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S. Alfonso Maria de Liguori
Vittorie dei Martiri

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§. 2. Frutti che si ritraggono dal considerar le virtù esercitate da' martiri in tempo del loro combattimento.

19. Dal considerare i grandi esempj di virtù che diedero i santi martiri in tempo del loro martirio, oh quanto s'impara! Dal vedere il disprezzo che essi fecero del mondo e di tutte le mondane grandezze, s'impara primieramente a disprezzare i beni caduchi di questa terra ed a far conto solamente de' beni eterni. Erano loro offerte da' tiranni grandi ricchezze, dignità primarie, nozze regali, purché abbandonassero la fede; ma essi disprezzarono tutto, e si contentarono di essere spogliati di tutti i loro posti ed averi, e si abbracciarono colle piastre infocate e colle morti più ignominiose, per non perdere la divina grazia ed i beni eterni che Dio promette ai suoi servi. A s. Clemente offerse il tiranno una gran copia di oro e di gemme, se avesse rinunziato a Gesù Cristo: allora il santo rivolto al Signore disse: O Dio mio, ed a che ti paragonano gli uomini? alla polvere ed al fango? A s. Teodoro martire fu offerta, se lasciava la fede, la dignità di pontefice: il santo in udire ciò si pose a ridere, e disse : Pontefice? io spero di andare a goder Dio in cielo, e volete che io lo cambi per restare in terra a fare il cuoco e il macellaio, come fanno questi pontefici in offerire sacrifizj di animali a' falsi dei?

20. S'impara inoltre a fidare in Dio, e ad affezionarci sempre più alla nostra fede, rilucendo ammirabilmente nella costanza de' martiri la potenza di Dio, in dar loro forza di superare con tanto coraggio e giubilo i tormenti e la morte. Come mai tante persone deboli, tenere verginelle e fanciulli, o vecchi decrepiti avrebber potuto resistere al dolore di tanti tormenti, che fa orrore il solo udirli narrare: graticole, piastre, corazze infocate, verghe, flagelli, unghie di ferro che laceravano il corpo sino a scoprire le ossa e le viscere di quei santi, se non vi fosse stato Dio che loro avesse data la forza di soffrirli? S. Barlamo (posto nel martirologio ai 19. novembre) povero contadino di un villaggio di Antiochia, stando forte a confessar la fede, il tiranno lo fece flagellare per molto tempo sino a stancarsene i carnefici; di poi lo costrinse a tener la mano sulla fiamma che ardea davanti un idolo, e sulla mano fece mettere carboni ardenti insieme con incenso, affinché scotendo il santo la mano per lo dolore, e cadendo l'incenso col fuoco sull'altare dell'idolo, potesse dire che Barlamo avea sacrificato a quel simulacro. Ma il santo si contentò che 'l fuoco gli bruciasse


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la carne ed i nervi sino all'ossa, e non volle muover la mano, ed in mezzo ai dolori di questo supplicio, come dice l'istoria, finì di vivere. Questo martire è lodato da s. Gio. Grisostomo e s. Basilio. S. Eucalia era vergine di soli dodici anni. Il tiranno prima la fece flagellare in modo che tutto il suo corpo diventò una piaga, di poi fece versare su quelle piaghe olio bollente, indi le fece applicare torce ardenti al petto ed ai fianchi; e la santa in quei tormenti non faceva che benedire Iddio. Appresso le furono slogate tutte le membra, ed indi con unghie di ferro lacerate le carni sino alle ossa. Finalmente non sapendo il tiranno più che fare, la fece bruciar viva.

21. Parlando de' giovanetti, s. Vito di quattordici anni fu similmente prima tormentato co' flagelli e colla tortura; indi lacerato co' ferri sino alle viscere. Il suo genitore ch'era gentile, piangea per dolore di veder perire il figlio; allora il fanciullo gli disse: No, padre mio; io con questa morte non perirò, ma anderò a regnare in cielo in eterno. E così morì gioiendo fra' tormenti. Così anche morì s. Agapito giovinetto, il quale al tiranno, che gli minacciava di fargli bruciar la testa con un elmo infocato, ripose: E che maggior fortuna posso avere io, che perder la mia testa, per vederla coronata in paradiso? Ed in effetto l'imperatore gli fece imporre carboni ardenti sul capo, lo fece di più flagellare, sospendere coi piedi sovra di un gran fumo, gli fece gittare acqua bollente nel ventre e fracassar le mascelle, e finalmente tagliar la testa.

22. Parlando poi de' vecchi, s. Simeone vescovo di Gerusalemme in età di 120. anni, dopo essere stato crudelmente straziato dai tormenti, come scrive Eusebio Cesariense, morì da forte su d'una croce. S. Filippo vescovo di Eraclea (di cui narreremo il martirio a lungo in quest'opera), essendo in età cadente, il tiranno prima lo fece strascinar per li pedi per tutta la città, indi lo fece battere sino a scoprirsi le ossa e le viscere, e finalmente lo fece morir tra le fiamme; e il santo vecchio sino che spirò, non cessò di ringraziare il Signore che così lo facea morire per la sua gloria.

23. Di più dal considerar la pazienza de' martiri fra tanti crucj, s'impara a soffrire con pace le cose contrarie e le miserie di questa vita, la povertà, i dolori, le persecuzioni, i disprezzi e tutti gli altri mali, che tutti son leggieri a confronto di quelli che patiscono i martiri. Il maggior tentativo che raddolciva le pene di quei santi eroi, le ingiurie, le ingiustizie e gli altri strazi che soffrivano, era il pensare esser volontà di Dio che patissero quei maltrattamenti per suo amore. E così noi quando ci vediamo afflitti da qualche travaglio, pensiamo che molto più gravi furono i tormenti de' martiri; e vergogniamoci di lamentarci delle tribolazioni che ci accadono, ma rassegniamoci alla divina volontà. Dice s. Vincenzo de' Paoli: La conformità al divino volere è il rimedio per tutti i mali.

24. Giova qui avvertire quel che dice s. Agostino che non già la pena, ma la causa del martirio fa i veri martiri: Martyres veros non poena facit, sed causa 1. Onde poi insegna s. Tommaso 2 esser martirio vero il soffrire la morte per esercitare un


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atto di virtù. Dal che si ricava che ha il merito di martire non solo chi la vita per la fede per mano di carnefice, ma ancora chi accetta la morte per adempire la divina volontà e dar gusto a Dio, ch'è un atto di virtù il più eccellente, mentre è sacrificar tutto se stesso al divino amore. Giacché poi tutti abbiamo da pagare il debito della morte, procuriamo nell'orazione di accettar volentieri la morte per adempire la volontà di Dio, allorché egli ci chiamerà a partire da questo mondo. Poiché ogni volta che si fa quest'atto con vero spirito, si guadagna un merito simile a quello ch'ebbero i martiri in dar la vita per Gesù Cristo. S. Maria Maddalena de' Pazzi sempre che diceva il Gloria Patri nell'officio, abbassando la testa, si attuava col pensiero a bassarla, come per ricevere il colpo del carnefice.

25. Di più s'impara a ricorrere subito a Dio, quando ci sentiamo deboli e quasi diffidati a sopportar con pazienza qualche travaglio più duro, qualche perdita più sensibile, o qualche infermità più dolorosa. Così faceano i santi martiri: quando il crucio era più acuto e penetrante, accresceano le preghiere a Dio, e 'l Signore li soccorreva, e così restavano vincitori. S. Teodoto, dopo essere stato tormentato dal tiranno con molti strazj, fu fatto stendere sovra alcuni cocci di terra infocati. Allora sentendosi il santo più penetrato dal dolore sin nelle viscere, pregò il Signore che alquanto glielo mitigasse; e così ottenne la forza di resistere ai tormenti sino alla morte. All'incontro alcuni cristiani posti a' tormenti, perché trascurarono di ricorrere a Dio, caddero e si perdettero. Si legge specialmente nella storia de' martiri del Giappone di un vecchio condannato a morir segato nella gola a poco a poco da una canna, ch'egli stette forte a soffrir quel tormento per molto tempo, ma quando stava in punto di spirare, lasciò di raccomandarsi a Dio, rinnegò la fede, e subito il misero spirò. Insegnamento per tutti, che la perseveranza nel pregare e ricorrere al Signore in tempo che ci manca la forza di resistere alle tribolazioni o tentazioni, è quella che ci ottiene la salute.

26. Sopra tutto s'impara ad amare Iddio, nel che sta la nostra salute: Qui non diligit manet in morte 1. Il nostro affetto verso Dio non tanto si prova col molto operare per la sua gloria, quanto col molto patire per suo amore. Così i santi martiri col patire grandi cose han fatto conoscere l'amore che gli portavano. S. Gordiano martire al tiranno che gli minacciava la morte se non rinunziava a Gesù Cristo, rispose: Tu mi minacci la morte? ma a me dispiace che non posso morire più d'una volta per Gesù Cristo mio. Similmente s. Procopio martire, mentre il tiranno attualmente lo facea tormentare, disse: Tormentami quanto vuoi; ma sappi che a chi ama Gesù Cristo non vi è cosa più cara che il patire per suo amore. Dice s. Bernardo: E che? Forse questi santi parlavan così, perché erano stupidi ed insensibili a' tormenti? No, scrive il santo: Hoc non fecit stupor, sed amor 2. Non erano già stupidi i martiri; ben sentivano essi i dolori de' tormenti loro applicati: ma perché amavano assai Gesù Cristo, stimavano guadagno il molto patire e dar la vita per suo amore.


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Questo dunque è il maggior profitto che si ricava dalla lettura delle istorie de' martiri: il leggere gli strapazzi e le barbarie ch'essi ricevettero da' tiranni ci fa vergognare di lamentarci poi delle tribolazioni che Dio ci manda in questa vita; e ci coraggio ad accettarle con pace.

27. Aggiungo: la morte, la quale è un censo che da ogni uomo si ha da pagare, ella è la più gran tribolazione che spaventa ancora i santi. Il nostro medesimo Salvatore come uomo volle dimostrare il timore che ebbe della morte, quando gli fu vicina, talmente che giunse a pregare il Padre che ne l'avesse liberato; ma nello stesso tempo c'insegnò ad accettar la morte, secondo che Dio dispone, dicendo: Veruntamen non sicut ego volo, sed sicut tu 1. I martiri con ciò si han guadagnata la gloria del martirio, con avere accettata la morte per piacere a Dio ed uniformarsi alla sua volontà; poiché, come notammo di sopra con s. Agostino, non la pena, ma la causa ed il fine della morte è quello che fa i martiri. Da ciò si deduce che chi muore accettando volentieri la morte e tutte le pene che l'accompagnano per adempire il voler divino, benché non muoia per mano di carnefice, muore nondimeno col merito di martire, o almeno molto simile a quello. Si deduce inoltre che quante volte uno si offerisce a soffrire il martirio per amor di Dio, tante volte guadagna il merito di martire. S. Maria Maddalena de' Pazzi, come dicemmo di sopra, sempre che diceva il Gloria Patri, inchinando la testa, figuravasi come attualmente l'inclinasse per ricevere il colpo della spada. In tal modo molti santi noi vedremo in cielo doppiamente coronati col merito del martirio, senza essere stati martiri.

28. Per ultimo si esorta qui ad avere una gran confidenza col raccomandarci ogni giorno all'intercessione de' santi martiri, le preghiere dei quali sono molto efficaci appresso Dio. Quando passiamo qualche travaglio più pesante, o desideriamo qualche grazia più speciale, facciamo una novena, o pure un triduo in onore dei santi martiri, e facilmente avremo la grazia: Honoremus beatos martyres, scrive s. Ambrogio 2, principes fidei, intercessores mundi. Se il Signore promette la mercede ad ognuno che porge una tazza d'acqua ad un povero, che non farà per coloro che gli han data la vita a forza di tormenti? E qui bisogna notare che i martiri prima di ricevere il colpo della morte si preparavano, come certamente dee credersi, a tutti i tormenti ed alla morte cento e mille volte prima; onde terminando poi la vita morivano col merito non di un solo martirio, ma di tutti quelli che prima coll'animo aveano già accettati ed offerti a Dio; onde pensiamo con qual cumulo di meriti nella morte essi entrarono in cielo, e per conseguenza quanto vale appresso Dio la loro mediazione.

Preghiera da farsi a' santi martiri per ottenere la loro intercessione.

29. O santi principi del paradiso, voi che sacrificaste a Dio quanto avevate in questa terra, robe, onori e vita, ed ora felici regnate in cielo ricchi di gaudio e di gloria, e sicuri per sempre della corona che co' vostri patimenti vi avete meritata, abbiate pietà di noi poveri pellegrini che in questa valle di lagrime gemiamo incerti della sorte che dovrà toccarci


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in eterno. E da quel Signore, per cui patiste tanti tormenti e che ora tanto vi ama e vi tiene a sé vicini, impetrateci un grande amore verso di Dio che ci dia forza di soffrir con rassegnazione le miserie di questa vita, di vincer tutte le tentazioni de' nemici e di così perseverare sino alla morte; acciocché veniamo anche noi un giorno in vostra compagnia a lodare ed amare quell'infinito bene che voi già state godendo ed amando da faccia a faccia.




1 Ep. 167.



2 2. 2. q. 124. a. 1. ad. 3.

1 1. Ep. Ioan. 3. 14.



2 Serm. 62. in Cant.

1 Matth. 26. 39.



2 Serm. 93.




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