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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO II

Dice: «Dio è di misericordia». Ecco il terzo inganno comune de' peccatori, per cui moltissimi si dannano. Scrive un dotto autore1 che ne manda più all'inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia; perché questi miserabili, confidano temerariamente alla2 misericordia, non lasciano di peccare, e così si perdono. Iddio è di misericordia, chi lo nega; ma ciò non ostante, quanti ogni giorno Dio ne manda all'inferno! Egli è misericordioso, ma è ancora giusto, e perciò è obbligato a castigare chi l'offende. Egli usa misericordia, ma a chi? a chi lo teme. «Misericordia sua super timentes se... Misertus est Dominus timentibus se» (Ps. 102. 11. 13). Ma con chi lo disprezza e si abusa della sua misericordia per più disprezzarlo, Egli usa giustizia. E con ragione; Dio perdona il peccato, ma non può perdonare la volontà di peccare. Dice S. Agostino3 che chi pecca col pensiero di pentirsene dopo d'aver peccato, egli non è penitente, ma è uno schernitore di Dio: «Irrisor est, non poenitens». Ma all'incontro ci fa sapere l'Apostolo che Dio non si fa burlare: «Nolite errare, Deus non irridetur» (Gal. 6. 7). Sarebbe un burlare Dio offenderlo come piace, e quanto piace, e poi pretendere il paradiso.

«Ma siccome Dio m'ha usate tante misericordie per lo passato, e non m'ha castigato, così spero che mi userà misericordia per l'avvenire». Ecco il quarto inganno. Dunque perché Dio ha avuta compassione di te, per questo ti ha da usare sempre misericordia, e non ti ha da castigare mai? Anzi no, quanto più sono state le misericordie, che


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Egli t'ha usate, tanto più devi tremare, che non ti perdoni più e ti castighi, se di nuovo l'offendi. «Ne dicas: Peccavi, et quid accidit mihi triste? Altissimus enim est patiens redditor» (Eccli. 5. 4). Non dire (avverte l'Ecclesiastico), ho peccato e non ho avuto alcun castigo; perché Dio sopporta; ma non sopporta sempre. Quando giunge il termine da Lui stabilito delle misericordie, che vuol usare ad un peccatore, allora gli il castigo tutto insieme de' suoi peccati. E quanto più l'ha aspettato a penitenza, tanto più lo punisce, come dice S. Gregorio:4 «Quos diutius exspectat, durius damnat».

Se dunque tu vedi, fratello mio, che molte volte hai offeso Dio, e Dio non t'ha mandato all'inferno, dei dire: «Misericordiae Domini, quia non sumus consumti» (Thren. 3. 22). Signore, ti ringrazio, che non m'hai mandato all'inferno, com'io meritava. Pensa, quanti per meno peccati de' tuoi si son dannati. E con questo pensiero cerca di compensare l'offese, che hai fatte a Dio, colla penitenza e con altre opere buone. Questa pazienza, che Dio ha avuta con te, dee animarti, non già a più disgustarlo, ma a più servirlo ed amarlo, vedendo ch'egli ha fatte a te tante misericordie, che non ha fatte agli altri.

Preghiera5

Gesù mio crocifisso, mio Redentore e mio Dio, ecco il traditore a' piedi vostri. Mi vergogno di comparirvi avanti. Quante volte io v'ho burlato? quante volte v'ho promesso di non offendervi più, ma le promesse mie sono stati tutti tradimenti; mentre quando è venuta l'occasione, mi sono scordato di Voi e di nuovo vi ho voltate le spalle. Vi ringrazio che a quest'ora non mi fate star nell'inferno, ma mi tenete a' piedi vostri, e m'illuminate e mi chiamate al vostro amore. Sì che vi voglio amare, mio Salvatore e mio Dio, e non vi voglio più disprezzare. Basta quanto m'avete sopportato. Vedo che non potete più sopportarmi. Povero me, se dopo tante grazie io tornassi ad offendervi! Signore, io risolutamente voglio mutar vita; e quanto v'ho offeso, tanto vi voglio amare. Mi consolo che ho che fare con una bontà infinita, qual siete Voi. Mi pento sopra ogni male


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di avervi così disprezzato, e vi prometto tutto il mio amore per l'avvenire. Perdonatemi Voi per li meriti della vostra passione: scordatevi dell'ingiurie che vi ho fatte, e datemi forza d'esservi fedele nella vita che mi resta. V'amo, mio sommo bene, e spero di sempre amarvi. Caro mio Dio, non voglio lasciarvi più.

O Madre di Dio Maria, legatemi con Gesu-Cristo, ed ottenetemi la grazia di non partirmi più da' piedi suoi; in Voi confido.




1 [3.] GISOLFO P., La guida de' peccatori, p. I, disc. VI, n. 1; I, Napoli 1694, 165: «O e quanto ben disse quel Santo (Thom. a Kempis), che più si dannano per cagione della misericordia che per la giustizia di Dio!» Vedi anche ROSIGNOLI C. G., Elezione della morte, c. 11, parag. I; Opere, III, Venezia 1713, 690: «E tuttavia l'inferno è ripieno d'anime, che troppo confidavano nella divina clemenza, e poco temeano la divina giustizia. Per modo che un gran maestro di spirito fu di parere (Velas., epist. Phil., c. v. 12): Plures damnentur misericordia Dei quam iustitia, quia plures sunt, qui male confidunt in misericordia quam qui bene timeant iustitiam».



2 [6.] alla) nella BR1 BR2.



3 [14.] PS. AUGUSTINUS, Ad fratres in eremo, sermo 11; PL 40, 1255: «Numquid et qui dissimulat irrisor est, et non poenitens, qui adhuc agit quod poenitet». Questi sermoni sono attribuiti a s. Agostino, ma non sono suoi (cfr. Glorieux 31; Clavis, 377).



4 [8.] S. GREGORIUS M., In Evangelia, homil. 13, n. 5; PL 76, 1126: «Nam quos diu, ut convertantur, tolerat, non conversos durius damnat».



5 [19.] Preghiera) Affetti, e preghiere BR1 BR2.






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