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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO I
La bontà è diffusiva di sua natura, cioè inclinata a comunicare i suoi beni anche agli altri. Or Iddio che per natura è bontà infinita («Deus cuius natura bonitas», S. Leone),1 ha un sommo desiderio di comunicare a noi la sua felicità; e perciò il suo genio non è di castigare, ma d'usar misericordia a tutti. Il castigare, dice Isaia, è un'opera aliena dall'inclinazione di Dio: «Irascetur, ut faciat opus suum, alienum opus eius... peregrinum est opus eius ab eo» (Is. 28. 21). E quando il Signore castiga in questa vita, castiga per usar misericordia nell'altra. «Deus iratus est, et misertus est nobis» (Ps. 59. 3). Si dimostra irato, acciocché noi ci ravvediamo e detestiamo i peccati: «Ostendisti populo tuo dura, potasti nos vino compunctionis» (Ibid. 5). E se ci manda qualche castigo, lo fa perché ci ama, per liberarci dal castigo eterno: «Dedisti metuentibus te significationem, ut fugiant a facie arcus, ut liberentur dilecti tui» (Ibid. 6). E chi mai può ammirare e lodare abbastanza la misericordia ch'usa Dio co' peccatori in aspettarli, in chiamarli ed in accoglierli, allorché ritornano? E per prima, oh la gran pazienza, che ha Dio in aspettarti2 a penitenza! Fratello mio, quando tu offendevi Dio, poteva egli farti morire? E Dio t'aspettava; e in vece di castigarti, ti faceva bene, ti conservava la vita e ti provvedeva. Fingea di non vedere i tuoi peccati, acciocché tu ti ravvedessi. «Dissimulans peccata hominum propter poenitentiam» (Sap. 11. 24). Ma come, Signore, Voi non potete vedere un sol peccato, e poi ne vedete tanti e tacete? «Respicere ad iniquitatem non poteris; quare respicis super iniquitates, et taces?» (Abac. 1. 11).3 Voi mirate
quel disonesto, quel vendicativo, quel bestemmiatore, che da giorno4 in giorno vi accresce l'offese, e non lo castigate? e perché tanta pazienza? «Propterea exspectat Dominus, ut misereatur vestri» (Is. 30. 18). Dio aspetta il peccatore, acciocché si emendi, e così possa perdonarlo e salvarlo.
Dice S. Tommaso5 che tutte le creature, il fuoco, la terra, l'aria, l'acqua per loro naturale istinto vorrebbero punire il peccatore, per vendicare l'ingiurie fatte al lor Creatore: «Omnis creatura, tibi factori deserviens, excandescit adversus iniustos».6 Ma Dio le trattiene per la sua pietà. Ma, Signore, Voi aspettate questi empi, acciocché si ravvedano, e non vedete che l'ingrati7 si servono della vostra misericordia per più offendervi? «Indulsisti, Domine, indulsisti genti, nunquid glorificatus es?» (Is. 26. 15). E perché tanta pazienza? perché Dio non vuol la morte del peccatore, ma che si converta e si salvi.
«Nolo mortem impii, sed ut convertatur, et vivat» (Ez. 33. 11).8 Oh pazienza di Dio! Giunge a dir S. Agostino9 che se Iddio non fosse Dio, sarebbe ingiusto, a riguardo della troppa pazienza che usa co' peccatori: «Deus, Deus meus, pace tua dicam, nisi quia Deus esses, iniustus esses». Aspettare chi si serve della pazienza per più insolentire, par che sia un'ingiustizia all'onore divino. «Nos peccamus, siegue a dire il santo, «inhaeremus peccato (taluni fan pace col peccato, dormono in peccato i mesi e gli anni), gaudemus de peccato (altri arrivano a vantarsi delle loro scelleraggini): «et tu placatus es! Te nos provocamus ad iram, tu nos ad misericordiam»; sembra che facciamo
a gara con Dio, noi ad irritarlo a castigarci, ed Egli ad invitarci al perdono.
Ah mio Signore, intendo che a quest'ora mi toccherebbe di star nell'inferno. «Infernus domus mea est».10 Ma ora per vostra misericordia non mi ritrovo all'inferno, ma in questo luogo a' piedi vostri, e sento che m'intimate il precetto di voler essere amato da me: «Diliges Dominum Deum tuum».11 E mi state dicendo che volete perdonarmi, s'io mi pento dell'ingiurie che v'ho fatte. Sì, mio Dio, giacché volete esser amato anche da me misero ribelle della vostra maestà, io v'amo con tutto il cuore, e mi pento di avervi oltraggiato, più di qualunque male ch'io12 avessi potuto incorrere. Deh illuminatemi, o bontà infinita; fatemi conoscere il torto che v'ho fatto. No, non voglio più resistere alle vostre chiamate. Non voglio più disgustare un Dio, che tanto mi ha amato: e tante volte e con tanto amore mi ha perdonato. Ah non vi avessi offeso mai, o Gesù mio! Perdonatemi e fate che da oggi avanti io non ami altri che Voi: viva solo per Voi, che siete morto per me: patisca per vostro amore, giacché Voi avete tanto patito per amor mio. Voi mi avete amato ab eterno, fate che in eterno io arda del vostro amore. Spero tutto, mio Salvatore a i13 meriti vostri.
E in voi confido ancora, o Maria; Voi colla vostra intercessione mi avete da salvare.