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S. Alfonso Maria de Liguori
Consigli di sollievo...anima desolata

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Consigli di sollievo e confidenza per un'anima desolata

 


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Colloquio spirituale fra l'autore e un'anima esercitata da Dio con tribolazioni di spirito che domanda consiglio.

Vescovo. Lasciatemi sentire quali sono queste angustie di coscienza che vi tengono così afflitta, come mi dite.

Anima. Padre mio, io da tre anni circa sto così arida e desolata di spirito che non trovo Dio né all'orazione né davanti il sagramento dell'altare né alle comunioni. Mi sembra essere un'anima senza amore, senza speranza e senza fede, in somma abbandonata da Dio. Non mi più tenerezza né la passione di Gesù Cristo, né la santa Eucaristia: sono fatta insensibile ad ogni divozione. Confesso che tutto lo merito per li peccati miei, per li quali mi ho meritato l'inferno.

Vescovo. In somma voi mi dite che


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state arida da molto tempo. Per rispondervi adequatamente bisogna che io sappia se la vostra aridità è volontaria o involontaria. Mi spiego: l'aridità volontaria è quando la persona commette difetti volontarj e deliberati, e non cerca di emendarsene; questa propriamente non dee dirsi aridità, ma tiepidezza, da cui se l'anima non si forza per uscirne andrà sempre da male in peggio, e Dio faccia che col tempo non cada in maggior rovina. Questa sorta di aridità è una febbre etica che non uccide subito, ma apporta certamente la morte. L'aridità poi involontaria è quando la persona cerca di camminare per la via della perfezione, si guarda da' difetti deliberati, frequenta l'orazione, i Sagramenti, e con tuttociò si sente arida di spirito. Veniamo a noi: voi mi avete nominati peccati della vostra vita passata, domando, di questi peccati ve ne siete confessata?

An. Padre sì, ne ho fatta la confessione generale, anzi più volte gli ho confessati.

Vesc. E il vostro direttore che dice?

An. Egli mi ha proibito di più nominare cose della vita passata, ma io mi sento sempre inquieta, temendo sempre di non essermi spiegata abbastanza. Inoltre son tormentata da mille tentazioni, di fede, d'impurità, di superbia; io le discaccio, ma sempre resto con timore di qualche tacito consenso.

Vesc. E il direttore che vi dice sopra questo altro capo de' mali pensieri?

An. Non vuole che me ne confessi, se non quando io possa certamente giurare a prima vista di avervi dato il consenso. Padre mio, voi che mi dite? Datemi qualche istruzione per mio sollievo.

Vesc. Che vi dico? Vi dico che abbiate maggior fede all'ubbidienza del vostro direttore. Avete letto quel che insegnava s. Filippo Neri 1: Che chi ubbidisce al confessore si assicura di non render conto a Dio delle azioni che fa? Diceva inoltre il Santo: «Che al confessore si avesse fede, perché Dio non lo lascerebbe errare; e che non vi è cosa più sicura che tagli i lacci del demonio, quanto l'ubbidire al volere del padre spirituale nelle cose di Dio; e che all'incontro non vi è cosa più pericolosa che volersi reggere di proprio parere».

Avete letto s. Francesco di Sales 2, il quale dice parlando dell'ubbidienza al Direttore: «Questo è l'avvertimento degli avvertimenti; per quanto voi cerchiate, dice il divoto Avila, non troverete mai così sicuramente la volontà di Dio, quanto per lo cammino di questa umile ubbidienza tanto raccomandata e praticata da tutti gli antichi divoti». Lo stesso scrisse s. Teresa 3, dicendo: «L'anima pigli il confessore con determinazione da non pensare più alla causa propria, ma fidarsi nelle parole del Signore: Qui vos audit, me audit 4. Stima Dio questa sottomissione tanto, che ancorché con mille battaglie, parendoci sproposito quel che si giudica, con pena o senza pena lo facciamo, allora adempiamo la divina volontà».

Dice poi s. Giovanni della Croce parlando in nome di Gesù Cristo 5: Essendo tu infedele a' confessori, lo sei a me che ho detto: Chi disprezza voi, disprezza me stesso. E poi al n. 8. aggiunge queste parole: Il non appagarsi


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di ciò che dice il confessore, è superbia ed è mancamento di fede. Dice questo il santo per ragion delle parole di Gesù Cristo notate di sopra: Qui vos audit, me audit. Onde dipoi soggiungea s. Francesco di Sales 1 queste utilissime massime: «I. Non si è perduto mai un vero ubbidiente. II. Convien contentarsi di saper dal p. spirituale che si cammina bene, senza cercarne la cognizione». Gran documento è questo contro quelle persone scrupolose che vogliono saper la ragione di quel che loro impone il p. spirituale. Per III. aggiungeva s. Francesco un'altra bella massima in conseguenza della precedente, e diceva: «Il meglio è camminare alla cieca sotto la divina provvidenza tra le tenebre e perplessità in questa vita».

Questo insegnamento poi di ubbidire nei dubbj di coscienza al padre spirituale è di tutti i dottori della chiesa e di tutti i ss. padri; vaglia per tutti s. Bernardo, il quale scrive che quanto impone l'uomo per parte di Dio, sempreché non sia certo peccato, non deve altrimenti prendersi che se Dio stesso li comandasse: Quicquid vice Dei praecipit homo, quod non sit tamen certum displicere Deo, haud secus omnino accipiendum est quam si praecipiat Deus 2.

In somma l'ubbidienza a' sacri ministri è l'unico rimedio più sicuro lasciatoci da Gesù Cristo per quietare le coscienze dubbiose: del quale dobbiamo sommamente ringraziarlo, altrimenti come potrebbe trovare perfetta quiete ne' dubbj un'anima scrupolosa? Questa tribolazione degli scrupoli (che è la più tormentosa per le persone amanti di Dio più che tutte le altre afflizioni d'infermità, di persecuzioni e simili) l'han sofferta quasi tutti i santi, s. Teresa, s. Maria Maddalena de' Pazzi, s. Francesca Fremiot e molti altri; e come si son quietati, se non con l'ubbidienza? Ora voi che dite? siete persuasa che facendo l'ubbidienza del direttore andate sicura?

An. Sì, signore, son persuasa, ma perché poi anche facendo l'ubbidienza da due anni io non provo più divozione?

Vesc. Ora dunque conosco il vostro difetto, perché dite di non trovar pace; voi cercate di trovar la volontà di Dio o cercate consolazioni e dolcezze spirituali? Se volete farvi santa da oggi innanzi cercate solamente la volontà di Dio il quale vi vuole santa, ma non vorrà tenervi consolata in questa vita. Se non avete la consolazione, consolatevi colla speranza d'aver con voi il consolatore. Vi lamentate dell'aridità di due anni? Ma s. Francesca Fremiot soffrì quarant'anni di aridità. S. Maria Maddalena de' Pazzi soffrì cinque anni di pene e tentazioni senza un minimo sollievo, e dopo quei cinque anni ella stessa domandò a Dio che in questa vita non le avesse date più consolazioni sensibili. S. Filippo Neri era così infervorato d'amor divino e pure dicea: Gesù mio, io non ti ho mai amato e ti vorrei amare. Altra volta dicea: Ancora non ti conosco, Gesù mio, perché ti cerco. Altra volta dicea: Io ti vorrei amare, Gesù mio, e non trovo la via. Io ti cerco e non ti trovo. Così parlano i santi, e voi tanto vi atterrite che state arida e non trovate Dio come vorreste trovarlo?

An. Ma questi erano santi, ma io non so se Dio mi ha perdonate ancora


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tante offese che gli ho fatte, poiché non so di averne avuto vero dolore.

Vesc. Ma che? forse voi vi compiacete de' peccati commessi?

An. No, li detesto, gli odio più che la morte.

Vesc. E perché temete che Dio non vi abbia perdonata? dicono i ss. Padri che chi odia il male commesso è sicuro del divino perdono. E poi è certo, come dice s. Teresa, che chi sta risoluto di patir prima la morte che di offendere Dio è senza dubbio pentito delle offese che gli ha fatte. Ditemi, siete voi risoluta di soffrire ogni pena prima che perdere la divina grazia?

An. Si, Padre mio, anzi per grazia di Dio son risoluta di farmi più presto tritare a pezzi che commettere un peccato veniale ad occhi aperti.

Vesc. E bene, perché Dio vi ha da odiare? Voi temete che Dio vi odii: oh se vedeste l'amore ch'egli ora vi porta, ora cadreste morta qui di pura consolazione! Non sapete voi che Gesù Cristo è quel buon pastore ch'è venuto in terra per dar la vita e salvare ogni sua pecorella, ancorché volontariamente si sia perduta? E come poi vuole abbandonare una sua pecorella ch'è pronta a morire prima che dargli qualunque minimo disgusto deliberato?

An. Ma chi sa, se io ho dato consenso a qualche peccato grave, e perciò Dio mi ha abbandonata?

Vesc. No, non dite bene: il peccato mortale è un mostro così orrendo, che non è possibile trovarsi nell'anima un peccato e l'anima non lo conosca. Niun peccatore che sta in disgrazia di Dio dubita, ma è certo d'aver perduta la divina grazia; e perciò è massima certa di tutti i maestri di spirito che quando una persona timorosa di Dio sta in dubbio d'aver perduta la grazia divina è certo che non l'ha perduta, appunto perché niuno perde Dio senza certamente conoscerlo. E così sempreché voi dubitate d'aver perduto Dio state sicura di non averlo perduto.

An. Ma perché mi sento senza confidenza?

Vesc. Udite: la vera confidenza sappiate che non consiste nel sentirla ma nel volerla; volete voi confidar in Dio? E se volete confidare già avete la confidenza.

An. Ma l'amor di Dio in me dov'è?

Vesc. Per l'amore a Dio corre la stessa regola che corre per la confidenza. L'amore anche sta nella volontà: volete voi amar Dio? Se volete amarlo, sappiate che già l'amate. Voi vorreste la consolazione di sentire la confidenza e l'amore; ma Dio per vostro maggior profitto non vuole che abbiate la consolazione di sentir questa confidenza e questo amore; contentatevi dunque di averli senza sentirli. E lo stesso vi dico della fede, basta che vogliate credere quanto la Chiesa v'insegna senza voler sentire di credere. Verrà tempo che si sgombreranno le nuvole e verrà la luce che doppiamente vi consolerà. Frattanto contentatevi di stare all'oscuro e vivere abbandonata in mano della sua divina volontà e misericordia.

Confortiamoci intanto colle divine Scritture: Iddio dice in un luogo: Convertimini ad me, ait Dominus exercituum, et convertar ad vos 1. Se vogliamo dunque Dio lasciamo le creature; voltiamoci coll'amore a lui ed egli subito si volterà coll'amore a noi. Egli dice a tutti: Venite ad me omnes qui


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laboratis et onerati estis et ego reficiam vos 1: O voi tutti che state afflitti, venite a me e sarà mia cura di sollevarvi. In altro luogo dice: Venite et arguite me, dicit Dominus, si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix dealbabuntur 2. Giunge a dire: Venite, peccatori, venite pentiti, e se io non vi perdono, arguite me, riprendetemi e trattatemi da mentitore; ma no, perché quantunque nere sieno le vostre coscienze, io con la mia grazia le farò diventare bianche come la neve. Egli va appresso ai peccatori quasi piangendo per compassione della loro perdita dicendo: Et quare moriemini, domus Israel? 3 Come dicesse. E perché volete dannarvi, figli miei, avendo me che son pronto a salvarvi se a me ricorrete? Or se parla così agli ostinati, come discaccerà un'anima che vuole amarlo?

Ditemi con sincerità, state voi attaccata a qualche affetto di terra, a qualche persona, a qualche roba, all'ambizione di comparire, di esser preferita alle altre? Badate a quel che dice s. Giovanni della Croce, che ogni piccolo attacco, ogni filo può impedirvi di volare a Dio e di essere tutta sua.

An. No, per grazia di Dio, mi pare che non sono attaccata ad alcuna cosa di terra, sì che per quella volessi commettere un difetto deliberato, ma tuttavia mi vedo piena di difetti, mi dispiace l'esser disprezzata e nelle occasioni talvolta mi risento.

Vesc. E dopo il risentimento che fate?

An. Mi umilio, prego Dio che mi perdoni, e propongo di non cadervi più, confidando in Gesù Cristo che mi dia forza; ma ciò non ostante resto tutta atterrita ed inquieta, ed allora mi pare quasi impossibile di potermi far santa; anzi mi pare superbia il pretenderlo.

Vesc. Tutto va bene, seguitate a far sempre così; solo il restare inquieta non va bene: se cadete per modo di dire cento volte il giorno, fate sempre lo stesso: pentitevi, proponete di non cadervi più col divino aiuto e confidate in Gesù Cristo e poi quietatevi. Sappiate poi che non è superbia, anche dopo il difetto, lo sperare di farci santi; più presto sarebbe superbia l'avvilirsi dopo il difetto e il disturbarsi, quasi i nostri propositi fatti ci avessero assicurati di più non cadere. Umiliatevi dunque e confidate in Dio.

Or basta, io già vi ho inteso ed ho compresi in sostanza tutti i vostri timori, che consistono in non sapere se vi salverete e se al presente state in grazia di Dio. Basta quanto mi avete detto, ora non mi fate più dubbj né più dimande sopra di queste vostre angustie. Io già so la vostra coscienza, voglio lasciarvi alcuni sentimenti, i quali spero che vi daranno pace, quando vi troverete angustiata. Dico pace; ma non quella pace libera da ogni ombra di timore; poiché questa pace Dio ce la riserba in cielo, ma mentre stiamo in questa vita egli vuole che sempre stiamo in qualche timore, acciocché così non lasciamo di attendere a domandare il divino aiuto ed a confidare nella divina misericordia, altrimenti spesso noi ci dimenticheremmo di ricorrere al Signore; e perciò egli permette che i timori ci molestino, affinché non lasciamo di ricorrere a lui.




1 In vita l. 1. c. 20.



2 Introd. c. 4.



3 Fondaz. c. 10.



4 Luc. 10. 16.



5 Tratt. delle spine t. 3. coll. 4. §. 2. n. 2.

1 In vita verso il fine mass. 27.



2 S. Bern. de praecept. et disc. c. 11.

1 Zach. 1. 3.

1 Matth. 11. 28.



2 Is. 1. 18.



3 Ex. 33. 11.




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