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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO III

Ma ecco già comincia il giudizio. Si aprono i processi, che saranno le coscienze di ciascuno: «Iudicium sedit et libri aperti sunt» (Dan. 7. 10). I testimoni contro i reprobi saranno per prima i demoni che diranno (secondo S. Agostino):1 «Aequissime Deus, iudica esse


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meum qui tuus esse noluit» Saran per secondo le proprie coscienze: «Testimonium reddente illis conscientia ipsorum» (Rom. 2. 15). Di più saran testimoni che grideranno vendetta, le stesse mura di quella casa dove i peccatori hanno offeso Dio. «Lapis de pariete clamabit» (Habac. 2. 11). Testimonio sarà finalmente lo stesso giudice, ch'è stato presente a tutte le offese a Lui fatte. «Ego sum iudex, et testis, dicit Dominus» (Ier. 29. 23). Dice S. Paolo che allora il Signore «illuminabit abscondita tenebrarum» (1. Cor. 4. 5). Farà vedere a tutti gli uomini i peccati de' reprobi più segreti e vergognosi, che in vita sono stati nascosti ancora a' confessori. «Revelabo pudenda tua in facie tua» (Nahum 3. 5). I peccati degli eletti, vuole il Maestro delle sentenze2 con altri che allora non si manifesteranno, ma si troveranno coverti,3 secondo quel che disse Davide: «Beati quorum remissae sunt iniquitates, et quorum tecta sunt peccata» (Ps. 31. 1). All'incontro, dice S. Basilio4 che i peccati de' reprobi si vedranno da tutti con un'occhiata,


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come in un quadro: «Unico intuitu singula peccata velut in pictura noscentur» (Lib. I. de Ver. Virg.). Dice S. Tommaso (Opusc. 60):5 Se nell'orto di Getsemani in dire Gesu-Cristo, «Ego sum», caddero a terra tutti i soldati ch'eran venuti a prenderlo; che sarà quand'egli sedendo da giudice dirà a' dannati: Ecco io sono quello che Voi avete così disprezzato? «Quid faciet iudicaturus, qui hoc fecit iudicandus

Ma via su, già si viene alla sentenza. Si volterà prima Gesu-Cristo agli eletti e dirà loro quelle dolci parole: «Venite, benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi» (Matth. 25. 34). S. Francesco d'Assisi6 in essergli rivelato ch'era predestinato, non capiva in sé per la consolazione; qual gaudio sarà sentirsi dire allora dal giudice: Venite, figli benedetti, venite al regno; non vi sono più pene per voi, non vi è più timore, già siete e sarete salvi in eterno. Io vi benedico il sangue che sparsi per voi, e vi benedico le lagrime che voi avete sparse per li vostri peccati: andiamo su al paradiso, dove staremo sempre insieme per tutta l'eternità. Benedirà anche Maria SS. i divoti suoi, e l'inviterà a venir seco in cielo, e così cantando «Alleluia, alleluia», entreranno gli eletti in trionfo al paradiso a possedere, a lodare, ed amare Dio in eterno.

All'incontro i dannati rivolti a Gesu-Cristo gli diranno: E noi miseri che ce ne abbiamo da fare? E voi, dirà l'eterno giudice, giacché avete rinunziata e disprezzata la mia grazia, «discedite a me, maledicti, in ignem aeternum» (Matth. ibid.).7 «Discedite», spartitevi8


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da me, ch'io non voglio vedervi, né sentirvi più. «Maledicti», andate ed andate maledetti, giacché avete disprezzata la mia benedizione. E dove, Signore, hanno da andare questi miserabili? «In ignem», nell'inferno a bruciare in anima e corpo. E per quanti anni, o per quanti secoli? Che anni, che secoli! «In ignem aeternum», per tutta l'eternità, mentre Dio sarà Dio. Dopo questa sentenza dice S. Efrem9 che i reprobi si licenzieranno dagli angeli, da' santi, da' congiunti e dalla divina Madre: «Valete iusti, vale crux, vale paradise. Valete patres ac filii, nullum siquidem vestrum visuri sumus ultra. Vale tu quoque Dei Genitrix Maria» (S. Ephr. de Variis torm. inf.). E così in mezzo alla valle si aprirà poi un gran fossa, dove caderanno insieme demonii e dannati, i quali si sentiranno oh Dio dietro le spalle chiudere quelle porte, che non si avranno da aprire, mai, mai, mai più in eterno. O peccato maledetto, a qual fine infelice avrai un giorno da condurre tante povere anime! O anime infelici, a cui sta riservata una fine così lagrimevole!

Affetti e preghiere

Ah mio Salvatore e Dio, quale sarà la sentenza che mi toccherà in quel giorno? Se ora, Gesù mio, mi dimandaste conto della vita mia, che altro potrei rispondervi, se non dirvi che merito mille inferni? Sì, è vero, caro mio Redentore, merito mille inferni; ma sappiate che v'amo, e v'amo più di me stesso; e delle offese che v'ho fatte ne ho tal dolore, che mi contenterei d'aver patito ogni male, prima che avervi disgustato. Voi condannate, o Gesù mio, i peccatori ostinati, ma non quelli che si pentono e vi vogliono amare. Eccomi a' piedi vostri pentito, fatemi sentire che mi perdonate. Ma già mel fate sentire per lo profeta: «Convertimini ad me, et convertar ad vos» (Zach. 1. 3). Io lascio tutto, rinunzio a tutti i gusti e beni del mondo, e mi


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converto e mi abbraccio a Voi, amato mio Redentore. Deh ricevetemi nel vostro santo amore; ma infiammatemi tanto ch'io non pensi più a separarmi da Voi. Gesù mio, salvatemi, e la salute mia sia l'amarvi sempre, e sempre lodare le vostre misericordie. «Misericordias Domini in aeternum cantabo».10

Maria speranza, rifugio e Madre mia, aiutatemi ed ottenetemi la santa perseveranza. Niuno mai si è perduto, che a Voi è ricorso. A Voi mi raccomando, abbiate pietà di me.




1 [29.] V. BELLOVACENSIS, Spec. morale, l. II, p. 2, dist. VIII, Venetiis 1591, f. 142, col. 3: «Augustinus: Habet tunc

dicere ipse diabolus: Aequissime iudex iudica istum esse meum ob culpam, qui tuus noluit esse per gratiam, tuus per naturam, meus est per malitiam, tuus est per compassionem, meus est per observationem». S. ANTONINUS, Summa theol., tit. XIV, c. CI; IV, col. 876: «B. Augustinus: Dicturus est enim ille adversarius: Aequissime iudex, iudica hunc meum esse ob culpam, qui tuus esse noluit per gratiam… Aequissime iudex, iudica hunc esse meum et mecum damnandum». Cfr. S. PAULINUS Aquileiensis, Lib. exhortationis, c. 62; PL 99, 272; «Diabolus habet enim dicere: Aequissime iudex, iudica istum esse meum ob culpam, qui tuus esse noluit per gratiam». L'opera che un tempo correva sotto il nome di s. Agostino (PL 40, 1073) è stata attribuita a s. Paolino di Aquileia (cfr. Glorieux, 29).



2 [12.] PETRUS LOMBARDUS, Magister Sententiarum, In psalterio, Ps. XXXI, I; Parisiis 1541, f. 66, col. 1: «Si enim Deus texit peccata noluit advertere. Si noluit advertere, noluit animadvertere, id est, punire: noluit agnoscere, sed ignoscere. Non ergo dicit tecta peccata, tamquam ibi sint et vivant: sed ita deleta ut Deus non videat, id est, puniat aeternaliter. Videre enim Dei, est peccata punire».



3 [13.] coverti... Davide) coperti.. Davidde VR BR1 BR2.



4 [15.] GISOLFO P., op. cit.; I, 383: «Dice S. Basilio appariranno non solo li peccati posti in opera, li desiderii peccaminosi, li pensieri, a' quali abbiamo acconsentito: ma ancora tutte le circostanze, che concorsero ne' peccati, e tutti si vedranno, unico intuitu, come si vedono in una pittura d'un quadro diverse cose ivi pittate, singula peccata per partes, ut se habent, velut in pictura noscentur (S. Basil. lib. I. de ver. Virg.)». Cfr. Autore incerto, Liber de vera virginitatis integritate, n. 30; PG 30, 730: «Mens, post exitum e vita, ubi veluti quoddam involucrum tabulae, quae animam tegit quamque per totam vitam cogitationibus pinxit, ita corpus ablatum fuerit; tunc, quae in arcano depicta fuerant, omnibus in lucem profert: ac videre est tabulam animae varia quidem historia repletam,

omnibus autem ad spectandum propositam». L'opera, che è in Appendice degli scritti di s. Basilio, non è autentica.



5 [2.] Autore incerto, De humanitate Iesu Christi, opusc. 60, c. 25; Opera S. Thomas, XVII, Romae 1570, f. 78, col. 2: «Ut autem dixit, Ego sum, abierunt retrorsum et ceciderunt in terram, sic dicit, una vox turbam odiis ferocem, armis terribilem sine ullo telo percussit, repulit et stravit virtute latentis divinitatis. Quid faciet iudicaturus qui hoc fecit iudicandus? Quid regnaturus poterit qui moriturus hoc potuit?» I critici odierni sono d'accordo nel rigettare come spurio quest'opuscolo: cfr. Opuscula theologica, I, Taurini 1954, XV. Vedi AUGUST., In Ioann. ev., tr. 112, n. 3; PL 35, 1931: «Nempe una vox dicentis: Ego sum, tantam turbam odiis ferocem armisque terribilem, sine ullo telo percussit, repulit, stravit... Quid iudicaturus faciet, qui iudicandus hoc fecit? Quid regnaturus poterit, qui moriturus hoc potuit?» Cfr. CC 36, 634.



6 [11.] MARCO DA LISBONA, Croniche degli Ordini istituiti dal P. S. Francesco, p. I, l. I, c. 60; I, Venezia 1582, 97.



7 [24.] Matth., 25, 41.



8 [24.] spartitevi) partitevi VR BR1 BR2.



9 [6.] S. EPHRAEM, Sermo in pretiosam et vivificam Crucem et in secundum adventum; Opera omnia, II, Romae 1743, 288: «Cum suspiriis et amaris lacrymis dicent: Valete, sancti et iusti, a quibus nos sequestrati sumus. Valete, amici et consanguinei. Valete, patres et matres. Valete, fili et filiae. Valete, apostoli et martyres et prophetae Domini. Valete, monachorum ordo. Vale et tu, Domina Deipara, quae multum pro nobis rogasti ut salvi fieremus, at nos poenitentiam agere et salvati noluimus. Vale et tu, pretiosa et vivifica Crux… Valete omnes simul: nullum siquidem vestrum visuri sumus ultra».



10 [5.] Ps., 88, 2.






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