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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO I

Il venerabile Giovanni d'Avila1 avrebbe voluto dividere il mondo in due carceri, una per coloro che non ci credono e l'altra per coloro che ci credono, e vivono in peccato lontano2 da Dio; a costoro dicea che toccava il carcere3 de' pazzi. Ma la maggior miseria e disgrazia di questi miserabili si è ch'essi tengonsi per savi e prudenti, e sono i più sciocchi e stolti del mondo. E 'l peggio si è che il numero di costoro è innumerabile. «Et stultorum infinitus est numerus» (Eccl. 1. 15). Chi impazzisce per gli onori, chi impazzisce per gli piaceri, chi per le carogne di questa terra. E costoro poi ardiscono di chiamar pazzi i santi, che disprezzano questi beni del mondo, per acquistarsi la salute eterna e 'l vero bene ch'è Dio. Chiamano pazzia l'abbracciare i disprezzi e perdonare l'ingiurie, pazzia il privarsi de' piaceri di senso e abbracciare le mortificazioni; pazzia rinunziare4 gli onori e le ricchezze, l'amare la solitudine, e la vita umile e nascosta. Ma non avvertono che la loro sapienza, è chiamata pazzia dal Signore: «Sapientia enim huius mundi stultitia est apud Deum» (1. Cor. 3. 19).


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Ah che un giorno ben confesseranno questa loro pazzia, ma quando? quando non vi sarà più rimedio; e diranno disperati: «Nos insensati vitam illorum aestimabamus insaniam, et finem illorum sine honore» (Sap. 5. 4). Ah miseri che siamo stati, noi stimavamo pazzia la vita de' santi, ma ora conosciamo che noi siamo stati i pazzi. «Ecce quomodo inter filios Dei computati sunt, et inter sanctos sors illorum est» (Ibid. 5). Ecco com'essi son già collocati tra 'l numero felice de' figli di Dio, ed han fatta tra' santi la loro fortuna, che sarà fortuna eterna, e li renderà per sempre beati; e noi siam restati nel numero degli schiavi del demonio, condannati ad ardere in questa fossa di tormenti per tutta l'eternità. «Ergo erravimus (così concluderanno il loro pianto) a via veritatis, et iustitiae lumen non luxit nobis» (Ib. 6). Quindi l'abbiamo sgarrata per aver voluto chiudere gli occhi alla divina luce, e quello che più ci renderà infelici è che al nostro errore non vi è, né vi sarà più rimedio, mentre Dio sarà Dio.

Qual pazzia dunque per un vile interesse, per un poco di fumo, per un breve diletto perdere la grazia di Dio! Che non fa un vassallo per guadagnarsi la grazia del suo principe! Oh Dio per una misera soddisfazione perdere il sommo bene, ch'è Dio! perdere il paradiso! perdere anche la pace in questa vita, facendo entrar nell'anima il peccato, che co' suoi rimorsi sempre la tormenterà! e condannarsi volontariamente ad una miseria eterna! Ti prenderesti quel gusto illecito, se per quello ti toccasse poi ad esserti bruciata una mano? o pure a star chiuso un anno dentro una sepoltura? Faresti quel peccato, se dopo quello dovessi perdere cento scudi? E poi credi, e sai che peccando perdi il paradiso e Dio, e sei per sempre5 condannato al fuoco, e pecchi?

Affetti e preghiere

O Dio dell'anima mia, che sarebbe di me a quest'ora, se Voi non mi aveste usate tante misericordie? Starei all'inferno, al luogo de' pazzi come sono stato io. Vi ringrazio, Signore, e vi prego a non abbandonarmi nella mia cecità. Io meritava di restare abbandonato dalla vostra luce, ma vedo che la vostra grazia non mi ha abbandonato ancora. Sento che con tenerezza mi chiama, e m'invita a cercarvi6 perdono, ed a sperare da Voi gran cose, non ostante le grandi offese


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che vi ho fatte. Sì, mio Salvatore, spero da Voi di esser accettato per figlio. Non son degno d'esser neppure così chiamato, perché vi ho ingiuriato tante volte in faccia. «Pater, non sum dignus vocari filius tuus; peccavi in coelum, et coram te».7 Ma sento che Voi andate cercando le pecorelle smarrite, e vi consolate in abbracciare i figli perduti. Padre mio caro, mi pento di avervi offeso, mi butto, e mi abbraccio a' piedi vostri, e non mi partirò, se non mi perdonate e mi benedite. «Non dimittam te, nisi benedixeris mihi».8 Beneditemi, Padre mio, e la vostra benedizione sia il darmi un gran dolore de' miei peccati e un grande amore verso di Voi. V'amo, Padre mio, v'amo con tutto il cuore. Non permettete ch'io mi parta più da Voi. Privatemi di tutto, e non mi private del vostro amore.

O Maria, se Dio è il mio Padre, Voi siete la Madre mia. Beneditemi ancora Voi. Non merito d'esser figlio;9 accettatemi per vostro servo; ma fate ch'io sia un servo, che teneramente v'ami sempre, e sempre confidi nella vostra protezione.




1 [5.] Forse da SARNELLI G., La via facile, e sicura del paradiso, p. I necessità dell'orazione mentale; I, Napoli 1738, 39: «Con ragione dicea il P. M. Avila che chi pecca, dovrebbe esser trattato o da pazzo o da infedele. In verità il peccare, e peccare così per nulla e peccare senza rimorso è segno assai manifesto o che non si crede abbastanza, o che non v'è affatto senno». La fonte comune è LOHNER T., op. cit., tit. LXXII; II, Venetiis 1708, 225: «Dicatur recte olim dixisse Ioannem Avilam plerosque homines aut inquisitionis carcere, aut stultorum cavea dignos sibi videri; aut enim credunt, inquiebat, quae Deus de coelesti gloria et inferorum suppliciis revelavit, aut non credunt; si posterius haeretici sunt, et proin ad inquisitionis carcerem ablegandi: si prius, stultissimi plane sunt, si nihilominus peccare et se in tam manifestum periculum aeternae gloriae amittendae, poenaeque infernalis accusandae periculum praecipitare pergant». Cfr. P. GIOVANNI AVILA, Trattati del SS. Sacramento dell'Eucaristia, tr. IX e X; Roma 1608, 138, 161; Trattato spirituale sopra il verso «Audi filia», c. 48; Roma 1610, 147.



2 [7.] lontano) lontani. Tutte le edizioni napol. e venete eccetto quella del 1780.



3 [8.] il carcere) la carcere VR BR1 BR2.



4 [17.] rinunziare) il rinunziare VR BR1 BR2.



5 [26.] per sempre) sempre VR.



6 [34.] cercarvi) chiedervi VR BR1 BR2.



7 [4.] Luc., 15, 18-19: «Pater, peccavi in caelum et coram te: iam non sum dignus vocari filius tuus».



8 [8.] Gen., 32, 26.



9 [14.] figlio) figliuolo VR BR1 BR2.






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