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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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Avvertimenti all'infermiera.

I. Il vostro officio è di gran peso, ma è ancora di gran merito, se lo fate bene. Per farlo bene attendete a riconoscer nell'inferma la persona di Gesù Cristo, il quale dice di gradire l'assistenza agli infermi, come fatta a se stesso: Infirmus eram, et visitastis me (Matth. XXV, 36).23

E perciò bisogna che vi provvediate per 1. di una gran carità in assistere quanto più potete alle inferme. Né vi curate che talvolta perdete la predica o che lasciate le vostre solite Messe o altre divozioni; molto più guadagnerete con quell'assistenza, che fate alla vostra sorella. Compatitela ne' suoi dolori, datele tutti quei sollievi corporali che potete accordarle: e se non potete, perché quel che cerca può nuocerle, almeno consolatela con buone parole. Ditele da quando in quando qualche sentimento di spirito, ricordatele i dolori di Gesù Cristo, e leggetele qualche libro spirituale, se l'aggrada. E guardatevi di rimproverarle forse ch'ella abbia data causa al suo male, v. gr. con quel cibo soverchio o col troppo trattenersi nel giardino o nel belvedere. Né vi dimostrate mai con lei tediata o turbata; non vogliate accrescere pena a quella povera afflitta. Ed allorché la vedete aggravata colla testa, dite alle monache che sono nella cella - quando son molte - che si ritirino, o almeno che non alzino la voce. Procurate poi che i rimedi si diano a tempo suo; e se l'inferma li ricusa, avvertitela dell'obbligo di ubbidire al medico; e se ancora resiste, chiamate la superiora o altra sua confidente, che la persuada ad ubbidire.

II. Provvedetevi per 2. d'una grande umiltà, in servire qualunque sorella inferma, ancorché sia la conversa più abbietta del monastero; e non isdegnate di servirla in tutti i suoi


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bisogni. Queste sono le azioni più nobili d'una religiosa, anzi d'ogni cristiana.

Per 3. d'una gran pazienza, in assistere all'inferma per quanto dura l'infermità e la convalescenza. Le malattie lunghe stancano le infermiere di poco spirito, ma non quelle che amano molto Gesù Cristo.

Per 4. d'una gran mansuetudine, in soffrire alcuna inferma, che talvolta in vece di ringraziarvi si lamenta di voi, con tutta la servitù che le fate, e sembra incontentabile; ma voi dovete soffrirla e compatirla per ragione de' patimenti che la tormentano. Vi sono certe infermiere delicate che non possono sentire una minima lagnanza delle inferme, che subito si risentono. Se voi siete di questa fatta, procurate di lasciar quest'officio, perché altrimenti farete danno a voi e alle povere inferme. Un fratello della Compagnia di Gesù, quando gl'infermi si querelavano di lui, rispondeva: Perdonatemi, perché sono uno sciocco. Né lasciava poi di servirli colla stessa attenzione e giovialità di prima.24 Così dovete fare ancor voi.

III. Guardatevi poi di giudicare che l'inferma finga il suo male; e tanto più astenetevi di dircelo che il suo male sia tutta sua apprensione. All'incontro quando il male è giudicato grave, non la lusingate, ma parlate chiaro, con dirle: Sorella mia, il vostro male non è disperato, ma è mortale, e par che Dio voglia chiamarvi al paradiso. So che state preparata, ma, se avete


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qualche scrupolo, non perdete tempo. Io manderò a chiamare il confessore. I santi sagramenti giovano alla salute dell'anima e del corpo. Noi tutte facciamo orazione per la vostra salute; ma finalmente bisogna che tutti ci uniformiamo alla volontà di Dio. Se poi l'inferma, con dirle ciò, si turba, pazienza. E che forse colle religiose ha da praticarsi come si usa co' secolari, che non si avvisa loro il pericolo in cui stanno, se non quando son già disperati? Abuso deplorabile, per cui molti se ne vanno all'inferno. Subito dunque voi che udite dal medico esser l'infermità pericolosa, procurate che l'inferma si premunisca co' sagramenti;25 e specialmente poi se vi fosse qualche sospetto ch'ella stia imbrogliata di coscienza.

Io dico che un'infermiera che fa l'officio come dee, è la gioia del monastero, e si rende la diletta di Dio.




23 Hospes eram et collegistis me... infirmus, et visitastis me. Matth. XXV, 36.



24 «Il Fratello Francescano Ortolano, della Compagnia di Gesù, essendo infermiere, mai s' impazientiva, e quando gli infermi o si lamentavano o lo pungevano con parole di poca carità, egli subito mettendosi le mani in forma di croce sul petto, soleva dire: «Perdonatemi, perchè sono uno stolido, sono indegno di servirvi;» nè perdeva perciò l' ilarità di volto e la carità verso dei suoi infermi.» S. LEONARDO DA PORTO MAURIZIO, Manuale sacro, parte 2, § 17, Roma, 1734, pag. 168.- Il P. PATRIGNANI, Menologio, tom. 4, Venezia, 1730, 20 dicembre, pag. 157-162, racconta la vita di questo gran servo di Dio, vita quanto lunga (1544-1623) altrettanto ripiena di meriti. Della sua pazienza in generale e della sua carità verso gl' infermi, così dice: «In quasi cinquantotto anni che visse nella Compangia non si vide mai in questo fratello un atto d' impazienza, nè una minima ritrosia a qualunque cosa gli fosse ordinata. Ecco come, alle parole piccanti, alle bravate, rispondeva il Fratello Ortolano: poste le mani in croce sul petto, a capo chino, diceva: «Son peccatore, indegno di stare tra questi servi di Dio.».... Era cosa singolare il veder l' amore e la diligenza sua in servire agli infermi....» Op. cit., l. c., n. 5, 6, pag. 158.- Di questo Fratello, la Vita fu scritta in lingua spagnuola, e tradotta in italiano (op. cit., n. 24, pag. 162): da questa probabilmente viene cavato il particolare qui riferito.



25 L' ed. napoletana del 1781 ha: esser l' inferma in pericolo, procurate che si premunisca.






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