Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Sant'Alfonso Maria de Liguori Appunti per l'Enchiridio mistico IntraText CT - Lettura del testo |
Introduzione
Questo scritto è più breve, ma, sotto certi aspetti, più importante del primo (Cf opera 117a = Sentimenti. ricavati dal Petrucci).
Sono tre fogli in copia non originale, ma certamente autentica. Il copista ha posto in testa all'ultima pagina la seguente dizione: " Appunti per l'enchiridio mistico ". Non c'è da pensare allo schema di un'opera che S. Alfonso intendesse comporre con quel titolo. Si tratta invece di un giudizio su un libro di mistica datogli in lettura o in esame, forse dallo stesso autore, per una riedizione o ristampa. Inizia con la invocazione: " V. Gesù Maria G. T. " e una aggiunta marginale che riportiamo in nota (64). Ecco il testo:
" Alla pag. 19, in principio ove finisce: Supplere. Si aggiunga nella aridità naturale occuparsi a pregare perché allora inetta a fare atti buoni.
Alla stessa pag. 19. Spiegare più distintamente l'aridità sopranaturale sensibile e la soprannaturale spirituale, o sia essenziale. Ambedue sono purga, la prima del senso, la seconda dello spirito. Iddio suol dare la soprannaturale sensibile per render l'anima atta alla contemplazione, la soprannaturale spirituale per renderla atta all'unione.
I segni poi per distinguere l'una dall'altra sono questi. Nell'aridità sensibile soprannaturale l'anima patisce un'oscurità molto più grande, e lunga di quella, che si patisce nella sensibile naturale. L'anima si sente più distaccata dalle creature, e più risoluta di amarlo con tutte le sue forze; all'incontro si sente fatta inabile a far cosa di buono, e perciò si vede come renduta odiosa a Dio. Nell'aridità poi soprannaturale spirituale l'anima si vede illuminata da una luce divina, che li fa conoscere la grandezza di Dio, e le sue miserie. Onde nello stesso tempo che sta più risoluta di vincersi per dar gusto a Dio sì come discacciata da Dio per le sue ingratitudini. E facendo le orazioni, comunioni ecc. con somma pena, le sembra che tutto merita castigo. In tale tempo avvengono spesso tentazioni contro la fede, contro la purità, di scostumeria e d'ingiurie a Dio; e talvolta anche contro Dio stesso, onde l'anima oppressa da' timori patisce agonie di morte.
In quanto poi alla guida di queste anime già vedo che sta lungamente dimostrato nel Cap. 18. E veramente l'anime in questo stato han bisogno di una grande assistenza del Direttore, mentre stanno in gran pericolo di svoltare, e lasciar tutto. Mi piace... 44. Contro quegli Autori, che consigliano l'ozio, o sia la contemplazione acquisita mentale, coll'orazione, o sia contemplazione soprannaturale. La contemplazione acquisita naturale è (come Ella dice bene) in costoro, che col lungo uso di meditare la verità eterna, con una sola occhiata senza discorso vedono già quella verità che li tocca e muove.
Seguire lo stesso affetto, per esempio di amore, contrizione, ringraziamento, desiderio di vedere Dio. Se dopo letto il punto ecc. si sente tirare ad altro punto differente anche spirituale, questo [deve] seguirsi ecc. Ubi erat impetus ecc. Certe anime credono di errare se escono dalla meditazione che si è letta, e restano aride, e niente gustano ecc.
Pag. 96, qu.. 69, n. I, infine parlando del raccoglimento infuso: avvertite, che l'anima non si fermi a riflettere a quel che allora sente; ed a compiacersi di quella dilettazione spirituale, perché in ciò vi commetterà molti difetti di gola spirituale, secondo la chiama S. Giovanni della Croce; ed in tal difetto è facile che molte di queste anime favorite vi cadano. E il Signore poi in pena le priva per più tempo di tali favori. Allora dee togliere il guardo da se, e da quel che prova, ma occuparsi a stringersi più con Dio con offrirsi a patire quanto a lui piace, e proponere altre cose di maggior perfezione a cui prima era restia. In tale raccoglimento ben son facili i suddetti atti; ma nei gradi ulteriori di quiete e sonno spirituale, per fare questi atti, dovrebbe l'anima fare un grande sforzo, e questo sforzo non conviene, come si dirà.
Parlando del volo di spirito nella q. 106, pag. 103, par che dovesse spiegarsi più chiaro, che il volo di spirito consiste nel sentirsi l'anima rapirsi con gran violenza come fuori del corpo, e condotta con gran timore ove non sa di esser condotta. E che in questi voli di spirito talvolta il Signore fa intendere all'anima qualche segreto divino. Ma qui si fa il dubio, come l'anima può intendere, e ricordarsi di quel segreto rivelato, se in tal volo tutte le potenze stanno sospese? Rispondono i mistici, che quando il Signore in tale attrazione vuole fa' conoscere all'anima alcun mistero, rimette alquanto la luce affinché l'anima possa conoscere, e ricordarsi di quel che Dio ha voluto fargli intendere. E ciò batte a quel che si dice nella qu.. III.
Parlandosi dell'unione sovrannaturale e passiva mi pare bene di inculcare a' Direttori, che non lascino di ammonire le anime, che camminano per la perfezione, che per farsi santa non è necessaria l'unione passiva, ma bensì l'attiva, che è la perfetta uniformità alla volontà di Dio come dice S. Teresa. La vera unione dell'anima con Dio è l'unione della volontà colla volontà divina. Concetti dell'amor divino. Concet. 3... dice la Santa in altro luogo che l'anime le quali hanno la sola unione attiva potrà essere che abbiano molto più merito, perché è con loro travaglio, e le conduce il Signore come forti, e serba tutto quello che qua non godono, per darlo poi loro tutto insieme, giova ciò per alcune anime, che pensano non poter giungere alla santità senza queste grazie soprannaturali.
Scrive il Card. Petrucci, che ognuno altro non deve desiderare e cercare a Dio, che lo faccia stare perfettamente unito alla sua volontà.
Nella ristampa bisogna meglio aggiustare i numeri dell'indicazione de' Capi, perché non chiamano giusto.
Io non trovava nel libro la differenza che vi è fra lo Sponsalizio, e il Matrimonio Spirituale, cioè che nello Sponsalizio restano sospese le potenze in tutto e tutte, ma nel Matrimonio restano in tutto libere. Ma già l'ho trovato poi nella qu...... p... dove leggo esservi anche le opinioni che nel Matrimonio anche talvolta restano sospese le potenze, almeno le esterne. Ma più mi piace...
La stessa dottrina si trova nella Praxis confessarii e nella redazione italiana di quest'opera, la Pratica del confessore, il che induce a pensare che lo scritto è posteriore alla composizione di queste opere (1755-1764).
" L'aridità sensibile... quand'ella è naturale, porta seco un tedio delle cose spirituali, ed un'oscurità più leggiera, e meno durevole; ma quando è sovrannaturale (ch'è quella di cui ora parliamo), pone l'anima in un'oscurità molto profonda, che più dura, e sempre va crescendo. Nondimeno in tale stato l'anima da una parte si sente più distaccata dalle creature, e tiene sempre il pensiero fisso in Dio, con un gran desiderio e risoluzione di amarlo perfettamente; ma all'incontro si vede come impossibilitata ad eseguirlo per le sue imperfezioni, per cui le sembra essersi fatta odiosa a Dio; contuttociò non lascia di portarsi forte nelle virtù. Quest'aridità penosa è un tratto della grazia; ella è una luce sovrannaturale, ma luce che apporta pena ed oscurità, poiché volendosi comunicare al nudo spirito, e trovando i sensi e potenze dell'anima non ancora abili per lei, perché non ancora distaccata dai gusti sensibili, ed ancora materiali, piene di forme, immagini e figure, cagiona all'anima queste tenebre così penose, ma molto utili, poiché con quelle acquista l'anima un distacco da tutti i piaceri sensibili, così terreni, come spirituali; di più acquista una gran cognizione delle sue miserie, ed inabilità a far qualsivoglia bene, ed insieme un gran rispetto verso di Dio, che se le rappresenta maestoso e terribile. In questo stato il direttore deve animare l'anima....... a sperare gran cose da Dio, che così la tratta " (65).
Questo stato che inizia la vita mistica è seguito di solito dal dono della " contemplazione gaudiosa, come del raccoglimento sovrannaturale della quiete, e dell'unione ". Prima di elevare l'anima al vertice supremo dell'unione Iddio suole purgarla ancora con 1'" aridità sostanziale " o aridità dello spirito, che è " luce divina con cui fa Dio conoscere all'anima il suo niente ". " L'aridità del senso dura sintanto che, purificati i sensi, sia atta l'anima per la contemplazione. L'aridità poi dello spirito dura sino che si renda atta per la divina unione. E notisi, che anche dopo l'unione dispone alle volte il Signore, che faccia ritorno questa aridità, acciocché (come dice S. Teresa) l'anima non si trascuri, e da quando in quando riveda il suo niente " (66).
Rimane ferma per S. Alfonso la distinzione tra la contemplazione infusa e uno stadio anteriore di vita ascetico-mistica, la " contemplazione acquisita mentale ", " contro quegli autori ", i quietisti, " che consigliano l'ozio " contemplativo, anche quando l'anima si trova ancora nello stato attivo.
Sul raccoglimento soprannaturale, che è il primo grado della contemplazione, la Pratica contiene le seguenti indicazioni.
" Il raccoglimento naturale... è quando si raccolgono le potenze dell'anima a considerare Dio dentro di lei. E notisi, che si dice naturale, non perché l'anima possa operarlo da se, perché ogni azione virtuosa, per esser meritoria di premio eterno, ha bisogno della grazia, sicché generalmente parlando ella è sovrannaturale, ma dicesi perché l'anima è allora in stato attivo, ed opera coll'aiuto della grazia ordinaria. Il raccoglimento poi soprannaturale è quello che si opera da Dio per mezzo d'una grazia straordinaria, per cui Dio mette l'anima nello stato passivo; sicché il raccoglimento sovrannaturale, o sia infuso, è quando il ritiro delle potenze non succede per opera dell'anima, ma per la luce che Iddio infonde, per cui si accende nell'anima un grande e sensibile amor divino. In questo stato non dee sforzarsi l'anima a sospendere quel discorso tranquillo, che dolcemente le insinuasse la stessa luce; ma all'incontro non dee affaticarsi a riflettere a cose particolari, come alla sua indegnità, o alle risoluzione che può fare; né si metta a discernere che cosa sia quel raccoglimento, ma si lasci da Dio guidare a considerar quelle cose, ed a fare quegli atti, ai quali si sente da Dio medesimo condotta "(67).
Al raccoglimento, nel quale l'amore vien comunicato immediatamente ai sensi che si raccolgono nel centro dell'anima, segue la quiete, che è l'amore comunicato allo spirito con diffusione talvolta anche sui sensi. Segue la contemplazione negativa, più perfetta dell'affermativa, propria dei primi gradi. Nella contemplazione negativa, che i mistici chiamano " chiara caligine ", Iddio " infonde una notizia generale e confusa della sua incomprensibile bontà, per cui l'anima viene a formare un'idea confusa sì, ma altissima di Dio... Dice il Cardinal Petrucci nelle sue dottissime lettere(68), che quest'orazione dicesi di caligine, perché in questa vita l'anima non è capace d'intender chiaramente la divinità, onde qui allora l'intende senza intenderla, ma l'intende meglio d'ogni altro modo: non l'intende, perché non essendo Dio cosa che forni immagine o figura, l'intelletto non può formarne idea, e perciò non altro intende, che non può intenderlo; onde tale intelligenza si chiama dall'Areopagita sublime cognizione di Dio per ignoranza ", la più alta intelligenza di se che Dio comunichi quaggiù(69).
Dopo questi gradi il Signore fa passare l'anima all'unione mistica. E qui S. Alfonso fissa il suo insegnamento sulla perfezione che non consiste nell'unione passiva, appunto perché questa è grazia straordinaria e gratuita, ma nell'unione attiva, ossia nella conformità assoluta o uniformità della volontà alla volontà di Dio. Tale insegnamento è costante(70). " Tutto lo scopo d'un'anima ha da essere l'unione con Dio, ma non è necessario all'anima per farsi santa giungere all'unione passiva, basta giungere all'unione attiva... L'unione attiva è la perfetta uniformità alla volontà di Dio, e qui certamente consiste tutta la perfezione dell'amor divino... Dice il Cardinal Petrucci, che senza la contemplazione infusa ben può giungere l'anima ad annichilare la propria volontà, e trasformarla in Dio...; onde soggiunge, che in ciò consistendo tutta la santità, non dee ciascuno altro desiderare e chiedere, che Dio lo regga e faccia in esso la sua volontà "(7I).
Se a queste citazioni si aggiungono le parole dell'ultimo brano di appunti dello scritto precedente se ne potrà ricavare agevolmente che S. Alfonso dipende in questa materia dal Petrucci. " La perfezione d'un'anima non dalla maggior Contemplazione ch'è grazia gratis data, non già santificante. Le virtù, e specialmente la Carità fa più santa l'Anima ". E il Petrucci più diffusamente: "Quando l'anima è stata ben purificata dalle pene spirituali... all'hora si fa capace d'esser da Dio elevata alla mistica Teologia. Non però in un subito ascende a tanta altezza: ma a poco a poco per vari gradi. Né questi sono necessariamente successivi l'uno all'altro: poiché lo Spirito Santo non è legato a nostre regole: e può in un istante sollevare un'anima non ben perfetta alla contemplazione de' più perfetti. Quindi è, ch'io debbo qui accennare, che non s'ha da prendere la indubitata misura della Santità dalla minore o maggior altezza de' favori divini, e della Contemplazione. Questa è gratia gratis data: né arguisce infallibilmente con l'altezza de' suoi gradi l'altezza della gratia santificante, alla di cui maggiore o minor copia corrisponde la maggiore o minor Santità e Perfettione. E gli effetti principali di questa gratia santificante non sono i gradi: della Contemplazione, ch'appartiene all'intelletto (benché muova anche la Volontà all'Amore di Dio) ma ben sì sono i gradi delle Virtù, e specialmente delle Teologali, e sopra tutte della Carità, la quale mirabilmente perfettiona, e fa santa la volontà dell'huomo "(72).
S. Alfonso cita anche l'autorità di S. Teresa, ma questa sembra aver solo valore di conferma: la dottrina come tale è derivata dal Petrucci. Ma non c'è da confondere; basta leggere la Praxis confessarii per accorgersi che qui la conclusione risponde logicamente alla maniera generale dell'ascetica alfonsiana che concepisce la santità come attività virtuosa, unione con Dio voluta dalla volontà ed operata dalla grazia, fino alla perfetta fusione nell'amore che unifica l'operare umano con quello di Dio: fatto della volontà quindi più che dell'intelletto contemplante. Nel Petrucci tale dottrina ha un suono diverso. Il Petrucci è un mistico e, se non fosse troppo per un autore che non sa essere conseguente, direi che è un intellettuale della vita perfetta, uno speculativo che pone nella visione di " pura fede ", quindi dell'intelletto, la sostanza stabile della santità perfetta. L'esercizio virtuoso appartiene ad uno stadio che, se ben si osserva, non è considerato l'ultimo appunto perché tendente alla purificazione del nostro essere che deve prepararsi a ricevere le effusioni della grazia della contemplazione infusa che è il vero termine della vita ascetico-mistica: visione di Dio, non amore attivo. È per questa sua maniera che egli non riesce a liberarsi dalle contaminazioni del quietismo che vive nella sua dottrina a fianco ad insegnamenti e pratiche opposte. Quando si esamini la sua dottrina sul niente della creatura, sulla necessità di " disfare " il proprio essere per lasciar "fare " a Dio, sulla rinunzia ad ogni attività umana, perfino dell'intelletto, che non può nulla in ordine alla santità, appunto perché è posto di fronte a Dio come il " non essere " di fronte all'essere, non si capisce che ci stia a fare nel corpo della sua dottrina quella parentesi, giacché ha l'aria di una parentesi sull'unione attiva che renderebbe perfetti, senza quello stato di passività che invece dovrebbe essere tutto, dopo l'annichilazione di noi stessi. Ma ho detto più sopra che nel Petrucci si muovono almeno due linee di pensiero, il quietista e quello ortodosso tradizionale, che non riescono a fondersi per un difetto dell'autore che non sa esser diritto e unitario, o per l'una o per l'altra.
In S. Alfonso quella conclusione, oltre ad esser frutto della sua esperienza di direttore di anime, è anche, e sopratutto, espressione del suo temperamento e della sua cultura volta alla morale pratica, coerente anche nell'ascetica dove la santità è necessariamente concepita come il culmine di una attività, l'amore, che è attività massima di due esseri che tendono all'unione. Gli stati passivi sono stati gratuiti, gemme che Dio aggiunge, quando vuole e come vuole, alla corona dei suoi santi, per far più bella e splendente di grazia la loro perfezione, la quale è però compiuta quando la volontà è perfettamente unita a Dio nella dedizione totale e attiva di sé all'amore che è principio di perfezione ed esso stesso perfezione.
(Giuseppe Cacciatore in Spicilegium Historicum 1 (1953) pp. 190-197)
--------------------------------
NOTE
(63) Archivio generale Roma. SA. M. IIIa, p. 305-307.
(64) " Chiarezza. Lingua latina. Che ammirare, ed imparare. Solo certe coselle .... per far vedere che ho letto il libro, le quali più saranno nel libro, ma perché non ne ho chiara memoria ".
(65) S. ALFONSO, Istruzione e pratica. 793, n. 121.
(66) S. ALFONSO, Istruzione e pratica. 793-794, n. 121-124.
(67) S. ALFONSO, Istruzione e pratica, 794, n. 126.
(68) PETRUCCI, Lettere e trattati, I, 509, n. 3; cfr. 512-513.
(69) S. ALFONSO, Istruzione e pratica, 795, n. 127.
(70) S. ALFONSO, Pratica di amar Gesù Cristo, 241; ID., Uniformità alla volontà di Dio, 286 (nello stesso vol. I delle Opere ascetiche, Roma, 1933).
(71) S. ALFONSO, Istruzione e pratica, 795 n. 129.
(72) PETRUCCI Lettere e trattati, I, 500, n. 3.