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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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§ 2 - De' mezzi e degli atti d'amore

che dee praticare una religiosa verso Gesù Cristo.

1. Il Signore intima a tutti gli uomini il precetto d'amarlo e da tutti vuol essere amato con tutto il cuore: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo.1 Ma specialmente vuol essere amato con tutto il cuore dalle religiose, elette per sue spose ed a tal fine favorite di tanti lumi e grazie speciali, acciocch'elle non attendano ad amare altri ch'esso amantissimo sposo. Dicea S. Teresa essere un gran favore il favor che fa Dio a quell'anime che chiama al suo divino amore.2 Sorella


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benedetta, una di queste anime fortunate già siete voi. Ma per dedicarvi tutta ad amare il vostro Sposo, com'egli desidera, bisogna ancora che prendiate con fortezza i mezzi.

2. Il primo mezzo è il desiderare con ardore di giungere a questo perfetto amore, sicché il vostro cuore sia tutto suo. - I desideri ardenti son già le ale, con cui han volato i santi ad unirsi con Dio con amor perfetto. Se mai non avete voi questo desiderio, almeno chiedetelo a Dio; perché senza questo, non potrete mai arrivare a qualche grado di santità; ed all'incontro con questo desiderio presto vi giungerete.

Lasciò scritto S. Teresa alle sue figlie diversi belli sentimenti su tal punto. In un luogo dice così: I nostri pensieri sieno grandi, che di qua verrà il nostro bene.3 In altro luogo dice: Non bisogna avvilire i desideri, ma confidare in Dio, che, sforzandoci noi, a poco a poco potremo arrivare dove colla sua grazia arrivarono i santi.4 Ed ella poi attestava per esperienza di non aver veduta alcun'anima codarda che in molti anni avesse camminato tanto, quanto l'anime generose in pochi giorni,5 poiché diceva: Il Signore


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si compiace talmente de' desideri, come già fossero eseguiti.6

Oltreché, dice S. Gregorio che quell'anima la quale colla mente intiera desidera Dio, già l'ottiene;7 la mente intiera significa una mente spogliata e vuota degli affetti di terra. E questo è il secondo mezzo.


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3. Il secondo mezzo necessario per amar Dio con tutto il cuore, è il distacco da ogni amore che non è per Dio. - Egli vuol essere solo a possedere i nostri cuori e non vuole compagni. Narra S. Agostino (Lib. I, de cons. etc., c. 12) che 'l Senato romano, dopo aver adorato trentamila dei, negò l'adorazione al Dio de' Cristiani, dicendo che questi era un Dio superbo, che voleva esser solo, senza compagni.8 Ma il nostro Dio giustamente ciò pretende, mentr'egli è l'unico vero Dio: ed è anche l'unico nostro vero amante, il quale, perché ci ama assai, vuol essere amato da noi con tutto il nostro cuore.

L'amar Dio con tutto il cuore importa due cose:

Importa per prima discacciare dal cuore ogni affetto che non è per Dio. Dicea l'innamorato S. Francesco di Sales: S'io sapessi d'aver nel mio cuore una fibra che non fosse di Dio, me la vorrei subito strappare.9 Se il cuore non si vuota


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della terra, non può entrarvi l'amore di Dio. All'incontro in un cuor distaccato dalle creature, oh come si accende e sempre cresce il santo fuoco dell'amor divino! Dicea S. Teresa: Distacca il cuore dalle creature e cerca Dio, che lo ritroverai.10 Il Signore non sa negarsi a chi lo cerca: Bonus est Dominus... animae quaerenti illum (Thren. III, 25). Egli si tutto a chi lascia tutto per suo amore, come già disse a S. Teresa: Ora che tu sei tutta mia, io son tutto tuo.11 E lo stesso dice a voi, se voi vi spogliate di tutto per esser tutta sua. Scrisse il P. Segneri iuniore ad un'anima spirituale: L'amor divino è un caro ladro che ci spoglia di tutti gli affetti, sino a poter dire un'anima al suo amato: E che altro voglio io, se non solo voi mio Signore?12 Così similmente scrisse S. Francesco di Sales: Il puro amor di Dio consuma tutto ciò che non è Dio, per convertire ogni cosa in sé; poiché tutto quello che si fa per amor di Dio, è amore.13 Si legge nella vita del Ven. P. D. Giuseppe Caracciolo teatino, ch'essendogli morto un fratello, e ritrovandosi cogli altri suoi parenti, egli disse loro: Eh via, serbiamo queste lagrime per migliore occasione, per piangere la morte di Gesù Cristo, che ci è stato padre, fratello e sposo, ed è morto


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per nostro amore.14 E così parimente ogni religiosa dovrebbe riserbare tutte le sue tenerezze ed affetti solo per Gesù suo sposo.

4. Diceva il B. Giuseppe Calasanzio che la vera religiosa è quella che può dire con verità: Deus meus et omnia: Dio mio, voi siete il mio tutto.15 Ricordatevi, sorella, che quando vi sposaste con Gesù Cristo voi diceste: Regnum mundi et omnem ornatum saeculi contempsi propter amorem Iesu Christi, quem amavi, in quem credidi, quem dilexi.16 Io, diceste, ho rinunziato al mondo ed a tutte le sue pompe per amore dello Sposo mio, che ho conosciuto essere il più amabile tra tutti gli sposi, e perciò in lui ho collocati tutti gli affetti miei e tutte le mie speranze. E pertanto quando le creature pretendono d'entrar nel vostro cuore, licenziatele dicendo loro che vi trovate donato il vostro cuore a Gesù Cristo. onde non c'è ivi più luogo per esse.

L'amor divino è quello che fa diventare il monastero un mondo al rovescio, dove si odia quel che il mondo stima, e si ama quel che il mondo odia.

5. Sovra tutto per amar Gesù Cristo con tutto il cuore, bisogna che neghiamo noi stessi, abbracciando quel che dispiace all'amor proprio, e privandoci di quel che l'amor proprio dimanda. Stando una volta S. Teresa inferma, le fu portata una vivanda, ma la santa non volle cibarsene; l'infermiera le disse che la mangiasse, perché era ben fatta; ma la santa rispose: E perciò io non la mangio, perch'è ben fatta.17


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E così noi dobbiamo privarci di quelle cose che ci piacciono, perché ci piacciono: perciò dobbiamo voltare gli occhi e non mirar quell'oggetto, perché quell'oggetto è piacevole a vedersi: perciò astenerci da quel divertimento, perché ci abbiamo genio; perciò servire quella sorella ingrata, perché ci è ingrata: perciò prender quella medicina amara, perch'è amara.

Badate, dice S. Francesco di Sales, che il nostro amor proprio vuol aver parte in tutte le cose, anche più sante, e ci fa parere che niuna cosa è buona, dov'esso non ci trova la propria soddisfazione.18 Quindi dicea il santo che anche le virtù dobbiamo amarle con distacco: per esempio, bisogna amar l'orazione, la solitudine; ma quando elle ci vengono impedite o dall'ubbidienza o dalla carità, non dobbiamo inquietarcene, ma abbracciare con pace qualunque avvenimento che ci accade per voler di Dio contra la nostra inclinazione.19 Diceva


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ancora il Ven. P. Baldassarre Alvarez che 'l Signore spesso comanda alle creature che ci voltino le spalle e ci abbandonino, acciocché noi corriamo a lui; ma prima che quelle ci lascino, lasciamole noi e andiamo a stringerci con Dio.20


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6. Iustorum autem semita, quasi lux splendens, procedit et crescit usque ad perfectam diem (Prov. IV, 18). Dice il Savio che la vita de' giusti sempre cresce, sino che giunge a giorno perfetto. Or chi arriva a questo perfetto giorno? Chi vuole o non vuole quello che vuole o non vuole Iddio; senza inchinare a niuna cosa, fin tanto che non ravvisi qual sia la divina volontà. Perciò bisogna pregare come pregava il mentovato P. Alvarez: Signore, fatemi trovar quiete in tutto ciò che farete di me, secondo la vostra volontà; io per me non domando ne più diletti ne meno travagli.21 Oh come vive felice chi vive distaccato da tutto! Persuadiamoci che niuno sta più contento nel mondo di chi disprezza tutti i suoi beni e vuol solo Dio. E perciò bisogna che ciascuno viva in questa terra come in un deserto, dicendo: Qui non v'è altri che io e Dio.

E con quest'animo di spogliamento procurate voi, sposa benedetta del Signore, di rinnovare ogni giorno i voti religiosi di povertà, castità e ubbidienza, intendendo di spogliarvi d'ogni attacco alle robe, ai piaceri ed alla propria volontà. Questa rinnovazione de' voti fatela con brevi parole, acciocché la facciate più facilmente e più spesso. Basta che dite: Gesù mio, per amor vostro rinnovo i voti, e propongo di osservarli esattamente; vi prego a donarmi la grazia d'esservi fedele.

7. Il terzo mezzo per ottenere il perfetto amore a Gesù Cristo è il meditare spesso la sua Passione. - Dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi che la religiosa, essendo stata fatta degna d'esser sposa del Crocifisso, in tutta la sua vita


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ed in tutte le sue azioni non dee altro rimirare che Gesù crocifisso, e non occuparsi in altro che nel considerare l'amore che l'ha portato questo divino sposo.22 Se taluno patisse per amore d'un suo amico ingiurie, percosse e carcere, quanto avrebbe poi a caro che l'amico lo sapesse e spesso se ne ricordasse? Ma se quell'amico, allorché gli vien parlato di ciò, mutasse discorso e non volesse né anche pensarvi, qual pena darebbe all'altro il vedere tanta ingratitudine? Or questa pena appunto dal canto loro danno a Gesù Cristo quell'anime che poco pensano a' dolori ed alle ignominie sofferte dal Signore per loro amore. All'incontro molto gli gradiscono quelle che continuamente si ricordano e considerano la sua Passione. Io dico che l'unico soggetto di tutte le meditazioni d'una religiosa dovrebbe esser la Passione di Gesù Cristo; almeno dee meditarla una volta il giorno.

8. A questo fine par che l'amante nostro Redentore, come dissi in altro luogo, per somministrare diversi misteri da meditare all'anime sue dilette, ha voluto patire diverse specie di dolori e di vituperi, ligature, schiaffi, flagelli, spine, sputi e chiodi: perciò ha voluto rappresentarsi a noi penante in diverse sembianze, ora sudando sangue nell'orto, ora ligato in mezzo


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a' soldati, ora vestito con veste bianca da pazzo, ora lacerato da' flagelli, ora col capo circondato da spine qual re di dolori e di scherni, ora andando alla morte col suo patibolo sulle spalle, ora appeso a tre uncini sulla croce, ora morto su quel letto di dolore col fianco aperto. - Ma si avverta che la Passione di Gesù non dee da noi meditarsi per aver consolazioni di spirito e tenerezze, ma solo per infiammarci nell'amor del nostro Redentore, e per intender da lui che cosa egli vuole da noi; offerendoci noi all'incontro a patire ogni pena per suo amore, giacch'egli ha voluto tanto patire per amor nostro. Rivelò il Signore ad un santo solitario che non v'è esercizio più atto ad accendere il divino amore, quanto il meditar la sua Passione.23

9. Il quarto mezzo per giungere all'amor perfetto è l'esercitarsi spesso in atti d'amore. Siccome il fuoco si mantiene acceso colle legna, così l'amore cogli atti.

Chi ama, per 1. si rallegra del bene che gode l'amato, e questo si chiama amore di compiacenza. Perciò, sorella, voi spesso rallegratevi della felicità infinita del vostro Dio, e compiacetevene più che se fosse vostra, mentre voi dovete amare il vostro Sposo più di voi stessa; e questa dee esser la vostra allegrezza, il pensare che al vostro amato niente manca e niente mai potrà mancare in eterno per essere infinitamente beato. Perciò dovete ancor consolarvi in sapere che tanti milioni d'angeli e santi l'amano perfettamente in cielo. Così anche dovete rallegrarvi quando intendete esservi in questa terra alcun'anima che ama assai Gesù Cristo.

Per 2. chi ama desidera che il suo diletto sia amato da tutti, e questo è l'amore di benevolenza, che dovete anche


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voi esercitare, desiderando che Gesù Cristo sia da tutti ardentemente amato. Perciò conviene che voi spesso parliate cogli altri del suo amore, affin di accenderlo in tutti i cuori delle persone con cui vi trovate a conversare. Dovete di più desiderare di vedere il vostro Sposo conosciuto ed amato da tutti coloro che non lo conoscono o non l'amano. - E questa dee esser l'unica vostra pena, di vederlo disprezzato da tanti. Bella sposa affezionata sarebbe colei, che mirasse il suo sposo ingiuriato e ferito, e poco se ne curasse! Tanto più poi dovete voi dolervi de' disgusti che vi ricordate d'avergli dati per lo passato; per cui dovete replicar sempre gli atti di contrizione, la quale si chiama amor doloroso.

10. Per 3. chi ama antepone l'oggetto amato a tutti gli altri beni, e questo è l'amor di preferenza, col quale principalmente vuole Iddio essere amato da noi. - Il primo grado di questo amore è quando noi stiam disposti a perdere ogni altro bene prima che la grazia di Dio. Forse pretende troppo il Signore da noi, con pretendere che lo preferiamo alle cose di questo mondo? E che sono mai tutte l'altre cose a rispetto di Dio? L'imperator Domiziano tentò S. Clemente ad adorare gl'idoli, col presentargli, in mercede di tale empietà, ori, argenti e gemme; il santo allora non fece altro che dare un gran sospiro, piangendo in vedere il suo Dio paragonato a cose di terra.24


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Noi dovressimo vergognarci di dire a Dio: Signore, io v'amo più d'ogni cosa; poiché ciò è come se dicessimo ad un re: Signore, io vi stimo più della paglia e del loto. Ma Dio si contenta che l'amiamo più delle creature, le quali a rispetto di Dio sono infinitamente meno che non è la paglia e il loto a rispetto d'un re. Diceva il P. Vincenzo Carafa della Compagnia di Gesù che s'egli avesse posseduto tutto il mondo, in nominar Dio, subito gli sarebbe caduto di mano.25 Bisogna dunque vivere con questa disposizione, di perder tutto, robe, stima e vita, prima che perdere Dio. Bisogna dire con S. Paolo: Né la morte, né la vita, né l'inferno, né altra creatura potrà separarci dal nostro Dio.26

È un gran tesoro, diceva il P. Alvarez, che l'anima sia giunta a sperimentare che più non può vivere senza Dio.27 Ma l'anima che aspira al perfetto amore non solo dee star pronta a morir prima mille volte che offender Dio con peccato grave ed anche con peccato veniale avvertito, ma dee anteponere il gusto di Dio ad ogni sua soddisfazione, e star disposta a patir ogni pena, per incontrare il maggior gusto del suo Signore. Pensate, sorella, che Gesù Cristo è giunto a preferir la vostra salute alla sua medesima vita; non è gran cosa dunque, anzi è niente, che voi preferiate il suo gusto ad ogni altro vostro bene.

11. Per 4. chi ama non ricusa, anzi gode di patire per la persona amata, per darle così un contrassegno del suo amore.

Così ha fatto Gesù Cristo per dimostrarci l'amor suo. E chi desidera di patire per Gesù, desidera o almeno abbraccia con pace le occasioni di patire. Le tribulazioni spianano, per così dire, la via all'anime amanti per gire ad unirsi con Dio; mentre allora si stringono ad esso con amore più forte. Diceva il


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P. Baldassare Alvarez: Chi si rassegna con pace ne' travagli al voler divino, corre a Dio per le poste.28 In somma a chi ama Dio tutti gli avvenimenti di allegrezza o di pena servono per più unirsi a Dio: Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum (Rom. VIII, 28). È certo che quanto egli dispone, lo dispone per nostro bene. Disse un giorno il Signore a S. Gertrude: Io collo stesso amore col quale creai l'uomo, dispongo tutto ciò che gli mando di prospero o d'avverso per suo maggior bene.29

Specialmente, sorella benedetta, state attenta ad unirvi con Dio in tempo d'infermità. Le infermità scovrono i veri amanti di Dio. Bisogna che allora ubbidite al medico ed all'infermiera. Non cercate niente, ed accettate all'incontro le medicine di nausea e di tormento. Non vi lamentate di niuna, ma usate dolcezza con tutte, e tutte ringraziate. Rassegnatevi allora intieramente al voler di Dio, ed offeritevi a patire tutto ciò ch'egli dispone, unendovi con Gesù nella croce; senza volerne scendere sino che a lui piacerà, contenta di lasciarvi anche la vita, s'egli così vuole. Mettetevi perciò allora a vista del Crocifisso, perché così patirete con maggior pace, vedendo che i vostri patimenti son molto minori di quelli che soffri Gesù per vostro amore: Amate il vostro sposo, dice S. Francesco


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di Sales, nelle consolazioni e nelle tribulazioni; tanto egli è amabile quando vi consola, che quando vi tribula, perché tutto fa per vostro vantaggio.30

Se amate Gesù Cristo, amate ancora i disprezzi amate le correzioni, e pregate il confessore e la superiora che vi trattino e correggano senza riguardo, con imporvi quel che meglio stimano. Dicea il medesimo S. Francesco di Sales che il monastero è uno spedale d'infermi che stanno ivi per guarirsi; e perciò volentieri si espongono a soffrir l'amarezze de' rimedi e 'l dolore de' tagli.31 Quindi dovete pregare i vostri medici spirituali che non vi esentino da alcuna cosa che bisogna per sanarvi.

12. Per 5. chi ama si ricorda sempre dell'amato. Così l'anima amante di Dio si ricorda sempre di lui, e cerca sempre di protestargli il suo affetto con infiammati sospiri e giaculatorie d'amore; e questo si chiama l'amore aspirativo.

Procurate pertanto di dire spesso al vostro Sposo crocifisso, di giorno e di notte, in cella e fuor di cella, stando sola e stando in compagnia: Mio Dio, non voglio altro che voi. O pure: Tutta


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a voi mi dono. Voglio tutto quel che volete voi. Disponete di me, come vi piace. Basterà per tutto dirgli: Dio mio, io v'amo. Basterà dirgli una sola parola: Amor mio: Tutto mio. Basterà ancora, senza parlare, un sospiro amoroso, un'elevazione di mente, un'alzata d'occhi al cielo, uno sguardo d'affetto al SS. Sagramento o al Crocifisso; e questi atti d'amore sono forse i migliori, perché sono più facili e posson farsi più spesso, ed alle volte riescono più fervorosi. - In fine di questo Tomo noterò molti atti d'amore che possono farsi verso Gesù Cristo, per aiuto di chi si trovasse in aridità.32 Del resto, gli affetti migliori son quelli che vengono ispirati da Dio e nascono dal proprio cuore.

13. Comandò il Signore nel vecchio Testamento che nel suo altare ardesse sempre il fuoco: Ignis in altari meo semper ardebit (Lev. VI, 10).33 Dice S. Gregorio che questi altari sono i nostri cuori, dove Dio comanda che sempre arda il fuoco del suo divino amore.34 Perciò, dopo ch'egli intimo il precetto all'uomo di amarlo con tutto il cuore: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo (Deut. VI, 5), soggiunse: Eruntque verba haec... in corde tuo... et meditaberis in eis sedens in domo tua et ambulans in itinere, dormiens atque consurgens. Et ligabis ea quasi signum in manu tua, eruntque et movebuntur ante oculos tuos, scribesque ea in limine et in ostiis domus tuae (Loc. cit., ex vers. 6). Si noti con qual premura il Signore ci raccomanda il precetto d'amarlo. Voglio, dice, che questo precetto stia sempre scritto nel tuo cuore, e sempre lo mediti, sedendo in casa, camminando per via, stando in letto e fuor di letto. Voglio che lo tieni impresso nelle tue mani, e presente agli occhi tuoi: voglio che lo scrivi nell'entrata, ed in tutte le porte della tua casa, acciocché sempre te ne ricordi e lo metti in pratica cogli atti d'amore. Che perciò insegnano giustamente i Dottori che gli atti di fede e di speranza basta probabilmente che si facciano una volta l'anno, ma gli atti


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d'amore almeno debbono esercitarsi una volta il mese; anzi altri impongono l'obbligo di farli più spesso.

14. Il P. Baldassarre Alvarez chiamava i monasteri de' religiosi: Spedali di feriti d'amor divino, e fornaci d'amore, dove i sassi più duri si fan polvere.35 Così dovrebb'essere: tutte le religiose, ferite d'amore, dovrebbero continuamente ardere per Gesù Cristo. Ma oimè, poche e molto poche sono tali. Io dico che se Gesù Cristo potesse al presente piangere e stare afflitto, questa sarebbe la sua maggiore afflizione, il vedersi tanto poco amato dalle spose sue.

Voi dunque, sorella benedetta, che vi trovate già fatta sua sposa, amatelo; amatelo almeno, dico, per compassione, in vedere il vostro Dio così poco amato, specialmente da' religiosi. Ditemi: Se un gran principe, nobile, ricco, bello e santo si sposasse con una povera villanella, brutta, sozza ed ignorante, e, con farla sua sposa, la rendesse ricca, nobile, savia e felice, che non farebbe questa donzella per lo sposo suo? che amore non gli porterebbe, unito ad un gran rispetto, sapendo chi è egli e chi ella è? Ella non farebbe altro che ringraziarlo ognora della bontà avuta per lei. Quanto procurerebbe poi d'incontrare il suo genio per compiacerlo? Come sarebbe attenta ad eseguire senza replica i suoi voleri, in qualunque cosa che intendesse da lui desiderarsi? E se bisognasse patire alcuna pena per di lui amore, con che prontezza e gioia la soffrirebbe, stimandosi felice in dargli con ciò un contrassegno del suo affetto e gratitudine? Vedendolo poi disprezzato da' suoi sudditi, non farebbe altro che piangere. E se mai avvenisse ch'ella per trascuraggine gli avesse dato qualche disgusto, qual dolore ne sentirebbe, e con quale umiltà e lagrime gli cercherebbe perdono pentita a' piedi suoi? Se poi si trovasse lontana dal suo sposo, come conterebbe l'ore ed i momenti per andarlo a vedere? e frattanto come starebbe contenta in pensare al suo misero stato antico ed al


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felice stato presente? Applicate a voi, sorella, il qui detto, mentre tale appunto siete voi, misera peccatrice, e poi fatta sposa di Gesù Cristo.

15. Amate dunque il vostro Sposo; ma sappiate che se non l'amate con tutto il cuore, egli non è contento. Amatelo non solo cogli affetti del cuore, ma ancora coll'opere. Taluni che sono amici sol di nome dicono agli amici loro: Amico, voi siete padrone di tutto. Ma in effetto poi niente o poco danno. Altri all'incontro che sono veri amici, cominciano a dare all'amico il meglio che hanno, ed offeriscono il resto. Un'anima che ha risoluto di darsi tutta a Dio senza riserva, ella si spoglia di tutte quelle cose terrene a cui vede attaccato il suo cuore: risolve di soggettare tutte le sue inclinazioni alla santa ubbidienza: risolve di mortificarsi in tutte le proprie soddisfazioni, di non far conto più della propria stima, e di abbracciare all'incontro con gusto le derisioni e i disprezzi.

Una tal risoluzione oh come poi la fa camminar sicura! quanta confidenza in Dio le somministra, come la rende pronta a soffrir le cose contrarie, come la fa operar tutto con retto fine; e come la sprona a domandare a Gesù ed a Maria l'aiuto per eseguire il proposito fatto, ferma sempre e risoluta di cercare in tutto solo ciò che più piace a Dio. Quando si presentano difficoltà, la medesima risoluzione la rende animosa a dire: Non ci vuol altro, s'ha da dar gusto a Dio. Diasi gusto a Dio, ancorché s'abbia a morire. Se talvolta cade in qualche mancanza, la risoluzione fatta fa che non si avvilisca, e le coraggio colla speranza di eseguir meglio per l'avvenire ciò che non si è fatto per lo passato.

Ma una tal risoluzione bisogna spesso rinnovarla nell'orazione, nella comunione, nella visita al Sagramento; e specialmente nel levarsi la mattina bisogna far la seguente protesta: Gesù mio, di nuovo mi dono tutta a voi e vi prometto di voler far sempre quel che vedrò esser di vostro maggior gusto. Unisco questa mia offerta coll'offerta, che voi faceste all'Eterno Padre, di tutto voi stesso. Datemi l'aiuto per esservi fedele. La vostra Passione è la speranza mia; i meriti vostri, le vostre promesse, il vostro amore sono la speranza mia. O Maria, madre mia, pregate Gesù per me: ottenetemi la santa perseveranza e l'amore al vostro Figlio.

16. E questo è quello che più vi raccomando, sorella benedetta:


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se volete acquistare il gran tesoro dell'amore a Dio, cercatelo sempre: Gesù, datemi amore: Maria, ottenetemi l'amore: Angelo mio custode, Santi miei Avvocati, impetratemi l'amore. Basterà che nominiate amore; Dio sempre se ne compiacerà, e sempre ispirerà qualche nuovo sentimento divoto alla vostra mente, ed aggiungerà qualche nuova fiamma e santo desiderio al vostro cuore. Il Signore è liberale in dispensare tutti i suoi doni, ma specialmente in donar l'amore a chi glielo cerca, perché quest'amore è quello che più d'ogn'altra cosa egli domanda da noi.

Ma cerchiamogli non tanto l'amor tenero, quanto l'amor forte, che ci faccia vincere tutti i rispetti umani e tutte le ripugnanze dell'amor proprio, e ci renda pronti ad eseguire le cose di suo piacere, senza dimora e senza riserva; e perciò avvezzatevi a cercar il maggior gusto di Dio in tutte le cose anche minute, perché così vi troverete pronta a far poi le cose grandi. E quando vi molesta l'apprensione di non aver forza di vincervi in qualche cosa più ardua, confidate in Dio, dicendo: Omnia possum in eo qui me confortat.36 Dite: Quel che non posso io, lo potrò fare coll'aiuto che spero da Dio.

Vi prego a leggere in fine di quest'Opera il catalogo degli atti virtuosi che dee esercitare un'anima la qual vuol essere tutta di Dio.37

17. Dice S. Agostino che tutto il tempo che non è speso per Dio tutto è perduto.38 In morte certamente questo solo ci consolerà, l'aver amato Gesù Cristo. Oh Dio, qual consolazione sarà allora a chi veramente l'ha amato in vita con tutto il cuore il poter dire, mirando il Crocifisso: Questo è stato l'unico mio amore!39 Ed anche in questa vita qual maggior contento può avere un'anima che nel dire: Io do gusto a Dio? Io sto con Dio?


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Ma bisogna donarci a Dio non per lo contento proprio, ma solo per piacere a Dio, scordati affatto di noi stessi, e dicendo colla sposa de' Cantici: Introduxit me Rex in cellam vinariam, ordinavit in me caritatem; fulcite me floribus, stipate me malis, quia amore langueo (Cant. II, 4, 5). Per lo vino qui s'intende la santa carità, perché, siccome il vino priva l'uomo de' sensi, sicch'egli non più vede, non sente, e vive come morto, così l'anima accesa di amor divino vive come non avesse più sensi per le cose di questa terra, onde, scordata di tutto il creato, altro non vuole che Dio; e perciò chiede fiori di santi desideri e frutti di sante opere, che le sostentino la vita, cioè il divino amore, di cui e per cui solamente ella vive.

Ma ciò solo può dirlo quell'anima che veramente si e data tutta a Gesù Cristo, senza alcuna riserba. Che dite voi, sorella benedetta? vi siete data sinora tutta a Gesù Cristo, com'egli desidera da voi? o ancora resistete? Fors'egli non ha fatto abbastanza per meritarsi tutto il vostro amore? Gesù s'è dato a voi senza riserba una volta nella croce, e tante altre volte poi nella santa comunione. Che ne aspettate di più? che più ha da fare per vedervi tutta sua? Aspettate forse che v'abbandoni per la vostra ingratitudine, e non vi chiami più? Presto su via, non più resistete, ditegli:

Preghiera.

Si, Gesù mio e sposo mio, eccomi, non voglio più resistere al vostro amore: Dilectus meus mihi et ego illi.40 Voi vi siete dato tutto a me, io mi dono tutta a voi. Meriterei che ora mi discacciaste, ricordandovi di quante volte mi avete chiamata, ed io ingrata non vi ho data udienza; ma il desiderio che al presente voi m'ispirate d'esser tutta vostra, mi promette che mi accettate. Accettatemi, Gesù mio, per quell'amore che mi portaste sulla croce, morendo per me.

Caro mio Signore, se ora stessi nell'inferno da me meritato, non vi potrei più amare. Ma giacché ora mi date tempo d'amarvi, si che voglio amarvi, e non voglio amare altri che


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voi. Ah mio Salvatore amato, com'è possibile che chi vi considera o nella mangiatoia in Bettelemme o sulla croce nel Calvario o nel Sagramento sugli altari, non s'innamori di voi? E chi dunque io voglio amare, avendo un Dio ch'è morto per me? V'amo, mio Redentore, mio amore, mio tutto. Accrescete voi in me il santo amor vostro. Ricordatemi sempre quanto avete fatto e patito per me, e non permettete ch'io abbia ad esservi più ingrata.

O belle fiamme d'amore che consumaste la vita del mio Gesù sull'altare della croce, venite voi, ed occupate tutto il mio cuore e distruggete tutti gli affetti alle cose create. Io tutta a voi mi dono, amor mio; e se non so donarmi come dovrei, prendetemi voi, e fatemi tutta vostra. Fate ch'io d'altro non parli, ad altro non pensi, altro non sospiri, che amarvi e darvi gusto. Io tutto spero ai meriti vostri, Gesù mio.

Ed a voi anche confido, o Maria, speranza mia, che mi otterrete da ogg'innanzi ch'io non ami altri che il vostro Figlio, mio sposo, e voi, madre mia.




1 Deut. VI, 5.



2 «Porque no se acaba de dar junto, no se nos da por junto este tesoro (amor de Dios). Plega el Señor que gota a gota nos le dé Su Majestad, aunque sea costàndonos todos los trabajos del mundo. Harto gran misericordia hace a quien da gracia y ànimo para determinarse a procurar con todas sus fuerzas este bien.» S. TERESA, Vida, cap. 11. Obras, I, 76.



3 «Ayuda mucho tener altos pensamientos para que nos esforcemos a que lo sean las obras.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 1. Obras, III, 25.- «Os he dicho esto muchas veces, y ahora os lo torno a decir, y rogar, que siempre vuestros pensamientos vayan animosos, que de aqui vernàn a que el Señor os dé gracia, para que lo sean las obras.» Conceptos del amor de Dios, cap. 2. Obras, IV, 231.



4 «Tener gran confianza, porque conviene mucho no apocar los deseos, sino creer de Dios que, si nos esforzamos poco a poco, aunque no sea luego, podremos llegar a lo que muchos santos con su favor.» S. TERESA, Vida, cap. 13. Obras, I, 91.



5 «Quiere Su Majestad y es amigo de ànimas animosas, como vayan con humildad y ninguna confianza de si; y no he visto a ninguna de éstas que quede baja en este camino, ni ninguna alma cobarde, con amparo de humildad, que en muchos años ande lo que estotros en muy pocos. Espàntame lo mucho que hace en este camino animarse a grandes cosas; aunque luego no tenga fuerzas el alma, da un vuelo y llega a mucho, aunque como avecita, que tiene pelo malo, cansa y queda.» Vida, cap. 13. Obras, I, 91, 92.- «Mas, ¡ay Dios mio, y còmo aun en las espirituales queremos muchas veces entender las cosas por nuestro parecer y muy torcidas de la verdad, también como en las del mundo, y nos parece que hemos de tasar nuestro aprovechamiento por los años que tenemos algun ejercicio de oraciòn, y aun parece queremos poner tasa a quien sin ninguna da sus dones quando quiere, y puede dar en medio año màs que a otro en muchos! Y es cosa esta que la tengo tan vista por muchas personas, que yo me espanto còmo nos podemos detener en esto... Porque veo yo venir ahora a esta casa unas doncellas que son de poca edad... Todas juntas se ofrecen en sacrificio por Dios. Cuàn de buena gana les do yo aqui la ventaja, y habia de andar avergonzada delante de Dios; porque lo que Su Majestad no acabò conmigo en tanta multitd de años como ha que comencé a tener oraciòn, y me comenzò a hacer mercedes, acaba con ellas en tres meses, y aun con alvuna en tres dias, con hacerlas muchas menos que a mi aunque bian las paga Su Majestad. A buen siguro que no estàn descontentas por lo que por El han hecho.» Vida, cap. 39. Obras, I, 349, 350, 351.- Di queste sue figlie, che diedero un volo così rapido nell' amor di Dio, dice ancora la Santa Madre, Conceptos del amor de Dios, cap. 6, verso la fine, (Obras, IV, pag. 261, 262): «¡Oh, verdadero Rey, y qué razon tuvo la Esposa de poneros este nombre! Pues en un momento podéis dar riquezas, y ponerlas en un alma, que se gozan para siempre. ¡Qué ordenado deja el amor en esta alma! Yo podrè dar buenas señas de esto, porque he visto algunas. De una me acuerdo ahora, que en tres dias la diò el Señor bienes, que si la expiriencia de haber ya alvunos años (que la ejercita), y siempre mejorando, no me la hicieran creer, no me parecia posible; y aun a otra en tres meses, y entramas eran de poca edad. Otras he visto, que después de mucho tiempo les hace Dios esta merced.»



6 L' ultimo ricordo lasciato da S. TERESA alle sue figlie di Valladolid, tre settimane prima della sua morte (Obras, II, Apendices, XXXIX, 244), fu questo: «Dense a tener grandes deseos, que se sacan grandes provechos, aunque no se puedan poner por obra.» Ecco poi l' ultima conclusione- «con lo que concluyo es...»- della sua principalissima opera, Las Moradas (Setimas Moradas, cap. 4, Obras, IV, 208): «Interior y exteriormente ofrezcamos a el Señor el sacrificio que pudiéremos, que Su Majestad le juntarà con el que hizo en la cruz por nosotras al Padre, para que tenga el valor que nuestra voluntad hubiere merecido, aunque seam pequeñas las obras.» Quantunque le parole citate da S. Alfonso non siano testualmente della Santa Madre, esprimono però un punto fondamentale, e in qualche modo la sostanza, della sua dottrina spirituale: l' importanza dei desideri sinceri, grandi e generosi, principio di ogni bene per l' anima. Il valore di tali desideri è lo stesso che il valore dell' amore da cui vengono ispirati, ed è questo amore da cui vengono ispirati, ed è questo amore che conta agli occhi di Nostro Signore: «El Señor no mira tanto la grandeza de las obras, como el amor con que se hacen.» Opere si richiedono, per quanto possiamo; chè, altrimenti, i nostri desideri sono da pigri, giuoco della fantasia, e non già «determinaciòn de nuestra voluntad». (Cf. Mercedes de Dios, LII, Obras, II, 77: Terceras Moradas, cap. 1, Obras, IV, 35.) A quello poi che desideriamo e non possiamo, supplisce l' amore.- Vedi il nostro vol. I, Appendice, 46, pag. 445-447.



7 «Qui ergo mente integra Deum desiderat, profecto iam habet quem clamat. Neque enim quisquam posset Deum diligere, si eum quem diligit non haberet. Vere... Deum diligimus, si ad mandata eius nos a nostris voluptatibus coarctamus. Nam qui adhuc per illicita desideria diffuit, profecto Deum non amat, quia ei in sua voluntate contradicit.» S. GREGORIUS MAGNUS, Quadraginta homiliarum in Evangelia libri duo, lib. 2, hom. 30, n. 1. ML 76-1220.



8 S. AGOSTINO (De consensu Evangelistarum, lib. 1, cap. 12, n. 18; cap. 18, n. 26: ML 34-1050, 1053, 1054) racconta che i Romani, mentre adottavano le divinità delle nazioni vinte, non fecero lo stesso per il Dio vero ed unico adorato dagli Ebrei; nè di questo fatto ritrova egli altra ragione, se non che conoscessero non potersi accordare il culto del vero Dio con quello delle false deità.- Riguardo poi a Cristo Nostro Signore, TERTULLIANO, (Apologeticus, cap. 4, ML 1-290, 291) attesta che Tiberio, sull arelazione pervenutagli dalla Palestina, manifestamente da Pilato, volle annoverarlo tra gli dei dell' Impero, e, pur perseverando egli nella sua sentenza, non potè eseguirla, opponendosi il Senato per un puntiglio di legalità e d' amor proprio. Sappiamo inoltre da LAMPRIDIO, autore pagano (Vita Alexandri Severi), che questi, come pure, un secolo prima, Adriano, ebbe un simile divisamento; anzi Adriano, a questo fine, fece costruire un tempio «sine simulacris» nelle singole città dell' Impero; ma che poi fu dissuaso dai sacerdoti e dagli oracoli degli idoli, con questa ragione «omnes Christianos futuros, si id optato evenisset, et templa reliqua deserenda».- Nè si oppone che qualcuno di questi Imperatori sia stato persecutore: non mancano nella storia altri esempi di uomini politici, i quali, pur perseguitando la verità, hanno sognato di riconciliarla coll' errore.- Veda chi vuole i relativi testi di S. Agostino, di Tertulliano e di Lampridio nel nostro vol. I, Appendice, 70, pag. 479.- Cf. Eusebius Pamphili, Ecclesiastica historia, lib. 2, cap. 2: MG 20, col. 139-142.



9 «Quels sentiments, dit ce Bienheureux, relevés, ardents et pressants, je ressens, toujours confirmé par ce divin amour... Enfin, nous sommes tout à Die, sans autre prétention que l' honneur d' être siens. Si j' avais un seul filet d' affection qui ne fût pas à lui et de lui, eh Dieu! je l' arracherais tout soudain. Oui, si j' avais un seul brin de mon cœur qui ne fût marquè du Crucifix, je ne le voudrais pas garder d' un seul moment.» Ste JEANNE DE CHANTAL, Vie et Œuvres, III, Paris, 1876, Déposition pour la Canonisation de S. François, art. 26.- Cf. S. FRANÇOIS DE SALES, Œuvres, XII, Lettre 1969, au Père de Quoex, pag. 5.- CAMUS, Collet, Esprit, partie 10, ch. 9.



10 «Despegue el corazòn de todas las cosas, y busque y hallarà a Dios.» S. TERESA, Avisos, 36. Obras, VI, 51.



11 «Diòseme a entender cuàn bien emplenda es esta guerra y contienda por tal premio, y pareciòme tenia làstima el Señor de los que vivimos en el mundo; mas que no pensase yo me tenia olvidada, que jamas me dejaria, mas que era menester hiciese yo lo que es en mi. Esto me dijo el Señor con una piadad y regalo, y con otras palabras en que mè hizo harta merced, que no hay para qué decirlas. Estas me dice Su Majestad muchas veces, mostràndome gran amor: «Ya eres  mia y Yo soy tuyo.» Las que yo siempre tengo costumbre de decir, y a mi parecer las digo con verdad: «¿Qué se me da, Señor, a mi de mi, sino de Vos?» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 39. Obras, I, 354, 355.



12 «Come egli ne scrisse in una sua lettera, «l' amore d' Iddio è un caro ladro, il quale ci spoglia di tutti gli affetti, sino a poter dire al suo Amato: Quid volui super terram, nisi te, Domine? Come il fuoco vuol sempre abbruciare, così egli vuol sempre spogliarci: e non avendo poi di che spogliarci, caccia le mani dentro il cuore, spogliandoci fino delle consolazioni, fino de' nostri privati interessi; acciò sia unicamente, intieramente, perfettamente posseduto dal suo Signore.» GALLUZZI, Vita, lib. 4. cap. 1, pag. 269. Roma, 1716.



13 «Tout ce qui se fait pour l' amour est amour: le travail, oui même la mort n' est qu' amour, quand c' est pour l' amour que nous les recevons.» S. FRANÇOIS DE SALES, Œuvres, XV, Lettre 713, à la Mère de Chantal, pag. 101,. «O Dieu, quelle bénédiction de rendre toutes nos affections humblement et exactement sujettes à celles du plus pur amour divin!... Or, la gloire de ce saint amour consiste à brûler et consuemr tout ce qui n' est pas lui-même, pour réduire et convertir tout en lui.» Œuvres, XXI, Lettre 1966 (frammento di lettera, nelle antiche edizioni inserito in un' altra lettera), sans date, à la Mère de Chantal, p. 2.



14 Era ancora secolare ed ammogliato il Venerabile Giuseppe Caracciolo, quando morì un suo fratello. «Interroganti cur ad Marchionis fratris, summae spei... iuvenis, obitum, quem nullus non prosecutus fuerat, fletum ipse continuerit? - flexo ad hilaritatem vultu: «nihil tanti, inquit, sibi esse, ut fraternis exsequiis lacrimas persolveret: servandas opportuniori usui eas esse, ac flendum solummodo pro Redemptoris morte, qui pater, et frater, et sponsus est.» Quo quidem in funere, cum matrem sororemque plus nimio indulgere lacrimis ac dolori cerneret, hac praesertim animadversione temperare exundantem fuse luctum studuit: «Meminerint, videlicet, Salvatoris nostri cruciatus, ac funus peracerba ea comploratione dignum: mortalibus, aut nulla, aut brevi lacrima parentandum.» SILOS, CI. Reg., Historiarum Clericorum Regularium pars altera, lib. 4, anno 1606, p. 184. Romae, 1666.



15 «Ille est vere religiosus qui vere dicit: Deus meus et omnia.» TALENTI, Vita, lib. 7, cap. 9, III, n. 25.



16 PONTIFICALE ROMANUM, De benedictione et consecratione Virginum.



17 «Stava una volta mangiando in refettorio, ed avendo preso un boccone d' una vivanda, se lo trasse secretamente di bocca, e non volle mangiar più di quel piatto; e domandandole una monaca perchè non mangiava di quello che era così ben concio, rispose: «Per questo, sorella, che mi seppe così buono quel boccone, che non ardii inghiottirlo: perchè, in questo del mangiare, non abbiamo a cercare altro che di poterci sostentare.» YEPES, Vita, lib. 3, cap. 27.



18 «L' amour propre est rusé, il se fourre et glisse partout, et nous fait accroire que ce n' est pas lui.» S. FRANÇOIS DE SALES, Lettre 168, aux religieuses du Monastère dese Filles-Dieu, 22 nov. 1602. Œuvres, XVIII, pag. 321.- «C' est un mot de merveilles que celui que vous me dites: «Que Dieu me mette en quelle sauce qu' il voudra, ce m' est tout un, pourvu que je le serve.».... Or sus, vous savez bien en quelle sauce il vous a mise, en quel état et condition; et dites-moi, vous est-il tout un?.... Mon Dieu! que l' amour propre se fourre subtilement parmi nos affections, pour dèvotes qu' elles semblent et paraissent! Voici le grand mot: il faut regarder ce que Dieu veut, et, le reconnaissant, il faut s' essayer de le faire gaiement, ou au moins courageusement; et non seulement cela, mais il faut aimer cette volonté de Dieu et l' obligation qui s' en ensuit en nous, fût.ce de garder les pourceaux toute notre vie, et de faire les choses les plus abjectes du monde; car, en quelle sauce que Dieu nous mette, ce nous doit être tout un. C' est là le blanc de la perfection auquel nous devons tous viser, et qui plus en approche, c' est celui qui emporte le prix.» Lettre 277, à la Présidente Brûlart, mars 1605. Œuvres, XIII, 20, 21.



19 «N' avez-vous pas tout quitté et tout oubliè? Dites ce soir que vous renoncez à toutes les vertus, n' en voulant qu' à mesure que Dieu vous les donnera, ni ne voulant avoir aucun soin de les acquérir qu' à mesure que sa Bonté vous emploiera à cela pour son bon plaisir.» S. FRANÇOIS DE SALES, Lettre 1205, 21 mai 1616, à la Mere de Chantal. Œuvres, XVII, pag. 218.- «Ce sont deux choses également discordantes et nécessaires d' être accordées, d' avoir un grand soin de nous perfectionner, et n' avoir point de soin de notre perfection, ains le laisser entièrement à Dieu: je veux dire, qu' il faut avoir le soin que Dieu veut que nous ayons de nous perfectionner, et néanmoins lui laisser le soin de notre perfection.» Entretiens spirituels, III. Œuvres, VI, 50, 51.- «Il se faut souvent mettre en la sainte indifférence et dire: Je ne veux ni cette vertu ni l' autre, je ne veux que l' amour de mon Dieu, le désir de son amour et l' accomplissement de sa volonté en moi.» Lettre 2082, à la Mère de Chantal. Œuvres, XXI, pag. 165.- «(Cette bonne fille) se trompe grandement, si elle croit que l' oraison la perfectionne sans l' obbéissance, laquelle est la chère vertu de l' Epoux.... Il faut aimer l' oraison, mais il la faut aimer pour l' amour de Dieu. Or, qui l' aime pour l' amour de Dieu, n' en veut qu' autant que Dieu lui en veut donner, et Dieu n' en veut donner qu' autant que l' obéissance permet.» Lettre 1290, mars ou avril 1617, à la Mère Favre. Œuvres, XVII, pag. 359, 360.- «Voyez-vous, me disait-il, il ne faut pas être si attachè aux exercices même les plus pieux, que l' on ne les puisse quelquefois interrompre; autrement, sous prétexte de fermetè d' esprit et de fidélité, il se glisse un amour propre très fin, qui fait que l' on quitte la fin pour le moyen: car au lieu de s' arrêter à Dieu, on s' attache au moyen qui conduit à Dieu.» CAMUS Collet, Esprit de S. François de Sales, partie 4, ch. 7.- «C' est l' amour aussi qui, entrant une âme... la fait dépouiller de tous les dèsir humains... et la dénue enfin des affections plus aimables, comme sont celles qu' elle avait aux consolations spirituelles, aux exercices de piété et à la perfection des vertus, qui semblent être la propre vie de l' âme dévote... Le même Seigneur qui nous fait désirer les vertus en notre commencement et qui nous les fait pratiquer en toutes occurrences, c' est lui-même qui nous ôte l' affection des vertus et de tous les exercices spirituels, afin qu' avec plus de tranquillitè, de puretè et de simplicitè, nous n' affectionnions rien que le bon plaisir de sa divine Majestè.» (Sarebbe da leggersi tutto il capitolo.) S. FRANÇOIS DE SALES, Traitè de l' amour de Dieu, liv. 9, ch. 16. Œuvres, V, p. 160, 161. - «Nos exercices de piété, que toutefois nous devons tant affectionner, peuvent être aimés déréglement, lorsque l' on les préfère à l' obeissance et au bien plus universe, ou que l' on les affectionne en qualitè de derniére fin, bien qu' ils ne soient que des moyens et acheminements à notre finale prétention, qui est le divin amour.» Même ouvrage, liv. 10, ch. 4. Œuvres, V, pag. 179.



20 «Rappresentandoglisi un' interior querela d' una persona che non gli corrispondeva... coll' amor di cui gli era obbligata, ebbe questi... profittevoli avvertimenti: «Finisci d' intendere quello che Iddio opera. Disastroso incontro e travaglioso sarebbe stato per te, se succeduto ti fosse come desideravi. Provvidenza grande d' Iddio è, e sua fina misericordia usata con esso teco: che le creature o ti fuggano o ti scaccino, e perciò ti sforzino andare al Creatore, facendo esse ciò che Iddio loro comanda: e questo eseguiscono in tre stupende maniere, dic' egli: prima perchè non appagano o interamente o stabilmente... seconda, perchè quel poco di bene, e quello scarso di dolce, che s' immagina che abbiano, non sempre vel comunicano, ma a voglia loro... terza, perchè incontanente ci abbandonano tosto che hanno trovato in altrui alcun poco più di bene, o utile, o dilettevole...» Ven. Lod. Da PONTE, Vita, cap. 48, pag. 486, 487.- «Esortava gli altri... dicendo: «Abbiate Iddio in tanta estimazione, che vi paia sempre poco quell' amor ch' avete, per darlo a quegli che il merita sempre maggiore fino al sommo... Raccogliete tutto quello che dissipato avete in tutte le creature, non solamente quando non vi curano, ma eziandio quando colla maggior loro finezza vi amano, acciocchè non siate giudicati di lasciarle quando elleno vi lasciano, ma per la grande stima e riverenza che avete a Dio, e non vi cagioni disconforto l' abbandonarle e non curarlo, giacchè questo è quello che vi slontanava dal vostro Dio, e proverete dopo che in loro non era quel vostro sognato appagamento, il quale più veramente rinverrete in lui... Così stimerete vostra utilità, quando vi sarà negata (la loro amicizia), essendo senza quest' impedimenti più libero a pagare interamente il tributo di amore e di obbedienza che dovete al vostro Dio, e ponerete tutto il vostro cuore in quegli ch' è tutto il vostro tesoro.» Op. cit., l. c., p. 486.



21 «Parlando con Nostro Signore, solea dirgli con una singolare e perfetta rassegnazione: «Caro il mio Dio!... fatemi... non indegno di questa grazia, che... trovi quiete nel trattarmi che farete giusta il voler vostro. Non cerco di più: qui fò altro, non voglio, non rintraccio altro fine, nè men convenienti mezzi, nè più favori, nè meno dolori, nè più delizie, nè men travagli: qual Dio m' ha fatto ed io ho meritato, tal voglio essere, e tal essere riputato: come Iddio fece ed io peccai, così voglio esser trattato: nè più tenerezze, nè meno abbandonamenti, nè meno scottature.» Ven. Lod. DA PONTE, Vita, cap. 49, pag. 492, 493.



22 «Gli occhi della persona religiosa sono chiusi e serrati a tutte le cose della terra, e aperti a quelle del cielo, per non vedere che Gesù Cristo.- Gli occhi d' un' anima religiosa non devono rimirare giammai altro oggetto che Gesù Cristo, il quale è la bellezza delle bellezze.» PUCCINI, Vita, 1671, § 2, n. 12; § 1, n. 17. - Ora, per la Serafica Vergine, rimirar Gesù Cristo, altro non era che rimirar l' Amore: «O Amore! o Amore! o Dio, che ami le creature con amor puro! O Dio d' amore, o Dio d' amore! O Signor mio, non più amore, non più amore: è troppo, o Gesù mio, l' amore che porti alle creature. Non è già troppo alla tua grandezza, ma troppo è alla creatura sì vile e bassa. Perchè dai a me tanto amore, o Dio mio, che sono sì indegna e vile? O Amore, o Amore, non cesserò giammai, o Dio mio, di chiamarti Amore... Non sapete voi, care Sorelle, che il mio Gesù altro non è che Amore?....» PUCCINI, Vita, 1611, parte 1, cap. 11.- Da qui, questi altri Detti e sentenze della Santa (PUCCINI, Vita, 1671, in fine): «Offrite tutte le vostre azioni e tutte le vostre passioni (sofferenze) ad onore di tutto ciò che ha operato e sofferto in terra il Verbo Umanato (§ 1, n. 20)».- «La pietà dei religiosi e delle religiose dee in questo mondo trattenersi ed occuparsi attorno all' Umanità sacrata di Gesù (§1, n. 41)».- «In tutte le azioni e pratiche di virtù, dee proporsi per esemplare Gesù Cristo (§5, n. 2)».- «Noi in tutto e per tutto dobbiamo imitare Gesù Incarnato (§5, n. 4)». Questa fu l' ultima delle venti Regole di perfezione (PUCCINI, Vita, 1611, parte 1, cap. 10; 1671, cap. 85) date alla Santa da Gesù medesimo: «L' ultima cosa sarà che in tutte le oeprazioni che io ti permetterò, sempre sii trasformata in me.» La quale trasformazione ha per principio e radice l' amore di Gesù, ispirato ed attinto dall' amore di Gesù per noi.



23 Non sappiamo chi sia precisamente questo santo solitario. Può essere che il santo Dottore alluda all' eremita, di cui parla Ludolfo di Sassonia: «Multum quippe placet Deo quod homo memoriam Passionis et vulnerum eius portet in corde suo. Narratur enim quod cum quidam eremita sanctissimae vitae instanter Dominum exoraret, ut sibi ostenderet quod sibi inter cetera servitia magis acceptaret, vidit hominem nudum trepidantem frigore, et crucem magnam super se baiulantem, et sibi quis esset interroganti dicentem: «Iesus Christus ego sum. Rogasti enim me ut tibi ostenderem quod inter cetera servitia mihi magis complaceret, et nunc tibi dico quod hoc, scilicet quod quis homo iuvet me portare crucem meam et vulnera et Passionem in corde suo.» Et haec dicens evanuit.» LUDOLPHUS DE SAXONIA, Ord. Carthus., Vita Iesu Christi, pars 2, cap. 58.- Cf. AURIEMMA, S. I., Stanza dell' Anima nelle piaghe di Gesù, Venezia, 1755, parte 2, cap. 20, pag. 421.



24 «(Clementi, Episcopo Ancyrano, promittit honores Vicarius, nomine Domitianus, si deos colat; suplicia minatur, si sacrificare renuat.) Cum ad haec ille risisset...: «Sed nos quidem, inquit, o Praeses, sentimus his contraria, et damnum quidem vestra dona; honorem autem, ignominiam; et magistratum esse putamus servitutem; contumelias vero rursus, supplicia et minas, voluptatem et delicias, et quod est his maius, cum Deo coniunctionem.» Acta, auctore METAPHRASTE, caput 3, n. 16: inter Acta SS. Bollandiana, die 23 ianuarii.- «(Romam dein perducto, Dioletianus imperator pro oculis Sancti proponit, hinc quidem aurum et argentum, et dignitatum insignia, et vestes magnificas, et quaecumque pulchra cupidis videntur, illinc autem omnigena tormentorum instrumenta; manumque ad thesauros extendens, his se eum ait remuneraturum, si pius in dos exstiterit.) Ille autem, cum ab eis oculos avertisset et ea veluti subsannasset, et... graviter ingemuisset: «Vobis, inquit, pereant ipsi vobiscum dii.» (Et imperatore poenas minitante): «Si vestrae, inquit, poenae sunt, sicut existimas, terribiles... sicut rursus dona splendida et magnifica... quaenam esse existimas ea quae caelestis sunt et solius Dei? Quaenam immortalia quidem supplicia et dolores inexorabiles?... Quaenam vero rursus bona sunt consecuturi qui eum dilexerint?... Hoc argentum et aurum sunt solum pulvis et lutum... Vestes autem purpureae et slendidae fila vermium. (Si propter haec mirandi sunt homines, miremur artem fabricantium, non levitatem utentium.)... Quae autem a bono Deo nostro sunt bona.... voluptatem... habent immortalem, splendorem vero perpetuum...» Eadem Acta, cap. 5. nn. 26 et 27.



25 «Soleva dire che s' egli avesse avuto tutto il mondo in pugno, in solo dire «Iddio mio», gli sarebbe caduto di mano.» BARTOLI, Vita, Roma, 1651, lib. 2, cap. 6, pag. 166.



26 Neque mors, neque vita, neque angeli, neque principatus, neque virtutes, neque instantia, neque futura, neque fortitudo, neque altitudo, neque profundum, neque creatura alia poterit nos separare a caritate Dei. Rom. VIII, 38, 39.



27 «E' gran tesoro che l' anima sia pervenuta a sperimentare che non può viver senza Dio, o senza il favor suo.» Ven. Lod. DA PONTE, Vita, cap. 49.



28 «A chi Dio aprì gli occhi per discernere quanto di bene sia in lui, li apre eziando affinchè vegga col medesimo lume la preziosità degli affanni e de' dolori, e conosca esser loro come i cavalli delle poste, co' quali velocissimamente si corrono gl' immensi spazi che sono tra Dio e l' anime.» Ven. Lod. DA PONTE, Vita, cap. 50, pag. 497, 498.



29 Debbono restituirsi queste parole, come altrove lo fa S. Alfonso, a S. CATERINA DA SIANA. «E voglio che tu vegga, dilettissima Figliuola, con quanta patientia a me conviene portare le mie creature, le quali io ò create, come detto è, alla imagine e similitudine mia, con tanta dolcezza d' amore; apre l' occhio dell' intelletto tuo, e raguarda in me; e ponendoti io uno caso particulare avvenuto, del quale, se ben ti ricorda, tu mi pregasti ch' io provedessi, ed io providi, siccome tu sai, che senza pericolo di morte riebbe lo stato suo; e come egli è questo particulare, così è generalmente in ogni cosa.» Allora, quella anima (cioè la stessa Santa), aprendo l' occhio dell' intelletto col lume della santissima fede, con ansietato desiderio, perchè per le parole dette più cognosceva della sua Verità nella dolce Providentia sua, per obedire al comandamento suo, specolandosi nell' abisso della sua Carità, vedeva com' egli era somma ed eterna Bontà, e come per solo amore ci aveva creati, e ricomprati del sangue del suo Figliuolo, e con quest' amore medesimo, dava ciò ch' egli dava, e permetteva tribulationi e consolationi, e ogni cosa era dato per amore, e per provedere alla salute dell' uomo, e non per veruno altro fine, el Sangue sparto con tanto fuoco d' amore vedeva che manifestava che questa era la verità.» Il Dialogo, trattato 2, cap. 138.



30 «Outre ce que nous avons dit de cette générosité, il faut encore dire ceci, qui est que l' âme qui la possede reçoit également les sécheresses et les tendresses des consolations, les ennuis intérieurs, les tristesses, les accablements d' esprit, comme les ferveurs et les prospèritès d' un esprit bien plein de paix et de tranquillité. Et cela parce qu' elle considère que Celui qui lui a donné les consolations est Celui-là même qui lui envoie les afflictions; lequel lui envoie les unes et les autres poussè du même amour, qu' elle reconnaît être très grand, parce que par l' affliction intérieure de l' esprit il prétend de l' attirer à une très grande perfection, qui est l' abnégation de toute sorte de consolations en cette vie, demeurant très assurée que Celui qui l' en prive ici-bas ne l' en privera point éternellement là haut au ciel.» S. FRANÇOIS DE SALES, Entretiens spirituels, V. Œuvres, VI, 83.- Cf. Entretiens spirituels, III, pag. 36: «Aujourd' hui qu vous avez de la consolation...»- CAMUS, - Collet, Esprit, partie 3, ch. 16. - Appendice del nostro vol. I, 101, pag. 530, 531.



31 «Le monastère, c' est un hôpital de malades spirituels qui veulent être guéris, et pour l' être, s' exposent à souffrir la saignée, la lancette, le rasoir, la sonde, le fer, le feu et toutes les amertumes des médicaments; et au commencement de l' Eglise, on appelait les religieux d' un nom qui veut dire guérisseurs. O ma fille, soyez bien cela, et ne tenez compte de tout ce que l' amour propre vous dira au contraire; mais prenez doucement, amiablement et amoureusement cette résolution: Ou mourir, ou guérir; et puisque je ne veux pas mourir spirituellement, je veux souffrir la cure et la correction, et supplier les médicins de no point épargner ce que je dois souffrir pour guérir.» S. FRANÇOIS DE SALES, Lettre 1549, 9 septembre 1619, à une Religieuse. Œuvres, XIX, pag. 13.- Cf. CAMUS- Collet, Esprit, partie 18, chap. 28.



32 Queste Aspirazioni d' amore a Gesù Cristo possono leggersi nel vol. I di questa Edizione, a pag. 393-394.



33 Ignis autem in altari semper ardebit. Lev. VI, 12.



34 «Altare quippe Dei est cor nostrum, in quo iubetur ignis semper ardere, quia necesse est ex illo ad Dominum caritatis flammam indesinenter aascendere (al. accendere).» S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia in Iob, lib. 25, cap. 7, num. 15. ML 76-328.



35 «Aggiungeremo... qui alicui altissimi sentimenti communicatigli da Nostro Signore...: «Ho conosciuto che le Religioni sono officine della santità, spedali di feriti dall' amor d' Iddio, fornaci nelle quali queto divino fuoco si accende nella nobilissim' arte d' amare Iddio, e nelle quali il fuoco riduce le più dure pietre in sì molli e delicate, che con poco d' artifizio si cangiano in candidissima e maneggievol pasta, qual è la calcina.» Ven. Lod. DA PONTE, Vita, cap. 48.



36 Philip. IV. 13.



37 Il catalogo, a cui accenna il Santo, intitolato propriamente Ristretto delle virtù in cui dee esercitarsi una religiosa, che vuol farsi santa, trovasi nel vol. XVI della nostra Edizione tra gli «Opuscoli relativi alle religiose.»



38 «Perdit quod vivit, qui te Deum non diligit.» Manuale (opusculum ex variis variorum locis collectum), cap. 4. ML 40-953.



39 Allusione all' ultima comunione di S. Filippo Neri. «Ecco l' amor mio! Ecco tutto il mio amore, e tutto il mio bene.» BACCI, Vita, lib. 4, cap. 1, n. 4.



40 Cant. II, 16.

 






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