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S. Alfonso Maria de Liguori
Dell'uso moderato dell'opinione probabile

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CAPITOLO I. - PRELIMINARI NECESSARJ PER LA PRESENTE CONTROVERSIA.

 

1. AFFIN di sfuggire le ambiguità e gli equivoci, bisogna distinguere più cose in questa materia. È certo da una parte esser ben lecito l'uso dell'opinione probabilissima, ed è condannata la proposizione contraria, n. 8, da Alessandro VIII, che diceva: Non licet sequi opinionem vel inter probabiles probabilissimam. Dalla quale proposizione non discordano quegli autori che dicono non potersi tenere altra opinione se non quella ch'è talmente certa che escluda ogni formidine di errore. Non è tale poi la probabilissima, mentr'ella consiste tra i confini della probabilità (inter probabiles) e perciò non esclude ogni prudente formidine di esser falsa; benché la contraria non mai può stimarsi assolutamente probabile, mentre la contraria alla probabilissima non ha che una dubbia, non già tenue probabilità: e perciò la probabilissima anche si stima moralmente certa, benché largamente, non già strettamente parlando. Ho detto: dubbia, non già tenue


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probabilità, perché la probabilità tenue (propriamente parlando) non è probabilità, ma è un'apparenza vana di probabilità, che non impedisce di avere la vera certezza in contrario, parlando anche della stretta certezza morale.

 

2. All'incontro è certo ancora non esser lecito seguire l'opinione tenuamente probabile, giusta l'altra proposizione dannata, n. 3, da Innocenzo XI, che diceva: Generatim, dum probabilitate, sive intrinseca sive extrinseca, quantumvis tenui (modo a probabilitatis finibus non exeatur) confisi aliquid agimus, semper prudenter agimus. E lo stesso corre per l'opinione dubbiamente probabile o sia probabilmente probabile. Siccome neppure può seguirsi, secondo il nostro sistema, l'opinione che sta per la libertà, quando ella è molto meno probabile o è certamente meno probabile dell'opinione che sta per la legge: poiché quando l'opinione benigna apparisce certamente meno probabile è segno che la probabilità la quale assiste all'opinione più rigida è molto preponderante; ed in tal caso la legge non è più dubbia con dubbio stretto, ma è moralmente o quasi moralmente certa, e come tale ben obbliga, mentre allora è già sufficientemente proposta.

 

3. Tutta la questione dunque si riduce a vedere se sia lecito seguire l'opinione benigna


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ch'è ugualmente o quasi ugualmente probabile, che la contraria la quale sta per la legge. Si è detto: quasi ugualmente perché quando l'opinione per la libertà è poco meno probabile, allora ella stimasi ugualmente probabile, secondo il sentimento comune de' probabilisti e degli antiprobabilisti, per l'assioma generale che parum pro nihilo reputatur. Oltreché, quando la preponderanza della probabilità per la legge è molto piccola, allora facilmente può dubitarsi se tal preponderanza vi sia o no: almeno in tal caso la legge stimasi assolutamente dubbiosa con dubbio stretto, ed allora ella non obbliga, secondo il sistema che sarà appresso da noi provato.

 

4. Dee però avvertirsi che l'uso dell'opinione egualmente probabile non può esser lecito in ogni materia, quantunque la legge fosse dubbiosa. Bisogna in ciò distinguere col p. Suarez e vedere se l'opinione è circa il jus o pure è circa la stessa cosa; poiché quando l'opinione probabile è circa il jus, cioè che quell'atto non sia proibito, possiamo di quella servirci, appoggiati al principio certo riflesso (secondo appresso dimostreremo), che la legge allora è dubbia, e come dubbia non obbliga, per non esser abbastanza promulgata. Ma quando l'opinione è solamente probabile circa la stessa cosa in materia


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di fatto, per esempio che il sacramento conferito in tal modo sia valido, che la tal medicina sia utile, allora, essendo l'opinione opposta anche probabile, noi o per la virtù della religione o della giustizia o della carità, siam tenuti ad evitare l'irriverenza o il danno che da tal fatto può nascere, e perciò allora non possiamo valerci delle opinioni probabili, ma dobbiamo attenerci alle certe e sicure.

 

5. Per tal ragione giustamente fu condannata la proposizione I da Innocenzo XI, la quale diceva: Non est illicitum in sacramentis conferendis sequi opinionem probabilem de valore sacramenti, relicta tutiore, nisi id vetet lex aut conventio aut periculum gravis damni incurrendi. Hinc sententia probabili tantum utendum non est in collatione Baptismi, Ordinis sacerdotalis aut episcopalis. Onde quantunque fosse probabile e più probabile l'opinione, che il sacramento conferito in un modo fosse valido, dee sempre seguirsi l'opinione sicura che sta per lo valore del sacramento, poiché non è lecito mettere il sacramento a pericolo di restar invalido.

 

6. Niente vale poi l'argomento che dalla condanna di questa proposizione ne ricavano gli antiprobabilisti contro l'uso dell'opinione probabile in altra materia. La stessa riverenza


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(dicono essi) che si dee a' sacramenti, si dee ancora a' precetti divini; onde, se non è lecito servirsi dell'opinione probabile col pericolo di fare un sacramento nullo, neppure è lecito, seguendo un'opinione egualmente probabile, porsi a pericolo di offendere un precetto divino. Ma qui la risposta è chiara. Altro è porsi a pericolo di offendere una legge certa, altro è porsi a pericolo di offendere una legge dubbia. In quanto a' sacramenti è certa la legge, ed è certamente obbligante, che non possiamo noi metterci a pericolo probabile di fare un sacramento nullo: e perciò, trattandosi del lor valore, non possiamo valerci, se non delle opinioni sicure. Quando però in altra materia vi sono due opinioni egualmente probabili dintorno ad alcuna legge, se mai ella vi sia o no, allora la legge è dubbia, e come dubbia non obbliga come adesso si dimostrerà per più ragioni. Oltreché, col pericolo di far nullo il sacramento va sempre unito l'altro pericolo del danno de' suscipienti: il quale danno può esser grave non solo nell'amministrazione del Battesimo e dell'Ordine, come dice la proposizione, ma anche negli altri sacramenti.

 

7. Così anche giustamente fu condannata dallo stesso pontefice Innocenzo XI la propos. 2, che diceva: Probabiliter existimo


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judicem posse judicare juxta opinionem etiam minus probabilem. Mentre il giudice è tenuto a giudicare secondo la ragione che spetta a ciascuna delle parti: e se le parti avesser ragioni egualmente probabili, dee divider la roba, e non già aggiudicarla a chi vuole.

 

8. Così anche e con più ragione fu condannata dal medesimo pontefice la propos. 4, che diceva: Ab infidelitate excusabitur infidelis non credens, ductus opinione minus probabili. Poiché ciascuno, trattandosi di fede, dee abbracciare la religione più sicura, quale appunto è la cattolica, per evitare il pericolo dell'eterna dannazione: essendoché la probabilità dell'opinione non può fare che sia vera quella religione che in sé è falsa. Oltreché, l'infedele o l'eretico non può senza propria colpa avere probabilità vera della sua setta: poiché se pregasse il padre de' lumi, come è tenuto, non gli mancherebbe la luce per conoscere la vera religione. È maraviglia come gli antiprobabilisti sieguano sempre ad opporre queste proposizioni dannate, dopo che tante volte su questa materia si è loro risposto, e le risposte son troppo chiare e patenti.

 

9. Così anche è certo che il medico dee adoperare per gl'infermi le medicine sicure, e non può dar loro una medicina che


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probabilmente può giovare, ma probabilmente ancora può nuocere: perché, se in fatti ella è nociva, non può evitarsi il danno dell'infermo. E generalmente parlando, sempreché si tratta del danno di fatto del prossimo, che può avvenirgli da qualche nostra azione, noi non possiamo seguire le opinioni probabili, ma dobbiamo attenerci alle sicure: poiché è certo il jus che ha il prossimo di non esser posto a pericolo di patire un grave danno, dal quale egli non sarà esente, se quell'opinione in sé non è vera. Così io non posso scoccar la saetta contro quell'animale che probabilmente mi sembra fiera e probabilmente uomo: perché se quello è uomo, la mia probabilità non farà ch'egli eviti la morte. Così anche io non posso prender quella bevanda la quale probabilmente è innocente e probabilmente è velenosa: perché, se in verità è velenosa, la mia probabilità non mi libera dalla morte, che per legge certa io son tenuto ad evitare.

 

10. Altrimenti è poi quando la probabilità o sia il dubbio probabile si aggira circa l'esistenza d'un precetto: perché allora, quando noi operiamo colla certezza morale dell'onestà dell'azione, stiamo sicuri in coscienza; poiché allora cessa il pericolo del peccato formale, e resta il solo pericolo del peccato materiale, il quale pericolo, per sentenza


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comune de' teologi, secondo vedremo qui a poco nel seguente capitolo, non impedisce di conseguire l'eterna salute; mentre Iddio condanna i soli peccati formali, ma non già i materiali, che in verità propriamente non sono peccati, ma si chiamano peccati materiali; perché sarebbero materia di peccato, se si commettessero coll'avvertenza che sieno peccati. Non mancano però autori, benché sieno molto pochi, i quali non ammettono ignoranza invincibile ed incolpabile d'intorno a qualunque precetto naturale, ancorché oscuro e molto rimoto da' primi principj della legge di natura: onde costoro dicono che la trasgressione di qualunque cosa appartenente alla legge naturale, benché la persona l'abbia affatto ignorata o non avvertita, è sempre peccato formale. Tra questi autori è l'anonimo autore della Regola de' costumi, ed apparisce esservi ancora il p. Patuzzi, secondo egli parla nella prima risposta, come vedremo, benché nella seconda poi dice essere di ciò in dubbio. Del resto gli autori che negano l'ignoranza invincibile in qualunque precetto di jus naturale non ad altro fine la negano se non per riprovare l'uso di qualunque opinione probabile. Onde, prima d'ogni altra cosa, bisogna mettere in chiaro questo punto.

 




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