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S. Alfonso Maria de Liguori
Via della salute

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§. III. PRATICA DELLA CARITÀ COL PROSSIMO

 

Chi ama Dio, ama anche il prossimo; e chi non ama il prossimo, neppure ama Dio, mentre il precetto divino dice: "Qui diligit Deum, diligat et fratrem suum" (I Io. 4. 21). Bisogna poi che amiamo il prossimo internamente ed esternamente. E quanto dobbiamo amarlo? ecco la regola: "Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo... et proximum sicut te ipsum" (Luc. 10. 27). Dobbiamo dunque amare Dio sopra ogni cosa e più di noi stessi, e 'l prossimo come noi stessi.


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Sicché, siccome noi desideriamo il nostro bene e ce ne compiacciamo, quando l'abbiamo, ed all'incontro ci dogliamo del nostro male; così bisogna che desideriamo il bene del prossimo e ce ne compiacciamo quando l'ottiene, ed all'incontro ci dogliamo del suo male. Così ancora non dobbiamo giudicare o sospettare male del prossimo senza certo fondamento. Ed in ciò consiste la carità "interna".

 

La carità "esterna" poi consiste nelle parole e nell'opere verso del prossimo. In quanto alle parole, per I. dobbiamo astenerci da ogni ombra di mormorazione. Il mormoratore è odiato da Dio e dagli uomini. All'incontro è amato da Dio e dagli uomini chi dice bene di tutti, e quando non può scusare il difetto, scusa almeno l'intenzione. Per 2. guardiamoci di riferire ad uno il male, che un altro avesse detto di lui; mentre con ciò alle volte ne nascono lunghe inimicizie e vendette. Dice la Scrittura14 che chi semina discordie, è l'odio di Dio. Per 3. guardiamoci di pungere il prossimo con qualche parola dispiacente, ancorché sia per burla. Piacerebbe a voi l'esser posto in derisione, come voi ponete il prossimo? Per 4. fuggiamo i contrasti: alle volte per cose di niente si afferrano certe contese, che poi passano ad ingiurie ed a rancori. E così anche guardiamoci di farci spiriti di contradizione, come sono alcuni, che gratis si mettono sempre a contraddire in ogni cosa. Quando occorre, dite il vostro parere, e poi quietatevi.

 

Per 5. usiamo parole dolci con tutti, anche cogli inferiori; e perciò guardiamoci dall'imprecazioni e dall'ingiurie. E quando il prossimo sta adirato e ci dice qualche ingiuria, rispondiamo con dolcezza, e subito finirà la briga. "Responsio mollis frangit iram" (Prov. 15. 1). E quando noi stiamo disturbati col prossimo, stiamo attenti allora a non parlare, perché allora la passione ci trasporta: ci farà veder necessario di caricar la mano, ma appresso certamente ce ne pentiremo. Dice S. Francesco di Sales:15 "Io non mi sono mai risentito, che appresso non me ne pentissi". La regola è di tacere sin tanto che non si sedi il nostro disturbo. E quando il prossimo sta disturbato, lasciamo in quel tempo di correggerlo, ancorché la correzione fosse necessaria, perché allora le nostre parole non persuadono, né fanno profitto.


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In quanto poi alla carità dell'opere verso del prossimo, per I. ella si pratica con soccorrerlo, come meglio possiamo. Ricordiamoci di quel che dice la Scrittura: "Elemosyna ab omni peccato, et a morte liberat, et non patietur animam ire ad tenebras" (Tob. 4. II). La limosina dunque ci salva dal peccato e dall'inferno. Per limosina s'intende qualunque aiuto, che possiamo dare al prossimo. La limosina poi di maggior merito è l'aiutare l'anima del prossimo, col correggerlo con dolcezza ed a tempo opportuno, sempre che si può. E non diciamo come dicono alcuni: Ed a me che importa? Importa all'essere di cristiano. Chi ama Dio, vuol vederlo amato da tutti.

 

Per 2. Bisogna usar la carità cogl'infermi, i quali stanno in maggior necessità di esser sollevati. Portiamo loro qualche regaluccio, se son poveri. Andiamo almeno a servirli o a consolarli, ancorché essi non ce ne ringraziassero: il Signore ce lo rimunererà.

 

Per 3. Sopra tutto usiamo carità co' nemici. Alcuni sono tutti caritatevoli cogli amici, ma Gesu-Cristo dice: "Benefacite his, qui oderunt vos" (Matth. 5. 44). Qui si conosce chi è vero cristiano, se cerca di far bene a chi gli vuol male. E se altro non possiamo fare a chi ci perseguita, almeno preghiamo Dio che lo prosperi, secondo Gesù ci comanda: "Orate pro persequentibus vos".16 Questo è il modo, col quale si vendicano i santi. Colui che perdona chi l'ha offeso, sta sicuro d'esser perdonato da Dio, mentre Dio ci ha promesso: "Dimittite, et dimittemini" (Luc. 6. 37). Disse un giorno il Signore alla B. Angela da Foligno17 che il segno più certo che un'anima sia amata da Dio, è s'ella ama il prossimo che l'ha offesa.


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Per 4. Usiamo anche la carità co' nostri prossimi già morti, cioè coll'anime del purgatorio. Dice S. Tommaso18 che siccome noi siam tenuti a soccorrere i prossimi viventi, così ancora dobbiam sovvenire i prossimi defunti. Quelle sante prigioniere patiscono pene, che sorpassano tutti i dolori di questa vita; ed all'incontro stanno in estrema necessità, poiché da loro stesse non possono aiutarsi. Così disse un monaco Cisterciense19 al sagristano del suo monastero: "Aiutatemi fratello colle orazioni, mentre da me non posso niente ottenere". Procuriamo dunque di aiutare queste sante anime con far dire Messe, o pure con udirle per loro suffragio, o con far limosine, o almeno orazione, pigliando le indulgenze per esse; ed esse ci saranno ben grate in ottenerci da Dio grazie grandi, non solo dal paradiso, se per nostro mezzo vi giungeranno più presto, ma anche dal purgatorio.

 




14 [14.] Prov., 6, 16, 19: «Sex sunt quae odit Dominus, et septimum detestatur anima eius... eum qui seminat inter fratres discordias».

15 [29.] S. FRANC. DI SALES, Lettere, lett. 502; Oeuvres, XIV, Annecy 1906, 105: «Je ne me suis mis en colère, pour justement que c'ait été, que je n'aie réconnu pas après que j'eusse encore plus justement fait de ne me point courroucer».

16 [20.] Matth., 5, 44.

17 [24.] Da SERTORIO DE MATTEIS, Catechismo delle claustrali, ammaestr. XIV, Napoli 1755, 136: «La B. Angela di Fuligno pregò il Signore a darle un segno d'esser da lui amata, e ne fu consolata con dirle: Il più chiaro segno dello scambievole amore fra me e i miei servi è l'amore che portano a chi l'offese». Cfr. B. ANGELA da Foligno, Vita et opuscula, l. I, p. III, c. 10; Fulginiae 1714, 81: «Ipse (Dominus) respondit: Ego autem dabo tibi signum melius quam illud quod tu quaeris. Signum autem erit istud: Tu semper eris fervens in amore et de amore Dei... Dimitto in te unum amorem de me, quo anima tua erit ebria et calida assidue de me, ita quod tribulationes amore mei tolerabis; et si quis tibi dixerit malum vel fecerit, tu habebis in gratia et clamabis te indignam tali gratia. Istum enim amorem habui ego ad vos, qui fuit tantus, quod pro vobis omnia sustinui patienter et cum humilitate. Tunc igitur cognosces quod ego sum in te, si quando quis dixerit vel fecerit malum tibi, tu habeas non solum patientiam, sed hoc habeas in magno desiderio pro gratia; et hoc est certum signum gratiae Dei».

18 [2.] S. THOMAS, In IV lib. Sententiarum, dist. 45, q. 2, a. 1, ad II q.: «Caritas, quae est vinculum uniens membra Ecclesiae, non solum ad vivos se extendit, sed etiam ad mortuos qui in caritate decedunt».

19 [7.] Magnum speculum exemplorum, dist. 3, ex. 47; Venetiis 1618; 215: «Pius Dominus mihi tibi apparere concessit, quatenus qui iam per meipsum mereri nihil possum, fratrum nostrorum qui adhuc tam sibi quam aliis misericordiam Dei promereri possunt, orationibus debeam adiuvari». Cfr. Exordium magnum Cisterciense, dist. 5, c. 7; PL 185, 1134.




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