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S. Alfonso Maria de Liguori
Breve dissertazione… opinione probabile

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3. Lettera di Giuseppe vescovo di Castellammare

 

(Molti altri poi signori eminentissimi cardinali, per aver voluto rispondermi subito, mi hanno scritto non aver avuto ancor tempo di leggere la mia operetta; onde non ho potuto ancora sapere il loro sentimento.)

 

Con indicibile piacere ho letta la dottissima apologia in difesa della sua ben fondata dissertazione circa l'uso moderato dell'opinione probabile, troppo imprudentemente molestata dal finto Adelfo Dositeo, che, fingendo non voler esser nominato, pur da sé stesso si rende notissimo a tutti; e V.S. illustriss. in questo particolare lo tratta con


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eguaglianza. Monsignor mio, senza punto di adulazione e con quella ingenuità ch'è propria del nostro carattere, l'assicuro che io ho ammirato non saprei se più la sua modestia o la sua dottrina. Vede il mondo e vede ognuno che ella scrive soltanto perché la verità abbia il suo luogo, e non già per trionfare su l'altrui scrivere inconsiderato. La mette in chiaro e come conviene ad un vescovo di così sana e di così profonda dottrina; la difende dalle tenebre onde sovente cercano invilupparla; e, senza offender veruno, la vendica dagli insulti di chi per infelice prevenzione in contrario la calunnia. Tanto si mostra più disappassionato e tanto rende più sincera la sua dottrina e più convincenti le sue prove, quanto nello stabilire le sue tesi si serve delle autorità di quei dottori che sono ricevuti dall'avversario medesimo, come quelli che sono del suo istituto. A mio giudizio, qual egli siasi (e mi lusingo che tal sia per essere quello d'ogni altro che voglia giudicare senza prevenzione), in essa non v'è una parola che non sia necessaria o utile, non un sale che non sia piacevole insieme ed irreprensibile, non una proposizione che non sia chiara ed incontrastabile; onde poi sorge quell'aggregato di ragioni tutte sodissime che non può non riscuotere l'ammirazione insieme e l'assenso


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d'ogni intendimento non prevenuto e non oscurato dagl'inviluppi di chi irragionevolmente ha preteso far comparire oscurata la luce. Per altro la mente elevatissima di V.S. illustriss. è nata fatta per richiamare alla natia distinzione e chiarezza quelle verità che dal soverchio sottilizzare in un involucro di termini astratti erano state confuse da cervelli per altro elevatissimi. Lo che sopra tutto appare quando, dopo aver riferito un mezzo paragrafo del suo oppositore, sviluppa l'esistenza della legge eterna attualmente obbligante le creature da quei secoli eterni ne' quali non erano le creature e ne' quali non era che nella sola mente di Dio, per essere nel tempo di obbligazione alle persone create. Qui mi verrebbe talento di riassumere tutto il nerbo di sua dottrina, talmente sono rapito dalla di lei sodezza e dalla di lei verità; ma me ne astengo perché lo riconosco per un trasporto del tutto inutile. Serva solo perché ella (se in alcuna cosa vaglia la uniformità del mio pensare) stia certa e sicura nel vedermi non solo di accordo ma ben anche pienamente istruito dalla dottissima sua dissertazione ed apologia. Del resto quanto ella ha scritto finora su questa materia potrebbe bastare a chi vuol far buon uso del suo raziocinio e non va cercando altro che la verità. Quando che


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il suo oppositore non si acquieti, fa bene, monsignor mio, a non darsi più inteso di qualunque altra cosa egli ne sia per rispondere: poiché allora potrebb'ella stimare ch'egli sarebbe invasato dallo spirito di partito, per cui non sarebbe sperabile che uscisse una volta dalle sue tenebre; ciò che per avventura non voglio né debbo sospettare di un tale studioso ed erudito religioso qual è il suo oppositore. Rendendole pertanto grazie distintissime per la consolazione che mi ha data in farmi leggere un'operettadegna della sua profonda dottrina, colla più ossequiosa stima le fo divotiss. riverenza.

Castellammare 12 maggio 1765.

Divotiss. ed obbligatiss. servitor vero

Giuseppe vescovo di Castellammare.

 




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