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S. Alfonso Maria de Liguori Via della salute IntraText CT - Lettura del testo |
§. II. PRATICA DELLA MORTIFICAZIONE
"Qui vult venire post me, abneget semetipsum, et tollat crucem suam, et sequatur me" (Matth. 16. 2). Ecco tutto quel che ha da fare chi vuol esser seguace di Gesu-Cristo. Il negare se stesso è il mortificare l'amor proprio. Vogliamo salvarci? bisogna vincer tutto, per assicurare il tutto. Povera quell'anima, che dall'amor proprio si lascia guidare!
La mortificazione è di due modi, "interna" ed "esterna": colla mortificazione "interna" si ha d'attendere a vincere le passioni, e specialmente quella che più ci predomina. Chi non supera la passione predominante, sta in gran pericolo di perdersi. All'incontro chi la supera, facilmente vincerà tutte le altre. Alcuni però si fan predominare da un vizio e si tengono per buoni, perché non si vedono sopra i vizii che tengono gli altri. Ma che importa? dice S. Cirillo,1 un solo buco aperto basta a sommergere la barca. Né vale a dire di questo vizio non posso astenermi; volontà risoluta vince tutto: s'intende sempre coll'aiuto di Dio, che non mai manca.
La mortificazione "esterna" poi importa il vincere gli appetiti sensuali. I mondani chiamano crudeli i santi, che negano al loro corpo ogni soddisfazione di senso, e l'affliggono con cilizii, discipline ed altre penitenze. Ma dice S. Bernardo2 che eglino son molto più crudeli con se stessi, mentre per miseri e brevi piaceri in questa terra si condannano ad ardere sempre nel fuoco dell'inferno. Alcuni altri poi dicono già doversi negare al corpo ogni diletto vietato; ma disprezzano le mortificazioni esterne, dicendo che la mortificazione interna è la necessaria, cioè mortificare la volontà. Sì signore, principalmente bisogna mortificar la volontà, ma bisogna ancora mortificare la carne, perché quando
la carne non è mortificata, difficilmente sarà ubbidiente a Dio. Diceva S. Giovanni della Croce3 che a chi insegna non esser necessarie le mortificazioni esterne, non se gli dia credito, ancorché facesse miracoli. Ma veniamo alla pratica.
Per I. bisogna mortificare gli "occhi". Le prime saette che feriscono l'anima e spesso l'uccidono, entrano per gli occhi. Sono gli occhi come certi uncini d'inferno, i quali strascinano quasi per forza la persona a peccare. Un certo filosofo gentile4 per liberarsi dall'impudicizie, volontariamente si cacciò gli occhi. Non è lecito a noi di cavarci gli occhi per mezzo del ferro; ma dobbiamo renderci ciechi per mezzo della santa mortificazione, altrimenti sarà difficile il mantenerci casti. Dicea S. Francesco di Sales:5 "Chi non vuole ch'entrino i nemici nella piazza, bisogna che serri le porte". Bisogna dunque che ci asteniamo di mirare ogni oggetto, che può darci tentazione. S. Luigi Gonzaga6 non ardiva di alzare gli occhi neppure in faccia della propria madre. E quando mai a caso ci scappano gli occhi a guardar qualche oggetto, stiamo attenti a non riguardarlo: "Non tanto il guardare
(dicea lo stesso Santo di Sales7) quanto il riguardare è causa di ruina". Stiamo dunque molto attenti a mortificare gli occhi, perché molti per causa degli occhi stanno all'inferno.
Per 2. bisogna mortificare la "lingua", astenendoci dal dir parole di mormorazione o d'ingiurie o d'oscenità. Una parola oscena detta in conversazione, anche per burla, può esser causa di scandalo e di mille peccati che ne sieguono. Ed avvertasi che talvolta fa più danno una parola equivoca detta con arguzia, che una parola apertamente disonesta.
Per 3. bisogna mortificare la "gola". Dicea S. Andrea d'Avellino8 che per cominciare a vivere da buon cristiano bisogna cominciare a mortificare la gola. E S. Francesco di Sales diceva:9 "Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare". Molti par che vivono per mangiare, e così mandano a ruina la salute dell'anima ed anche quella del corpo. Per lo più le ostruzioni, le diarree e quasi tutti gli altri morbi son cagionati dal vizio della gola. Ma il peggio è che l'intemperanza della gola spesso è causa d'incontinenza. Scrive Cassiano10 che chi sta, sazio di cibi o di bevande calorose, come di vino, acquavite e simili? è impossibile che non senta molte tentazioni impure. "Ma come? dice taluno, non si ha da mangiare più?" Sì signore, si ha da mangiare
per conservar la vita, ma si ha da mangiar da uomo, non da bruto. Specialmente, se non volete esser molestato dalle tentazioni disoneste, astenetevi da' soverchi cibi di carne e dal soverchio vino. Dice la Scrittura: "Noli regibus dare vinum" (Prov. 31. 4).11 Per re qui s'intendono quelli, che soggettano il senso alla ragione. Il molto vino fa perdere la ragione, e porta seco non solo12 il vizio dell'ubbriachezza, ch'è certo peccato mortale, ma anche dell'impudicizia. E non vi rincresca di fare da quando in quando qualche digiuno o astinenza, specialmente nel giorno del sabato in onore di Maria SS. Tanti lo fanno in pane ed acqua; almeno fatelo così nelle vigilie delle sette feste principali della Madonna.13 Almeno vi prego ad osservare i digiuni d'obbligo. Alcuni nella sera passano le 15 e le 20 once, e dicono: "Basta che non mi sazio". Non signore, non basta; al più che possono prendersi la sera ne' digiuni comandati, sono otto once; e ciò per consuetudine, perché anticamente non poteasi prender cibo, che una sola volta il giorno.
Per 4. bisogna mortificar l'"udito" ed il "tatto": l'"udito" con fuggir di ascoltar discorsi immodesti o di mormorazione: il "tatto", procurando di usare in ciò tutta la cautela così cogli altri, come con noi stessi. Alcuni dicono che non è niente, perché lo fanno per burla; ma chi mai, dimando, si mette a scherzare col fuoco?