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S. Alfonso Maria de Liguori
Breve trattato della necessità della preghiera

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III - DELLE CONDIZIONI CON CUI DEE ESSER FATTA LA PREGHIERA

Per I. La Preghiera dee esser umile. Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam. Iac. 4. 6. Ci avvisa dunque S. Giacomo, che Dio non esaudisce, ma resiste alle domande de' superbi; all'incontro è tutto pronto ad esaudire le preghiere degli umili: Oratio humiliantis se nubes penetrabit,... et non discedet, donec Altissimus aspiciat. Eccli. 35. 21. La


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preghiera d'un'anima umile subito penetra i cieli, e presentandosi al divin trono, di non parte senza che Dio la guardi, e l'esaudisca. E siasi quest'anima umile, che prega, peccatrice quanto si voglia; Dio non sa disprezzare un cuore, che si pente de' suoi peccati, e si umilia: Cor contritum et humiliatum Deus non despicies. Ps. 50. 19.

Per II. La Preghiera dee essere confidente. Nullus speravit in Domino, et confusus est Eccli. 2. 11. Ci assicura lo Spirito Santo non esservi mai stato alcuno, che abbia posta la sua confidenza in Dio, e sia restato ingannato. Disse il Signore a S. Geltrude,1 che chi lo prega con confidenza, gli fa (in certo modo) tanta violenza, ch'egli non può non esaudirlo in tutto ciò, che gli cerca. Oratio (disse S. Giovanni Climaco) pie Deo vim infert.2 La preghiera fa violenza a Dio, ma violenza, che gli è dolce, e cara. Haec vis grata Deo. Tertull.3 Gesù Cristo nell'orazione del Pater noster ch'egli c'insegnò per ottenere tutte le grazie a noi necessarie per la nostra salute, come ci fa chiamare Dio? Non Signore, non giudice, ma Padre, Pater noster; perché vuole, che noi cerchiamo a Dio le grazie con quella confidenza, colla quale un figlio povero, o infermo cerca l'alimento, o il rimedio al suo proprio padre. Se un figlio si muore di fame, basta, che lo manifesti al padre, per essere subito sovvenuto, e se ha ricevuto qualche morso di serpe velenoso, basta, che presenti al padre la ferita fattagli, acciocché il padre subito v'applichi il rimedio, che tiene. Perciò il nostro Redentore ci disse: Omnia quae orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis. Marc. 11. 24. Basta dunque il pregare con confidenza, per ottenere quanto vogliamo da Dio. E perché mai il Signore ci avrebbe tanto esortato a chiedere le grazie, se poi non ce le avesse voluto concedere? Non nos hortaretur (dice S. Agostino4) ut peteremus, nisi dare vellet. De Verb. Domini. Serm. 5. La donna Cananea, avendo la sua figlia invasata dal demonio, andò a pregare Gesù Cristo, che la liberasse dicendo: Miserere mei,5 filia mea male vexatur a daemone.


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Matt. 15. 22. Il Signore le rispose: Non sum missus nisi ad oves Israel; io non son mandato (le rispose) per voi Gentili, ma per bene de' Giudei. Quella nondimeno non si perdé d'animo, ma ritornò a pregare con confidenza: Signore, voi potete consolarmi, consolatemi: Domine adiuva me. Gesù replicò, ma il pane de' figli non si dee dare a' cani: Non est bonum sumere panem filiorum, et dare canibus. Ma Signore(ella soggiunse) anche a' cagnolini si concedono le briciole di pane, che cadono dalla mensa: Etiam catelli edunt de micis. Allora il Signore, vedendo la gran confidenza di questa donna, la lodò, e le fece la grazia:

O Mulier, le disse, magna est fides tua, fiat tibi sicut vis; et sanata est filia eius ab illa hora. Ibid.

Confidenza dunque ci vuole, per ottenere quanto cerchiamo da Dio. Ma dove, dirà alcuno, dobbiamo noi fondare questa confidenza? Dove? rispondo, sulla bontà di Dio, e sulle promesse, ch'egli stesso ci ha fatte dicendo: Petite, et accipietis. Dice S. Agostino: Quis falli metuet, dum promittit veritas?6 E chi mai può temere, che abbia da mancargli ciò, che gli vien promesso dalla stessa verità?

Per III. La Preghiera dee essere perseverante, altrimenti non si conseguirà la salute eterna. La grazia della salute non è una sola grazia, ma una catena di grazie, che tutte poi si uniscono colla grazia della perseveranza finale. Ora a questa catena di grazie dee corrispondere un'altra catena (per così dire) delle nostre preghiere. Sulla parabola di S. Luca, al cap. II, dell'amico, il quale per liberarsi dalla molestia d'un altro, si alzò da letto, e gli diede tutt'i pani, che colui cercava,7 dice così S. Agostino: Or se un tale amico, solo per liberarsi dall'importunità altrui, contro sua voglia darebbe a lui i pani, che domanda, quanto8 magis dabit Deus bonus, qui nos hortatur, ut petamus, cui displicet9 si non petamus? Quanto più Dio, che ha tanto desiderio di farci parte de' suoi beni, ci dispenserà le sue grazie, quando ce le cerchiamo? Dio il quale ci esorta a domandare, e gli dispiace se non domandiamo? Vuole dunque il Signore concederci la salute e tutte le grazie per la salute; ma vuole,


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che siamo perseveranti in pregare. Vult nos esse (dice Cornelio a Lapide10 su questo evangelio) perseverantes in oratione, usque ad importunitatem. Gli uomini della terra non possono sopportare gl'importuni; ma Dio non solo ci sopporta, ma ci vuole importuni in cercargli11 le grazie, e specialmente la santa perseveranza.

È vero, che la perseveranza finale non si può da noi meritare, come ha dichiarato il Tridentino, Sess. 6, c. 23, essendo ella una grazia in tutto gratuita, che Dio a noi concede; nulladimanco12 dice S. Agostino, che la perseveranza in certo modo colle suppliche può meritarsi: Hoc Dei donum suppliciter emereri potest, id est supplicando impetrari. Liber de Dono Persev. c. 6.13 Sicché chi cerca14 la perseveranza, quantunque non la possa meritare, nulladimanco, dice il P. Suarez,15 che infallibilmente l'otterrà. Ma questa grazia della perseveranza, dice all'incontro16 il Cardinale Bellarmino, non basta cercarla17 una volta, quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur;18 dee cercarsi19 ogni giorno, per ottenerla in ogni giorno. E perciò dice Gesù Cristo: Oportet semper orare, et nunquam deficere.20 Luc. 18. 1. Bisogna non cessar mai dall'orazione: altrimenti in quel tempo, che cessiamo, la tentazione può superarci. Vigilate omni tempore orantes, ut digni habeamini fugere ista omnia, quae futura sunt, et stare ante filium hominis. Luc. 21. 36. Vegliate continuamente orando, acciò non siate da me discacciati (dice Gesù Cristo) quando sarete da me giudicati. Perciò benanche S. Paolo ammonì i suoi discepoli: Sine intermissione orate. 1 Thess. 5. 17. Pregate, e non lasciate mai di pregare.

Beatus vir,21 qui audit me, et vigilat ad fores meas quotidie. Prov. 8. 34.

Beato quell'uomo, dice Dio, che mi ascolta, e vigila continuamente alle porte della misericordia. E perciò nel Vangelo ci esorta Gesù Cristo, ed anche c'impone a pregare (poiché la preghiera non solo è di consiglio, ma anche di precetto)con quelle parole: Petite, et accipietis;22 quaerite, et invenietis: pulsate, et aperietur vobis. Luc. 11. 9. Parea, che bastasse


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l'aver detto petite, che serviva l'aggiungere quel quaerite, e quel pulsate? No, che non è stato superfluo l'aggiungerli; con ciò ha voluto il Redentore insinuare, che noi dobbiamo fare, come fanno i poveri, che vanno mendicando; questi se non ricevono la limosina, che cercano, e sono licenziati, non lasciano di cercarla, e di tornarla a cercare, e poi di bussar la porta, se non vedon più il padron della casa, sino a rendersi molto molesti ed importuni. Ciò vuole il Signore, che facciamo noi: che preghiamo, che torniamo a pregare, e non lasciamo mai di pregare, che ci assista, che ci tenga le mani sopra, che non permetta, che ci abbiamo a separare da lui col peccato. E ciò dobbiamo farlo, non solo nella mattina quando ci alziamo da letto, ma più volte il giorno, nel sentir la messa, nel far la meditazione, nel fare il ringraziamento alla comunione, nel far la visita al Ss. Sagramento, nel far l'esame la sera, e principalmente poi, quando siamo assaliti da qualche tentazione, specialmente s'è tentazione d'impurità: chi allora non ricorre a Dio, con l'invocare almeno i Ss. Nomi di Gesù, e di Maria, difficilmente non caderà.

Ma dirà taluno: Io son peccatore, e Dio non esaudisce i peccatori, come si legge in S. Giovanni, 9, 31: Peccatores Deus non audit. Si risponde, che ciò non lo disse già Gesù Cristo, ma il cieco nato. Onde tal proposizione in sé è falsa; in un sol caso può esser vera, dice S. Tommaso,23 quando i peccatori cercassero a Dio qua peccatores, cioè domandassero qualche cosa, che loro giovasse a peccare; per esempio se alcuno cercasse a Dio, che l'aiuti a vendicarsi del suo nemico, ed allora certamente che Dio non esaudisce tali preghiere. Ma quando alcuno prega, e domanda cose utili alla sua salute eterna, che importa s'è peccatore? ancorché fosse stato il più scellerato del mondo, preghi egli, che certamente otterrà quanto dimanda. La promessa è generale per tutti; ognuno che cerca, ottiene: Omnis qui petit, accipit. Luc. 11. 10. A chi prega, dice S. Tommaso (1-2, q. 114, a. 9 ad 2) non è necessario, ch'egli s'abbia meritata la grazia, che chiede, etiam ea quae non meremur, orando impetramus. Basta che preghi, e l'otterrà. La ragion è, perché, come dice lo stesso S. Dottore (2-2, q. 83, a. 16 ad 2): Meritum innititur iustitiae, sed impetratio innititur gratiae. La forza, che ha l'orazione d'impetrare, non proviene dal merito di chi prega, ma dalla misericordia, e fedeltà di Dio, che gratis, e per sua mera bontà ha promesso di esaudire chi lo


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prega. Allorché preghiamo, non è necessario l'essere amici di Dio per impetrare le grazie; la stessa orazione (soggiunge l'Angelico) ci rende suoi amici: Ipsa oratio familiares nos Deo facit.24 E quel che non s'ottiene per l'amicizia (dice similmente S. Gio. Grisostomo), si ottiene per l'orazione: Quod non perfecit amicitia, perfectum est ab oratione. Hom. 56.25 E Gesù Cristo per darci animo a pregare, e per assicurarci della grazia, allorché preghiamo, ci fe' quella grande, e speciale promessa, allorché ci disse: Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis. Ioan. 16. 23. Come ci avesse detto: Orsù, peccatori, voi non avete già meriti d'esser esauditi da Dio mio Padre; fate così, quando volete le grazie, chiedetele in nome mio, cioè per li meriti miei, ed io vi prometto, e statene certi (Amen, amen dico vobis, che fu una specie di giuramento), che quanto cercherete,26 tanto otterrete da mio Padre: Quicquid petieritis, dabit vobis. Oh che bella consolazione d'un povero peccatore il sapere, che i peccati suoi non possono impedirgli di ottenere ogni grazia, che domanda, mentre Gesù Cristo ha promesso, che quanto noi chiederemo a Dio per gli27 meriti suoi, tutto Dio ci concederà.

Bisogna non però intendere, che la promessa divina di esaudire le nostre preghiere non è per le grazie temporali, ma solamente per le spirituali, necessarie o utili alla salute dell'anima; e che noi otterremo bensì le grazie che chiederemo in nome, e per li meriti di Gesù Cristo, come abbiamo detto di sopra; ma che non petitur in nomine Salvatoris, quidquid petitur contra rationem salutis, dice S. Agostino.28 Tract. 102, in Ioan.

Ciò, che nuoce alla salute spirituale, non può domandarsi in nome del Salvatore, e perciò Dio non cel concede, né può concederlo; e perché? perché Dio ci ama. Il medico, che ama l'infermo, certamente non gli concede quei cibi, i quali egli sa, che gli fan danno.

Quanti se fossero infermi, o poveri non farebbero i peccati, che fanno. Molti chiedono a Dio la sanità, o le robe; ma Dio perché vede, che quelle


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gli sarebbero occasione di peccare, o d'intepidirsi, perciò non gliele concede. Ond'è, che quando noi chiediamo queste grazie temporali, dobbiamo chiederle sempre colla condizione, se ci giovano all'anima. E quando vediamo che Dio non ce le dona, teniamo per certo che 'l Signore ce le nega per l'amore, che ci porta; e perché vede, che quelle cose, che noi cerchiamo, ci sarebbero di danno alla salute spirituale.

E molte volte noi chiediamo a Dio, che ci liberi da qualche tentazione molesta, la quale vuole indurci a perdere la sua grazia; ma Dio non ce ne libera, e permette quella tentazione, acciocché l'anima più si stringa al suo amore. Non sono le tentazioni, ed i mali pensieri, che ci fanno danno, e ci separano da Dio, ma i mali consensi. Quando l'anima colla divina grazia resiste alla tentazione, ella molto si avanza nella perfezione. S. Paolo narra di sé ch'essendo molto molestato da tentazioni impure, pregò tre volte il Signore, che ne l'avesse liberato.

Datus est mihi stimulus carnis meae, angelus Satanae qui me colaphizet; propter quod ter Dominum rogavi ut discederet, a me. Ed il Signore, che gli rispose? gli disse, ti basti aver la mia grazia: Suffìcit tibi gratia mea. 2 Cor. 12. 7-9. Per tanto noi nelle tentazioni, che ci assaltano, preghiamo Dio o che ce ne liberi, o che almeno ci dia il suo aiuto per resistere. E quandocosì lo preghiamo, teniamo per certo, che 'l Signore già ci aiuta a resistere. In tribulatione invocasti me, et liberavi te: exaudivi te in abscondito tempestatis. Ps. 80. 8. Molte volte il Signore ci lascia nella tempesta per nostro maggior bene; ma frattanto ci esaudisce di nascosto, dandoci la sua grazia, che ci fortifica a resistere ed a rassegnarci.

Sicché, replico, tutte le grazie, che non ci sono necessarie alla salute, noi dobbiamo cercarle condizionatamente; e se vediamo, che Dio non ce le concede, dobbiamo tenere per certo, che Dio ce le nega per nostro maggior bene. Ma le grazie spirituali dobbiamo tener per certo, che Dio ce le dona, quando ce le domandiamo.29 Dice S. Teresa30 che Dio ama più noi, che noi non amiamo noi stessi; perloché scrive S. Agostino, che ha più desiderio Dio di far le grazie a noi, che noi di riceverle: Plus vult ille tibi beneficia elargiri, quam tu accipere concupiscas.31 Onde


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diceva poi S. Maria Maddalena de' Pazzi, che Dio resta in certo modo obbligato a quell'anima, che lo prega; come le dicesse: Anima, ti ringrazio, che mi cerchi grazie.32 Sì, perché allora è come se l'anima gli aprisse la via a far bene, ed a contentare il di lui desiderio, ch'è di far grazie a tutti. E come mai può succedere, che Dio non voglia esaudire un'anima, che gli cerca cose tutte di suo gusto? Quando l'anima gli dice: Signore, io non ti cerco ricchezze, onori, beni di questa terra, ma solo ti domando la grazia tua: liberami dal peccato, donami una buona morte, donami il paradiso, e frattanto dammi l'amor tuo (ch'è quella grazia, come dice S. Francesco di Sales,33 che si dee chiedere a Dio sopra ogni grazia) dammi rassegnazione alla tua volontà (ch'è quella virtù in cui consiste tutto l'amor divino), com'è possibile, che Dio non voglia esaudirla? E quali preghiere mai, dice S. Agostino, esaudirete voi, mio Dio, se non esaudite queste, che sono tutte secondo il vostro desiderio? Quas preces exaudis, si has non exaudis?34 E poi dice S. Bernardo, che quando noi cerchiamo questa sorte di grazie spirituali, il desiderio d'ottenerle ci viene certamente da Dio medesimo; onde soggiunge il Santo rivolto a Dio: Desiderium ad quid dares, nisi velles exaudire?35 Dunque (vuol dire il Santo) mentre voi Signore mi eccitate a cercarvi queste grazie, debbo tener per certo, che mi volete esaudire. Ma sovra tutto dee ravvivar la nostra confidenza, quando cerchiamo le grazie spirituali, quel, che disse Gesù Cristo in S. Luca. II, 13: Si ergo vos, cum sitis mali, nostis bona data dare filiis vestris: quanto magis Pater vester de coelo dabit Spiritum bonum petentibus se? Se voi, dice il Salvatore, che siete mali, e pieni d'amor proprio, non sapete negare a' vostri figli i beni, che vi domandano, quanto più il Padre vostro celeste, che v'ama assai più d'ogni padre terreno, vi concederà i beni spirituali quando voi ne lo pregherete?

Preghiamo dunque, e cerchiamo sempre le grazie, se vogliamo salvarci. Sia la preghiera a noi la cosa più cara, il pregare sia a noi l'esercizio di tutta la nostra vita. E domandando a Dio le grazie particolari, cerchiamo sempre la grazia di seguitare a pregare per l'avvenire; perché se cesseremo di pregare, saremo perduti. Ella è la cosa più facile il pregare.


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Che ci vuole a dire: Signore, assistetemi, Signore aiutatemi, datemi il vostro amore? ecc. che cosa più facile di questa? Ma se non lo facciamo, non possiamo salvarci. Preghiamo dunque, ed interponiamoci sempre l'intercessione di Maria: Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus, dice S. Bernardo.36 E quando ci raccomandiamo a Maria, stiamo sicuri, ch'ella ci esaudisce, e ci ottiene quanto desideriamo. A lei non può mancarepotenza, né volontà di aiutarci, dice lo stesso Santo: Nec facultas, nec voluntas illi deesse potest. E S. Agostino: Memorare (dice) piissima Domina non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum.37 Ricordatevi, Signora, che non si è dato ancora il caso, che alcuno sia ricorso a voi, e sia restato abbandonato. Ah no dice S. Bonaventura, chi invoca Maria, trova la salute, e perciò egli la chiamava: O salus te invocantium!38 Preghiamo dunque sempre, invocando Gesù e Maria, e non lasciamo mai di pregare.

Finisco. Io spero39 tra breve di dare alla luce un libro a parte di questa materia della Preghiera, mentre questo mezzo, come apparisce dalle divine Scritture, e dalla sentenza comune de' Ss. Padri, e de' Teologi, egli è un mezzo assolutamente necessario per salvarci, di cui se noi non ci avvagliamo, è certa la nostra dannazione. E spero insieme di dimostrar chiaramente in questa mentovata operetta, che la grazia di pregare è data ad ognuno, sicché niuno che si perde può avere alcuna scusa; mentre Iddio comunemente a tutti dona la Grazia di pregare attualmente, senza bisogno d'altro aiuto speciale, e colla preghiera di ottenere gli aiuti maggiori per vincere ogni tentazione, ed esercitar le virtù; onde chi si perde, si perde per mera sua colpa, perché non prega. Per ora ho voluto dar fuori questo picciolo Trattato, in cui prima di finire non posso lasciar di manifestare la dispiacenza che sento in vedere che i Predicatori, ed i Confessori, pochi son quelli che ne parlano; e se ne parlano, ne parlano troppo poco, e come di passaggio. Io vedendo la necessità della Preghiera, dico, che tutti i libri spirituali a' lor Lettori tutti i Predicatori in tutte le loro Prediche agli Ascoltanti, tutti i Confessori in tutte le Confessioni a' lor Penitenti, non dovrebbero inculcare


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altra cosa più di questa, che di pregare sempre, con ammonirli sempre, dicendo loro: pregate, pregate, pregate, e non lasciate mai di pregare: se pregate certamente vi salverete; se non pregate certamente vi dannerete.




1 [9-11.] Cfr. Gran mezzo, P. I, c. III, § II, p. 57 (21-23). - [9-11.] LOHNER, v. Spes, § XI, n. 2.



2 [11-12.] Testo comune: SCARAMELLI, loc. cit., art. III, n. 336; SEGNERI, op. cit., P. III, Rag. II, § XVIII, n. 26; GRANATA, Sylva...., v. Oratio.



3 [13.] TERTULL., Apolog., c. 39; PL I, 507-508. - [13.] HABERT, op. cit. § II, 404; LOHNER, v. Oratio § III, n. 110.



4 [26-27.] S. AGOST.,Sermo 105 (al. 29 De verbis Dom.), c. I, n. 1; PL 38, 619. - [26-27.] Testo comune: MANSI, op. cit., Disc. XXXVII, n. 7; SEGNERI, op. cit., P. III, Rag. III, 33; SARNELLI, op. cit., 300.



5 [29/1-11.] Matth. 15, 22: Miserere mei Domine fili David: filia mea male a demonio vexatur....v. 24:..... ad oves quae perierunt domus Israel.... v. 26:... et mittere canibus.... v. 28:.... ex illa hora.

6 [15-16.] S. AGOST, Conf., lib. XII, c. I, n. I; PL 32, 825-826. - [15-16.] SCARAMELLI, loc. cit., n. 239.



7 [24.] cercava) chiedeva BR.

 



8 [26-28.] S. AGOST., Sermo 61 (al. 5 De verbis Dom.), c. V, n. 6; PL 38, 411. - [26-28.] LOHNER, § IX, n. 6.



9 [27-28.] cui displicet si non petamus) NM BR om.

10 [1-2.] CORN. A LAPIDE, In Luc. 11, 8.



11 [4.] in cercargli) in chiedergli BR



12 [8.] nulladimanco) nulladimeno BR.



13 [9-11.] Fusione di testi diversi, cfr. Gran mezzo, P. I, c. III, § III, p. 67-68 (30/1). - [9-11.] HABERT, loc. cit., 443.



14 [11.] chi cerca) chi chiede BR.



15 [12.] SCARAMELLI,loc. cit., n. 239. - [12.] SUAREZ, De gratia, lib. XII, c. 38, n. 16, Opera, ed. cit., X, 236.



16 [13.] all'incontro) NM BR om.



17 [14.] non basta cercarla) non basta chiederla BR.



18 [14-15.] S. BELLARMINO, De iustificatione, lib. III, c. 13, Opera, IV, 456: «Quotidie petenda est, ut quotidie detur»».



19 [15.] dee cercarsi) dee chiedersi BR.



20 [16.].... et non deficere.



21 [24.] Beatus homo,....



22 [28.] Petite, et dabitur vobis;.....



23 [22.] S. THOM., 2-2, q. 83, a. 16 ad 1: «Possit verificari, si intelligatur de peccatore in quantum est peccator»».



24 [3.] S. TOM., Opusc. II, Comp. theol. ad Fr. Reginaldum, P. II, c. II, Opera omnia, Romae 1570, XVII, 45; ed. crit., S. Thom. Opuscula theol., Romae 1954, I, p. 127. - [3.] SEGNERI, op. cit., P. III, Rag. II, n. XVIII, 26; n. XV, 24.



25 [5.] ID., ibid., Rag. III, n. IV, 30. - [5.] S. GIOV. CRISOST., Hom. Non esse desperandum, n. 7; PG 51, 370.



26 [13.] cercherete) chiederete BR



27 [17.] per gli) per li BR.

 



28 [23-24.] S. AGOST., Tr. 102 in Joh., n. 1; PL 35, 1896. [23-24.] HABERT, op. cit., 453; MANSI, op. cit., Disc. XXXVIII, n. 3.



29 [29.] ce le domandiamo) glie le domandiamo BR.



30 [29-30.] Cit. gen.: S. TERESA, Opere, I, Cammino di perfezione, c. XXXIII, 213: II, Concetti dell' amore di Dio, c. I, 151.



31 [32.] SCARAMELLI, loc. cit., n. 238; SEGNERI, op. cit., P. III, Rag. II, n. XX, 27. - [32.] S. AGOST., Sermo 105 (al. 29 De verbis Dom.), c. I, n. 1: «Erubescat humana pigritia, plus vult ille dare, quam nos accipere; plus vult ille misereri, quam nos a miseria liberari»»; PL 38, 619.



32 [1-3.] V. PUCCINI, Vita, Firenze 1611, P. I, 126-127.



33 [9-11.] S. FRANCESCO DI SALES, Trattenimenti spirituali, tr. VI, n. 6, Opere, I, 452.



34 [15.] S. AGOST., De civ. Dei, lib. XXII, c. VIII, n. 3; PL 41, 762. - [15.] SCARAMELLI, loc. cit., n. 248.



35 [18-19.] S. BERNARDO (?); cfr. S. AGOST., Sermo 61 e 105 (al. 5 e 29 De verbis Dom.); PL 38, 411, 619.



36 [4-5. 8-10.] S. BERNARDO, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 8; PL 183, 441.



37 [8-10.] Cfr. Le glorie di Maria, ed. crit., Roma 1936, I, c. IV, § I, N. 30, p. 141-142.



38 [13.] Ps.-s. S. BONAV., Psalterium B. V. M., Opera, Lugduni 1668, VI, 480 (= 492), manca nell' ed. di Quaracchi; cfr. vol. X, 24, n. 36.



39 [15-26.] Io spero.... in cui.... NM BR om.




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