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S. Alfonso Maria de Liguori
Del sacrificio di Gesù Cristo

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PARTE IV -Del Canone sino al Pater noster.

I. Prima del canone il sacerdote canta la Prefazione, nella quale esorta il popolo a sollevare i cuori a Dio: Sursum corda. Il popolo risponde che già gli tiene applicati a Dio: Habemus ad Dominum. Indi ripiglia il sacerdote: Gratias agamus Domino Deo nostro; e poi dice esser giusto e salutevole il ringraziarlo per mezzo di Gesù Cristo, il quale solo può degnamente ringraziare Iddio della salute eterna, e di tanti benefici fatti agli uomini, ed anche agli angeli, che per mezzo di Gesù Cristo lo ringraziano di tutt'i doni loro dispensati; ed in fine il sacerdote prega Dio a degnarsi di ricevere le nostre lodi unite con quelle degli angeli che lodano Dio, dicendo: Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus sabaoth (Is., c. VI, vers. 3).22 E termina il Prefazio con quelle parole: Benedictus qui venit in nomine Domini, hosanna in excelsis,23 che cantarono le turbe entrando Gesù Cristo in Gerusalemme (Matth. XXI, 9).

II. Te igitur, clementissime Pater, etc. Qui comincia il canone della Messa, che il Concilio di Trento (Sess. XXII, cap. 4) chiama ab omni errore purum. E soggiunge il Concilio: Id constat ex ipsis Domini verbis, ex Apostolorum traditionibus, ac SS. Pontificum institutionibus. Questo canone fu antichissimo, ed era in uso già nel secolo IV, come scrive S. Ambrogio (L. IV, de Sacram., cap. 5).24 Nel canone il sacerdote in nome di tutta la Chiesa prega l'Eterno Padre per li meriti di Gesù Cristo ad accettare e benedire le offerte fattegli -che chiama, haec dona, haec munera, haec sancta sacrificia illibata -le quali parole riguardano non già il solo pane e vino offerto, ma per anticipazione si riferiscono al corpo e sangue di Gesù Cristo, in cui tra poco debbono quelle offerte trasmutarsi; che perciò son chiamate sacrifici illibati. Innocenzo III


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riferisce le parole haec dona illibata alla mondezza del cuore e del corpo del sacerdote, illibata quia sine cordis macula et corporis debent offerri;25 questa d'Innocenzo più presto è una riflessione spirituale e mistica, ma la spiega propria è quella di prima.

Si offerisce poi il sagrificio primieramente per la Chiesa Cattolica, pregando Dio che la conservi in pace, la custodisca, la raduni, e la governi per mezzo dei pastori, infondendo loro il suo santo spirito. Si noti che le preghiere della Chiesa nell'altare si debbono dirigere al Padre, siccome fu ordinato nel Concilio III di Cartagine (Can. XXIII): Cum altari assistitur, semper ad Patrem dirigatur oratio.26 Non già perché da quell'orazione siano escluse le altre divine persone, ma perché tutte son considerate nella stessa persona del Padre loro primo principio, da cui procedono: e perciò costuma la Chiesa di pregare il Padre, col Figlio, nello Spirito Santo.

III. Nel primo Memento il sacerdote -memento, Domine, famulorum famularumque tuarum etc. -prima raccomanda tutt'i soggetti particolari che vuol raccomandare, e poi raccomanda gli assistenti alla Messa che offeriscono quel sacrificio col sacerdote, e tutt'i loro parenti ed amici. Sulle parole, pro quibus tibi offerimus, vel qui tibi offerunt, si noti che la particola vel talvolta non si prende per disgiuntiva, ma copulativa, com'è probabile che qui si prenda, con S. Gregorio,27 vedi Lamb. (cap. XIII, § 1).28 Altro poi è sagrificare, il che s'appartiene al solo sacerdote; altro l'offerire, che possono fare tutti gli assistenti. -Si dice, quorum tibi fides cognita est etc., per farci intendere, che per partecipare il frutto del sacrificio vi bisogna la fede e la divozione, che nasce dalla carità. -Si dice, pro redemptione animarum suarum; il primo effetto del sacrificio della croce che si applica a noi col sacrificio dell'Eucaristia,


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è la liberazione dalla potestà del demonio. -Dicesi, pro spe salutis et incolumitatis suae; queste parole comprendono tutte le grazie spirituali e temporali che Dio dispensa per mezzo di questo sacrificio, col quale solamente possiamo rendere a Dio le grazie che gli dobbiamo.

IV. Communicantes et memoriam venerantes etc. Questa preghiera si fa come per entrare nella comunione colla Chiesa trionfante; e perciò si onora in primo luogo la memoria della divina Madre, poi degli apostoli, indi de' martiri e di tutti i santi, per li meriti ed intercessione de' quali si domanda a Dio la protezione in tutti i nostri bisogni; poiché tutti noi viatori facciamo un solo corpo coi santi, e collo stesso spirito offeriamo a Dio con essi il medesimo sacrificio.

V. Hanc igitur oblationem etc. Indi il sacerdote stende le mani sopra del pane e del vino, e prega Dio per li meriti di Gesù Cristo che ci ha redenti dalla podestà del demonio di ricever quest'offerta della servitù nostra e di tutta la di lui famiglia, di farci godere la pace in questa vita, di liberarci dall'inferno, e di metterci nel numero degli eletti: Et in electorum tuorum iubeas grege numerari. Spiega queste parole Estio: Non petimus immutari Dei propositum, sed causam pro effectum ponimus, orantes ut Deus nos ad se convertat, atque ad aeternam felicitatem perducat, qui sunt effectus praedestinationis.29 Nell'antica legge il ministro nell'offerire il sacrificio ponea le mani sulla vittima, per significare che siccome quell'animale tra breve dovea perder la vita coll'immolazione, così il ministro offeriva a Dio la sua vita; e con questo spirito di sacrificio deve ogni sacerdote in questa cerimonia offerire a Dio se stesso, ponendo le mani sopra l'oblata.

VI. Quam oblationem tu Deus in omnibus quaesumus benedictam (+), adscriptam (+), ratam (+), rationabilem, acceptabilemque facere digneris; ut nobis corpus (+), et sanguis (+) fiat dilectissimi filii tui Domini nostri Iesu Christi. Si dice, facere


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digneris benedictam, e per tal benedizione sia cambiata quella oblazione del pane e del vino in corpo e sangue di Gesù Cristo. Adscriptam, cioè una vittima separata da ogni uso profano e tutta consagrata alla divina Maestà. Ratam, cioè ratificata come un perfetto sacrificio. Rationabilem, il che allude a quel che scrive S. Paolo: Ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam, Deo placentem, rationabile obsequium vestrum (Rom. XII, 1). Acceptabilem, cioè tutta degna di essere accettata e gradita, a differenza delle vittime ed oblazioni antiche degli ebrei, che non bastavano a placare lo sdegno divino contra i peccatori. Sulle parole poi, ut nobis corpus et sanguis fiat etc. spiega S. Tommaso che ciò non s'intende, ut consecratio impleatur, sed ut nobis fiat fructuosa.30

VII. Qui pridie quam pateretur, accepit panem etc. Qui il sacerdote, rinnovando la memoria della Passione di Gesù Cristo, narra ciò ch'egli fece nel giorno precedente alla sua morte, istituendo il Sacramento e 'l sacrificio del suo corpo e sangue. Indi il sacerdote fa lo stesso che fece il Salvatore, e dicendo le parole che Gesù Cristo disse, consagra, come scrisse S. Ambrogio, non suis sermonibus, sed utitur sermonibus Christi.31

VIII. La forma poi della consacrazione del pane è presa da S. Matteo: Hoc est corpus meum (Cap. XXVI, v. 26). Queste parole non han bisogno di spiegazione, poiché elle stesse dichiarano quel che si fa, cioè che il pane si converte in corpo di Gesù Cristo.

IX. La forma poi del calice che si pronunzia nella Messa con queste parole: Hic est enim calix sanguinis mei, novi et aeterni testamenti, mysterium fidei, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum, si è presa dalla Chiesa


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da diversi testi de' Vangeli, parte di S. Luca: Hic est calix, novum testamentum in sanguine meo, qui pro vobis fundetur (Luc. XXII, 20); parte da S. Matteo: Hic est enim sanguis meus novi testamenti, qui pro multis effundetur in remissionem peccatorum (Matth. XXVI, 28). La parola aeterni si ha da S. Paolo: In sanguine testamenti aeterni (Hebr. XIII, 20). Le parole poi: Et mysterium fidei, dice il Catechismo Romano che ci vengono insegnate dalla santa tradizione, custode delle verità cattoliche.32 Queste parole mysterium fidei; non escludono che il sangue sia vero sangue di Cristo; dicesi mistero di fede, per dinotare che in questo mistero mirabilmente risplende la fede, e vince tutte le difficoltà che oppone la ragione umana: Quoniam aliud ibi creditur, aliud cernitur scrisse Innoc. III.33 Indi soggiunge: Credimus quod formam verborum -sicut in canone reperitur- a Christo Apostoli, et ab ipsis acceperint successores.34 Dice di più il Catechismo che le parole si debbono intender così: Questo è il mio sangue che si contiene in questo calice del nuovo Testamento; il che sta aggiunto per significare, che non già si agli uomini la figura del sangue di Gesù Cristo, come si facea nel vecchio Testamento, ma realmente si il vero sangue, che appartiene al Testamento nuovo.35 -Si dice: pro vobis et pro multis, per distinguere la virtù del sangue dal frutto del sangue, poiché il sangue vale a salvar tutti, ma in quanto al frutto si salvano molti, ma non tutti, per loro difetto; o pure, come dicono i Teologi, questo sangue sufficienter basta a salvar tutti, ma efficaciter non salva tutti, ma quei soli che cooperano alla grazia, come spiega S. Tommaso36


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presso Lamb. (Cap. XV, § 3).37 Dopo si fa l'elevazione dell'ostia, come scrisse il Sassì, per comprovare la verità del mistero impugnato da Berengario, vedi Lamb. (Cap. XV, § 4).38 E della stessa verità è segno la seconda elevazione, quando si dice, omnis honor et gloria; e nello stesso tempo fu introdotto l'uso di sonar la campanella nell'elevazione dell'ostia e del calice.39

X. Haec quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis. Qui dopo le due consagrazioni il sacerdote riferisce queste parole di Gesù Cristo, con cui egli ordinò agli Apostoli ed ai loro successori di fare in sua memoria ciò c'egli fece in loro presenza. Scrive Lamb. (Cap. XV, § 3)40 che l'Angelico Maestro (3 p., q. 78, a. 3) sembra aderire a chi vuole costituirsi la forma del calice sino a quelle parole, haec quotiescumque feceritis etc., essendo le seguenti parole determinationes praedicati, cioè sanguinis Christi, e pertanto appartenendo ad integritatem eiusdem locutionis, sono de substantia formae.41 E S. Pio V


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fece togliere dal Commendario del Gaetano l'opinione contraria.42 -Indi siegue: Unde et memores, Domine, etc., colle quali parole il sacerdote fa memoria della Passione del Signore, della sua risurrezione e della di lui ascensione al cielo, ed offerisce alla divina Maestà in nome della Chiesa la vittima consagrata, che chiama ostia pura, esente da ogni peccato, santa per l'unione alla divinità nella persona del Verbo, immacolata, libera da ogni macchia, che perciò la chiama poi pane santo della vita eterna, e calice della salute perpetua; e mentre dice queste parole, benedice il pane ed il calice colla croce. Lutero mette in deriso perciò la Chiesa Romana, dicendo: Come il sacerdote benedice Gesù Cristo? la creatura benedice il Creatore. Si risponde che il sacerdote qui benedice l'ostia, non coll'autorità ed in nome suo, ma dell'Eterno Padre, che solo può benedir Gesù Cristo come uomo e come vittima. E questa fu la risposta che su tal punto diede Innocenzo III (Lib. V, cap. 3).43 S. Tommaso (P. 3, qu. 83, ad 4) un'altra risposta, e dice: Sacerdos post consecrationem non utitur crucesignatione ad benedicendum et consecrandum sed solum ad commemorandum virtutem crucis, et modum Passionis Christi, quae ad crucem est terminata.44

XI. Supra quae propitio etc. Quindi il sacerdote prega il Signore di gradire e ricevere il sacrificio come gradì i doni di Abele ed il sacrificio di Abramo, e quello di Melchisedech. In questi sacrifici di Abele, Abramo e Melchisedech, si riguarda non tanto il valore delle cose offerte, quanto la santità degli offerenti. E s'intende che se Dio ha graditi i sacrifici loro perché


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erano santi, tanto maggiormente gradisce il sacrificio del Santo dei santi, qual è Gesù Cristo. Oltreché la riflessione più propria è che la Chiesa fa menzione speciale di quei tre sacrifici, perché quelli rappresentarono eccellentemente il sacrificio di Gesù Cristo.

XII. Supplices te rogamus etc. Siegue il sacerdote a pregare sua D.M. che l'ostia consagrata sia per mano del suo santo angelo portata alla presenza di Dio, acciocché tutti quei che ricevono il corpo e sangue del suo Figliuolo, siano ripieni di ogni benedizione e grazia per li meriti di Gesù Cristo. Per l'angelo può intendersi l'angelo che presiede al sacrificio dell'altare, o pure, dice il nostro autore, può intendersi Gesù medesimo, ch'è l'Angelo Santo, chiamato per eccellenza nelle Scritture Angelo del gran consiglio.45 Ma più naturale di tutte sembra la spiega di S. Tommaso (3 p., q. 83, a. 4, ad 9): Sacerdos petit hoc pro corpore mystico, quod scil. orationes sacerdotis et populi, angelus assistens divinis mysteriis Deo repraesentet.46

XIII. Memento etiam, Domine etc. Dipoi il sacerdote prega il Signore a ricordarsi dei suoi servi, che son passati all'altra vita nel sonno della pace; e lo prega a dar loro luogo di refrigerio, di luce e di pace, per li meriti di Gesù Cristo. Quando la carità dell'anime che passano non è bastante a purificarle, supplisce il fuoco del purgatorio; e per la maggior parte supplisce la carità di Gesù Cristo per mezzo del sacrificio eucaristico, dal quale quelle anime sante ricevono gran sollievo, e spesso anche l'esser sciolte da quelle pene. Dice il Concilio di Trento: Animas in purgatorio detentas suffragiis, potissimum vero altaris sacrificio, iuvari (Sess. XXV, decr. purg.).47 E (Sess. XXII, cap. 12) dice questa essere apostolica tradizione.48


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Esorta poi S. Agostino ad offerire per tutt'i defunti, in caso che l'anime da noi raccomandate non siano capaci del suffragio.49

XIV. Nobis quoque peccatoribus etc. Qui soggiunge la Chiesa la preghiera per li peccatori, acciocché Dio si degni di farli entrare nella società dei santi per la sua divina misericordia.

XV. Questa grazia la Chiesa la domanda per li meriti di Gesù Cristo, e quindi soggiunge: Per quem haec omnia semper bona creas, chiedendo a Dio, che siccome egli ha creato per mezzo del suo Verbo il pane ed il vino, e gli ha santificati destinandoli al santo sacrificio, sanctificas; e gli ha vivificati cambiandoli da pane e vino in corpo e sangue di Gesù Cristo, vivificas; e li benedice rendendoli una sorgente di ogni benedizione per la sua Chiesa, benedicis; e finalmente gli distribuisce a' fedeli nella comunione, et praestas nobis; così ci crei, annoverandoci nel numero degli eletti, ci santifichi, separandoci dalla massa corrotta, ci vivifichi, dandoci una nuova vita di grazia in Gesù Cristo, e finalmente ci benedichi, facendoci parte del suo corpo e sangue colla santa comunione. E tutte queste grazie implora la Chiesa per ipsum, cioè per li meriti di Gesù Cristo; cum ipso, cioè unendoci al nostro Salvatore per la sua grazia; in ipso, cioè uniti al suo corpo come sue membra, poiché Dio non accetta per suo, se non chi sta unito con Gesù Cristo.




22 Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus exercituum. Is. VI, 3.



23 Benedictus qui venit in nomine Domini: hosanna in altissimis. Matth. XXI, 9.



24 S. AMBROSIUS, De Sacramentis, cap. 5, n. 21; cap. 6, n. 27, ML 16-443, 445. Cfr. LAMBERTINUS, De Sacrosancto Missae Sacrificio, lib. II, cap. XII, n. 7.



25 “Illibata dicuntur, id est, immaculata quae sine macula cordis et corporis oportet offerri, quatenus cor ab iniquitate purgetur et corpus ab immunditia”. INNOCENTIUS III Papa, De Sacro Altaris Mysterio, lib. III, cap. 3, in fine, ML 217-842.



26 LABBEUS, Sacrosanta Concilia collecta, tom. II, anno Christi 397 can. 23, Venetiis, 1728, columna 1403.



27 “Usus tamen obtinuit ut in missalibus romanis et aliis vulgatis legatur: Pro quibus tibi offerimus vel qui tibi offerunt, ubi particula disiunctiva vel usurpatur pro copulativa et, quod saepe contingit, ut non semel observavimus in nostris notis ad concordiam regularum.” MENARDUS, In Gregorii librum sacramentorum notae, n. 36, ML 78-275.



28 LAMBERTINUS, De Sacrosancto Missae sacrificio, lib. II, cap. XIII, n. 13.



29 “Decimo: orat Ecclesia Deum in canone Missae ut in electorum suorum iubeat nos grege numerari... Ad decimum... respondeo, quod eiusmodi orationibus non petimus immutari aeternum Dei propositum; sed causam pro effectu ponimus, orantes ut Deus nos vel alios ad se convertat, et in sancta conversatione confirmet, atque ad aeternam felicitatem perducat: qui sunt effectus praedestinationis.” GUILLELMUS ESTIUS, In quatuor libros Sententiarum Commentaria. In libri primi distinct. XL, paragr. 22, Neapoli, 1720, p. 131-132.



30 “Non tamen ibi videtur orare ut consecratio impleatur sed ut nobis fiat fructuosa: unde signanter dicit ut nobis corpus et sanguis fiat. Et hoc significant verba quae praemittit, dicens: Hanc oblationem facere digneris benedictam, secundum Augustinum (non secundum Augustinum, sed secundum Paschasium, lib. de Corpore et sanguine Domini, cap. XII) id est per quam benedicimur, scilicet per gratiam; adscriptam id est per quam in caelo adscribimur: ratam id est per quam a bestiali sensu exuamur; aceptabilem id est ut qui nobis ipsis displicimus, per hanc acceptabiles eius unico Filio simus” S. THOMAS AQUINAS, Summa Theologica, pars III, questio 83, art. IV, ad septimum.



31 “Ubi venitur ut conficiatur venerabile Sacramentum, iam non suis sermonibus utitur sacerdos, sed utitur sermonibus Christi.” S. AMBROSIUS, De Sacramentis, lib. IV. cap. 4, n. 14. ML 16-440.



32 “Verba autem illa: aeterni et mysterium fidei, sancta traditio catholicae veritatis interpres et custos nos docuit.” CATHECHISMUS ex Decreto SS. Concilii Tridentini ad Parochos, pars II, cap. 4, De Eucharistiae Sacramento, n. 21.



33 “Dicitur mysterium fidei quoniam aliud ibi cernitur et aliud creditur.” INNOCENTIUS III Papa, De Sacrosanto Altaris Mysterio, lib. IV, cap. 36 in fine, ML 217-880?



34 “Sane formam istam verborum ab ipso Christo acceperunt Apostoli et ab ipsis Apostolis accepit Ecclesia.” Ibid., cap. 5, col. 838.



35 “Quod vero dicitur: Hic est enim Calix Sanguinis mei, sic intelligendum est: Hic est  Sanguinis meus, qui hoc calice continetur... Sequitur deinde: Novi testamenti, quod quidem ob cam rem additum est, ut intelligeremus, Christi Domini sanguinem non figura, quemadmodum in vetere Testamento fiebat... sed vere et reipsa hominibus tradi.” CATHECHISMUS ex Decreto SS. Concilii..., pars II, cap. 4, De Eucharistiae Sacramento, n. 23.



36 “Sanguis Passionis Christi non solum habet efficaciam in Iudaeis electis, qiubus exhibitus est sanguis veteris Testamenti, sed etiam in gentilibus; nec solum in sacerdotibus qui hoc efficiunt sacramentum vel aliis qi sumunt, sed etiam in illis pro quibus offertur. Et ideo signanter dicit: pro vobis Iudaeis et pro multis scilicet gentilibus: vel pro vobis manducantibus et pro multis pro quibus offertur.” S. THOMAS AQUINAS, Summa Theol., pars III, quaestio 78, art. 3, ad octavum. - “Sanguis Christi effusus est pro omnibus quoad sufficientiam, sed pro electis tantum quoad efficaciam; et ne putaretur effusus pro Iudeis tantum electis, quibus promissio facta fuerit, ideo dicit: Vobis, qui ex Iudaeis: et Multis scilicet multitudine gentium. Vel per Apostolos, sacerdotes signat, quibus mediantibus ad alios effectus passionis per dispensationem sacramentorum pervenit, qui etiam pro seipsis et pro aliis orant. IDEM, In quartum librum Sententiarum distinctio VIII, quaestio II, articulus II, ad tertiam quaestionem ad septimum.



37 LAMBERTINUS, De Sacrosancto Missae sacrificio, lib. II, cap. 15, n. 11.



38Le Brun, tom. 2, pag. 476 ostendit... eam quae nunc fit (elevationem) post consecrationem eo esse introductam ut signum Catholicae fidei adversus Berengarii haeresim ederetur... Antonius Saxius... in epistola anno 1713 Mediolani edita p. 9 sententiam P. Le Brun amplectitur, coeptum videlicet adorari Corpus et Sanguinem Christi a Sacerdote et populo per elevationem utriusque, simul ac consecratio peracta fuerit, ut mysterii veritas, quae a Berengario impetebatur, publico hoc testimonio declaretur.” Prosp. LAMBERTINUS, De Sacrosancto Missae sacrificio, lib. II, cap. XV, n. 27.



39 “Postquam inducta est disciplina post consecrationem elevandi, quo supra diximus, Hostiam et Calicem, mos etiam invectus est pulsandi Campanulam; ut sic mentes fidelium ad orationes excitentur in decreto quodam Guillielmi Parisiensis Episcopi.” LAMBERTINUS, ibid., n. 31.



40 De  Sacrosancto Missae sacrificio, lib. II, cap. XV, n. 14.



41 “Quidam enim dixerunt quod de substantia formae huius est hoc solum quod dicitur: Hic est Calix sanguinis mei, non autem ea quae sequuntur. Sed hoc videtur inconveniens: quia ea quae sequuntur sunt quaedam determinationes praedicati, idest sanguinis Christi: unde pertinent ad integritatem locutionis. Et propter hoc sunt alii qui melius dicunt quod omnia sequentia sunt de substantia formae.” S. THOMAS AQUINAS, Summa Theol., quaestio 78, art. 3 ad Respondeo.



42 “Cum Cardinalis Caietanus in Commentariis in Summa D. Thomae contrariam amplexus sit sententiam, S. Pius V in editione Romana Operum Divi Thomae eius Cardinalis Commentarium voluit explosum.” LAMBERTINUS, De Sacrosancto Missae Sacrificio lib. II, cap. XV, n. 15.



43 Questa idea non è di Innocenzo terzo, il quale anzi a proposito delle croci di cui si parla dice chiaramente che vorrebbe che altri lo istruisse sul significato. “Quare super Eucharistiam benedictam et plenissime consecratam adhuc benedictionis signum imprimitur... Ego super hac quaestione vellem potius doceri quam docere.” INNOCENTIUS III Papa, De Sacro Altaris Mysterio , lib. II, c. II, ML 217-888. La spiegazione che dà appresso non è questa che riporta S. Alfonso. Questa idea invece la troviamo nell’anonimo francese citato: “Le benedizioni si fan dunque coll’autorità ed in nome del Padre, di cui è sacerdote e Ministro, ed il quale solo può benedire G. C... Solo Iddio è quello, che per se stesso è superiore al suo Figliuolo considerato nella qualità di vittima”. Idea del sacerdozio e del sacrificio di G. C., 269-270. - Ed francese, 1725, p. 340.



44 S. THOMAS AQUINAS, Summa Theol. III., quaestio 83, art. 5 ad quartum.



45 “Per quest’Angelo s’intende ordinariamente quello di quei Ministri celesti, che presiede alla preghiera ed al sacrificio dell’altare... Non credo con tutto ciò esservi ragione, per cui siasi proibito di riguardar questo santo Angelo come colui che rappresenta Gesù Cristo, dal quale il sacrificio è portato nel Sancta Sanctorum... Per Gesù Cristo, come per l’Angelo Santo per eccellenza... anche nominato l’Angelo del gran Consiglio.” Idea del Sacerdozio e del Sacrificio di Gesù Cristo, p. 277-278. - Ed francese, p. 350-351.



46 S. THOMAS AQUINAS, Summa Theol., quaestio 78, a. 4, ad nonum.



47 CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio XXV, Decretum de Purgatorio.



48 “Quare (hoc sacrificium ) non solum pro Fidelium virorum peccatis, poenis, satisfactionibus et aliis necessitatibus, sed et pro defunctis in Christo nondum ad plenum purgatis uti iuxta Apostolorum traditionem offertur.” IDEM, Sessio XXII, Decretum de Sacrificio Missae, cap. 2.



49 “Neque negandum est defunctorum animas pietate morum viventium relevari cum pro illis sacrificium mediatoris offertur, vel elemosynae in Ecclesia fiunt. Sed eis haec prosunt qui cum viverent, ut haec sibi postea possent prodesse, meruerunt.” S. AUGUSTINUS, Enchiridion sive de Fide, Spe et Charitate, cap. 110, ML 40-283.






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