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S. Alfonso Maria de Liguori
Evidenza della Fede

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CAP. III. Contrassegno terzo.

Stabilità de' dogmi sempre uniforme.

Il terzo contrassegno della verità di nostra fede, dopo che ella fu promulgata dagli apostoli, è la sua stabilità e costanza sempre uniforme nei dogmi, che dalla chiesa romana sono insegnati. Non potea già venir meno la promessa di Gesù Cristo, che contra la sua chiesa, stabilita da esso per colonna


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della verità, non avessero mai a prevalere le forze dell'inferno. Ciò non fu dubitato dallo stesso Calvino, che scrisse: Unde sequitur fieri non posse, ut diabolus cum toto mundi apparatu ecclesiam unquam deleat, quae in aeterno Christi solio fundata est. Tentarono i tiranni di distrugger la chiesa di Gesù Cristo, ma con tutte le loro violenze non poterono a ciò arrivare; anzi le aggiunsero e moltiplicarono i seguaci. Tentarono anche gli eresiarchi di contaminarla coi loro errori; e lo fecero con maggior furore, poiché dove i tiranni la combattevano di fuori, essi eran nemici chiusi di dentro; ma non han potuto mai abbatterla. E se in qualche tempo ella ha patito danno in una parte del mondo, Iddio in altre parti questo danno ha ristorato; e specialmente ciò è avvenuto in questi ultimi tempi, in cui gli eretici moderni hanno infettato il settentrione; ma il Signore ha consolata la chiesa coll'acquisto fatto alla fede di tanti popoli nell'Indie così orientali, come occidentali; in modo ch'è stato più grande il guadagno che la perdita. Scrisse s. Agostino: Ipsa est ecclesia vera, ecclesia catholica; contra omnes haereses pugnare potest, expugnari non potest1.

Oppongono gli eretici, e dicono che anche l'idolatria ebbe per tanti anni stabilità, e dopo la promulgazione del vangelo pure han durato e durano costantemente la scisma greca, la setta dei maomettani, e la religione dei giudei. Si risponde che per dimostrare la stabilità d'una religione come contrassegno della vera fede, non basta dire che abbia durato lungo tempo, ma bisogna dimostrare che sia stata contrastata, perseguitata, e siasi mantenuta ferma. Ciò non può dimostrare l'idolatria, perché ella fu protetta, prima d'essere sbandita dal vangelo, da tutte le potenze della terra. E se questa idolatria oggi vive in qualche ultimo angolo del mondo, vive colà e si mantiene, perché non è perseguitata da niuno, anzi gli stessi dominanti la professano e la difendono.

In quanto alla scisma greca non è vero che ella abbia avuta costanza; poiché i greci antichi ben riconobbero il pontefice romano per capo della chiesa, come specialmente si dichiarò nel concilio efesino contra Nestorio, nella di cui causa dissero i vescovi del concilio, che lo condannavano in vigor della sentenza prima fatta da Celestino papa, con queste parole, come riferisce Evagrio: Epistola ss. patris nostri et collegae Coelestini episcopi ecclesiae romanae necessario compulsi etc.2. Lo stesso praticossi nella causa di Eutichete, il quale, essendo stato condannato da Flaviano nel concilio costantinopolitano I. ricorse a s. Pier Grisologo, vescovo di Ravenna, acciocché lo proteggesse presso di s. Leone papa: il Grisologo gli rispose che si sottomettesse in tutto al pontefice romano: Quoniam (si noti la ragione) b. Petrus, qui in propria sede vivit et praesidet, praestat quaerentibus fidei veritatem: nos enim extra consensum romanae civitatis episcopi causas fidei audire non possumus3. Ma perché Eutichete non volle a ciò acconsentire, indi s'intimò il concilio calcedonese, a cui presiedé già s. Leone per mezzo dei suoi legati, e ivi fu condannato con Eutichete anche Dioscoro, che avea avuto l'ardire di congregare un conciliabolo in Efeso a favor di Eutichete, sine auctoritate sedis apostolicae, quod nunquam factum est, nec fieri licet, parole del calcedonese4. E fu deposto colla sentenza scritta in questa forma: Unde ss. Leo per praesentem sanctam synodum una cum b. Petro, qui est petra catholicae ecclesiae, et rectae fidei fundamentum nudavit eum (cioè Dioscoro) tam episcopatus dignitate, quam ab omni sacerdotali alienavit ministerio5. Quindi pregato s. Leone a confermare il concilio, egli lo confermò coll'epistola che comincia Repletum est; a riserba del primato dato al patriarca costantinopolitano


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sopra l'alessandrino ed antiocheno colla lettera 59 che comincia, Omnem quidem fraternitatem etc. Tralascio altri simili fatti, ma da questi due ben si vede per prima l'autorità che sempre ha avuta il papa sopra i concilj: e per secondo si vede non esser vero che i greci nel separarsi dall'ubbidienza del vescovo di Roma, conservino la dottrina de' loro maggiori. Aggiungasi poi, che i medesimi greci nelle loro scisme sono molto opposti tra loro stessi ne' dogmi della fede.

In quanto poi ai maomettani e giudei, che maraviglia fa il vedere (dice saggiamente il p. Segneri) che siegua ad ardere un fuoco, che viene continuamente acceso coll'untume de' diletti carnali? Questa non è fede, ma corruttela di senso. E poi la religion maomettana, per mantenersi, quali contrasti mai ha sofferti simili a quelli che ha patiti la religion cattolica? tanto più che la nostra fede è sparsa in molte provincie non dominate dal papa, ma il maomettismo non vive, che ne' paesi soggetti al gran soldano, nei quali non è combattuto da alcuno che ne manifesti la falsità. Aggiungasi che i maomettani, benché tutti sieguano la dottrina di Maometto, nondimeno son molto diversi tra di loro nella credenza; onde delle loro sette se ne numerano sino a sessanta. Ma che meraviglia fa ciò, mentre lo stesso Maometto in tali luoghi del suo alcorano chiaramente si contraddice? In un luogo dice che ognuno può salvarsi nella propria legge; in un altro lo nega. In un luogo nega che i cristiani abbian vera legge; in un altro l'afferma. In un luogo asserisce che Cristo fu crocefisso in persona propria; in un altro dice che sostituì un altr'uomo sulla croce in luogo suo: e fa mille altre contraddizioni che si tralasciano per brevità.

I giudei poi, quantunque sono vilipesi e conculcati in ogni parte della terra, non però chi non vede che la loro costanza non è costanza ma ostinazione, già pronosticata tanti secoli prima dalle divine scritture, come pena del loro delitto in aver rifiutata la legge di grazia, e tolta ingiustamente la vita al lor Redentore? Vedono i miseri avverati i castighi loro minacciati; vedonsi privi di tempio, di sacerdoti e di sacrifizj: vedonsi discacciati dalle loro patrie ed abborriti da tutte le nazioni; e questa può dirsi costanza? Oltreché qual fede costante e ferma possono avere gli odierni giudei, se la loro dottrina, come abbiam veduto di sopra, oggidì è così piena di empietà e di errori?

In quanto finalmente alle altre sette separate dalla chiesa cattolica, contansi 305 eresie uscite dalla medesima, molte delle quali sebbene hanno ottenute protezioni di principi, d'imperatori e d'uomini letterati e sollevati in dignità, che l'han difese colla voce e cogli scritti, pure di esse appena n'è restata la memoria, e qualche misero avanzo tra gente di perduta coscienza. Regna, è vero, finora in molti luoghi la religion riformata di Lutero e di Calvino; ma si osservi con quale stabilità ed uniformità ella regni ne' punti della fede. I luterani tra lo spazio di cinquant'anni si divisero in tre sette, di luterani, semiluterani, e di antiluterani. Indi i luterani si suddivisero in undici altre sette, i semiluterani in altre undici, gli antiluterani in cinquantasei, come rapporta il Lindaano1. La scuola similmente dei calvinisti presto si divise in più sette, e di queste se ne numerano più di cento. Si osservi presso Natale Alessandro2, in quante sette specialmente in Inghilterra son divisi i calvinisti! Vi sono i puritani, che seguitano la dottrina pura di Calvino, i piscatoriani, che furono dichiarati eretici da' calvinisti di Francia: gli anglocalviniani, che consacrano i vescovi, ed ordinano i sacerdoti, cose rigettate dagli altri calvinisti: gl'indipendenti, che non riconoscono superiore, né ecclesiasticopolitico: gli antiscritturiani, che rifiutano tutte le scritture; i quakeri, che vantano continue estasi


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e rivelazioni: i ranteri, che stimano lecita ogni cosa a cui si sente incitata la natura corrotta. L'Olanda poi si trovò un tempo divisa in due fazioni di arminiani e gomaristi; benché appresso in un certo loro conciliabolo dell'anno 1618. fu condannato Arminio capo di una setta, come scismatico; e perché Grozio e 'l cancelliere Barneboldo non vollero ubbidire, Grozio fu carcerato e Barneboldo decapitato. Ecco la bella costanza e uniformità di fede che hanno queste società de' novatori! Questo fa lo spirito della superbia, fa, che siccome gli eresiarchi si distaccano dall'ubbidienza della chiesa, così i loro seguaci si distacchino poi dalla soggezione de' loro stessi maestri, e formino nuovi sistemi e nuove sette.

Ma qual maraviglia è che i discepoli di Lutero e di Calvino siano così discrepanti tra loro nei dogmi della fede, quando essi medesimi maestri sono così contrarj a loro stessi? Leggasi la storia delle variazioni delle chiese protestanti scritta da m. Bossuet vescovo di Meaux, ed osservinsi le diversità di dottrine, e le contraddizioni che dissero e scrissero contra loro medesimi Lutero e Calvino. Le sole contraddizioni che Lutero pronunziò e scrisse di tempo in tempo circa gli articoli della fede (Lutero, dico, confessato da tutt'i protestanti, come la prima fonte della fede pura, e chiamato apostolo da Calvino, che non dubitò di scrivere: Res ipsa clamat, non Lutherum initio locutum, sed Deum per os eius), bastano a far vedere la falsità della sua credenza. Egli mentre visse, non fece altro che contraddirsi; sempre contrario a se medesimo, oppugnando la stessa sua dottrina. Prima disse che le buone opere non erano necessarie alla salute; appresso le confessò necessarie. Mille contraddizioni disse poi intorno alla giustificazione, al valor della fede, ed al numero dei sacramenti. Nel solo articolo dell'eucaristia si notano da trenta sue contraddizioni. Onde il cattolico principe Giorgio di Sassonia a' tempi di Lutero solea saggiamente dire che i luterani non sapeano oggi quel che avessero a credere il domani. Calvino poi circa l'eucaristia quante sentenze mutò! Possono vedersi presso il mentovato M. Bossuet nella sua opera citata. Ma io dissi male, che tante contraddizioni bastavano a dimostrare la falsa credenza di questi empj maestri di fede, quandoché bastava una sola contraddizione a far conoscere, ch'essi non eran già investiti dallo spirito di Dio; poiché Qui semel mentitur ex Deo non est, come confessava lo stesso Lutero. Lo Spirito santo è uno, ed è immutabile; ond'è, che negare se ipsum non potest, secondo scrive l'apostolo1. Troppo falsamente dunque vantavasi Lutero d'aver lo spirito di Gesù Cristo nel propagare la dottrina che insegnava dicendo (investito dalla sua superbia): Certissimus sum, quod doctrina mea non sit mea, sed Christi, meglio avrebbe detto, sed diaboli.

All'incontro ben dimostra la verità della chiesa cristiana cattolica il veder la sua costanza ed uniformità di dottrina ne' dogmi della fede tenuti sin dal principio in cui fu fondata da Gesù C. Ella è stata la stessa in tutti i tempi, sicché quelle verità che oggi noi crediamo, furon già credute ne' primi secoli come la libertà dell'arbitrio, la virtù de' sacramenti, la presenza reale di Gesù Cristo nell'eucaristia, l'invocazione dei santi, la venerazione delle loro reliquie ed immagini, l'esistenza del purgatorio. I novatori ardiscono di chiamare errori queste verità di fede, e poi dicono (come ci fa sapere il Bellarmino2) che tali errori furon certi nei nel volto della chiesa nascente. Dunque l'adorar Gesù Cristo come presente nell'eucaristia, l'adorar la croce, il venerar le immagini de' santi ne' primi secoli non furono che semplici nei? e come poi oggidì questi nei son diventati empie idolatrie, come essi le chiamano? o forse le idolatrie sono semplici nei? In oltre come ha potuto Iddio permettere questi errori così enormi per tanti secoli nella sua chiesa, sino a che


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venissero questi novelli maestri, Lutero, Zuinglio, Calvino a dissiparli?

Ma no, che quella chiesa la quale da principio è stata vera, sempre sarà vera; e siccome è uno il vero Iddio, così una ancora è la vera fede, ed una è la vera chiesa di Gesù Cristo che insegna questa fede: Una fides, unum baptisma, unus Deus1. Fuori di questa vera chiesa, ch'è l'unica arca di salute, niuno può salvarsi come confessò lo stesso Calvino. Il carattere della vera chiesa di Gesù Cristo è questo, cioè che ella sia stata fondata da esso medesimo Redentore, propagata poi da' suoi apostoli, e data quindi ad essere retta da' pastori, che dagli stessi apostoli discendono per legittima e continuata successione. Ciò ben fu dichiarato da san Paolo, quando scrisse agli efesi2: Ipse dedit quosdam quidem apostolos... alios autem pastores et doctores ad consummationem sanctorum in opus ministerii, in aedificationem corporis Christi. Or questo carattere e questi contrassegni non possono trovarsi che nella chiesa romana; dove non può negarsi che i loro pastori traggano la loro origine immediatamente dagli apostoli, come attestano s. Cipriano, s. Girolamo, s. Agostino, e prima di essi s. Ireneo, scrivendo così: per Romae fundatae ecclesiae eam, quam habet ab apostolis, traditionem et fidem, per successionem episcoporum provenientem usque ad nos, cofundimus omnes eos qui per caecitatem et malam conscientiam aliter quam oportet colligunt3. Lo stesso scrive Tertulliano4 il quale dice che quella società cristiana, che non potesse dimostrare d'essere stata la prima, per farsi conoscere vera e legittima, almeno dovrebbe provare di aver l'origine da alcuno degli apostoli. Ma ciò era quel che assicurava s. Agostino a tenere fermamente, che la romana fosse la vera chiesa di Gesù Cristo: Tenet me (dicea) in ipsa ecclesia ab ipsa sede Petri usque ad praesentem episcopatum successio sacerdotum5. Dunque la costante e perpetua successione de' pontefici da s. Pietro sino a' tempi nostri prova ad evidenza essere la chiesa romana la vera chiesa di Gesù Cristo.

Ma, dicono, la chiesa romana da tempo in tempo ha definite più cose di fede, che prima non erano di fede; dunque ella non è stata sempre uniforme ne' dogmi. Si risponde che l'aver la chiesa definiti successivamente in decorso de' tempi più dogmi prima non definiti, non fa ch'essa non sia stata sempre uniforme negli articoli di fede; perché ciò non fa che la chiesa abbia mutati dogmi, ma dimostra solamente ch'essa sul fondamento della scrittura e della tradizione abbia da tempo in tempo dichiarati più articoli che prima non erano stati dichiarati: ma che per altro essi ben erano di fede, prima d'essere stati dalla chiesa definiti.

È certo all'incontro che la chiesa romana è la prima e l'unica, che da Gesù Cristo è stata fondata. Chi volesse negar ciò, assegni pure quale altra sia stata questa prima chiesa. Ma ciò apparisce chiaramente dalla stessa separazione che dalla chiesa romana han fatta le sette eretiche; mentre appunto per non voler ella ammettere le dottrine nuove e diverse dalle sue da lei sempre tenute, queste sette si sono da essa separate. Sicché tutte le società che dalla chiesa romana si son divise, come l'ariana, la nestoriana e simili, e specialmente la riformata, da essa son certamente uscite. Dunque la sola romana è la vera chiesa di Gesù Cristo, e tutte l'altre son false: Ex hoc ipso (scrisse s. Girolamo) quod postea instituti sunt, eos se esse iudicant, quos apostolus futuros praenunciavit, cioè falsi profeti e dottori.




1 Lib. 1. de symb. c. 6.



2 Evagr. lib. 1. histor. cap. 4.



3 Ap. Nat. Alex. hist. sec. 5. c. 3. §. 5.



4 Act. 3. ap. Evagr. l. 2. c. 4.



5 L. c.

1 Epist. Roraom. in Luth.



2 Hist. sec. 15. et 16. c. 2. a. 17. §. 3.

1 2. Tim. 2. 13.



2 De notis eccl. c. 5.

1 Eph. 4. 5.



2 C. 4.



3 L. 3. c. 3.



4 L. de praeser. c. 20.



5 Ep. fundamenti c. 4. n. 5.






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