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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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DISSERTAZIONE VIII. Dello stato de' dannati dopo il giudizio.

SOMMARIO

1. I filosofi gentili più celebri hanno ammesso il cielo, e l'inferno. 2. Si espongono le sentenze de' filosofi. 3. Favole de' campi Elisj e del Tartaro e cose simili. Scritture che ci accertano dell'inferno sta sotto la terra. 5. Errore degli Ubiquisti. 6. Si prova dal vangelo, che l'inferno sta nelle viscere della terra. §. 2. Della pena del senso. 7. Della pena del fuoco; il fuoco dell'inferno non è metaforico, ma vero fuoco materiale, e tormenta secondo le colpe. 8. Ma essendo corporeo, come crucia l'anima ch'è spirituale? e si risponde. 9. Della pena del freddo. 10. Del verme della coscienza. 11. Rimproveri de' demonj; se i demonj tormentino i dannati dopo il giudizio finale? 12. Della pena delle tenebre. 13. Della pena dell'immobilità. Se talvolta si fa vedere in terra qualche dannato? Della puzza, della strettezza, del pianto, e dello stridore de' denti. §. 3. Della pena del danno. 14. Questa pena non sarà eguale per tutti, ma corrisponderà alla misura delle colpe. 15. La pena maggiore dell'inferno sarà la separazione da Dio. 16. Dio fa il paradiso. 17. E Dio fa l'inferno, col discacciare da sé il dannato. 18. Il reprobo sarà costretto di pensare sempre a Dio perduto. 19. Seguita lo stesso punto. §. 4. Della mente, ossia de' pensieri de' dannati. 20. Di quali cose i dannati si ricorderanno nell'inferno? 21. Se i cristiani riterranno la fede nell'inferno? 22. Se i dannati vedranno mai la gloria de' beati? §. 5. Della volontà de' dannati. 23. Se ogni volontà del dannato sia


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mala? e da che nasce l'ostinazione del dannato? 24. Se i dannati bramano, che tutti si dannino? Perché il ricco dannato procurava, che i suoi fratelli non si dannassero? 25. Se i dannati si pentono de' loro peccati? 26. Se nell'inferno peccano, e meritano maggior pena? 27. Dopo il giudizio non si più luogo né a' meriti, né a' demeriti. 28. Con tutto ciò sempre peccano. 29. Perché restano ostinati nel male. 30. Se i dannati odiano Dio? 31. Se bestemmiano Dio? 32. Se vorrebbero essere annientati per non patire? §. 6. Dell'eternità delle pene de' dannati. 33. Ella è di fede contra Origene, ed altri, e non è ingiusta. 34. Ne è contra la pietà e clemenza divina. 35. La giustizia che Dio usa co' dannati conviene al bene universale del mondo. 36. I santi non pregano per gli ostinati nel male. 37. Se gli uomini misericordiosi siano esenti di andare all'inferno? 38. Se vanno all'inferno quelli che ricevono l'eucaristia? e quelli che conserveranno la fede sino alla morte? 39. Se sia vero, che s. Girolamo abbia tenuto che i cristiani dannati dopo qualche tempo saranno liberati dall'inferno? 40. Se le pene de' dannati dopo qualche tempo saranno mitigate o interrotte? E se il fuoco dell'inferno, non solo sarà esso eterno, ma in eterno tormenterà il dannato? 41. Se i dannati son puniti citra condignum, oppure iuxta condignum? Si espone la prima sentenza. 42. Si espone la seconda sentenza, che sono puniti iuxta condignum. 43. Si espongono le sentenze di s. Agostino, e di s. Tommaso.

 

1. Quantunque molti gentili sieno stati atei, pensando che l'inferno fosse una favola inventata per atterrire gli empj; nondimeno i filosofi più celebri tra' gentili, come Socrate, Senofonte, Aristotile, Platone ed altri presso Gio. Vincenzo Patuzzi1, non ha dubitato che nell'altra vita, ch'è immortale, vi è il cielo ove son premiati i buoni, e l'inferno ove puniti i malvagi.

 

2. Che vi sia Dio creatore e reggitore del tutto, è una verità che non si nega se non dagli empj più perversi, i quali, per esimersi dal gastigo, vorrebbero che non vi fosse chi potesse punire le loro iniquità. All'incontro, sapendo le genti che Dio è giusto rimuneratore, e vedendo che in questo mondo molti viziosi son prosperati, e molti virtuosi afflitti e vilipesi, comunemente tutte le nazioni son persuase che dopo questa vita mortale vi sarà un altro mondo, dove il vizio sarà castigato e la virtù premiata, com'è dovere. Tra' filosofi gentili i più celebri non han dubitato d'insegnare, esservi nell'altra vita cielo ed inferno. Scrisse Senofonte2 che Socrate dicea: Praemia manere illos qui Deo placuerint: iis autem qui deo displicent, poenas decerni. Lo stesso diceano Platone, Plutarco ed altri di cui lascio per brevità di trascrivere le sentenze; ma non posso tralasciare due belli detti di Cicerone; il primo: Neque enim assentior iis qui haec nuper asserere coeperunt, cum corporibus simul animas interire, atque omnia morte deleri. Plus ad me antiquorum auctoritas valet, vel nostrorum maiorum, qui mortuis tam religiosa iura tribuerunt.... reditum ad coelum patere optimo cuique et iustissimo expeditissimum3. Il secondo detto fu questo: Iustis quidem reditum patere ad supernam felicitatem; improbis vero devium quoddam iter esse seclusum a concilio deorum4.

 

3. Quindi dalla comune persuasione di tutte le nazioni, che dopo la presente vita deve esservi una casa di sante delizie per li buoni, ed un'altra di tormenti per li mali, ebbero origine tante favole de' poeti greci e latini, assegnando a' primi i gaudj de' campi elisi, e le pene del tartaro o sia inferno a' secondi. Quindi sorse la favola di Acheronte e Lete, fiumi dell'inferno, per cui Caronte tragitta nella sua barca le anime allo stesso inferno. Quindi la favola del fiume Cocito, che col suo fragore esprime i pianti e i gridi che mandano quei che son condannati alle tenebre. Quindi la favola di Minos e Radamanto costituiti a prender conto di tutti i delitti. Quindi la favola di Tantalo, che sta in mezzo alle acque, ardendo di sete, e non può assaggiarne una goccia. Quindi la favola di Sisifo, che portando un sasso non può mai giungere a fermarlo sopra di un monte, da cui il sasso sempre precipita. Quindi la pena di Teseo condannato a non potersi mai partire dal luogo ove siede. Tutte queste son favole, ma ben significano le pene che soffrono i dannati nell'inferno, secondo stanno indicate nelle sagre carte. L'apostolo, parlando de' peccatori, dice: Qui non obediunt evangelio.... poenas dabunt in interitu aeternas5. E san Matteo, restringendo in breve lo stato eterno degli empj e dei giusti, scrive: Et ibunt hi in supplicium aeternum, iusti autem in vitam aeternam. Del resto le scritture sagre che ci parlano dell'inferno son mille e son chiare, e così c'insegna la chiesa a credere.

 




1 De futuro impiorum statu t. 2. c. 5.



2 De facto et dict. Socrat.



3 L. de amic.



4 L. 1. quaest. Tuscul.



5 2. Thess. 8. 9.






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