, l. I, c. I; Coloniae Agrippinae 1628, I: «Sed nunc ex toto oblitus, et neglectus sum et contemptus, et tamquam rex a proprio regno expulsus. In cuius loco latro pessimus electus est, et honoratus».



7 [21.] MEDINA IO., De poenitentia, I, tr. 3 de satisfactione, q. I; Ingolstadii 1581, 248: «Peccatum... de se est aptum auferre a Deo bonum infinitum, imo et totum suum esse, ex eo scilicet quia, si Deus esset capax tristiae, sicut est homo, iniuria et offensa contra Deum commissa de se esset illativa tristiae Deo offenso, et ex consequenti privaret Deum sua felicitate, cum qua nulla tristitia se compatitur, et ex consequenti privaret eum divinitate, et per consequens suo esse».



8 [24.] S. BERNARDUS, Sermo III in tempore resurrectionis, n. 3; PL 183, 290: «Ipsum, quantum in ipsa est, Deum perimit voluntas propria. Omnino enim vellet Deum peccata sua aut vindicare non posse, aut nolle, aut ea nescire. Vult ergo eum non esse Deum, quae quantum in ipsa est, vult eum aut impotentem, aut iniustum esse aut insipientem».



9 [1.] Ps., 10 secundum Hebraeos, 4. Nella versione greca e nella Volgata latina i salmi 9 e 10 ne formano uno solo.



10 [9.] Missale Romanum, Feria VI in Parasceve, Improperia.



11 [11.] mi chiedete che male m'avete fatto, om. BR1 BR2.



12 [14.] quell'amore) quest'amore NS7.



13 [16.] disperi) mi disperi BR2.



14 [19.] Apoc., 3, 20.



15 [19.] Cant., 5, 2.



16 [23.] ch'io abbia) ch'abbia BR1 BR2.



17 [26.] Oratio: Anima Christi (cfr. la nota ultima della Cons. XIV, p. 138.)






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