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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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§. 1. Della verità della risurrezione.

 

1. I filosofi gentili negavano la risurrezione de' morti, perché la giudicavano impossibile. Lo stesso diceano fra gli ebrei i saducei, come abbiamo dagli atti apostolici2. Ma questa risurrezione dei corpi è uno degli articoli di fede che noi confessiamo. Si dice de' corpi, per ragione che non morendo gli uomini, se non secondo il corpo, non possono, se non secondo il corpo, risorgere. Tal verità


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poi si conferma in molti luoghi, così del testamento antico1, come del testamento nuovo2. Molte son le ragioni addotte da s. Tommaso3 congruenti a tal risurrezione; la principale a me sembra quella, ch'essendo l'ultimo fine dell'uomo la beatitudine, e non potendosi questa conseguire nel presente secolo, il Signore ha disposto che si ottenga nel futuro, dove sarà eterna; ma l'uomo non l'otterrebbe appieno, se l'anima non si unisse di nuovo col corpo; poich'essendo il corpo naturalmente parte della natura umana, l'anima divisa dal corpo sarebbe una parte dell'uomo, e non tutto l'uomo; e perciò naturalmente l'uomo desidera la perfezione compiuta della sua beatitudine, altrimenti il suo desiderio non sarebbe in tutto saziato; così l'angelico4.

 

2. Indi si fanno più dubbj. Si dimanda per I., se la risurrezione futura sarà generale di tutti gli uomini: e si risponde che sì; poiché quantunque alcuni per privilegio speciale sono già risorti anticipatamente, siccome primieramente ciò sente la chiesa della madre di Dio, secondo l'accertano s. Epifanio, s. Damasceno, lo stesso s. Tommaso e Niceforo5 con altri presso il Baronio all'anno 48, col consenso di tutti i teologi; in modo che il tenere il contrario non può scusarsi dalla nota di temerità. Lo stesso tiene poi s. Tommaso, come probabile, di s. Giovanni evangelista, e più probabilmente lo dice de' santi risorti con Cristo, di cui scrive s. Matteo: Et monumenta aperta sunt, et multa corpora sanctorum qui dormierant, surrexerunt6. E dello stesso privilegio (come dicemmo di sopra alla dissertaz 3 vers. 7) saranno onorati nella fine del mondo i santi Enoc ed Elia. Del resto, fuori di questi santi riferiti, tutti gli uomini hanno da morire e da risorgere nella fine del mondo, come scrisse s. Giovanni: Venit hora, in qua omnes qui in monumentis sunt, audient vocem Filii Dei; et procedent, qui bona fecerunt, in resurrectionem vitae; qui vero mala egerunt, in resurrectionem iudicii7. La ragione che ne adduce s. Tommaso8 è, perché la risurrezione è destinata da Dio, affinché tutti i buoni ed i mali sieno giudicati, e ciascuno riceva il premio o la pena in quanto all'anima ed al corpo, secondo i proprj meriti o demeriti.

 

3. Ma si oppone quel che sta scritto da Davide: Non resurgent impii in iudicio9. Si risponde che Davide parlò della risurrezione spirituale, secondo la quale gli empj non risorgono; onde comunemente i teologi spiegano che quel non resurgent, s'intende non resurgent ad vitam, o pure, che non consistent in iudicio, o sia non stabunt, a differenza de' giusti, i quali nel giudizio staranno costanti a domandar vendetta contro coloro che gli hanno perseguitati: Tunc stabunt in magna constantia adversus eos qui se angustiaverunt10. Gli empj all'incontro saranno da' buoni separati con molto loro scorno. Dice pertanto s. Tommaso, nel cit. art. 2, che nella risurrezione, Omnes ei (cioè a Cristo) conformabuntur in reparatione vitae naturalis, non autem in similitudine gloriae, sed soli boni; tutti gli uomini buoni e mali in quanto alla natura si conformeranno a Cristo col risorgere, ma non tutti in quanto a quel che spetta alla grazia.

 

4. Si dimanda per 2., se la risurrezione sia cosa naturale. Si risponde con s. Tommaso11 che la risurrezione de' corpi è tutta sopranaturale e miracolosa; ed in ciò son concordi comunemente i santi padri, s. Dionisio, s. Grisostomo, s. Ambrogio, s. Agostino, s. Gregorio, e tutti i teologi. La ragione si è, perché nella natura non vi è alcuna potenza attiva ad operar la risurrezione; e dice s. Tommaso12, che tolta la fede niuna ragione può dimostrare che la risurrezione sia possibile; ed in altro luogo13 prova che la causa della nostra risurrezione futura fu la risurrezione di Gesù Cristo, per la ragione che: Divina dona a Deo in homines, mediante Christi humanitate, proveniunt; sicut autem a morte spirituali liberari non possumus, nisi per donum gratiae divinitus datum, ita nec a morte corporali, nisi per resurrectionem divina virtute factam.

 

5. Si dimanda per 3., se la voce della tromba che chiamerà gli uomini a risorgere ed a comparire al giudizio (secondo quel che scrive l'apostolo: In momento, in ictu oculi, in novissima tuba, canet enim tuba, et mortui resurgent incorrupti, etc.14, sarà sensibile o intellettuale. Dice s. Tommaso15, ch'ella sarà


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sensibile, dicendo che, dovendo risorgere i corpi, bisogna che Cristo operi questa risurrezione con qualche segno comune corporeo: Oportet in resurrectione corporum, communi signo corporali dato, Christus resurrectionem operetur. E di ciò ne adduce la ragione, dicendo, che il segno dev'esser sensibile, affinché si adatti alla natura dell'uomo, che si avvale de' sensi per conoscere le cose. Dice di più, che la voce della tromba sarà la voce del nostro medesimo Salvatore.

 

6. Non vale qui il dire che questa voce non potrebbe udirsi per tutto il mondo, poiché farà il Signore, colla sua divina virtù, che per tutto si ascolti. E così neppure vale il dire che non possono i morti sentir la voce sensibile, mentre i morti non hanno i sensi; ma si risponde col p. Suarez, che lo stesso ubbidire col risorgere, è sentir la voce di Dio. Di più si risponde, che siccome le anime del purgatorio, benché non abbiamo sensi, pure Dio opera miris modis (dice s. Agostino), che sentano la pena del fuoco materiale, secondo si è provato nella dissert. 2. n. 5; così può Dio far sentire a' morti la voce sensibile. E ciò par che si uniformi a quel che dice s. Tommaso1, che questa voce, qualunque sia, avrà la virtù di risuscitare i morti, non perché sarà da essi udita, ma perché sarà proferita da Gesù Cristo: Illa vox, quidquid sit, habebit efficaciam instrumentalem ad resuscitandum, non ex hoc quod sentitur, sed ex hoc quod profertur. E ne rapporta l'esempio delle forme de' sagramenti, le quali hanno la virtù di santificare, non perché sono ascoltate da coloro che prendono il sagramento, ma perché son proferite dal ministro che lo conferisce. Non vale pur anche il dire che quella tromba non si prende propriamente come uno strumento fatto di metallo; non convenendo l'asserire che gli angeli avvagliansi di tali strumenti materiali; e pertanto quella voce non sarà sensibile: perché si risponde, che quantunque gli angeli non si servano di tromba materiale, nondimeno formeranno quella voce sensibile col dibattimento dell'aria, o di altri corpi materiali. Del resto s. Tomaso non vuol determinare, se quella sia vera voce articolata, o simile al suono di tromba, o pure (come dice) se sia la stessa presenza del giudice, dicendo, Et secundum hoc ipsa apparitio Filii Dei vox ei dicitur, avvalendosi dell'autorità di s. Gregorio che scrive: Tubam sonare nihil aliud est, quam huic mundo, ut iudicem, Filium demonstrare.

 

7. Si dimanda per 4, se dicendo poi s. Paolo: Ipse Dominus in iussu et in voce archangeli, et in tuba Dei descendet de coelo, et mortui qui in Christo sunt, resurgent primi, etc.2, si dimanda (dico), se questa voce dell'arcangelo sarà la stessa di quella del Figlio di Dio? Si risponde che quasi sarà la stessa, perché l'arcangelo la proferirà per comando di Cristo, dicendo l'apostolo, in iussu et voce archangeli. Quale poi sarà quella voce dell'arcangelo, scrive s. Tommaso3, che sarà quel detto che comunemente si attribuisce a s. Girolamo: Surgite, mortui, venite ad iudicium. Chi sarà poi quest'arcangelo, la sentenza più comune vuole che sarà s. Michele, detto per antonomasia l'arcangelo, per esser egli il principe della milizia celeste, al quale nel giudizio finale verisimilmente toccherà l'incombenza di dispensare agli angeli inferiori gli officj ch'essi allora dovranno prestare.

 

8. In questa risurrezione de' morti, secondo il divino comando, dovranno raccogliersi le ceneri de' corpi, e queste ceneri dovranno apparecchiarsi a rifare i corpi umani, acciocché da quelle si formino poi i membri e tutti i corpi. Ed in quanto a queste due operazioni, scrive s. Tommaso4 con s. Agostino e s. Gregorio, ch'elle si faranno per ministerio degli angeli, parte per loro potenza naturale, e parte per virtù divina e sovranaturale; poiché il porre in ordine allora tutti gli organi di ciascun corpo con tutte le parti che vi erano prima, per la sola divina virtù si farà; come anche il riunire le anime a' corpi sarà sola operazione di Dio, per mezzo dell'umanità di Cristo, come di sopra si disse, num. 4. I morti poi già risorti per opera degli stessi angeli saranno congregati innanzi al tribunale di Gesù Cristo, ed ivi saran divisi i buoni da' mali, i quali saran mandati al fuoco: Sic erit in consummatione saeculi; exibunt angeli, et separabunt malos de medio iustorum, et mittet eos in caminum ignis5.

 

9. Qui si dimanda per ultimo se gli angeli buoni coopereranno alla risurrezione, non solo degli eletti, ma anche de' dannati. Alcuni dicono che in quanto a' reprobi si adopreranno i demonj a raccoglier le loro ceneri, ed essi medesimi li condurranno nella valle di Giosafatte. Altri poi dicono che gli stessi angeli raccoglieranno


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le ceneri de' reprobi. Il dubbio nasce, perché dice s. Matteo (24. 31), che gli angeli congregabunt electos, e non si parla ivi de' dannati. Ciò però non ostante giudica il cardinal Gotti, essere più probabile che gli angeli custodi si adopreranno alla risurrezione de' loro clienti, non solo eletti, ma anche reprobi; e ciò affinché, siccome essi in vita furono loro ministri della divina misericordia, così nel giudizio sieno loro ministri della divina giustizia, consegnandoli a' demonj per essere puniti eternamente; questo si ricava dalle parole già riferite dello stesso s. Matteo: Exibunt angeli, et separabunt malos de medio iustorum, et mittent eos in caminum ignis1.

 




2 C. 23. vers. 8.

1 Iob. 19. 25. Tobiae 2. 18. Danielis 12. 2.



2 S. Matth. 19. 28., s. Ioan. 5. 28., s. Pauli 1. Cor. 15. et 16.



3 S. Thom. suppl. 3. p. q. 75. a. 3.



4 Qu. 75. a. 3. ad 4.



5 S. Epiphan. Haeres. 78. s. Damasc. orat. 2. de Assumpt. l. 3. c. 4. s. Thom. suppl. qu. 77. vide a. 1. arg. 2. Nicephor. l. 2. c. 23.



6 Matth. 27. 52.



7 Io. 5. 28.



8 Suppl. 3. part. quaest. 75. a. 2.



9 Ps. 1. 6.



10 Sap. 5. 1.



11 Suppl. part. 3. quaest. 75. a. 3.



12 L. c. ad 2.



13 Ib. quaest. 76. a. 1.



14 1. Cor. 15. 52.



15 Suppl. 3. part. qu. 76. a. 2.

1 Loc. cit. ad 2.



2 1. Thess. 4. 15.



3 In c. 4. ep. 1. ad Thess. lect. 2.



4 Suppl. part. 3. quaest. 76. a. 3.



5 Matth. 13. 49.

1 Matth. 13. 49. et 50.






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