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S. Alfonso Maria de Liguori
Del gran mezzo della preghiera

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PRELIMINARE I

Dio vuol tutti salvi, e perciò Gesù Cristo è morto, per salvar tutti

Dio ama tutte le cose che ha create1: Diligis enim omnia, quae sunt, et nihil odisti eorum quae fecisti. Sap. 11. 25. L'amore non può stare ozioso: Habet omnis amor vim suam, dice S. Agostino, nec potest vacarea 2. Ond'è che l'amore porta seco necessariamente la benevolenza, sicché l'Amante non può lasciare di far bene alla persona amata, sempre che può: Amor, quae bona illi esse credit quem amat, ea studet efficere, scrisse Aristotile (I. Rethor.)3. Se dunque Dio ama tutti gli Uomini, tutti vuole per conseguenza che acquistino la salute eterna, ch'è il sommo e l'unico bene dell'Uomo, mentre questo è l'unico fine per cui gli ha creati. Habetis fructum vestrum in sanctificationem, finem vero vitam aeternam. Rom. 6. 22. Questa Dottrina che Dio voglia salvi tutti, e che per la salute di tutti sia morto Gesù Cristo, oggidì è Dottrina certa, e Cattolica della Chiesa, come dicono comunemente i Teologi, Petavio, Gonet, Gotti4, ed altri con Tournely, il quale aggiunge esser Dottrina prossima alla Fede. Onde con ragione furono condannati i Predestinaziani, che fra gli altri errori,


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come può vedersi presso il Noris, Petavio5, e più distintamente presso Tournelyb 6, diceano, che Dio non vuole salvi tutti siccome attestò Incmaro Arcivescovo di Rems nell'Epistola a Nicola I. dicendo: Veteres Praedestinatiani dixerunt, quoniam non vult Deus omnes salvos fieri, sed tantum eos qui salvantur. Questi furono condannati prima dal Concilio di Arles nel 475 dove si disse: Anathema illi qui dixerit, quod Christus non pro omnibus mortuus sit, nec omnes homines salvos esse velit7. E poi dal Concilio di Lione8 nel 490 dove fu costretto Lucido a ritrattarsi con dichiarare: Damno eum qui dicit quod Christus non mortem pro omnium salute susceperit. E così parimente nel secolo nono Odescalco9, che rinnovò lo stesso errore, fu condannato dal Concilio di Carisia, in cui nell'art. 3. fu deciso10: Deus omnes homines sine exceptione vult salvos fieri, licet non omnes salventur. E nell'art. 4.: Nullus est pro quo (Christus) passus non fuerit, licet non omnes ejus mysterio redimantur11. Lo stesso errore fu ultimamente condannato nelle Proposizioni 12 e 30 di Quesnellio. Nell'una diceasi: Quando Deus vult salvare Animam, effectus indubitabilis sequitur Voluntatem Dei. Nell'altra: Omnes quos Deus vult salvare per Christum, salvantur infallibiliter12. Queste proposizioni furono giustamente


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dannate, appunto perché significavano, che Dio non vuol salvi tutti; poiché dicendosi, che infallibilmente si salvano quelli che Dio vuol salvi, se ne deducea che Dio non voglia salvi tutti i Fedeli, e tanto meno tutti gli Uomini.

E chiaramente ciò13 fu anche espresso dal Concilio di Trento Sess. 6. cap. 2. dove si disse che Gesù Cristo è morto, Ut omnes adoptionem filiorum reciperent14. E nel cap. 3.: Verum, etsi ille pro omnibus mortuus est, non omnes tamen mortis ejus beneficium recipiunt. Dunque suppone per certo il Concilio, che il Redentore non solo è morto per gli Eletti, ma anche per coloro che non ricevono il beneficio della Redenzione per loro colpa. Né vale a dire, che con ciò il Concilio ha voluto solamente dire, che Gesù Cristo ha dato al Mondo un prezzo sufficiente a salvar tutti; poiché in questo senso potrebbe dirsi esser morto anche per li Demoni. Oltreché qui il Tridentino ha voluto riprovare l'errore de' Novatori, i quali non negavano già che 'l Sangue di Gesù Cristo era sufficiente per salvar tutti, ma diceano che in fatti non era stato sparso e dato per tutti; e questo errore ha voluto condannare il Concilio, dicendo che 'l Salvatore per tutti è morto. Di più nel cap. 6 dice, che i peccatori si dispongono alla giustificazione colla speranza in Dio per i Meriti di Gesù Cristo: In spem eriguntur, fidentes Deum sibi propter Christum propitium fore15. Or se Gesù Cristo16 non avesse applicati per tutti i Meriti della sua Passione, posto che niuno potrebbe esser certo (senza special rivelazione) d'esser del numero di coloro a' quali il Redentore avesse voluto applicare il frutto de' suoi Meriti, niun peccatore potrebbe disporsi con tale speranza, non avendo certo e sicuro fondamento (necessario alla speranza) che Dio voglia salvi tutti, e voglia perdonare tutt'i peccatori disposti per li Meriti di Gesù Cristo. E ciò, oltre l'errore già condannato in Baio17, che dicea non esser morto Gesù Cristo che per li soli eletti, è condannato anche in Giansenio nella quinta sua Proposizione: Semipelagianum est dicere, Christum pro omnibus omnino hominibus mortuum esse, aut Sanguinem fudisse18. Ed Innocenzo X. nella sua


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Costituzione dell'anno 1653 dichiarò espressamente, che 'l dire non esser morto Cristo che solamente per la salute degli Eletti, è proposizione empia, ed eretica.

Ma all'incontro così le Scritture, come tutt'i Ss. Padri ci assicurano, che Dio sinceramente con vera volontà vuol la salute di tutti, e la conversione di tutt'i peccatori, mentre vivono in questa Terra. Di ciò abbiamo primieramente il testo espresso in S. Paolo (1. im. 2. 4.): Qui omnes homines vult salvos fieri, et ad agnitionem veritatis venire. La sentenza19 dell'Apostolo è assoluta, e decretoria: Deus vult omnes homines salvos fieri. Queste parole nel lor proprio senso spiegano, che Iddio veramente vuol tutti salvi; ed è regola certa, comunemente da tutti ricevuta, che le parole della Scrittura non si debbano storcere a senso improprio, se non nel solo caso che 'l senso letterale ripugna alla Fede, o a' buoni costumi. E ciò appunto a nostro proposito volle dir S. Bonaventura, quando scrisse: Dicendum quod cum Apostolus dicat, quod Deus vult omnes homines salvos fieri, necesse habemus concedere, quod Deus velitc 20. È vero che S. Agostino, e S. Tommaso riferiscono diverse interpretazioni21, che han date alcuni a questo testo, ma amendue questi Ss. Dottori l'hanno inteso della vera volontà, che ha Dio di salvar tutti senza eccezione. E parlando, di S. Agostino, vedremo appresso che questo è stato il vero sentimento del Santo; onde S. Prospero ributta come cosa ingiuriosa al S. Dottore, il voler dire che S. Agostino abbia mai supposto, che 'l Signore non voglia sinceramente salvi tutti, e ciascuno degli Uomini; ond'esso S. Prospero, che fu il di lui fedelissimo


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Discepolo, così scrisse: Sincerissime credendum atque profitendum est, Deum velle omnes homines salvos fieri; siquidem Apostolus (cujus haec sententia est) sollicite praecipit, ut Deo pro omnibus suppliceturd 22. Quest'argomento con cui lo prova il Santo, è chiaro, mentre S. Paolo nel luogo citato prima dice così: Obsecro igitur primum omnium. fieri obsecrationes... pro omnibus hominibus. E poi soggiunge: Hoc enim bonum est et acceptum coram Salvatore nostro Deo, qui omnes homines vult salvos fieri. Dunque intanto vuol l'Apostolo che si preghi per tutti, in quanto Iddio vuol salvi tutti. E dello stesso argomento si avvalse S. Giovan Grisostomoe: Si omnes ille vult salvos. fieri, merito pro omnibus oportet orare. Si omnes Ipse salvos fieri cupit, Illius et tu concorda voluntati23. E se in qualche luogo S. Agostino, disputando contro i Semipelagiani, par che abbia tenuta diversa interpretazione del citato testo, dicendo che Dio non voglia salvo ciascuno degli Uomini, ma solamente alcuni; ben riflette il dottissimo Petavio24, che ivi il Santo ha parlato incidentemente, ma non di proposito; o pure ha parlato della grazia della volontà assoluta e vittrice, colla quale Dio vuole assolutamente alcuni salvi avendo detto il Santo di ciò parlando25: Omnipotentis voluntas semper invicta estf 26.


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Udiamo27 per altra via come concilia28 S. Tommasog la sentenza di S. Agostino con quella di S. Giovan Damasceno, il quale tiene che Dio voglia salvi tutti, e ciascuno degli Uomini colla volontà antecedente: Deus praecedenter vult omnes salvari, ut efficiat nos Bonitatis suae participes ut bonus; peccantes autem puniri vult ut justush 29. S. Agostino all'incontro in alcun luogo (come si è detto) sembra, che non voglia così. Ma S. Tommaso concilia le sentenze, e dice che S. Damasceno ha parlato della volontà di Dio antecedente, con cui veramente vuol salvi tutti, e S. Agostino ha parlato della conseguente. Viene a spiegare poi S. Tommaso nel luogo citato, quale sia questa volontà antecedente di Dio, e qual la conseguente, e dice: Voluntas antecedens est, qua (Deus) omnes homines salvos fieri vult. Consideratis autem omnibus circumstantiis personae, sic non invenitur de omnibus bonum esse quod salventur; bonum enim est eum qui se praeparat, et consentit salvari, non vero nolentem et resistentem etc. Et haec dicitur voluntas consequens, eo quod praesupponit praescientiam operum, non tanquam causam voluntatis, sed quasi rationem voliti30.

Sicché dello stesso sentimento31, che Dio veramente voglia salvi tutti, e ciascuno degli Uomini, è stato anche S. Tommaso; ed Egli lo conferma in più altri luoghi; sulle parole: Eum qui venit ad me, non ejiciam, adducendo l'autorità del Grisostomo, fa dire al Signore: Secundum Chrysostomum: Si ergo pro salute hominum incarnatus sum, quomodo debeo eos eicere? Et hoc est quod dicit: Ideo non ejicio, quia descendi de Caelo ut faciam voluntatem Patris, qui vult omnes salvos fierii. In altro luogo: Deus voluntate sua liberalissima dat (gratiam) omni praeparanti

se. I. Tim.. Qui vult omnes homines salvos fieri. Et ideo gratia Dei nulli deest, sed omnibus quantum in se est se communicatl. In oltre più espressamente lo dichiara spiegando il testo citato di S. Paolo (1 Tinl. 2, 4): Qui vult omnes homines salvos fieri; dice il S. Dottore32: In Deo salus omnium hominum secundum se considerata habet rationem ut sit volibilis, et


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sic ejus voluntas est antecedens; sed si consideretur bonum justitiae, et quod peccata puniantur, sic non vult, et haec est voluntas consequens. E qui si vede33 che l'Angelico è stato fermo nel dichiarare, che cosa intendeva Egli per volontà antecedente, e che per conseguente; poiché qui conferma lo stesso che disse già sulle Sentenze, come abbiam riferito poc'anzi. Vi aggiunge solo in questo luogo la similitudine del Mercante, che vuole antecedentemente salvar tutte le sue merci; ma sovraggiungendo la tempesta, allora non le vuole più salve, affin di salvar la sua vita. E così parimente poi dice il Santo, che Dio considerata l'iniquità di alcuni, li vuol puniti per bene della sua Giustizia, e conseguentemente non li vuole salvi; ma antecedentemente con vera volontà (in sé parlando) vuole la salute di tutti. Sicché, come prima scrisse in altro luogom, la Divina Volontà di salvar tutti da parte sua è assoluta, solamente è condizionata per parte dell'oggetto voluto, cioè se l'uomo vuol corrispondere, come richiede il retto ordine per conseguir la salute: Nec tamen (dice) est imperfectio ex parte Voluntatis Divinae, sed ex parte voliti quod non accipitur cum omnibus circumstantiis, quae exiguntur ad rectum ordinem in salutem34. E nella citata questione 19 (art. 6 ad I.) di nuovo e più distintamente dichiara l'Angelico che cosa intende per volontà antecedente, e che cosa per conseguente, dicendo così: Iudex antecedenter vult omnem hominem vivere, sed consequenter vult homicidam suspendi. Similiter Deus antecedenter vult omnem hominem salvari, sed consequenter vult quosdam damnari, secundum exigentiam suae justitiae.

Io non intendo qui di riprovar la sentenza, che vuol la predestinazione alla Gloria avanti la previsione de' meriti; dico solo che non so comprendere, come coloro, i quali voglion che Dio senza alcun riguardo a' meriti abbia eletti alcuni alla Vita eterna, ed altri esclusi, possan poi persuadersi ch'Esso voglia salvi tutti; se pur non intendano, che questa volontà di Dio non sia vera e sincera, ma più presto una volontà ipotetica, o metaforica. Non intendo, dico, come mai possa asserirsi, che Dio voglia tutti gli Uomini salvi, e partecipi della Gloria, quando da Esso la maggior parte di loro fossero stati già antecedentemente


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ad ogni loro demerito da questa Gloria esclusi. Dice Petavio in difesa della sua sentenza contraria: A che serviva, dice, l'aver dato Iddio a tutti gli Uomini il desiderio della Beatitudine eterna, quando antecedentemente ad ogni loro demerito da quella ne avesse esclusi la maggior parte? Che serviva a Gesù Cristo, il venire a salvar tutti colla sua Morte, quando già prima ne fossero stati da Dio privati tanti miserabili? A che serviva dar loro i mezzi, se prima già fossero stati esclusi dal conseguimento del fine? Che per ciò aggiunge lo stesso Petavio (e questa è una riflessione di gran peso) e dice, che se mai ciò fosse stato, dovressimo dire che quel Dio il quale ama tutte le cose da lui create, creando poi gli Uomini, non gli avrebbe tutti amati, ma per la maggior parte gli avrebbe al sommo odiati, escludendoli dalla Gloria, per la quale gli avea creati. È certo che la felicità della creatura consiste nel conseguire il fine, per cui ella è creata. È certo all'incontro, che Iddio crea tutti gli Uomini per la Vita Eterna. Or se Iddio avesse creati alcuni Uomini per la Vita eterna, e poi senza riguardo alle loro colpe gli avesse esclusi da quella, egli in crearli gli avrebbe gratis sommamente odiati, facendo loro il maggior danno che mai avesse potuto incorrere, qual'è l'esser esclusi dal conseguimento del loro fine, cioè dalla Gloria per cui erano stati creati. Non enim (son le parole di Petavio, ma raccorciate) medio quodam modo amorem inter et odium circa creaturas potest affici Deus, maxime circa homines, quos vel amat ad Vitam aeternam, vel odit ad damnationem. Est autem summum hominis malum alienari a Deo, ac reprobari. Quare, si cui Deus sempiternum vult exitium Animae, hunc non amat, sed odit odio illo, quod esse maximum potest in eo genere, quod naturalem ordinem excedit. E per quell'eterna ruina (sempiternum exitium) non intende già l'Autore la positiva dannazione, che Iddio destini ad alcuno, ma l'esclusione della Gloria, poiché in fatti, dice Tertulliano, che mai gioverebbe a noi il non averci Dio creati per l'Inferno, quando in crearci ci avesse segregati dal numero degli Eletti? giacché l'esser separato dagli Eletti importa necessariamente il perdere la salute, e dannarsi, mentre fra l'uno e l'altro non v'è mezzo. Quis erit enim (scrive Tertulliano35) exitus segregatorum? nonne amissio salutis? Quindi conclude Petavio: Quamobrem, si omnem Deus amat hominem eo affectu, qui merita illorum antecedit, non eorum odit Animam, ac proinde non summum vult illis malumn. Se dunque


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Iddio ama tutti gli Uomini, com'è certo, dobbiamo tenere che tutti voglia salvi, e che niuno mai abbia odiato a tal segno, che gli abbia voluto questo gran male di escluderlo dalla Gloria, prima di prevedere i suoi demeriti.

Dico non però, e replico sempre, ch'io nol so intendere; poiché del resto, essendo questo affare della Predestinazione un arcanoprofondo, che fe' dire all'Apostolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei, quam incomprehensibilia sunt judicia ejus, et investigabiles viae ejus! Quis enim cognovit sensum Domini? Rom. 11. 33. Dobbiamo sottometterci al volere del Signore, che ha voluto lasciar nella Chiesa oscuro questo mistero, acciocché tutti ci umiliamo sotto gli alti giudizi della sua Divina Provvidenza. Tanto più che la Divina Grazia per cui solamente può acquistarsi dagli Uomini la Vita eterna, questa senza dubbio si dispensa più o meno abbondantemente da Dio affatto gratis, e senza alcun riguardo a' nostri meriti. Ond'è che per salvarci sempre sarà necessario che ci buttiamo nelle braccia della Divina Misericordia, affinché ci assista colla sua Grazia ad acquistar la salute, confidando sempre nelle sue infallibili promesse di esaudire e salvar chi lo prega.

Ma ritorniamo36 al nostro Punto, che Dio con sincera volontà voglia

salvi tutti. Vediamo gli altri testi, che comprovano lo stesso. Dice il Signore per Ezechiele (33. 1l.): Vivo ego, dicit Dominus: Nolo mortem impii, sed ut convertatur a via sua, et vivat. Non solo37 dice che non vuole la morte, ma che vuole la vita del peccatore: e giura, come osserva Tertulliano, per essere in ciò più facilmente creduto: Jurans etiam, Vivo dicens, cupit sibi credio 38.

Di più dice Davide: Quoniam ira in indignatione ejus, et vita in voluntate ejus. Psalm. 29. 6. Se egli ci castiga, lo fa perché i nostri peccati lo provocano a sdegno, ma in quanto alla sua volontà, Egli non vuole la nostra morte, ma la vita: Et vita in voluntate ejus. S. Basilio39 spiegando appunto questo testo, dice: Et vita in voluntate ejus. Quid ergo dicit? nimirum quod vult Deus omnes vitae fieri participes. Di più dice lo stesso Profeta: Deus noster, Deus salvos faciendi: et Domini Domini exitus mortis.


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Ps. 67. 21. Commenta il Bellarrmino: Hoc est Illi proprium, haec est ejus natura, Deus noster est Deus salvans, et Dei nostri sunt exitus mortis, id est liberatio a morte40. Sicché è proprio, ed è natura di Dio il salvar tutti, e liberar tutti dalla morte eterna.

Di più41 dice il Signore: Venite ad me omnes, qui laboratis, et onerati estis, et ego reficiam vos. Matth. 11. 28. Se chiama tutti alla salute, dunque ha vera volontà di salvar tutti. Di più dice S. Pietro: Nolens aliquos perire, sed omnes ad poenitentiam reverti.. Petr. 3. 9. Non vuole la dannazione d'alcuno, ma vuole che tutti (omnes) facciano penitenza, e con o quella si salvino42.

Di più dice il Signore: Sto ad ostium et pulso, si quis aperuerit, intrabo. Apoc. 3. 20. Quare moriemini domus Israel? revertimini, et vivite. Ez. 18. 31. Quid est quod debui ultra facere vineae meae et non feci? Isa.. 4. Quoties volui congregare filios suos, quemadmodum gallina congregat pullos suos sub alas, et noluisti? Matth. 23. 38. Come potrebbe dire il Signore43, ch'Egli sta a battere i cuori di noi peccatori? come esortarci tanto a ritornare alle sue braccia? come rimproverarci, dicendo che cosa io dovea più fare per salvarvi? come dire di aver voluto accoglierci come figli, se Egli non avesse vera volontà di salvar tutti? Di più narra S. Luca che Gesù Cristo mirando da lontano Gerusalemme, e considerando la perdita di quel Popolo per cagione del loro peccato, videns civitatem flevit super illam. Luc. 19. 41. Perché mai pianse allora, dice Teofilatto44 col Grisostomo, in vedere la ruina degli Ebrei, se non perché veramente desiderava la loro salute? Or come poi, dopo tante attestazioni del

Signore, con cui si palesa la volontà che ha di veder salvi tutti, può mai dirsi che Dio non voglia la salvezza di tutti? Quod si ista (riprende a dire Petavio)p Scripturae loca, quibus hanc suam voluntatem, tam illustribus ac saepe repetitis sententiis, imo lacrymis, ac jurejurando testatus est Deus, calumniari licet, et in contrarium detorquere sensum, ut (praeter paucos) Genus humanum45 omne perdere statuerit, nec eorum servandorum


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voluntatem habuerit, quid est adeo disertum in Fidei decretis, quod simili ab injuria et cavillatione tutum esse possit? Il dire che Dio non voglia veramente salvi tutti, dice questo grande Autore, è un'ingiuria, e cavillo contro i più chiari Decreti della Fede. E 'l Cardinal Sfondratiq 46 aggiunge: Plane qui aliter sentiant, nescio an ex Deo vero Deum scenicum faciant, quales sint qui Reges in Theatro se fingunt, cum tamen nihil minus quam Reges sint.

Questa verità poi, che Dio voglia salvi tutti, vien confermata comunemente da' Ss. Padri. Non si dubita, che in ciò tutti i Padri Greci sono stati uniformi, in dire che Iddio voglia salvi tutti, e ciascuno degli Uomini; così S. Giustino, S. Basilio, S. Gregorio, S. Cirillo, S. Metodio, S. Grisostomo, tutti rapportati da Petavio47. Ma vediamo quel che ne dicono anche i Padri Latini. S. Girolamor 48: Vult (Deus) salvare omnes, sed quia nullus absque propria voluntate salvatur, vult nos bonum velle, ut cum voluerimus, velit in nobis et Ipse suum implere consilium49. Ed in altro luogos: Voluit itaque Deus salvare cupientes; et provocavit ad salutem, ut voluntas haberet praemium sed illi credere noluerunt. S. Ilariot 50: Omnes homines Deus salvos fieri velit, et non eos tantum qui ad Sanctorum numerum pertinebunt, sed omnes omnino, ut nullas habeat exceptiones. S. Paolinou 51: Omnibus dicit Christus venite ad me etc. omnem enim (quantum in Ipso est) hominem salvum fieri vult, qui fecit omnes. S. Ambrogiov 52: Etiam circa


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impios suam ostendere debuit voluntatem, et ideo nec proditurum debuit praeterire, ut adverterent omnes, quod in electionem etiam proditoris sui salvandorum omnium insigne praetendit... et, quod in Deo fuit, ostendit omnibus, quod omnes voluit liberare. L'Autore dell'Opera53, che porta il titolo di commenti di S. Ambrogio54 (e si crede essere d'Ilario Diacono come scrive Petavio), parlando sul testo di S. Paolo, Qui vult omnes homines etc. dimanda così: Ma giacché Dio vuol salvi tutti, essendo Egli onnipotente, perché tanti non si salvano? E risponde: Vult illos salvari, si et ipsi velint, nam utique qui legem dedit, neminem exclusit a salute... haec medicina non proficit invitisz. Dice che 'l Signore non ha per altro escluso alcuno dalla Gloria, e dona la grazia a tutti per salvarli, ma con condizione se voglion corrispondere, poiché la sua grazia non giova a chi la rifiuta. S. Grisostomox similmente dimanda55: Cur igitur non omnes salvi fiunt, si vult (Deus) omnes salvos esse?E risponde: Quoniam non omnium voluntas illius voluntatem sequitur, porro ipse neminem cogit56. S. Agostinoaa: Vult Deus omnes homines salvos fieri, non sic tamen ut eis liberum adimat arbitrium57. E lo stesso sente S. Agostino in più altri luoghi, che appresso tra poco riferiremo.

Che Gesù Cristo poi sia morto per tutti, e per ciascuno degli Uomini, anch'è chiaro, così dalle Scritture, come da quel che ne dicono i Ss. Padri. Grande certamente fu la ruina, che cagionò il peccato di Adamo a tutto il Genere umano: ma Gesù Cristo colla grazia della Redenzione riparò tutt'i danni apportati a noi da Adamo. Onde ci dichiarò il Tridentino (Sess. 5. in Decr. de pecc. orig. cap. 5.) che il battesimo rende l'Anime pure ed immacolate; e che il fomite che in esse rimane, non resta per loro danno, ma per far loro acquistare una corona più grande, se resistono a non consentirvi: In Renatis enim58 nihil odit Deus... innocentes, immaculati, puri, ac Deo dilecti effecti sunt etc. Manere


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autem in Baptizatis concupiscentiam vel fomitem, haec Sancta Synodus fatetur et sentit: quae cum ad agonem relicta sit, nocere non consentientibus non valet quinimo, qui legitime certaverit, coronabitur. Anzi, come dice S. Leoneab 59, Ampliora adepti (sumus) per Christi gratiam, quam per Diaboli amiseramus invidiam. E stato più grande il guadagno che noi abbiam fatto per la Redenzione di Gesù Cristo, che non è stato il danno che abbiam patito per lo peccato di Adamo. E ben ciò lo dichiarò l'Apostolo dicendo: Non sicut delictum, ita et donum. Ubi autem abundavit delictum superabundavit gratia. Rom. 5. 15 et 20. E lo dichiarò lo stesso nostro salvatore: Ego veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant. Jo. 10. 10. E prima bene lo predissero Davide, ed Isaia. Davide disse: Et copiosa apud eum redemptio. Ps. 129. 7. Ed Isaia: Suscepit de manu Domini duplicia pro omnibus peccatis suis. Is. 40. 2. Sulle quali parole scrisse l'lnterprete: Deus ita dimisit Ecclesiae iniquitates per Christum, ut duplicia (id est multiplicia bona) susceperit pro poenis peccatorum quas merebaturac 60.

Or che poi il nostro Salvatore, come dissi, per tutti sia morto, e che per la salute di ciascun Uomo abbia offerta all'Eterno Padre l'opera della sua Redenzione, ce ne assicurano le Divine Scritture:Venit Filius hominis salvare quod perierat. Matth. 18. 11. Qui dedit redemptionem semet ipsum pro omnibus. 1. Tim. 2. 6. Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt, non jam sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est. 2. Cor. 5. 15. In hoc enim laboramus, et maledicimur, quia speramus in Deum vivum, qui est Salvator omnium hominum, maxime fidelium. 1. Tim. 4. 1o. Et ipse est propitiatio pro peccatis nostris; non pro nostris autem tantum, sed etiam pro totius mundi 1. Jo. 2 2. Caritas enim Christi urget nos, existimantes hoc, quoniam si unus pro omnibus mortuus est, ergo omnes mortui sunt. 2. Cor. 5. 14. E parlando solamente di questo ultimo passo, dimando come mai l'Apostolo dalla ragione, perché Gesù Cristo è morto per tutti, potrebbe dedurre che tutti erano morti, se non avesse per certo che Gesù Cristo veramente per tutti è morto? Tanto più che S. Paolo dalla stessa ragione ne deduce l'amore, che questa verità accende in noi verso il nostro Salvatore. Ma sovra tutto, a spiegare il desiderio e volontà che ha Dio di salvar tutti, vale quel che dice lo stesso Apostolo (Rom. 8 32): Qui etiam proprio Filio suo non perpecit, sed pro nobis omnibus tradidit


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illum. E fanno maggior forza le parole che sieguono: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? Se Dio ci ha donato tutto come poi dobbiam temere, che ci abbia negata l'elezione alla Gloria, colla condizione non però della nostra corrispondenza? E se ci ha donato il Figlio, dice il dotto Cardinale Sfondrati61, come ci negherà la grazia a salvarci? Hic diserte nos instruit (dice il suddetto Autore, parlando di S. Paolo) Deum nos certos facere, non negaturum minus, qui dedit majus, non negaturum gratiam ad salvandum, qui dedit Filium ut salvaremurad. Ed in verità, come S. Paolo potea dire, che Iddio donandoci il Figlio ci ha donato tutto, se avesse creduto l'Apostolo, che 'l Signore ha esclusi molti dalla Gloria, ch'è l'unico bene, e l'unico fine per cui ci ha creati? A questi stessi molti dunque il Signore ha donato tutto, e poi ha loro negato il meglio, ch'è la Beatitudine eterna, senza la quale (giacché non v'è via di mezzo) non possono essere che eternamente infelici? Se pure non vogliam dire un'altra cosa più disconvenevole, come ben riflette un altro dotto Autore62, che Dio doni a tutti la grazia a conseguir la Gloria, ma neghi poi a molti l'entrata a goderla: doni il mezzo ma neghi il fine.

Del resto tutti i santi Padri concordano in dire, che Gesù Cristo è morto per ottenere a tutti la salute eterna. S. Girolamoae 63: Christus pro omnibus mortuus est: solus inventus est, qui pro omnibus, qui erant in peccatis mortui, offerretur. S. Ambrogioaf 64: Venit (Christus) ut vulnera nostra curaret; sed quia non omnes medicinam expetunt... ideo volentes curat, non adstringit invitos. In altro luogoag 65: Omnibus opem sanitatis detulit, ut quicumque perierit, mortis suae causas sibi adscribat, qui curari noluit, cum remedium haberet. Christi autem manifesta in omnes praedicetur misericordia, qui omnes homines vult salvos fieri. Ed in altro luogo66 più chiaramenteah: Non ad unum quidem, non ad paucos, sed ad omnes testamentum suum


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scripsit Jesus, omnes scripti haeredes sumus; testamentum commune est, et jus omnium; haereditas universorum, et soliditas singulorum. Si noti, omnes scripti haeredes sumus; sicché il Redentore tutti ci ha scritti suoi eredi del Cielo. S. Leoneai 67: Sicut Christus nullum a reatu liberum reperit, ita liberandis omnibus venit. S. Agostinoal su quelle parole di S. Giovanni (cap. 3. v. 17) Non enim misit Deus Filium suum, ut judicet mundum, sed ut salvetur mundus per ipsum, dice il Santo: Ergo, quantum in Medico est, sanare venit aegrotum68. Si noti, quantum in Medico est; dunque efficacemente in quanto a Sé vuole Iddio la salute di tutti, ma non può guarire (come soggiunge S. Agostino) chi non vuol esser guarito: Sanat omnino Ille, sed non sanat invitum. Quid enim in te beatius, quam ut tanquam in manu tua vitam, sic in voluntate tua sanitatem habeas?69 Dicendo adunque il Santo, sanat, parla de' peccatori che sono infermi, ed inabili a procurare70 colle loro forze la salute: dicendo omnino, dichiara che niente manca per parte di Dio, acciocché i peccatori si sanino, e si salvino: dicendo poi, in manu tua vitam, sic in voluntate tua sanitatem habeas, dichiara che Dio con vera volontà ci vuol salvi per parte sua tutti, altrimenti non sarebbe in mano nostra l'acquistar la sanità, e la vita eterna. In altro luogoam: Qui nos tanto pretio redemit, non vult perire, nec enim emit quos perdat, sed emit quos vivificet71. Ci ha redenti tutti, per salvarci tutti. E quindi anima tutti a sperare la Beatitudine eterna con quella celebre sentenza: Erigat se humana fragilitas; non dicat, non ero beatus... Plus est quod (Christus) fecit, quam quod promisit. Quid fecit? Mortuus est pro te. Quid promisit? quod vives cum Illo72. Alcuni han voluto dire, che Gesù Cristo ha offerto il Sangue per tutti, affin di ottenere loro la grazia, ma non la salute. Ma il Petrocorense, parlando contro di costoroan,


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non può soffrire questa opinione, ed esclama: O contentiosam nugacitatem! Quomodo Dei Sapientia medium salutis voluit, et non finem salutis?73 S. Agostino in oltre, parlando contro i Giudei, dice: Agnoscitis latus quod pupugistis, quoniam et per vos, et propter vos apertum estao 74. Se Gesù Cristo non avesse veramente dato il Sangue per tutti, avrebbero potuto rispondere i Giudei a S. Agostino, esser ben vero ch'essi hanno aperto il Costato del Signore, ma non già che per essi è stato aperto.

S. Tommaso similmente75 non dubita, che Gesù Cristo sia morto per tutti, e da ciò ne deduce ch'Egli vuol salvi tuttiap: Christus Jesus est mediator Dei et hominum, non quorumdam, sed inter Deum et omnes homines, et hoc non esset, nisi vellet omnes salvare76. Ciò si conferma (come già di sopra si è detto) dalla dannazione della quinta Proposizione di Giansenio, che dicea: Semipelagianum est dicere, Christum pro omnibus hominibus mortuum esse, aut sanguinem fudisse77. Il senso di questa Proposizione, secondo il contesto dell'altre Proposizioni dannate e secondo i principi di Giansenio, è questo: Gesù Cristo non è morto per meritare a tutti le grazie sufficienti alla salute, ma solamente a' Predestinati, com'esso Giansenio l'espresse chiaramente in un luogoaq dove scrisse così: Nullo modo ejus (scil. Augustini) principiis consentaneum est, ut Christus Dominus vel pro Infidelium in infidelitate morientium, vel pro Justorum non perseverantium aeterna salute mortuum esse, et Sanguinem fudisse sentiatur78. Il contrario senso dunque Cattolico è questo: Non è semipelagiano, ma è giusto il dire, che Gesù Cristo è morto per meritare, non solo a' Predestinati, ma a tutti ed anche a' Reprobi le grazie per conseguire secondo la presente providenza la salute eterna.

In oltre, che Dio veramente dalla parte sua voglia salvi tutti, e che Gesù Cristo per la salute di tutti è morto, ce ne assicura il precetto della


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Speranza, che a tutti il Signore c'impone. La ragione è chiara. S. Paolo chiama la Speranza Cristiana Ancora dell'Anima, sicura e ferma: Qui confugimus ad tenendam propositam spem, quam sicut anchoram habemus animae tutam ac firmam. Heb. 6. 18. Or dove avressimo noi quest'ancora sicura e ferma della nostra Speranza, se non sulla verità che Dio vuol tutti salvi?Qua fiducia (dice il Petrocorense)ar 79 Divinam Misericordiam sperare poterunt homines, si certum non sit quod Deus salutem omnium eorum velit? Qua fiducia Christi mortem Deo offerre, ut indulgentiam consequantur si incertum est, an pro ipsis oblata sit? E 'l Cardinal Sfondrati dice, che se mai Dio altri avesse eletti alla Vita eterna, ed altri esclusi, noi avressimo maggior motivo di disperare, che di sperare, vedendo già in fatti, che sono molto meno gli Eletti che i Dannati. Nemo firmiter (dice il suddetto Autore) sperare posset, dum ei plura desperandi quam sperandi fundamenta suppetunt; nam multo plures sunt Reprobi, quam Electi80. E se Gesù Cristo non fosse morto per la salute di tutti, come noi potressimo aver certo fondamento di sperare la salute per li Meriti di Gesù Cristo, senza una special rivelazione? Ma S. Agostino di ciò non dubitò dicendo: Omnis namque spes, et Fidei certitudo mihi est in pretioso Sanguine Christi, qui effusus est propter nos et propter nostram salutem81. Sicché il Santo perciò mettea tutta la sua speranza nel Sangue di Gesù Cristo, perché la Fede l'assicurava che Gesù Cristo era morto per tutti. Ma ci toccherà a meglio esaminar questa ragione della Speranza nel Capo IV quando parleremo del Punto principale, cioè che la grazia della Preghiera è data a tutti.

Ma resta qui a rispondere all'opposizione, che si fa de' Bambini che si perdono, morendo prima del Battesimo, e prima dell'uso della ragione. Se Dio vuol salvi tutti (si oppone), come poi questi Fanciulli periscono senza loro colpa, giacché son essi privi d'ogni aiuto Divino a conseguir la salute eterna? Sono due le risposte, l'una più giusta dell'altra. Le restringo in breve82. Per prima si risponde che Dio colla volontà antecedente vuol tutti salvi, e perciò ha dati già i mezzi universali per salvarsi tutti; questi mezzi poi alle volte non hanno il loro effetto,


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o per ragione della propria volontà di coloro che non vogliono avvalersene, o per ragione che altri non possono avvalersene a riguardo delle cause seconde (come sono le morti naturali de' Bambini), il corso delle quali cause non è tenuto Iddio ad impedire, avendo il tutto disposto secondo i giusti giudizi della sua general Providenza; tutto ciò si raccoglie da quel che dice S. Tommasoas. Gesù Cristo ha offerto i suoi Meriti per tutti, e per tutti ha istituito il Battesimo. L'applicazione poi di questo rimedio della salute, in quanto a' Bambini che muoion prima che sian capaci di ragione, non viene già impedita per volontà

diretta di Dio, ma per volontà meramente permissiva; poiché essendo Egli Provisor generale di tutte le cose, non dee disturbare l'ordine generale per provvedere al particolare.

La seconda risposta83 si è, che non è lo stesso il non esser beato, che il perire: mentre la Beatitudine eterna è un dono tutto gratuito, onde la privazione di quella non ha ragion di pena. Molto giusta poi è la sentenza di S. Tommasoat, che i Bambini morti nella loro infanzia non hanno né pena di senso, né di danno: non di senso, dice il S. Dottore, Quia poena sensus respondet conversioni ad creaturam, et in peccato originali non est conversio ad creaturam (non essendovi colpa propria),

et ideo peccato originali non debetur poena sensus, poiché il peccato originale non importa atto. Oppongono a ciò i contrari la dottrina di S. Agostino84 il quale in alcun luogo dimostra sentire, che i Bambini sieno condannati anche alla pena di senso. Ma in altro luogo si dichiara il Santo, che in questo punto egli stava molto confuso; ecco le sue parole85: Cum ad poenam ventum est Parvulorum, magnis (mihi crede) angustiis arctor, nec quidquid respondendum penitus invenioau. Ed in altro luogo86 scrive, ben potersi dire che tali Bambini non ricevanopremiopena: Non essim timendum est, ne non potuerit esse sententia media inter praemium et supplicium cum sit vita media inter peccatum et recte factumav. E ciò assertivamente


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poi lo scrisse S. Gregorio Nazianzeno: Parvuli nec caelesti Gloria, nec suppliciis a justo Judice afficienturaz 87. E della stessa sentenza fu S. Gregorio Nisseno: Immatura mors Infantium demonstrat neque in doloribus et maestitia futuros eos, qui sic vivere desieruntax 88.

In quanto poi alla pena di danno89, quantunque i Bambini sieno esclusi dalla Gloria, nulladimeno insegna il Maestro Angelicoba, il quale su questo punto ha meglio riflettuto, che niuno si affligge della privazione di quel bene di cui non è capace; onde siccome niun Uomo Si duole di non poter volare, o di non essere Imperatore essendo persona privata, così i Bambini non si affliggono d'esser privati della Gloria di cui non sono stati mai capaci, giacché non poteano pretenderla né per li principi della Natura, né per li propri meriti. Aggiunge S. Tommaso in altro luogobb un'altra ragione di ciò, dicendo che la cognizione sovrannaturale della Gloria si ha solamente per mezzo della Fede attuale, la quale sopravanza90 ogni natural cognizione; ond'è poi, che i Bambini non possono aver pena della privazione della Gloria, mentre di quella non hanno mai avuta alcuna cognizione sovrannaturale. In oltre dice nel luogo prima citatobc, che tali Bambini, non solo non si doleranno d'esser privi della Beatitudine eterna, ma di più che goderanno

de' loro beni naturali, e goderanno in qualche modo anche di Dio, per ciò ch'importa la natural cognizione, e l'amor naturale: Immo magis gaudebunt de hoc quod participabunt multum de Divina Bonitate, et perfectionibus naturalibus. Ed appressobd soggiunge, che benché tali Bambini sieno separati da Dio per l'unione della Gloria, non però Illi conjunguntur per participationem naturalium bonorum, et ita etiam de Ipso gaudere poterunt naturali cognitione, et dilectione.




1 [fonte:4-9.] Da PETAU, De theol. dogm., I, lib. X, c. III, nn. V-VI.



a S. August. in Psalm. 121.



2 [6.] S. AGOST., In Ps. 121, n. 1; PL 37, 1618.



3 [8-9.] PETAU, loc. cit., n. V: «Amicus dicitur is qui, quae bona, et commoda illi esse credit, quem amat, ea studet efficere illius gratia», trad. libera di ARIST., Reth., I, V= Bekker, A 5, 1361 B, 36-37.



4 [16.] PETAU, loc. cit. c. III, Tit.: «Constituuntur..... capita verioris sententiae»; GONET, Clypeus theol. thom., I, Disp. IV, art. II, nessuna «nota» teol.; GOTTI, Theol.-scholastico-dogm., III in I S. Th., q. II, dub. II, § IV, n. XXVI: «est doctrina catholica»; TOURNELY, Praelect. theol., I, q. XVII, art. X, concl. X, come nel t.; «ed altri», cfr. TOURNELY, ibid. Prob. IV, 508 ss.



5 [1-2.] E. NORIS, Historia pelag., Lib. II, c. 15, Opera, I, 435 ss.; PETAU, op. cit., I, Lib. IX, c. II, n. II; TOURNELY, op. cit., III, De gratia, q. III, IIIss.



b Tournely Praelect. Theol. tom. 3. q. 3. ubi agit de Praedestinatianis pag. 109.



6 [fonte:2-5.] Da TOURNELY, op. cit., I, De Deo et divinis attributis, q. XVII, art. X, concl. III, 501-502; III, De gratia, q. III, De praedestinatianis, 116, 124.



7 [3-7.] L' Epist. di Incmaro di Reims (806 c.-882) in MANSI, Amlissima coll., XIV, 913-916 = PL 126, 44. Sul Conc. Di Arles (a. 475), J. SIRMOND, Historia praedestinatiana (Parisiis 1642), riport. in PL 53, 681-682; MANSI, VII, 1008-1009.



8 [8-10.] Il Concilio di Lione è noto soltanto attraverso un accenno di Fausto di Reij (moderna Riez, + 485), Epist. ad Leontium Episc. Arelatensem; cfr. SIRMOND, loc. cit., PL 53, 685; MANSI, loc. cit., 1011-1012. Per il resto non si sa nulla, né la data di celebrazione (quella riferita dal Tournely, 490, è certamente erronea, come appare dalla data di morte di Fausto di Reji) né gli argomenti trattati. Il testo qui riferito proviene dal Libellus emendationis del prete Lucido trasmesso ai Vescovi del Concilio di Arles; SIRMOND, loc. cit., PL 53, 684; MANSI, loc. cit., 1010; per tutto cfr. HEFELE-LECLERC, Histoire des Conciles, II (2), 212, p. 909-912.



9 [10.] Odescalco = Godescalco, Gottschalk d' Orbais (801-870 c.).



10 [fonte:10-14.] Ad litt. da TOURNELY, op. cit., I, 502-503.



11 [11-14.] Concilium I apud Carisiacum (Quiersy, a. 849) in quo Gothescalcus iterum damnatur. Capitula quatuor contra praedestinatianos, nn. 3-4; MANSI, op. cit., XIV, 919-921; cfr. HEFELE-LECLERC, op. cit., IV (1), 444, p. 150 ss.



12 [15-18.] Clemente XI, Const. dogm. «Unigenitus» (1713), DBU, n. 136, 1380.



13 [fonte:5-21.] Da TOURNELY, loc. cit.



14 [5-8.] DBU, nn. 794, 795.



15 [20-21.] DBU, n. 798.



16 [fonte:21-27.] (P. De SERRE), Theol. specul. et dogm. ad usum Seminarii Petrocorensis, I, lib. III, c. III, De Provid. Dei, q. IV, 277-278.



17 [28.] «l' errore condannato in Baio», manca tra le Proposizioni di Baio condannate da s. Pio V, Bulla «Ex omnibus afflictionibus» (1567); cfr. DBU, n. 1001-1079.



18 [30-31.] INNOCENZO X, Constit. «Cum occasione» (1653), DBU, n. 1096.



19 [8-17] .....venire.) La sentenza..... velit. BR agg.



c S. Bon. I. Sent. Dist. 46 a. I. q. I.



20 [fonte:15-17.] Da TOURNELY, op. cit., I, 512.

[15-17.] S. BONAV., In I Sent. Dist. 46, art. I, q. I, Resp., Opera, ed. Quaracchi, I, 820.



21 [17-18.] «diverse interpretazioni»: S. AGOST., Enchiridion, c. 103; PL 40, 280; De praedest. sanct., c. 8; PL 44, 971; De corrept. et gratia, c. 14, n. 44; c. 15, n. 47; PL 44, 943, 945. S. TOM., In I ad Tim, 2, Lect. I; I Sent. Dist. 46, q. I, a. I; Summa theol., I, q. 19, a. 6. Per la controversia posttridentina: PETAU, op. cit., I, Lib. X, c. III, nn. III-IV; ID., VI, De Incarn., Lib. XIII, cc. III-IV; GONET, op. cit., I, Disp. IV, art. II, § V; TOURNELY, op. cit., I, q. XVII, art. X, concl. III, Prob. V, 522-523; GOTTI, op. cit., III in I S. Thom., q. II, dub. I, § I, nn. IV-VI; SFONDRATI,Nodus...., P. I, n. XI, 30 ss. Per le interpretazioni di S. Agostino, dal sec. V in poi, cfr. PETAU, op.cit., VI, lib. cit, cc. V-XIII.



d S. Prosp. Resp. ad 2. obiect. Vincent.



22 [fonte:1-3.] Testo comune: TOURNELY, op. cit., I, 502; GONET, op. cit., disp. IV, art. II, § I, n. 22; PETAU, op. cit., I, lib. X, c. IV, n. VIII; SFONDRATI, op. cit., P. I, n. IV, 16; n. XI, 37; (DE SERRE), Theol. petroc., I, loc. cit., 276.

[1-3.] S. PROSPERO D' AQUIT., Resp. ad Capit, object. Vinc., c. II; PL 51, 179.



e S. Crys. in I. Tim. 2 Hom. 8.



23 [fonte:10-11.] GOTTI, III in I S. Thom. Tr. De divina volunt., q. II, dub. I, § I, n. III.

[10-11.] S. GIOV. CRISOST., In Epist. I ad Tim. 2, Hom. VII, ed. di Basilea, IV, 1197; trad. diversa in PG 62, 536.



24 [14-15.] «ben riflette il dottissimo Petavio», piuttosto, TOURNELY, loc. cit., 507. PETAU, al contrario, ritiene valida la prima interpretazione di S. Agostino, cioé, «che Dio non voglia salvo ciascuno degli uomini, ma solamente alcuni», come nel t.: De theol. dogm., I, lib. IX, c. VII, n. IX, «Augustinus.... negat, Deum velle omnes salvos fieri, sed eos tantummodo, qui praedestinati sunt ad vitam»; n. X, «contra excipit Augutinus, sic intelligendum illum esse Pauli locum, ut non omnes penitus salvos esse Deus velit, sed eos tantummodo quos justificavit»; ibid., c. XV, n. II, «Augustinus expresse, ac diserte negat, Deum omnes omnino salvos esse velle». Più moderato e con maggior risalto ai testi di S. Agostino favorevoli alla dottrina comune in VI, De Incarn., lib. XIII, c. IV, in polemica contro Calvino. Cfr. nell' ed. di Venezia 1757 la «nota» degli editori al lib. IX, c. XV, p. 363, e TOURNELY, op. cit., I, 483, 522 ss.



25 [fonte:15-18.] Da Tournely, op. cit., I, 507, «Revera....»



f S. Aug. in Enchirid. cap. 102. n. 26.



26 [18.] S. AGOST., Enchir., c. 103; PL 40, 280.



27 [fonte:1-16.] (DE SERRE), Theol. petroc., I, lib. III, De praedest., c. IV, q. II, 337; TOURNELY, ibid., 462-463.



28 [1.] Udiamo... concilia.) E così appunto concilia ND VR.



g S. Thom. I. Sent. Dist. 46. a. I.



h S. Jo. Damasc. l. 2. de Fide Ort. cap. 2.



29 [4-5.] S. GIOV. DAMASCENO, De fide orth., lib. II, c. 29, recens. lat. di H. Gravius, ed. Coloniae 1546; trad. diversa in PG 94, 970.



30 [11-16.] S. TOM., I Sent. Dist. 46, q. I, a. I.



31 [fonte:17-26.] Da TOURNELY, loc. cit., 494, 510.



i S. Thom. cap. 6. Jo. lect. 4.



l S. Thom. in cap. 12. Ep. ad Hebr. ad verba Contemplantes ne quis etc.



32 [fonte:28-29/1-2.] GONET, Clypeus...., I, disp. IV, art. I, § I, 247.



33 [fonte:2-18.] Da GONET, loc. cit.; TOURNELY, ibid., 463-464.



m S. Th. I. Sent. dist. 46. q. I. art. I. ad 2.



34 [18.]..... in salutem.) Né osta..... velle. ND VR. Testo completo sopra, INTROD., XX (2-19). 21..... suae justitiae.) Neque tamen....ND VR. Varianti e testi soppressi, sopra, INTROD., XX-XXIII.



35 [fonte:32-33.] TERTULLIANO, Adv. Marcionem, lib. IV, c. 29; PL 2, 434.



n Petav. Tom. I. lib. 10. de Praed. c. 3. n. 5.



36 [19-20.] Ma torniamo.... altri testi) Ma passiamo a vedere altri testi ND VR.



37 [fonte:21-31.] Da PETAU, loc. cit., n. IV; TOURNELY, op. cit., I, 499, 518.



o Tertull. de Poenit. cap. 4.



38 [24-25.] TERTULLIANO, De poen., c. IV; PL I, 1234.



39 [30-31.] S. BASILIO, In Ps. 29; PG 29, 314.



40 [1-3.] BELLARMINO, In Ps. 68, 22, Opera, ed. cit., VI, 258.



41 [fonte:5-15.] PETAU, ibid., c. III, n. VI; c. XV, nn. I, II; TOURNELY, ibid., 499-500.



42 [10.] si salvino.) E che mai gioverebbe..... amissio salutis? ND VR come a p. 84 [28-33.]



43 [fonte:15-24.] Da PETAU, ibid., c. XV, n. III.



44 [22.] TEOFILATTO, In Matth., 23, 37; PG 123, 406; S. GIOV. CRISOST., Hom. 74 (al. 75) in Matth., n. 3; PG 58, 682.



p Petav. to. I. l. 10. c. 15. n. 5.



45 [27-30/1-2.] PETAU, loc. cit., n. V.



q Nodus Praedest. part. I. § I.



46 [4-7.] SFONDRATI, op. cit., Part. I, § I, 11.



47 [fonte:12.] «rapportati da Petavio», op. cit., I, lib. X, c. IV, nn. III-IV: s. GIUSTINO, s. Basilio, s. Metodio, s. Giov. Crisost.; VI., lib. XIII, De Incarn., cc. I-II: s. Greg. Naz., s. Cirillo di Gerus.

[12.] Citazioni del Petau: s. GIUSTINO, De resurr., Fragm., n. 8; PG 8, 1580; s. BASILIO, In Ps. 29; PG 29, 314; s. GREG. NAZ., Or. 33 (al. 25), n. 9; PG 36, 226; s. CIRILLO DI GERUS, Cathec., 18, n. 31; PG 33, 1051-1054; s. METODIO, ap. Oecumenium, In epist. ad Rom., c. 9; PG 118, 515; s. GIOV. CRISOST., Hom. ad eos qui ipsum reprehendebant ob proemiorum prolixitatem, n. 6; PG 51, 144.



r S. Hier. Comment. in cap. I. Ep. ad Ephes.



48 [fonte:13.] S. Girol., da TOURNELY, I, 518; PETAU, I, lib. X, c. IV, n. IV.



49 [13-21/ 1-4.] S. GIROL., In epist. ad Ephes., I, II; PL 26, 455; IS., In Is., 63, 8; PL 24, 615. Testo di «S. Ilario»: GOTTI cita «Hilarius» (=Arelantensis) come nell' ed. di Lovanio, VII, 544, e in quella dei Maurini, II, Epist. 226, delle opere di s. Agost.; s.A. crede che si tratti di s. Ilario (di Poitiers); autore dell' Epist. è un Hilarius gallus (sec. V, cfr. DEKKERS, Clavis, n. 262) probabilmente laico; tra le opere di s. Agost., Hilarii epist. ad August., n. 7; PL 33, 1010. S. PAOLINO DI NOLA, Epist. 24 ad Severum, n. 9; PL 61, 291; S. AMBROGIO, De paradiso, c. 8, n. 39; PL 14, 292.



s Idem in cap. 63. Isaiae.



t S. Hilar. Epist. ad August.



50 [fonte:17.] S. Ilario, da GOTTI, op. cit., III in I S. Thom., q. II, dub. I, § II, n. 16, p. 163.



u S. Paulin. Epist. 24. ad Severum num. 9.



51 [fonte:19.] S. Paolino, TOURNELY, loc. cit.



v S. Ambr. de libr. Paradisi cap. 8.



52 [fonte:20.] S. Ambrogio, da PETAU, loc. cit., n. VI.



53 [fonte:4-17.] Da PETAU, loc. cit., c. IV, nn. V, VII.



54 [8-10.] Ps.-s. AMBROGIO (Ambrosiaster?, DEKKERS, Clavis, n. 184), In I ad Tim., 2, 1-4: «Vult illos salvari, si et ipsi velint. Nam utique qui legem omnibus dedit, nullum excepit a salute.... haec medicina non est corporalis, sed spiritualis, quae neque dubiis proficit, neque invitis»; PL 17, 466.



z Apud Petav. loc. cit.



x S. Chrysost. Homil. 44 de longitud. prosem.



55 [13.] similmente dimanda) ND VR om.



56 [13-16.] S. GIOV. CRISOST., Hom. cit., n. 6; PG 51, 144.



aa S. Aug. de Spirit. et litt. cap. 3.



57 [16-17.] S. AGOST., De spiritu et litt., c. 33, n. 58; PL 44, 238.



58 [27-28/1-3.] DBU, n. 792.



ab S. Leo Serm. I. de Ascens.



59 [3-5.] S. LEONE M., Sermo I de Ascensione (s. 73, al. 71); PL 54, 396.



ac Apud Corn. a Lapide in loco cit. Isaiae.



60 [13-15.] CORN. A LAPIDE, In Is., 40, 2.



61 [6-8.] Cit. gen., SFONDRATI, op. cit., P. I, § I, n. 2, p. 125; cfr. p. 17, 146.



ad Nod. praedest. vide p. I. § 2. n. I.



62 [16.] (DE SERRE), Theol..... ad usum sem. petroc., I, lib. III, c. III, q. IV, 276.



ae S. Hier. Comment. in 2. ad Cor. cap. 5.



63 [fonte:20-22.] Da TOURNELY, op. cit., I, 504.

 [20.] S. GIROL., In 2 ad Cor., 5: «Solus inventus est, qui ut immaculata hostia pro omnibus, qui...», PL 30, 785.



af S. Ambr. in Ps. 72.



64 [fonte:22-28/1-2.] PETAU, op. cit., I, lib. X, c. IV, n. VI-VII.

 [22.] S. AMBROGIO, In Ps 82, Opera, 5 voll., Romae 1580-1585, IV, 852 = De interpellatione Job et David, lib. IV, c. II, n. 4; PL 14, 839, CSEL 32 (2), 251.



ag Idem lib. 2. de Abel cap. 3.



65 [24.] ID., De Cain et Abel, lib. II, c. III, n. II; PL 14, 346, CSEL 32 (I), 388.



66 [28/1-2.] ID., In Ps. 118, III, ed. Romae, II, 1005 = PL 15, 1408.



ah Idem in Psalm. 118. v. 111.



ai S. Leo. Serm. I. de Nativ. Dom. c. I.



67 [fonte:4-5.] PETAU, VI, lib. XIII, De Incarn., c. II, n. XIII; SFONDRATI, op. cit., P. I, § I, n. III, 16; GONET, Clypeus, I, 450.

[4-5.] S. LEONE M., Sermo I De Nativ. Dom., c. I; PL 54, 197.



al S. Aug. tr. 12. in Jo. circa fin.



68 [fonte:7-8.] Da SFONDRATI, loc; cit., n. XI, 32; cfr. PETAU, I, lib. X, c. V., n. VI.

[7-8.] S. AGOST., In Jo., Tr. 12, c. 3, n. 12; PL 35, 1490.



69 [fonte:10-12.] SFONDRATI, ibid., 32-33.

[10-12.] ID., In Ps. 102, n. 6; PL 37, 1320.



70 [13.] procurare) procurarsi ND VR.



am Idem Serm. 109. de Temp.



71 [fonte:19-20.] ID., ibid., n. VI, 24.

[19-20.] ID., Sermo 22 (al. 109 De tempore), n. 9; PL 38, 153-154.



72 [fonte:22-24.] ID. ibid., n. IV, 18; cfr. DE SERRE, op. cit., I, 279; GONET, op. cit., I, 251.

[22-24.] ID., In Ps. 148, n. 8; PL 37, 1941, t. sunteggiato.



an Petrocor. tom. I. lib. 3. cap. 4.



73 [1-2.] DE SERRE, op. cit., I, lib. III, c. III, q. IV, 276.



ao S. Aug. lib. 2. de Symb. ad Cat. cap. 8.



74 [fonte:3-4.] Testo comune: SFONDRATI, op. cit., 17; GONET, op. cit., I, 250; DE SERRE, op. cit., I, 275; GOTTI, III in I S. Th. 172.

[3-4.] Ps.-s. AGOST. (ma QUODVULTDEUS episc. carthag., DEKKERS, Clavis, 401), Sermo I ad cat. (al. lib. II), n. 8; PL 40, 647.



75 [8.] similmente) pure ND VR.



ap S. Thom. ad I. Tim. 2. Lect. I.



76 [fonte:9-11.] SFONDRATI, ibid., 44.

[9-11.] S. TOM., In I ad Tim., c. 2, lect. I.



77 [13-14.] DBU, n. 1096.



aq Jans. lib. De gratia Christi, cap. 21.



78 [fonte:19-22.] Testo comune: TOURNELY, op. cit., III, 297; FORTUN. DA BRESCIA, COrnelii Jansenii systema...., n. 165; cfr. più avanti c. III.



ar Petroc. to. I. c. 3. qu. 4.



79 [6-9.] DE SERRE, loc. cit., 278-279.



80 [12-14.] Cit. ad sensum, SFONDRATI, op. cit., P. I, § I, n. X, 30.



81 [fonte:17-19.] Da DE SERRE, op. cit., I, 280; GONET, op. cit., I, 251.     

[17-19.] Ps.-s. S. AGOST. (ma GIOV. DA FECAMP, GLORIEUX, n. 40), Liber mediationum, c. XIV; PL 40, 910.



82 [30-32/1-12.] E' l' opinione del TOURNELY, op. cit., III, 644, ripresa quasi ad litt.



as S. Thom. I. p. q. 22. a. 2. ad 2.



83 [fonte:13-29/1-4.] Da SFONDRATI, op. cit., P. I, § I, n. XXIII, 115-119.



at S. Thom. de Malo q. 5. a. 2.



84 [21.] S. AGOST., Sermo 294 (al. 14. De verbis Apost.), c. 3; PL 38, 1357; ID., Ench., c. 93; PL 40, 275; ID., Contra Julian., lib. V, c. XI, n. 44; PL 44, 809.



85 [24-26.] S. AGOST., Epist. 166 (al. 28) ad Hier., c. VI, n. 16; PL 33, 727; ID., Contra Julian., loc. cit.



au S. August. lib. 5. contra Jullian. cap. 8, et Epist. 28 ad Hieron.



86 [27-29.] ID., De lib. arb., lib. III, c. XXIII, n. 66; PL 32, 1304.



av Idem lib. 3. de lib. arb. cap. 23.



az S. Greg. Naz. Serm. in S. Lavacr.



87 [1-2.] S. GREG. NAZ., Or. 40 in sanctum Bapt., n. 23; PG 36, 390.



ax S. Greg. Nyss. de Infant.



88 [3-4.] S. GREG. NISS., De inf. qui praemature rapiuntur; PG 46, 191.



89 [fonte:5-26.] Da SFONDRATI, loc. cit.



ba S. Thom. 2. Sent. Dist. 33. q. I. a. 2.



bb Idem de Malo q. 5. a. 2.



90 [15.] sopravanza) sopravvanza VR.



bc Idem 2. Sent. dist. 33. q. I. a. 2.



bd S. Thom. loco cit. infra ad 5.






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