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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Confessore diretto…campagna

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CAPO XXI.

 

PUNTO I. Della carità e prudenza del confessore

 

1. Quattro sono gli offici che dee esercitare il confessore, di padre, di medico, di dottore, e di giudice. Di quel che spetta agli offici di dottore e di giudice, già n'abbiamo parlato al capo XV. parlando della scienza necessaria a' confessori, e della fortezza che debbono usare come giudici in negar l'assoluzione agl'indisposti, specialmente agli occasionari e recidivi. Parliamo ora dell'officio di padre che dee esercitare il confessore in accogliere con carità di tutti coloro che gli si presentano, e specialmente i poveri ed i peccatori. Alcuni hanno tutta la carità co' personaggi di riguardo, e coll'anime divote; ma se poi si accosta un povero peccatore, o non lo sentono, o lo sentono di mala voglia, ed in fine lo licenziano con ingiurie. E quindi che ne avviene? e ne avviene, che quel miserabile, il quale a gran forza sarà venuto a confessarsi, vedendosi trattato così, piglia odio alla confessione, e più si abbandona ne' vizi. Non fanno così i buoni confessori, quando viene un o di costoro; quanto più quegli è lordo di peccati, tanto più l'accolgono con carità, affin di strapparlo dalle mani del demonio, dicendogli per esempio: Orsù, figlio mio, allegramente, fatti una bella confessione. Di' tutto con libertà. Basta che tu voglia mutar vita, Dio ti perdona. A posta t'ha aspettato finora. Allegramente ecc.

 

2. Mentre poi colui si confessa, si guardi il confessore di mostrar tedio, o maraviglia de' peccati che sente. Si guardi inoltre di far correzioni aspre dentro la confessione, perché potrebbe con ciò atterrire il penitente a non dire qualche peccato più grave che tiene. Quando però quegli si confessasse di molti gravi peccati senza dimostrarne alcun


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orrore, è bene svegliarlo dal suo letargo, con fargli vedere la bruttezza di quel vizio di cui si confessa; ma subito poi bisogna fargli animo con dirgli: Orsù tu vuoi levarti questo vizio? eh statti allegramente. Di' tutto mo, non lasciar niente. Se vuoi mutar vita, io di tutto t'assolvo. In fine poi della confessione bisogna correggerlo con maggior calore, e fargli conoscere lo stato miserabile in cui si trova; ma sempre con carità e senza ingiurie. Se gli dica per esempio: Ah figlio mio, lo vedi che vita di dannato è questa ch'hai fatta? Che ti ha fatto Gesù Cristo, che l'hai trattato così? Se fossi morto in questo tempo, dove saresti mo? E se seguiti a vivere così, come ti vuoi salvare? Che te ne trovi di tanti peccati fatti? Non lo vedi che hai un inferno qua, ed un inferno ? Orsù, figlio mio, finiscila mo, datti a Dio. Muta vita. Basta quanto l'hai offeso. Confessati spesso, e vieni a trovarmi. Oh che bella cosa stare in grazia di Dio! S. Francesco di Sales così tirò molti peccatori a Dio, facendo lor vedere la vita infelice che mena chi sta in disgrazia di Dio, e la pace che gode chi sta unito con Dio. Quindi aiuterà il penitente a far l'atto di dolore. S'egli è disposto, l'assolverà, con dargli i rimedi opportuni, di cui parleremo al n. seguente. Se poi stima di dovergli differir l'assoluzione, gli assegni il tempo del ritorno, con dirgli: Orsù, t'aspetto nel tale giorno, non lasciar di venire. Fa come ti ho detto. Raccomandati alla Madonna, se 'l demonio ti tenta. E vieni a trovarmi qui. Se non mi trovi al confessionario, mandami a chiamare, ch'io lascerò tutto per sentirti.

 

3. In quanto all'officio di medico, il confessore bisogna che parli, e non sia muto. Molti, se possono assolvere il penitente, l'assolvono; gli dimandano solamente, lo vuoi fare più? e se quegli risponde di no, questo semplice no loro basta per tutto. Se poi non lo possono assolvere, con un secco, non ti posso assolvere, lo licenziano disgraziatamente. Ma non è questo il modo di salvar l'anime; questo più presto è il modo di perderle. Quando il penitente è disposto, e si è confessato già di colpe gravi, bisogna che l'avverta ed istruisca di quel che ha da fare. Se poi non è disposto, bisogna che faccia quanto può per disporlo, quantunque vi fossero altri penitenti che aspettassero. Quanti colle parole del confessore si dispongono e si mettono nella buona via! Per tanto non dee contentarsi il confessore d'intendere solamente le specie e 'l numero dei peccati del penitente, ma dee ancora informarsi delle occasioni che ha avute di peccare; epperò dimandi con quali persone ha peccato? in qual luogo? e per quali occasioni? Queste dimande non lasci di farle ad ognuno, ancorché sia persona di autorità e dottrina; e non lasci di fargli insieme le dovute correzioni, negandogli con fortezza l'assoluzione, se sta nell'occasione volontaria, o è recidivo. In quanto poi alla penitenza da imporgli, già si disse al c. XV. n. 25., che il confessore dee misurare le forze corporali e spirituali del penitente, e non caricarlo di maggior peso di quel che può portare. Ciò che più dee attendere, è di applicargli i rimedi più proprii, affinché si mantenga in grazia di Dio. I rimedi generali da insinuarsi a tutti, sono 1. lo spesso ricorrere a Gesù Cristo ed a Maria Ss. per aiuto. 2. La frequenza de' sacramenti; e nelle ricadute subito fare un atto di contrizione, e confessarsi quanto più presto. 3. L'orazione mentale, che dee insinuarsi specialmente a' sacerdoti, ed ai secolari che sanno leggere, s'imponga, o almeno si esorti a leggere ogni giorno qualche libro spirituale, almeno in piccola parte. 4. L'esame di coscienza ogni sera coll'atto di contrizione, e tre Ave mattina e sera alla b. Vergine, acciocché lo liberi da peccato mortale. 5. Il rosario della stessa b. Vergine, che dee anche insinuarsi a tutti. I rimedi poi particolari si assegnano secondo la diversità dei vizi, v. gr., a' bestemmiatori, che ogni mattina nel levarsi dopo le tre Ave Maria dicano tre volte, Madonna, dammi pazienza, acciocché si avvezzino a dir così nelle occasioni di collera. A chi ha portato odio, che ricordandosi degli affronti ricevuti, pensi all'ingiurie da esso fatte a Dio. A' disonesti, che fuggano i mali compagni, la vista e la conversazione delle persone di diverso sesso, e specialmente di quelle che sono state complici del peccato; e sovra tutto, che nelle tentazioni non lascino d'invocare i nomi SS. di Gesù e di Maria, finché la tentazione non si parte.




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