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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO I

Tutta la nostra salute, e tutta la perfezione consiste nell'amare Dio. «Qui non diligit manet in morte» (1. Io. 3. 14). «Caritas est vinculum perfectionis» (Colos. 3).1 Ma la perfezione dell'amore consiste poi nell'uniformare la nostra alla divina volontà; poiché questo è l'effetto principale dell'amore, come dice l'Areopagita,2 unire le volontà degli amanti, sicché non abbiano che un solo cuore ed un solo volere. Intanto dunque piacciono a Dio l'opere nostre, le penitenze, le comunioni, le limosine, in quanto sono secondo la divina volontà; poiché altrimenti non sono virtuose, ma difettose e degne di castigo.

Ciò venne principalmente ad insegnarci dal cielo col suo esempio il nostro Salvatore. Ecco quel ch'egli disse in entrare nel mondo, come scrive l'Apostolo: «Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi. Tunc dixi: Ecce venio, ut faciam, Deus, voluntatem tuam» (Heb. 10. 5).3 Voi, Padre mio, avete rifiutate le vittime degli uomini, volete ch'io vi sacrifichi colla morte questo corpo che m'avete dato, eccomi pronto a far la vostra volontà. E ciò più volte dichiarò, dicendo ch'egli non era venuto in terra, se non per fare la volontà del suo Padre: «Descendi de coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius qui misit me» (Io. 6. 38). Ed in ciò


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volle che conosciamo il suo grande amore al Padre, in vedere ch'Egli andava a morire, per ubbidire al di lui volere: «Ut cognoscat mundus, quia diligo Patrem, et sicut mandatum dedit mihi Pater, sic facio, surgite, eamus» (Io. 31. 14).4 Quindi poi disse ch'egli riconoscea per suoi solamente coloro che faceano la divina volontà: «Quicunque enim fecerit voluntatem Patris mei qui in coelis est, ipse meus frater, et soror, et mater est» (Matth. 12. 38). Questo poi è stato l'unico scopo e desiderio di tutt'i santi in tutte le loro opere, l'adempimento della divina volontà. Il B. Errico Susone5 diceva: «Io voglio esser più presto un verme più vile della terra colla volontà di Dio, che un Serafino colla mia». E S. Teresa:6 «Tutto ciò che dee procurare chi si esercita nell'orazione, è di conformare la sua volontà alla divina; e si assicuri (aggiungea) che in ciò consiste la più alta perfezione; chi più eccellentemente la praticherà, riceverà da Dio i più gran doni, e farà più progressi nella vita interiore». I beati del cielo per ciò amano perfettamente Dio, perché sono in tutto uniformati alla divina volontà. Quindi c'insegnò Gesu-Cristo a domandar la grazia di far la volontà di Dio in terra, come la fanno i santi in cielo: «Fiat voluntas tua, sicut in coelo et in terra».7 Chi fa la divina volontà, diventa uomo secondo il cuore di Dio, come appunto il Signore chiamava Davide:8 «Inveni virum secundum cor meum, qui faciet omnes voluntates meas» (1. Reg. 1. 14). E perché? perché Davide9 stava sempre apparecchiato ad eseguir ciò che volea Dio: «Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum» (Ps. 56. 8 et Ps. 107. 2).10 Ed altro egli non cercava


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al Signore, che d'insegnargli a fare la sua volontà: «Doce me facere voluntatem tuam» (Ps. 142. 10).

Oh quanto vale un atto di perfetta rassegnazione alla volontà di Dio! basta a fare un santo. Mentre S. Paolo perseguitava la Chiesa, Gesù gli apparve, l'illuminò e lo convertì. Il santo allora altro non fece, che offerirsi a fare il voler divino: «Domine, quid me vis facere?» (Actor. 9. 6). Ed ecco che Gesu-Cristo subito lo dichiarò vaso d'elezione, e apostolo delle genti: «Vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus» (Act. 9. 15). Chi fa digiuni, chi fa limosine, chi si mortifica per Dio, dona a Dio parte di sé; ma chi gli dona la sua volontà gli dona tutto. E questo è quel tutto, che Dio ci dimanda, il cuore, cioè la volontà: «Fili mi, praebe cor tuum mihi» (Prov. 23).11 Questa insomma ha da essere la mira di tutt'i nostri desideri, delle nostre divozioni, meditazioni, comunioni ecc. l'adempire la divina volontà. Questo ha da esser lo scopo di tutte le nostre preghiere, l'impetrare la grazia di eseguire ciò che Dio vuole da noi. Ed in ciò abbiamo da domandare l'intercessione de' nostri santi avvocati e specialmente di Maria SS., che c'impetrino luce e forza di uniformarci alla volontà di Dio in tutte le cose; ma specialmente in abbracciar quelle a cui ripugna il nostro amor proprio. Dicea il Ven. Giovanni d'Avila:12 «Vale più un benedetto sia Dio nelle cose avverse, che sei mila ringraziamenti nelle cose a noi dilettevoli».


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Affetti e preghiere

Ah mio Dio, tutta la mia ruina è stata per lo passato in non volermi uniformare alla vostra santa volontà. Detesto e maledico mille volte que' giorni e quei momenti, in cui per fare la mia volontà ho contraddetto al vostro volere, o Dio dell'anima mia. Ora tutta a Voi la dono; ricevetela, o mio Signore, e legatela talmente al vostro amore, che da Voi non possa più ribellarsi. V'amo, bontà infinita, e per l'amore che vi porto, a voi tutto mi offerisco. Disponete Voi di me e di tutte le cose mie come vi piace, ch'io in tutto mi rassegno a' vostri santi voleri. Liberatemi dalla disgrazia di far cosa contra la vostra volontà, e poi trattatemi come volete. Eterno Padre, esauditemi per amore di Gesu-Cristo. Gesù mio, esauditemi per li meriti della vostra passione.

E Voi Maria SS., aiutatemi; impetratemi questa grazia di eseguire in me la divina volontà, in cui consiste tutta la mia salute; e niente più vi domando.




1 [7.] Coloss., 3, 14: «Caritatem habete, quod est vinculum perfectionis».



2 [9.] Fra GIOVANNI DA FANO, L'arte d'unirsi con Dio, p. III, c. V; Roma 1622, 211: «L'amore, dice il divin Dionisio, ha virtù di unire, di stringere, e quel che più ammirabile, di mischiare: Amor vim habet faciendi unum et colligandi, praestantique modo res inter se miscendi: Dion. De div. nom. c. 4». BINETTI S., L'attrattive onnipotenti dell'amore di G. Cristo, p. III, c. 7; Roma 1643, 140: «S'appone pur bene S. Dionisio in dicendo: Amor unionem facit, et extasim, et transfert amantem in amatum». Cfr. Ps. DIONYS. AREOPAGITA, De divinis nominibus, c. IV, parag. 15; PG 3, 714: «Amorem sive divinum, sive angelicum sive spiritalem, sive animalem, sive naturalem dixerimus, vim quamdam sive potestatem copulantem et commiscentem intelligamus».



3 [19.] Hebr., 10, 5, 7.



4 [4.] Ioan., 14, 31. È evidente lo sbaglio dei numeri scambiati tra versicoli e capitolo.



5 [9.] PINAMONTI G., La religiosa in solitudine, lez. per il VI giorno, sull'ubbidienza; Opere, Parma 1710, 185, col. I: «Inoltre le cose piccole per ubbidienza diventano grandi; e però solea dire il B. Errico Susone che avrebbe eletto più volentieri d'essere un pipistrello per la volontà di Dio, che d'essere un serafino per la sua volontà propria». Vedi anche Diario spirituale, Dicembre, 3 (Unione), Napoli 1760, 439, ove è dato un testo più breve, dal quale potrebbe dipendere s. Alfonso, ammesso che preesistessero altre edizioni del Diario.



6 [11.] S. TERESA, Mansioni seconde, c. unico; Op. spirituali, I, Venezia 1643, 177: «Tutta la pretensione di chi comincia a darsi all'orazione, e questo non vi si scordi, che importa molto, ha da essere il travagliare, e determinarsi, e disporsi con tutte le diligenze possibili a conformare la sua volontà con quella di Dio, e siate certissime, come dirò poi, che in questo consiste tutta la maggior perfezione, che acquistar si possa nel cammino spirituale: chi più perfettamente farà questo, più riceverà dal Signore, e più starà in questo cammino». Cfr. Obras, IV, Burgos 1917, 27-28.



7 [19.] Matth., 6, 10.



8 [20.] Davide) Davidde VR BR1 BR2.



9 [22.] Davide) Davidde VR BR1 BR2.



10 [24.] Ps., 56, 8; Ps., 107, 2: il testo si trova ripetuto nei due Salmi.



11 [13.] Prov., 23, 26.



12 [21.] Ai tempi di s. Alfonso circolavano tra gli scritti tre differenti versioni di questo testo: DREXELIUS, Heliotropium, l. IV, c. I, parag. 3; Opera omnia, I, Lugduni 1658, 544: «Magister Ioannes Avila (to. 2, ep. 20) docuit his omnium verbis: Plus valet, aiebat, tempore tribulationis unum Deo gratias, quam sex millia in prosperitate. Nam Deo gratias agere, cum bene est, plerique omnes norunt, inter adversa paucissimi». RODRIGUEZ A., Esercizio di perfezione, p. I, tr. VIII, c. 12; Venezia 1684, col. 503: «Vale più, dic'egli (to. 2, ep. fol. 20), nelle avversità un grazie a Dio, un sia benedetto Dio, che sei mila ringraziamenti e benedizioni nelle prosperità». VANNI P., Strada della salute, istr. 37, Venezia 1724, 667: «Diceva il M. Avila, val più nelle avversità un solo grazie a Dio, un solo sia benedetto Dio che mille ringraziamenti e mille benedizioni in tempo di prosperità». Lo stesso testo di Vanni è ripetuto nel Diario spirituale, Aprile, 8 (Pazienza). D'AVILA G., Lettere spirituali, p. I, lett. 41; Roma 1669, 208: «Or questo è uno de' veri segni di esser figliuolo di Dio, quando si lascia la propria volontà per far la sua; e questo non già nelle prosperità che ciò sarebbe poco, ma nelle avversità, dove assai più vale un gran mercé a Dio, un benedetto sia Dio, che tre mila ringraziamenti, e altrettante benedizioni, quando ci troviamo in buona prosperità». A questa versione risponde il testo critico: Cfr. B. JUAN DE AVILA, Obras completas, I, Epistolario, II parte, carta 81, Madrid 1952, 608: «Esta es la verdadera señal de los hijos de

Dios, que dejan su voluntad propria y hacen la de El; y esto no en las prosperidades que aquello poco es, mas en las adversidades, adonde vale más un «Gracias a Dios», un «Bendito sea Dios» que tres mil gracias y benediciones de prosperidades».






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