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S. Alfonso Maria de Liguori
Dissertazioni teologiche-morali

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§. 4. Di quali cose si ricorderanno i dannati.

 

20. Si dimanda per 1., di quali cose avranno memoria i dannati nell'inferno? Dice s. Tomaso2, che delle notizie naturali avute in questa terra ben possono i dannati conservarne la memoria, perché dopo la morte nell'anima restano le specie intellegibili acquistate in questa vita, come ivi dimostra l'angelico, e ne adduce l'istoria (che scrive Estio3 da s. Agostino e da s. Gregorio esser tenuta vera istoria, e non già parabola) del ricco dannato, a cui fu detto da Abramo: Fili, recordare, quia recepisti bona in vita tua4. Onde risolve il s. dottore: Quod sicut propter perfectam sanctorum beatitudinem nihil erit in eis quod non sit gaudii materia; nihil erit in damnatis, quod non sit eis materia et causa tristitiae. Quindi scrive che i dannati si ricorderanno delle cose che seppero in vita, non già per loro sollievo, ma solo per maggiore afflizione. E quantunque (soggiunge ad 2) in questo mondo, allorché patisce il corpo, viene impedita l'anima dal considerare più cose che le apporterebbero pena, nell'inferno nonperò l'anima non è più tirata dal corpo; onde per quanto patisce il corpo, l'anima non resta impedita dal ricordarsi e pensare a tutte quelle cose che le recano pena. Quindi nell'inferno il dannato avrà una continua memoria di ciascuna chiamata divina avuta in vita, alla quale se avesse corrisposto, non si sarebbe dannato, o almeno non avrebbe accresciuto il numero de' suoi peccati, ognuno de' quali gli apporterà un nuovo inferno. Del resto scrive Estio5, che siccome i beati saranno da Dio consolati con far loro sapere le cose che si fanno presso di noi, specialmente quelle che in alcun modo appartengono ad essi, come son le preghiere che noi loro dirigiamo; i dannati all'incontro, perché sono affatto alieni dalla chiesa, nulla sanno delle nostre cose. I demonj poi prima di esser chiusi nell'inferno (il che sarà dopo il giudizio finale) ben intervengono a' nostri fatti esterni ch'essi conoscono naturalmente e meglio di noi.

 

21. Si dimanda per 2, se i cristiani che hanno avuta la fede nella loro vita, e non l'han perduta coll'infedeltà, la ritengono poi nell'inferno? Risponde s. Tommaso6 che no, attesoché per credere con fede sopranaturale e teologica, bisogna credere con pia affezione di volontà verso Dio rivelante; ma questa pia affezione è dono di Dio, del quale son privati i dannati: come ne son privati anche i demonj, i quali credono, ma questi costretti dall'evidenza de' segni, da' quali sono essi manifestamente convinti a credere quel che Dio ha rivelato; e perciò scrisse s. Giacomo: Et daemones credunt et contremiscunt7. Il che significa che credono forzatamente con timore.

 

22. Si dimanda per 3, se i dannati avranno mai veduta o vedranno la gloria de' beati? Risponde s. Tommaso8, e dice che prima del giudizio finale i reprobi vedranno i beati in gloria, senza però distinguerla come sia; ma solo intenderanno ch'essi godono una gloria imprezzabile. E perciò ne avranno un gran rammarico, così per l'invidia come per la pena di aver perduta quella gloria che poteano essi acquistare: e questo è quel che scrisse il Savio: Videntes turbabuntur timore horribili9. Secondo le quali parole dice l'angelico, che i reprobi vedranno allora la gloria de' corpi beati. Dopo il giudizio poi non vedranno più alcuna cosa de' beati, ma per loro tormento resterà in essi impressa la memoria di quell'ombra veduta della gloria dei beati, cioè di quella cognizione confusa avuta, per cui avranno inteso con loro gran pena lo stato felicissimo dei santi, dal quale essi per loro colpa sono stati esclusi.

 




2 Suppl. 3. p. q. 89. a. 7.



3 In 4. q. ult. §. 3.



4 Luc. 16. 25.



5 Dist. ult. §. 2.



6 2. 2. q. 5. a. 2.



7 Iac. 2. 19.



8 Suppl. part. 3. q. 98. a. 9.



9 Sap. 5. 2.






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