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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Confessore diretto…campagna

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CAP. XIX. De' beneficii ecclesiastici.

 

PUNTO I. A chi possano e debbano conferirsi i beneficii.

 

1. Il beneficio ecclesiastico si definisce: Est ius perpetuum auctoritate ecclesiae constitutum exercendi officium spirituale in aliqua ecclesia, et percipiendi propter ipsum fructus ex bonis Ecclesiae. I beneficii son di due sorte, semplici, e doppi. I semplici son quelli che s'istituiscono coll'autorità del vescovo a recitare l'officio, o a celebrar le messe, come sono i canonicati, le cappellanie, e gli altri beneficii semplici. I doppi son quelli i quali hanno qualche giurisdizione, come sono i vescovadi, le parrocchie, le prepositure, e simili; o hanno qualche preminenza di luogo, come sono le dignità di primicerio, cantore ecc., oppure hanno qualche officio ecclesiastico di tesoriere, economo ecc. In tre modi si acquistano i beneficii. 1. Per collazione libera del papa, o del vescovo. 2. Per l'elezione confermata poi dal prelato. 3. Per la presentazione del padrone, quando il beneficio è di iuspatronato, fra quattro mesi, se è laicale, e fra sei, se è ecclesiastico; perché dopo questo tempo la collazione si rivolve al prelato, cap. Quoniam, De Iurepatr. A chi poi debba dare il vescovo l'istituzione, se gli sono presentati più soggetti, vedi ciò ed altro all'Istruzione2.

 

2. Si dimanda per 1. Se i beneficii debbano tutti conferirsi a' più degni. Ciò è certo per li cardinalati, e vescovadi, e per li beneficii curati, giusta il trident.3. In quanto a' beneficii semplici, Soto, Navarro, Sanchez, Sa, ed altri tengono, che non pecca gravemente il vescovo, se li conferisce a' meno degni. Questa sentenza io non ardisco riprovarla, ma più aderisco alla contraria di Lessio, Lugo, Roncaglia, Salm. ecc., con s. Tommaso4, perché i beneficii s'istituiscono, non solo in utile della chiesa, ma anche in premio de' meriti; onde il vescovo, posponendo i più degni, offende gravemente la giustizia distributiva5. E lo stesso diciamo per li padroni de' beneficii semplici, e per coloro che li rinunziano. Dico semplici, perché in quanto a' curati è certo che i padroni debbono presentare i più degni, come si ha dalla prop. 47. dannata da Inn. XI.6. Se poi sia tenuto alla restituzione chi promuove il meno degno al beneficio curato, specialmente se vi è stato il concorso v. Istr.7. Del resto non pecca il meno degno che concorre col più degno; né pecca, se poi accetta il beneficio, ancorché sia curato, come dice s. Tommaso, il quale, parlando anche de' vescovadi, scrive: Non requiritur, ut reputet se aliis meliorem, sed sufficit, quod nihil in se inveniat, per quod illicitum ei reddatur assumere praelationis officium8.

 

3. Si dimanda per 2. Se possono lecitamente conferirsi ed accettarsi più beneficii dalla stessa persona. In quanto a' beneficii incompatibili di primo genere, come sono tutti i beneficii curati, e quelli che sono uniformes sub eodem tecto, cioè che convengono nello stesso luogo e tempo, è certo che no. In quanto poi agl'incompatibili di secondo genere, come sono quelli ch'esigono residenza, e porzione, solamente il papa può dispensarvi, quando v'è necessità, o un'evidente utilità. Del resto dal concilio di Trento9, sta espressamente proibita la pluralità de' beneficii anche semplici, sempreché uno di loro basta alla sostentazione. Onde diciamo con s. Tommaso10, e colla sentenza comune di Azor., Less., Laym., Salm. ecc., esser illecita la pluralità de' beneficii anche per legge naturale, ma che per giuste cause ben può dispensarvi il papa, come per la necessità o utilità delle chiese, o per la prerogativa de' meriti di alcuno, come si legge nel cap. De multa, fin., de praebend.11.

 




2 C. 13. N. 31-32.

 



3 Sess. 24. c. 1-18.

 



4 2. 2. q. 63. a. 2.

 



5 N. 33.

 



6 N. 34-35.

 



7 N. 37.

 



8 2. 2. q. 185. a. 1. Istr. c. 13. n. 38.

 



9 Sess. 24. c. 17.

 



10 Quodlib. 9. a. 15.

 



11 N. 40-41.






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