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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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§. 9. Se nel giudizio ognuno conosce così l'opere sue, come degli altri, ed in qual modo?

 

42. Già notammo di sovra al §. IV. n. 24, che Gesù Cristo medesimo farà conoscere chiaramente ad ognuno ch'è giudicato, ed a tutti gli altri che assistono al giudizio, tutti i di lui meriti o demeriti, con tutte le loro circostanze. Lo stesso dice s. Tommaso21 dove fa il quesito: Utrum quilibet poterit legere omnia quae sunt in conscientia alterius? e risponde che sì, ed egli ne apporta la ragione, dicendo che in qualunque giudizio i testimonj, gli accusatori e gli avvocati debbono aver notizia di tutto quel che si tratta; e perciò in quel comune giudizio si apriranno i libri delle coscienze di tutti gli uomini, dove ognuno leggerà tutte le sue opere o buone o male, ed a tal vista uscirà la sentenza del giudice, o di vita o di morte eterna.

 

43. Ma rispetto a' giusti che sono morti in grazia, ricordandosi essi de' loro peccati, non possono non averne un sommo dolore: ma come poi ciò si accorda con


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quello che dice s. Giovanni, che nella pace beata dolor non erit ultra1? Risponde s. Tommaso2, che in questa vita chi ama Dio non può non provare un sommo dolore di averlo offeso; ma nella patria beata sarà tale il gaudio che non darà luogo all'anima del beato di avere alcuna tristezza; anzi la memoria della divina clemenza in avergli, perdonati i suoi peccati e liberato dall'inferno, accrescerà la sua gioia, come accresce l'allegrezza del soldato, la memoria de' pericoli ne' quali è stato in tempo della guerra. All'incontro i dannati niun sollievo riceveranno dalla memoria della grazia goduta, e delle buone opere un tempo fatte, anzi ciò accrescerà loro il dolore, secondo quel detto di Boezio3: Summum infortunii genus est, fuisse felicem. Il bene posseduto e poi perduto, rende il dolore della perdita più grave.

 

44. Scrive dunque s. Tommaso4 che non solo ciascuno vedrà nella sua coscienza le opere sue, ma vedrà tutte l'opere nella coscienza degli altri o buoni o mali; e ciò dice l'angelico esser necessario, acciocché ognuno conosca la giustizia del giudice, così nel premiare come nel punire. E tutto ridonderà anche a maggior onore e consolazione de' giusti nel farsi palese, che il premio che ricevono da Dio ben se l'hanno meritato coll'aiuto della divina grazia; onde dicea s. Paolo: In reliquo reposita est mihi corona iustitiae, quam reddet mihi Dominus in illa die iustus iudex5.

 

45. Qui si fa la questione, se ciascuno potrà leggere nella coscienza degli eletti tutto il male che in vita han fatto? Il maestro delle sentenze presso s. Tommaso6 tiene che i peccati cancellati colla penitenza nel giudizio non si faranno palesi agli altri; ma il s. dottore dice, esser più probabile e più comune la sentenza opposta, la quale è ancora più uniforme alle sacre scritture, che dicono: Et cuncta quae fiunt, adducet Deus in iudicium pro omni errato, sive bonum sive malum illud sit7. Nihil est opertum, quod non revelabitur etc.8. Poiché la giustizia del giudice in premiare o castigare non può appieno conoscersi dagli altri, se agli altri non son palesi ancora i meriti o demeriti de' giudicati. Aggiunge di più contro l'opinione del maestro, che se restassero occulti i peccati degli eletti, non potrebbe ben conoscersi il valore della loro penitenza; il che risulterebbe in discapito della gloria de' santi e della divina misericordia, che con tanta clemenza gli ha liberati dalla loro ruina. Né osta il dire che la pubblicazione dei peccati de' santi apporterà loro una grande erubescenza, dalla quale par che il Signore voglia liberarli; ma risponde s. Tommaso, che la pubblicazione de' loro peccati ridonderà a lor maggior gloria per la penitenza che ne han fatta. Dice poi il santo, che i peccati si tengono per cancellati, poiché Dio non li guarda più per castigarli.

 




21 Suppl. q. 87. a. 1.

1 Apoc. 21. 4.



2 Suppl. q. 87. ad 3.



3 2. de consolat.



4 Suppl. q. 87. a. 2.



5 2. ad Timoth. 4. 8.



6 L. c. eod. a. 2.



7 Eccle. 12. 14.



8 Matth. 12. 36.




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