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S. Alfonso Maria de Liguori
Via della salute

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SIEGUONO TRE MEDITAZIONI DEL PARADISO PER LE TRE FESTE DI PASQUA

 

MED. I Del paradiso. Per la domenica di Pasqua.

 

Oh beati noi, se in questa terra soffriremo con pazienza i travagli della vita presente! Finiranno un giorno le angustie, i timori, le infermità, le persecuzioni e tutte le croci: e queste, se ci salviamo, diventeranno tutte per noi oggetti di allegrezza e di gloria in paradiso: "Tristitia vestra (ci fa animo il Signore) vertetur in gaudium" (Io. 16. 20). Sono sì grandi le delizie del paradiso, che da noi mortali non possono né spiegarsi, né capirsi: "Oculus non vidit (dice l'Apostolo), nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit, quae praeparavit Deus iis, qui diligunt illum" (I Cor. 2. 9). Occhio non vide mai bellezze simili alle bellezze del paradiso: orecchio non mai udì armonie simili all'armonie del paradiso: né può il cuore umano giungere a comprendere i contenti, che ha preparati Iddio a coloro che l'amano. È bello vedere una campagna ornata di colline, di piani, di boschi e di marine. È bello il vedere un giardino pieno di frutta, di fiori e di fontane. Oh quanto è più bello il paradiso!

 

Per intendere quanto sieno grandi i gaudii del paradiso, basta sapere che in quel regno beato risiede un Dio onnipotente, applicato a rendere beate l'anime sue dilette. Dice S. Bernardo1 che il paradiso è un luogo, ove "nihil est quod nolis, totum est quod velis"; ivi non troverai cosa che ti dispiaccia, e troverai tutto quel che vuoi. "Nihil est, quod nolis". In paradiso non vi è notte, né stagioni di verno e di state, ma un continuo giorno sempre sereno ed una continua primavera sempre deliziosa. Non vi sono più persecuzioni o invidie, perché ivi tutti si amano sinceramente, e ciascuno gode del bene dell'altro, come fosse proprio. Non vi sono più infermità, né dolori, perché il corpo non è più soggetto a patire: non vi è povertà, perché ognuno


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è ricco appieno, e non ha più che desiderare: non vi sono più timori, perché l'anima confermata in grazia non può più peccare e perdere il sommo bene.

 

"Totum est, quod velis". In paradiso avrai quanto desideri.

Ivi è contentata la vista in veder quella città così bella ed i suoi cittadini tutti vestiti alla regale, perché tutti sono re di quel regno eterno. Vedremo ivi la bellezza di Maria, che comparirà più bella, che non sono tutti gli Angeli e santi insieme. Vedremo la bellezza di Gesù, che supererà poi immensamente la bellezza di Maria. Sarà contento l'odorato con quei odori di paradiso. Sarà contento l'udito colle armonie celesti e coi canti de' beati, che tutti con dolcezza somma canteranno le divine lodi in eterno.

Ah mio Dio, io non merito il paradiso, ma l'inferno; ma la vostra morte mi speranza di ottenerlo. Io desidero e vi domando il paradiso, non tanto per godere, quanto per amarvi eternamente, sicuro di non potervi più perdere.

Madre mia Maria, o stella del mare, voi colle vostre preghiere avete da condurmi in paradiso.

 




1 [21.] S. BERNARDUS, De diversis, serm. 16, n. 7; PL 183, 582: «Ibi nihil deest: ecce abundantia qua impletur humana cupiditas. Quae est ita copia, ubi nihil quod nolis sit, totum sit quod velis».




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