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S. Alfonso Maria de Liguori
Del gran mezzo della preghiera

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DELL'UMILTÀ CON CUI SI DEE PREGARE

Il Signore ben guarda le preghiere de' suoi Servi, ma de' Servi

umili: Respexit in orationem humilium. Ps. 101. 18. Altrimenti non le riguarda, ma le ributta: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam. Jac. 4. 6. Dio non sente le orazioni de' Superbi, che confidano nelle loro forze, e perciò gli lascia nella loro propria miseria; ed in tale stato essi privi del Divino soccorso senza dubbio si perderanno. Ciò piangea Davide: Priusquam humiliarer, ego deliqui. Ps. 118. 67. Io (dicea) ho peccato, perché non sono stato umile. E lo stesso avvenne a S. Pietro, il quale quantunque fosse stato avvisato da Gesù Cristo, che in quella notte tutti essi Discepoli doveano abbandonarlo: Omnes vos scandalum patiemini in me in ista nocte. Matth. 26. 31, egli nondimeno, in vece di conoscer la sua debolezza, e di domandare aiuto al Signore per non essergli infedele, troppo fidando alle sue forze1, disse che se tutti l'avessero abbandonato, egli non l'avrebbe mai lasciato: Et si omnes scandalizati fuerint in te, ego nunquam scandalizabor. Ibid. 33. E con tutto che il Redentore di nuovo particolarmente gli predisse, che in quella notte prima di cantare il gallo l'avrebbe negato tre volte, pure fidando al suo animo, si vantò dicendo: Etiam si oportuerit me mori tecum non te negabo. Matth. ibid. 35. Ma che avvenne? appena il miserabile nella casa del Pontefice entrò, e fu rimproverato per discepolo di Gesù Cristo, egli tre volte in fatti lo negò con giuramento, dicendo di non averlo mai conosciuto: Et iterum negavit cum juramento: Quia non novi hominem. Matth. 26. 72. Se Pietro si fosse umiliato, e avesse domandato al Signore la grazia della costanza, non l'avrebbe negato.

Dobbiamo tutti persuaderci, che noi stiamo come sulla cima d'un


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monte, sospesi sull'abisso di tutt'i peccati, e sostenuti dal solo filo della Grazia: se questo filo ci lascia, noi certamente cadiamo in tale abisso e commetteremo le scelleraggini più orrende. Nisi quia Dominus adjuvit me, paulo minus habitasset in inferno anima mea. Ps. 93. 17. Se Dio non mi avesse soccorso, io sarei caduto in mille peccati, ed ora starei nell'Inferno; così dicea il Salmista, e così dee dire ognuno di noi. Questo intendeva2 ancora S. Francesco d'Assisi, quando dicea, ch'esso era il peggior peccatore del Mondo. Ma, Padre mio (gli disse il compagno) questo che dite non è vero; vi sono molti nel mondo, che certamente son peggiori di voi. Sì ch'è troppo vero quel che dico (rispose il Santo), perché se Dio non mi tenesse le mani sovra, io commetterei tutt'i peccati3. È di fede, che senza l'aiuto della Grazia non possiamo noi fare alcun'opera buona, e neppure avere un buon pensiero. Sine Gratia nullum prorsus, sive cogitando, sive agendo faciunt homines bonum, dicea S. Agostinoa 4. Come l'occhio non può vedere5 senza la


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luce, così (dicea il Santo) l'Uomo non può fare alcun bene senza la Grazia. E prima già lo disse l'Apostolo: Non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est. 2. Cor. 3. 5. E prima dell'Apostolo lo disse già Davide: Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt, qui aedificant eam. Ps. 126. 1. Indarno si affatica l'Uomo a farsi santo, se Dio non vi mette ]a sua mano. Nisi Dominus custodierit civitatem, frustra vigilat, qui custodit eam. Ibid. Se Dio non custodisce l'Anima da' peccati, in vano attenderà ella a custodirsi colle sue forze. E perciò si protestava poi il Santo

Profeta: Non enim in arcu meo sperabo. Ps. 43. 7. Dunque non voglio sperare nelle mie armi, ma solo in Dio, che può salvarmi.

Onde chi ritrovasi fatta qualche cosa di bene, e non si trova caduto in maggiori peccati di quelli, che ha commessi, dica con S. Paolo: Gratia autem Dei sum id, quod sum. 1. Cor. 15. 10. E per la stessa ragione non dee lasciar di tremare, e temer di cadere in ogni occasione. Itaque qui se existimat stare, videat ne cadat. 1. Cor. 10. 12. E con ciò l'Apostolo vuole avvertirci, che sta in gran pericolo di caduta, chi si tiene sicuro di non cadere. E ne assegna la ragione in altro luogo, dove dice: Nam si quis existimat se aliquid esse, cum nihil sit, ipse se seducit. Galat.

6. 3. Onde scrisse saggiamente S. Agostino: Multos impedit a firmitate praesumptio firmitatis; nemo erit adeo firmus, nisi qui se sentit infirmum. Serm. 13. de Verb. Dom6. Se taluno dice di non aver timore, è segno che costui fida in se stesso, e ne' suoi propositi fatti; ma questi con tal confidenza perniciosa da se medesimo vien sedotto, perché fidando nelle proprie forze lascia di temere, e non temendo lascia di raccomandarsi a Dio, ed allora certamente caderà. E così parimente bisogna che ciascuno si guardi di ammirarsi con qualche vanagloria de' peccati degli altri; dee allora più presto tenersi in quanto a sé per peggiore degli altri, e dire: Signore, se Voi non mi aveste aiutato io avrei fatto peggio.

Altrimenti permetterà il Signore in castigo della sua superbia, che cada in colpe maggiori e più orrende. Pertanto ci avvisa l'Apostolo a procurarci l'eterna salute, ma come? sempre temendo, e tremando: Cum metu, et tremore vestram salutem operamini. Philip. 2. 12. Sì, perché quegli che molto teme di cadere, diffida delle sue forze, e perciò riponendo la sua confidenza in Dio, a Lui ricorrerà ne' pericoli; Dio lo soccorrerà, e così vincerà le tentazioni, e si salverà.. Filippo Neri, camminando un giorno per Roma, andava dicendo7: Son disperato;


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un certo Religioso lo corresse, ma il Santo allora disse: Padre mio, son disperato di me, ma confido in Dio. Così bisogna, che facciamo noi se vogliamo salvarci; bisogna, che viviamo sempre disperati delle nostre forze, poiché così facendo, imiteremo S. Filippo, il quale dal primo momento che svegliavasi la mattina, diceva a Dio: Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce.

Questa dunque per concludere è tutta la grande scienza d'un Cristiano, dice S. Agostino, il conoscere che niente egli è, e niente può: Hoc est tota magna scientia, scire quia homo nihil estb 8. Perché così non cesserà di procurarsi da Dio colle preghiere quella forza, che non ha, e che gli bisogna per resistere alle tentazioni e per fare il bene; ed allora farà tutto col soccorso di quel Signore, che non sa negar niente a chi lo prega con umiltà. Oratio humiliantis se nubes penetrabit, et non discedet, donec Altissimus aspiciat. Eccli, 35. 21. La Preghiera d'un'Anima umile penetra i Cieli, e presentandosi al Divin Trono, di non parte, senza che Dio la guardi, e l'esaudisca. E siasi quest'Anima rea di quanti peccati si voglia Dio non sa disprezzare un Cuore che si umilia: Cor contritum et humiliatum Deus non despicies. Ps. 50. 12. Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam. Jac. 4. 6. Quanto il Signore è severo co' Superbi, e resiste alle loro dimande, altrettanto è benigno e liberale cogli Umili. Questo appunto disse un giorno Gesù Cristo a S. Caterina da Siena: Sappi, o Figlia, che chi umilmente persevera a chiedermi le grazie, farà acquisto di tutte le virtù: Scito Filia, quod Anima perseverans in humili oratione adipiscitur omnem virtutemc 9.

Giova qui addurre un bell'avvertimento, che fa all'Anime spirituali, che desiderano di farsi sante, il dotto e piissimo Mons. Palafox Vescovo d'Osma, in una Annotazione10 che fa sulla Lettera XVIII di


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S. Teresa. Ivi la Santa scrive al suo Confessore e gli conto di tutti i gradi d'orazione sovrannaturale con cui il Signore l'avea favorita. All'incontro il mentovato Prelato scrive, che queste grazie sovrannaturali che Dio si degnò di fare a S. Teresa, ed ha fatte ad altri Santi, non sono necessarie per giungere alla santità; poiché molte Anime senza di loro vi sono ben giunte; e per contrario molte vi sono giunte, e poi si son dannate. Pertanto dice esser cosa superflua, anzi presuntuosa il desiderare e cercare tali doni sovrannaturali, mentre la vera e l'unica strada per diventare un'Anima santa è l'esercitarsi nelle virtù, e nell'amare Dio; al che si arriva per mezzo dell'Orazione, e col corrispondere ai lumi ed aiuti di Dio, il quale altro non vuole che vederci santi: Haec est enim voluntas Dei sanctificatio vestra. 1. Thess. 4. 3.

Quindi il suddetto pio Scrittore, parlando de' gradi dell'Orazione sovrannaturale, di cui scrivea la Santa, cioè dell'Orazione di Quiete, del Sonno e Sospensione delle potenze, dell'Unione, dell'Estasi, del Ratto, del Volo, ed Impeto di spirito, e della Ferita spirituale, saggiamente scrive, e dice che in quanto all'Orazione di Quiete, ciò che noi dobbiamo desiderare e domandare a Dio, è che ci liberi dall'attacco e dal desiderio de' beni mondani, che non danno pace, ma apportano inquiete ed afflizione allo spirito. Vanitas vanitatum (ben li chiamò Salomone), et afflictio spiritus. Eccle. 1. 14. Il cuore dell'Uomo non troverà mai vera pace, se non si vuota di tutto ciò che non è Dio, per lasciare tutto il luogo al di lui santo Amore, acciocch'Egli solo tutto lo possieda. Ma ciò l'Anima da sé non può farlo; bisogna che l'ottenga dal Signore con replicate preghiere. In quanto al Sonno, e sospensione delle potenze, dobbiamo chiedere a Dio la grazia di tenerle sopite per tutto il temporale, e solamente svegliate per considerare la divina Bontà, e per ambire l'Amor Divino, ed i beni eterni. In quanto all'Unione delle potenze, preghiamo che ci doni la grazia di non pensare, di non cercare, e di non volere, se non quello che vuole Iddio, poiché tutta la santità, e la perfezione dell'amore consiste nell'unire la nostra volontà colla volontà del Signore. In quanto all'Estasi, e Ratto, preghiamo Dio che ci tragga fuori dell'amor disordinato di noi stessi, e delle creature, per tirarci tutti a Sé. In quanto al Volo di Spirito preghiamolo a darci la grazia di vivere tutti staccati da questo Mondo, e far come fanno i Rondoni, che anche per alimentarsi non si fermano sulla terra, ma volando prendono il loro alimento; viene a dire, che ci serviamo di questi beni temporali per quanto bisogna, a sostentar la vita, ma sempre volando, senza fermarci sulla terra a


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cercare i gusti mondani. In quanto all'Impeto di Spirito, preghiamo Dio, che ci doni il coraggio e la forza di farci violenza, quando bisogna per resistere agli assalti de' Nemici, per superare le passioni, e per abbracciare il patire in mezzo alle desolazioni e tedi spirituali. In quanto finalmente alla Ferita d'amore, siccome la ferita col suo dolore rinnova sempre alla persona la memoria del suo male, così dobbiamo pregare Iddio di ferire talmente il cuore col suo santo Amore, che abbiamo sempre a ricordarci della sua Bontà, e dell'affetto che ci ha portato, e con ciò viviamo continuamente amandolo, e compiacendolo colle nostre opere, ed affetti. Ma tutte queste grazie non si ottengono senza l'Orazione, e coll'Orazione, purch'ella sia umile, confidente, e perseverante, tutto si ottiene.




1 [21.] alle sue forze) nelle sue forze BR.



2 [7.] intendeva) intendea ND VR.



3 [fonte:7-12.] Da RODRIGUEZ, Esercitio....., P. II, Tr. III, Dell' umiltà, c. 33, p. 309; c. 34, p. 135.

[7-12.] MARCO DA LISBONA, Cronicas da Ordem dos frades Menores do serafico P. S. Francisco, Lisboa 1556, ed. ital.: Croniche de gli Ordini instituiti dal P. S. Francesco. Composte dal R. P. F. Marco da Lisbona.... e tradotte nella nostra italiana da M. Horatio Diola, Venetia 1582, P. I, lib. I, c. 68, p. 84-85: Venne voglia a F. Ruffino di sapere, in che consisteva quell' humiltà sì grande, e di tanto merito del B. P. S. Francesco. Laonde seco ragionando gli disse. Padre mio amantissimo, vorrei che mi dicesti da dovero, in quanto conto voi vi tenete, e quello che vi pare di voi medesimo. A cui rispose il Santo. Io mi tengo d'esser veramente il maggior peccatore di questo mondo, e che manco servo Dio ch' alcun altro. E F. Ruffino di nuovo soggiunse, che ciò non poteva dir con verità, né con buona coscienza, stante che gl' altri (secondo si vedeva chiaramente) commettevano molti grandi peccati, de' quali (Dio gratia) egli era innocente. A che replicò il Santo. Se con tanta misericordia avesse il Signore favorito quei tali, come egli ha fatto me; per tristi e scellerati, che si fossero, son certo, che sarebbono stati molto più grati a Dio, che non son io, e gli harebbero servito molto meglio..... Laonde per questa tanta gratia, che mi fa, io m' accuso, e confesso, per il maggior peccatore che sia».



a S. Aug. de Corrept. et Grat. cap. 2.



4 [fonte:14-15.] Da SAINT-JURE, Erario....., Parte IV, cap. VIII, sez. X. 368.

[14-15.] S. AGOST., De corrept. et gratia, c. 2, n. 3: «Intelligenda est enim gratia Dei.... qua sola homines liberantur a malis et sine qua nullum prorsus sive cogitando, sive volendo et amando, sive agendo faciunt bonum»; PL 44, 917.



5 [15/1.] S. AGOST., De natura et gratia, c. 26, n. 29: «Sicut enim oculus corporis etiam plenissime sanus, nisi candore lucis adiutus non potest cernere: sic et homo etiam perfectissime justificatus, nisi aeterna luce ustitiae adjuvetur, recte non potest vivere»; PL 44, 261.

Pag. 52.



6 [20-22.] S. AGOST., Serm. 76, c. IV, n. 6; PL 38, 481.



7[36-37/1-6.] P. BACCI, Vita di S. Filippo Neri, lib. II, c. XVII, n. 1-2 (ed. Bologna 1686, p. 156-157).



b S. Aug. in Psal. 70.



8 [fonte:9.] Da DU SAULT, Avvisi e riflessioni...., I, c. XII, Dell' umiltà, n. IV, 220.

[9.] S. AGOST., In Ps. 70, Serm. I, n. 1: «Haec est ergo tota scientia magna, hominem scire quia ipse per se nihil est»; PL 36, 874.



c Ap. Blos. in Concl. cap. 3.



9 [fonte:23-24.] Da MANSI, Disc. XIII, n. 6; LOHNER, § XIII, n. 17.

[23-24.] L. BLOSIO, Conclave animae fidelis, Pars II, c. III, n. I, Opera, Antuerpiae 1632, p. 593.



10 [26 ss.] Lettere della Santa Madre Teresa di Gesù, tradotte dalla lingua spagnola nell' italiana da D. Orazio Quaranta.... con le annotazioni di Mons. Giovanni di Palafox, Vescovo di Osma. Nuovamente tradotte da Sigismondo Capece Romano, Part. I, Lett. XVIII, Ann. II e ss., p. 68 ss.






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