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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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DISSERTAZIONE 1. Del giudizio particolare.

 

SOMMARIO

1. È certo che ciascuno subito dopo la morte sarà giudicato nel giudizio particolare. 2. Il particolare sarà occulto, l'universale sarà pubblico: nel particolare saranno gli uomini premiati o puniti solo nell'anima, ma nell'universale anche in quanto al corpo. 3. Si prova dalle scritture, che subito dopo la morte ricevono le anime il premio o la pena. 4. Il giudizio si fa nello stesso punto in cui l'anima spira. 5. L'esame e 'l giudizio tutto si compirà nello stesso istante. 6. Si dimanda, ove si farà questo giudizio particolare? 7. Si dimanda, se questo giudizio si fa dagli angeli, o da Gesù Cristo: e se da Cristo, come uomo, o come Dio? 8. E se si fa in modo intellettuale, o reale, o sia locale? 9. Se la sentenza si proferirà da Cristo vocalmente o spiritualmente?

 

1. Statutum est hominibus semel mori, post hoc autem iudicium1. Quantunque i teologi sian divisi in esporre questo testo nel giudizio, che siegue la morte; poiché altri l'interpretano del giudizio particolare, altri dell'universale; nulladimanco non si può dubitare che ciascuno dopo la sua morte subito sarà esaminato e giudicato. Ciò costa dall'ecclesiastico, ove si dice: Facile est coram Deo in die obitus retribuere unicuique secundum vias suas.... et in fine homins denudatio operum illius2. Colle quali parole chiaramente si dimostra il giudizio particolare che si farà di ognuno immediatamente dopo la morte, e la retribuzione che gli sarà data secondo i suoi meriti. Si dice, facile est, per dinotare, che il Signore senza fatica sa premiare o punire nel giorno della morte color oche gli sono stati fedeli o infedeli. Più ss. padri poi espongono il testo citato del giudizio particolare. S. Ambrogio dice: Statutum est omnibus semel mori, et post mortem iudicabitur unusquisque iuxta merita sua3. S. Gio. Grisostomo dice: Postquam diem tuum obieris, iudicaberis et poena consequetur4. S. Gio. Damasceno dice: Cum exhalamus spiritum, quasi in libra humana opera probantur5. S. Agostino scrive: Illud rectissime creditur, iudicari animas cum de corporibus exierint6.

 

2. Sicché, oltre il giudizio universale, che si farà in fine del mondo per tutti gli uomini e gli angeli, è certo che vi è anche il giudizio particolare, col quale a ciascuno in fine di sua vita sarà stabilito il premio o la pena che colle sue opere si avrà meritati. Scrive s. Tommaso l'angelico7, che per gli uomini, in quanto sono soggetti particolari, toccherà a ciascuno in fine di sua vita un particolare giudizio; in quanto poi sono parte della comunità umana, saranno essi giudicati nella fine del mondo col giudizio universale. Né osta il dire, che facendosi il giudizio particolare, sarebbe superfluo l'universale, poiché tutti i giudizj particolari sono occulti; ma come scrive s. Agostino8, l'universale è istituito per esser pubblico, e per far conoscere a tutti la rettitudine della divina giustizia. E così anche non osta il dire che non è giusto giudicare gli uomini due volte; perché Dio non darà doppia pena per un peccatodoppia mercede per un'opera buona, ma quella pena o quella mercede che nel giudizio particolare sarò dimidiatamente assegnata, nell'universale poi sarà compita; poiché in tal modo gli empj dopo quello saranno compiutamente puniti, ed i buoni compiutamente rimunerati, così nell'anima, come nel corpo; giacché, essendo il corpo stromento dell'anima congiunto colla medesima, e parte di tutto l'uomo, vuol la giustizia, che siccome il corpo fu partecipe del piacere nel peccare, o del dolore nel patire, così sia anche partecipe della pena nel soffrire, o del premio nel godere. E perciò nella fine del mondo bisognerà, che di nuovo sieno esaminati i meriti o demeriti di ciascuno.

 

3. È falsa all'incontro l'opinione di coloro i quali dicono che le anime non saran punite nell'inferno, né premiate nel cielo, se non dopo il giudizio universale; mentre è di fede, come insegna l'angelico9 che dopo la morte le anime saranno subito confinate all'inferno, se si trovano in peccato, e subito saran collocate in cielo se si ritrovano purificate da ogni macchia. Così insegnarono già prima s. Agostino, s. Gregorio, Beda ed altri10. E di ciò ne accerta il vangelo, ove dicesi


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di quel ricco, che subito dopo la morte fu sepolto e tormentato nell'inferno: Mortuus est autem et dives, et sepultus est in inferno.... cum esset in tormentis etc.1. E del buon mendico Lazaro si dice, che subito in morte fu condotto dagli angeli in seno di Abramo: Factum est autem ut moreretur mendicus, et portaretur ab angelis in sinum Abrahae2. E sappiamo che Gesù Cristo dalla croce promise al buon ladrone: Hodie mecum eris in paradiso3.

 

4. Qui occorrono a farsi diverse dimande. Si dimanda per 1. circa il tempo, quando si fa il giudizio particolare? La comune de' teologi dice che 'l giudizio si fa nello stesso punto della morte, cioè in quell'istante in cui l'anima si separa dal corpo. Non si fa innanzi a quel punto, perché prima non è finito il tempo di meritare o demeritare; né si fa dopo l'istante della separazione, perché allora non vi è ragione di differire il giudizio, essendo l'anima già fuori dello stato della via, e perciò incapace di avere maggior premio o pena. S. Bonaventura4 stima che l'anima nell'istante della morte resta nel corpo a sentir la sentenza, ed indi è condotta al luogo che le tocca; ma la sentenza più comune vuole che l'anima subito che si divide dal corpo viene esaminata e riceve la sentenza; e quantunque sarà portata al suo luogo dopo il punto della morte, nondimeno nello stesso punto avrà la notizia della sua sentenza e dello stato che le spetta.

 

5. Sebbene poi dicano i padri ed i teologi, che in questo giudizio vi assiste l'angelo custode come avvocato, e 'l demonio come accusatore, tutto ciò nonperò si adempierò in un momento, ossia con gran celerità, come scrive s. Agostino5, mira celeritate; poiché Gesù Cristo anche secondo l'umanità ha tutta la cognizione delle opere nostre, onde non ha bisogno di tempo per discuterle, né ha bisogno di testimonj; egli ci fa sapere: Et accedam ad vos in iudicio, et ero testis velox maleficii etc.6. Come dicesse quel che si scrive in Germania: Ego sum iudex et testis7. Oltrecché in quel punto ciascuno ch'è giudicato conoscerà per opera divina in un'occhiata i suoi meriti o demeriti, come scrive s. Agostino nel luogo citato. Qui avverte s. Lorenzo Giustiniani8, che i demonj sogliono ingannare alcuni con far loro credere che già sono stati condannati all'inferno e non vi è per essi più speranza; a costoro dice doversi manifestare, che prima della morte niuno può credersi dannato o salvo; perché solo dopo la morte si la sentenza dal Signore a ciascuno secondo i suoi meriti o demeriti.

 

6. Si dimanda per 2. circa il luogo, dove si fa il giudizio (come si è detto) nello stesso istante in cui l'anima si separa dal corpo, credesi più comunemente da' dotti, che il giudizio si fa nello stesso luogo del corpo della persona che muore, senza trasferirsi altrove. Qui non vale il dire che nel farsi i giudizj il reo viene addotto al giudice, non già il giudice va a trovare il reo; poiché risponde s. Tommaso9 che se ciò dovesse osservarsi, dovrebbero le anime esser condotte prima della sentenza in cielo, ove siede Gesù Cristo, e ciò dovrebbe avverarsi anche per le anime che meritano l'inferno, come alcuno ha detto; ma questa opinione è certamente falsa. E così anche è falsa l'opinione di altri, i quali dicono che le anime son giudicate nel luogo della sorte che loro spetta, cioè nel cielo o nel purgatorio o nell'inferno; ma ciò anche è falso, perché in tal modo l'esecuzione della sentenza precederebbe alla medesima, quando per ogni ragione dee susseguire, e dopo la sentenza deve l'anima esser collocata nel luogo della sua sorte. Ma quale dunque sarà il luogo ove si farà il giudizio particolare?

 

7. La risoluzione del presente quesito dipende dal sapere, da chi si farà il giudizio particolare. Dicono alcuni teologi che Gesù Cristo faccia questo giudizio per mezzo degli angioli; e Vega scrive: Creditur Michael animarum e corporibus discedentium particulare iudicium exercere. Ma queste opinioni son poco seguite dagli altri, che credono esser Gesù Cristo l'unico giudice delle anime, come parlano le scritture. Ma il dubbio sta se la potestà di giudicare spetta a Gesù Cristo come uomo, oppure come Dio. Dice s. Tommaso colla comune de' teologi, che prima della venuta di Gesù Cristo il giudizio particolare si facea dal Verbo, come Verbo, cioè come Dio. E perché allora egli prima dell'incarnazione non aveva acquistata ancora la potestà di giudicare come uomo per sua passione, perciò esercitava i giudizj come Dio, secondo insegna s. Tommaso10. La questione dunque è per lo tempo dopo l'incarnazione;


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l'Angelico1 dice che la potestà giudiziaria conviene a Cristo come Verbo del Padre e conclude2: Sic igitur auctoritas iudicandi attribuitur Patri in quantum est principium Filii; sed ipsa ratio iudicii attribuitur Filio, qui est sapientia Patris. In modo che, come appresso soggiunge: Iudicat (Pater) omnia per Filium in quantum est sapientia eius. È certo all'incontro, che nel giudizio universale Cristo come uomo giudicherà, secondo scrive lo stesso s. Tommaso nel luogo citato, dove dice che, sebbene l'autorità principale di giudicare è in Dio, egli nondimeno, avendo sottoposte a Cristo, come al capo della chiesa, tutte le cose, ad esso appartiene secondo la natura umana la potestà di giudicare gli uomini. Ma resta la questione circa il giudizio particolare, se in quello Gesù Cristo sia giudice come figlio dell'uomo, o pure come figlio di Dio. Il cardinal Gotti inclina a dire col medesimo a Tommaso, che Cristo nel giudizio particolare giudica come Dio; ma il p. Suarez3 scrive che i teologi più probabilmente vogliono che a Cristo come uomo è stata data la potestà speciale di giudicare gli uomini; e par che ciò si provi dal testo: Quia ipse est; qui constitutus est a Deo iudex vivorum et mortuorum4. Dice Suarez che dal contesto si prova parlarsi ivi di Cristo come uomo: veramente la parola constitutus sembra che lo dichiari. Avverte nonperò che tal potestà è data a Cristo per commissione, poiché la potestà primaria di giudicare e di assegnare i premj e le pene, spetta solo a Dio.

 

8. Del resto convengono i teologi in dire, che quantunque il giudizio particolare si faccia da Cristo come uomo, nulladimeno egli non discende dal cielo ad esercitarlo; altrimenti dovrebbe Cristo esser continuamente in moto in diversi luoghi della terra a giudicare ogni uomo che muore. Onde quel che si dice dalle scritture e da' ss. padri, che nella morte viene Gesù Cristo a giudicarci, s'intende della venuta, non locale, ma intellettuale, poiché egli sarà veduto dalle anime intellettualmente, come se fosse localmente presente. Né può pensarsi che le anime, prima di esser giudicate, sieno presentate in cielo al trono di Cristo, perché sarebbe cosa contra la santità del cielo, che ivi entrasse qualche anima imbrattata di peccati; ed ancorché ella uscisse da questa vita purificata da' peccati, non potrebbe tuttavia essere ammessa in cielo se non dopo la sentenza. Sicché quando dicono i padri che le anime son condotte al trono di Dio per essere giudicate, s'intende che vi son presentate per modo intellettuale.

 

9. Dicono anche comunemente i teologi, che la sentenza non si proferirà da Gesù Cristo vocalmente, ma spiritualmente; e così anche spiritualmente sarà manifestata alle anime giudicate; poiché essendo le anime separate dal corpo, sembra più conveniente, che essendo elle in quel tempo meramente spirituali, spiritualmente si palesi loro la sentenza nello stesso punto che sarà pronunziata. Onde conclude Estio5 con s. Tommaso6 ed altri, che Gesù Cristo colla sua divina virtù imprimerà nella mente di ciascuno che sarà giudicato la sentenza che gli appartiene circa il premio o la pena; così anche tiene il p. Liberio di Gesù dotto autore7. Ecco dunque dove tutti dobbiamo andare a finire; ad esser presentati un giorno al tribunale di Gesù Cristo per essere ivi esaminati di quanto abbiamo fatto di bene o di male, e secondo i meriti o demeriti saremo giudicati: Omnes enim nos manifestari oportet ante tribunal Christi, ut referat unusquisque propria corporis prout gessit sive bonum, sive malum8.

 




1 Hebr. 9. 27.



2 Eccl. 11. 28.



3 In Hebr. 9. 27.



4 Homil. in Matth.



5 Orat. de Defunct.



6 L. 2. de Anim. c. 4.



7 Suppl. p. 3. q. 88. a. 1. ad 1.



8 De civ. Dei l. 20. c. 2.



9 In 4. dist. 47. q. 1. a. 1. ad 1.



10 S. August. l. 2. de an. c. 4. s. Greg. homil. 13. in evang.

1 Luc. 16. 22. et 23.



2 Luc. cit. n. 22.



3 Luc. 23. 43.



4 In 4. dist. 20.



5 De civ. Dei l. 20.c. 14.



6 Malach. 3. 5.



7 Ier. 29. 23.



8 De Discipl. et Perfect. Mon. etc. cap. 12.



9 Quodlib. 10. a. 2. ad 2.



10 3. Part. quaest. 59. a. 4. ad 3.

1 Loc. cit. a. 1.



2 Ivi ad 2.



3 T. 17. de incarnat. disp. 52. sect. 1.



4 Actor. 10. 42.



5 In dist. 47. §. 1.



6 Opusc. 10. a 27.



7 T. 1. de stat. an. contr. 1.



8 2. Cor. 5. 10.




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