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S. Alfonso Maria de Liguori Evidenza della Fede IntraText CT - Lettura del testo |
Introduzione
Alla società cristiana del secolo XVIII, unanime nella fede per principio, sembrava inutile, contro gli increduli, la controversia, pure viva contro i protestanti. Forse essun seminario studiava e criticava nel 1750 autori recenti o contemporanei come Spinoza, Hobbes, Leibniz, Berkeley, Wolff, Rousseau, Voltaire e Montesquieu.
Invece il seminario dei giovani Redentoristi di Pagani sì: per essi Alfonso aveva condensato, riguardo a questi filosofi, delle esposizioni precise, delle risposte chiare e brevi, delle dimostrazioni vigorose.
Per non dettare i suoi corsi e al tempo stesso per la formazione permanente del clero, aveva stampato presso Pellecchia a Napoli nel 1756 la Breve dissertazione contra gli errori de' moderni increduli oggidì nominati materialisti e deisti, equilibrata ben presto da un opuscolo positivo, Evidenza della fede ossia verità della fede fatta evidente per i contrassegni della sua credibilità (1762): un piccolo trattato sulla "vera religione", che, santa nella dottrina, aveva conquistato il mondo, stabile nei dogmi e annunziata dai profeti, era confermata dai miracoli e dalla testimonianza dei martiri.
Certamente erano apparse già le opere, ampie e care, di Grotius, Segneri senior, Merati, Magalotti, Moniglia, Concina, Genovesi, Gotti, Gerdil... spesso vere enciclopedie... Ma chi leggeva queste pubblicazioni in-folio di sapienti, scritti per i sapienti? Con la sua incredibile capacità di lavoro, Alfonso ne estrasse il "succo", leggendo anche in francese Bayle, Voltaire e forse altri e le loro confutazioni. Nel 1773, inviando al suo editore veneziano 69 pagine di Riflessioni sulla verità della divina rivelazione in risposta soprattutto a Voltaire, scriverà:
"(L'opuscolo) contra i deisti... mi costa sei mesi di fatica, ed ho scrutinati molti libri francesi ed italiani per comporlo, e mi pare che sia venuta una operetta molto plausibile per li tempi correnti ".
Lo stile, da lui stesso inventato e perfezionato da tempo, era proprio quello ripudiato da tutti i grandi spiriti, il cui scopo inconfessato, forse inconscio, era di brillare di fronte ai propri pari. Alfonso invece, fedele alla scelta della sua vita, precisava nell'introduzione alla Breve dissertazione del 1756 che il lettore "troverà le cose più sostanziali dicifrate in breve, ed in un modo il più facile con cui ho potuto spiegarmi, acciocché tutti m'intendano ".
Cf. Th. ReyMermet,
Il Santo del secolo dei lumi
Città Nuova 1982, pp. 711-712
Interessante il giudizio su S. Alfonso apologeta:
Ogni opera apologetica efficace dialoga con il suo tempo, per cui è datata e invecchia presto. Anche quella di Mons. de Liguori non sfugge a questa legge.
Facendo un bilancio dell'apologetica napoletana del secolo XVIII, Romeo De Maio sottolinea però questi tre punti: "Solo le dissertazioni di S. Alfonso entrarono nella circolazione apologetica europea; - (furono infatti edite e riedite in ognuna delle 5 grandi lingue dell'Europa occidentale) - colse un nodo essenziale: che il fascino filosofico del deismo inaridiva il sentimento cristiano "; infine, gentiluomo nato, seppe evitare tratti "costanti negli altri apologeti", quali "la boria patriottica cattolica, l'irrisione e l'ingiuria in luogo della ricerca e delle risposte, la denuncia della durezza di cuore e della malizia e delle cecità degli avversari ".
Cf. Th. ReyMermet,
Il Santo del secolo dei lumi
Città Nuova 1982, pp. 719-720