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S. Alfonso Maria de Liguori
Glorie di Maria

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CAPITOLO VI. - Eia ergo advocata nostra.

§ 1. - Maria è un'avvocata potente a salvar tutti.

È così grande l'autorità delle madri sopra de' figli, che sebben questi sieno monarchi e abbiano l'assoluto dominio su di tutte le persone de' loro regni, non mai pero le madri posson diventare suddite a' loro figli.

È vero che Gesù ora in cielo, perché ivi siede alla destra del Padre, cioè, come spiega S. Tommaso, anche come uomo per ragione dell'unione ipostatica colla persona del Verbo ha il supremo dominio sopra di tutti ed anche su Maria;1 nulladimeno ben sarà sempre vero che un tempo, allorché il nostro Redentore visse in questa terra, egli volle già umiliarsi a farsi suddito di Maria, come ci attesta S. Luca: Et erat subditus illis (cap. II, [51]). Anzi, dice S. Ambrosio che Gesù Cristo, avendo già degnata Maria di farla sua madre, come suo figlio era veramente obbligato ad


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ubbidirla.2 E perciò dice Riccardo di S. Lorenzo (Lib. 1 de laud. Virg., c. 5) che degli altri santi si dice esser essi con Dio, ma che solo di Maria può dirsi che abbia avuta questa sorte che non solamente ella sia stata sottomessa alla volontà di Dio, ma che anche Dio si sia soggettato alla di lei volontà: Cum de ceteris sanctis dicatur eos esse cum Deo, Maria maius aliquid sortita est: ut non solum ipsa subiiceretur voluntati Dei, sed etiam Dominus voluntati ipsius.3 E dove delle altre sante vergini, come riflette lo stesso autore, dicesi ch'elle sieguono il divino Agnello dov'egli si porta: Sequuntur Agnum quocumque ierit (Ap. XIV, [4]); di Maria Vergine può dirsi che l'Agnello seguiva lei in questa terra, essendosi fatto suo suddito: De virgine autem Maria secure dici potest, quod Agnus sequebatur eam quocumque ivit, ex illo Lucae: Erat subditus illis.4

Quindi diciamo che Maria in cielo, benché non possa più comandare al Figlio, sempre non pero le sue preghiere saran preghiere di madre, e perciò potentissime ad ottenere quanto ella domanda. Ha Maria, dice S. Bonaventura, questo privilegio appresso il Figlio, di essere potentissima ad impetrar quanto vuole: Grande privilegium Mariae, quod apud Filium sit potentissima (In Spec., c. 6).5 E perché? Appunto per la ragione


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che abbiamo accennata e qui appresso a lungo esamineremo, perché le preghiere di Maria son preghiere di madre. E per tal ragione, dice S. Pietro Damiano che la Vergine può quanto vuole, così nel cielo, come nella terra, potendo sollevare alla speranza di salvarsi anche i disperati; onde le dice: Data est tibi omnis potestas in caelo et in terra; et nihil tibi impossibile, cui possibile est etiam desperatos in spem salutis relevare (Serm. 1, de Nat. B. Virg.).6 E poi soggiunge che quando va la Madre a cercare per noi qualche grazia a Gesù Cristo - chiamato dal santo l'altare di misericordia, dove i peccatori ottengono il perdono da Dio, - il Figlio fa tanta stima delle preghiere di Maria ed ha tanto desiderio di compiacerla, che, pregando ella, par che più presto comandi che preghi, e sembra più presto signora che ancella: Accedis enim ad illud humanae reconciliationis altare, non solum rogans sed imperans, domina non ancilla; nam Filius nihil negans, te honorat (Loc. cit.). Così vuole onorare Gesù questa sua cara Madre, che tanto l'ha onorato in sua vita, con accordarle subito quanto domanda e desidera. Lo che bellamente conferma S. Germano, dicendo alla Vergine: Voi siete, Madre di Dio, onnipotente per salvare i peccatori, e non avete bisogno d'altra raccomandazione appresso Dio, poiché siete la madre della vera vita (Serm. 3, in Dorm. B.V.).7

Imperio Virginis omnia famulantur, etiam Deus.8 Non ha ripugnanza S. Bernardino da Siena di dire con questa sentenza


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(Tom. 2, serm. 61) che a' comandi di Maria tutti ubbidiscono, ancora Dio: volendo dire in verità, che Dio esaudisce le sue preghiere come fossero comandi. Ond'è che S. Anselmo, parlando con Maria, così le dice: Te Deus, o Virgo, sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit (Lib. de Conc. Virg.):9 Il Signore, o Vergine santa, vi ha sollevata a tal segno, che col suo favore voi potete ottenere tutte le grazie possibili a' vostri divoti, poiché la vostra protezione è onnipotente: Omnipotens auxilium tuum, o Maria, come le dice Cosma Gerosolimitano.10 Sì, onnipotente è Maria, ripiglia Riccardo di S. Lorenzo, mentre la regina per ogni legge dee godere degli stessi privilegi del re: Eisdem privilegiis secundum leges gaudet rex et regina. Cum autem, soggiunge, eadem sit potestas filii et matris, ab omnipotente Filio omnipotens Mater facta est (Lib. 4, de laud. Virg.).11 In tal modo che, dice S. Antonino, Dio ha posta tutta la Chiesa, non solamente sotto il patrocinio, ma benanche sotto il dominio di Maria: Ecclesia est non tantum sub Virginis patrocinio, verum etiam sub dominatione ac potestate (P. 4, tit. 15, c. 20, § 2).12

Dovendo dunque aver la madre la stessa potestà che ha


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il figlio, con ragione da Gesù, che è onnipotente, è stata fatta onnipotente Maria; essendo non pertanto sempre vero che dove il Figlio è onnipotente per natura, la Madre è onnipotente per grazia. E ciò si avvera col succedere che quanto cerca la Madre, niente le nega il Figlio; come appunto fu rivelato a S. Brigida (Rev. lib. 1, c. 4), la quale intese un giorno che Gesù parlando con Maria, così le disse: Pete quod vis a me, non enim potest esse inanis petitio tua:13 Madre mia, già sai quanto t'amo: onde cerca da me quanto vuoi, che qualsivoglia tua domanda non può esser da me non esaudita. E bella fu la ragione che ne soggiunse: Quia tu mihi nihil negasti in terris, ego nihil tibi negabo in caelis.14 Come dicesse: Madre, quando tu fosti in terra, niente hai negato di fare per amor mio: ora che io sto in cielo, è ragione ch'io niente neghi di fare di quello che tu mi chiedi. - Si chiama dunque onnipotente Maria nel modo che può intendersi d'una creatura, la quale non è capace d'un attributo divino. Così ella è onnipotente, perché colle sue preghiere ottiene quanto vuole.

Con ragione dunque, o grande nostra avvocata, vi dice S. Bernardo: Velis tu, et omnia fient.15 E S. Anselmo: Quidquid tu Virgo velis, nequaquam fieri non poterit (De exc. Virg., c. 12).16 Vogliate voi, e tutto avverrà: vogliate voi sollevare il peccatore più perduto ad un'alta santità, a voi sta il farlo.


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Il B. Alberto Magno a tal proposito così fa parlare Maria: Roganda sum ut velim; quia si volo, necesse est fieri (Ap. P. Pepe, Grand. etc.):17 Io debbo esser pregata che voglia; perché se voglio, è necessario che si faccia. Onde considerando S. Pietro Damiani questa gran potenza di Maria, pregandola ad aver pietà di noi, così le dice: Moveat te natura, potentia moveat; quia quanto potentior, tanto misericordior esse debebis (Serm. 1, de Nat. B. Virg.).18 O Maria, o cara nostra avvocata, giacché voi avete un cuore così pietoso, che non sa guardare i miseri e non compatirli; ed insieme avete appresso Dio una potenza così grande di salvare tutti quelli che voi difendete; non isdegnate di prender la causa anche di noi miserabili, che in voi riponiamo tutte le nostre speranze. Se non vi muovono le nostre preghiere, vi muova pure il vostro cuore benigno, vi muova almeno la vostra potenza, giacché Dio a questo fine vi ha arricchita di tanta potenza, acciocché quanto più siete ricca a poterci aiutare, tanto più siate misericordiosa a volerci aiutare. Ma di ciò S. Bernardo ben ci assicura, dicendo che Maria come nella potenza, così nella misericordia è immensamente ricca; e siccome la sua carità è potentissima, così ancora è pietosissima a compatirci, e cogli effetti continuamente ce lo fa vedere: Potentissima et piissima caritas Matris Dei et affectu compatiendi et subveniendi abundat effectu: aeque locuples in utroque (Serm. 1, de Ass.).19

Sin da che viveva in questa terra Maria, l'unico suo pensiero, dopo la gloria di Dio, era d'aiutare i miseri, e sin d'allora


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sappiamo che godette il privilegio di essere esaudita in tutto ciò che chiedeva. Questo lo sappiamo dal fatto avvenuto nelle nozze di Cana di Galilea, allorché mancando il vino, la S. Vergine, compatendo l'afflizione e 'l rossore di quella casa, cercò al Figlio che l'avesse consolata con un miracolo, esponendo la mancanza del vino: Vinum non habent. Gesù rispose: Quid mihi et tibi [est] mulier? Nondum venit hora mea (Io. II, 4). Notate: ancorché il Signore par che avesse negata la grazia alla Madre, dicendo: Che importa, o donna, a me ed a voi che sia mancato il vino? ora non mi conviene fare alcun miracolo, non essendo giunto ancora il tempo, che sarà il tempo della mia predicazione, nel quale co' segni debbo confermare la mia dottrina; pure con tutto ciò Maria, come se il Figlio avesse già accordata la grazia, disse a quella gente: Implete hydrias aqua: Via su riempite i vasi d'acqua, che ora sarete consolati: ed in fatti Gesù Cristo, per compiacere la Madre, mutò quell'acqua in ottimo vino. Ma ciò come va? se il tempo determinato a' miracoli era quello della predicazione, come questo del vino poteva anticiparsi contro del decreto divino? No, risponde S. Agostino,20 non si fe' nulla contro i divini decreti: poiché sebbene, generalmente parlando, non era ancora giunto il tempo de' segni, nulladimeno fin dall'eternità Dio tenea stabilito con un altro decreto generale, che di quanto cercasse questa sua divina Madre, nulla mai se le negasse. E perciò Maria ben consapevole di tal suo privilegio, benché sembrasse allora di avere esclusa il Figlio la sua dimanda, pure disse che si empissero i vasi d'acqua, come la grazia fosse già fatta. Ciò volle dire S. Gio. Grisostomo sul passo suddetto di S. Giovanni: Quid mihi et tibi, mulier, etc., dicendo che benché Gesù avesse così risposto, nulladimanco per onor di sua Madre non lasciò di ubbidire alla sua dimanda: Et licet ita responderit, maternis tamen precibus obtemperavit.21 Lo stesso confermò S. Tommaso dove disse che con quelle parole


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non è venuta ancora l'ora mia, volle dimostrar Gesù Cristo che avrebbe differito il miracolo, se un altro gliel'avesse richiesto; ma perché glielo cercò la Madre, subito lo fece: Per illa verba, nondum venit hora mea, ostendit se dilaturum fuisse miraculum, si alius rogasset; quia tamen rogabat Mater, fecit || (S. Thom., ap. Defens. cultus Mariani, auctore R. D. Henr. de Cerf, pag. 129).22 Lo stesso dicono S. Cirillo23 e S. Girolamo,24 come riferisce il Barrada.25 E lo stesso dice il Gandavense


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in detto luogo di S. Gio.: Quo Matrem honoraret, praevenit tempus miraculi faciendi. |26

È certo in somma che non v'è creatura alcuna che possa ottenere a noi miseri tante misericordie, quante questa buona avvocata, la quale con ciò viene onorata da Dio non solo come diletta sua ancella, ma benanche come vera sua Madre. Questo appunto le dice Guglielmo Parisiense a lei rivolto: Nulla creatura tot et tanta impetrare posset apud Filium tuum miseris, quam tu impetras eisdem; in quo procul dubio non tamquam ancillam, sed tamquam Matrem verissimam te honorat.27 Basta che parli Maria, tutto il Figlio eseguisce. Parlando il Signore colla sposa de' Sacri Cantici, per cui viene intesa Maria, le dice: Quae habitas in hortis, amici auscultant, fac me audire vocem tuam (Cant. VIII, 13). Gli amici sono i santi, i quali, allorché domandano qualche grazia a beneficio dei loro divoti, aspettano che la loro regina la domandi a Dio e l'impetri; poiché - come di sopra si disse nel capo V - niuna grazia si dispensa se non per intercessione di Maria. E come impetra Maria? basta che faccia al Figlio sentir la sua voce: Fac me audire


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vocem tuam. Basta che parli, che il Figlio subito l'esaudisce. Ecco come Guglielmo di Parigi, spiegando in tal senso il suddetto passo, introduce il Figlio che così dice a Maria: Quae habitas in hortis caelestibus, fiducialiter pro quibus volueris intercede; non enim possum oblivisci me Filium tuum, ut Matri quidpiam denegandum putem. Tantum ut vocem proferas, quia a Filio audiri exaudiri est.28 Dice Goffrido abbate che Maria, benché impetri le grazie pregando, nulladimeno ella prega con un certo imperio di madre; onde noi dobbiamo senza dubbio tenere ch'ella ottenga quanto desidera e per noi domanda: Virgo Maria ex eo quod ille homo est et natus ex ea, quasi quodam matris imperio, apud ipsum impetrare quod voluerit pia fiducia non dubitatur (Serm. 8, de B. Virg.).29

Si narra da Valerio Massimo (Lib. 5, cap. 4) di Coriolano, che tenendo egli Roma assediata, non furono bastevoli a rimoverlo tutte le preghiere de' cittadini e degli amici; ma quando comparve a pregarlo la sua madre Veturia, allora non poté egli resistere, e subito tolse l'assedio.30 Ma tanto più di


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Veturia sono potenti le preghiere di Maria con Gesù, quanto più questo Figlio è grato ed ama questa sua cara Madre. Scrive il P. Giustino Micoviense: Unum B. Mariae suspirium plus possit, quam omnium sanctorum simul suffragia (In lit. B.V., verbo Virg. pot.).31 E questo stesso lo confessò il medesimo demonio a S. Domenico, costretto da' suoi precetti, per bocca d'un ossesso, come narra il P. Paciucchelli (De B.V.), dicendo che vale più appresso Dio un sospiro di Maria, che le suppliche di tutti i santi uniti insieme.32

Dice S. Antonino che le preghiere della S. Vergine, essendo preghiere di madre, hanno una certa ragione d'imperio, ond'è impossibile ch'ella non sia esaudita quando prega: Oratio Deiparae habet rationem imperii; unde impossibile est eam non exaudiri (P. 4, tit. 15, c. 17, § 4).33 Quindi così le parla S. Germano,


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animando i peccatori che a quest'avvocata si raccomandano: Avendo voi, o Maria, l'autorità di madre con Dio, ottenete il perdono a' peccatori più enormi; mentre quel Signore che in tutte le cose vi riconosce per sua vera Madre, non può non concedervi quanto voi gli cercate: Tu autem materna in Deum auctoritate pollens, etiam iis qui enormiter peccant eximiam remissionis gratiam concilias; non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae et intemeratae Matri in omnibus morem gerat (V. in Enc. Deip.).34 Ond'è che S. Brigida (L. 4, Rev., cap. 74) intese che i santi del cielo così dicevano alla Vergine: Domina benedicta, quid est quod non poteris? Quod enim vis, hoc factum est:35 Qual cosa v'è che voi non potete? Ciò che voi volete, quello si fa. Al che corrisponde quel celebre verso: Quod Deus imperio, tu prece, Virgo, potes.36 E che forse, dice S. Agostino, non è cosa degna della benignità del Signore con ciò custodire l'onor di sua Madre, giacch'egli si protestò d'esser venuto in terra non a rompere, ma ad osservare la legge, la quale fra l'altre cose comanda che si onorino i genitori? Numquid non pertinet ad benignitatiem Domini Matris honorem servare, qui legem non venit solvere, sed adimplere?37

Anzi soggiunge S. Giorgio arcivescovo di Nicomedia che Gesù Cristo anche quasi per soddisfare all'obbligo che ha a


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questa Madre, per avergli dato col suo consenso l'essere umano, adempie tutte le sue dimande: Filius quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas (Or. de Ex. Mar.).38 Ond'esclama il martire S. Metodio: Euge, euge, quae debitorem habes Filium qui omnibus mutuatur. Deo enim universi debemus; tibi autem etiam ille debitor est (Or. in Hyp. Dom.).39 Rallegrati, o Maria, che hai la sorte di aver per debitore quel Figlio che a tutti e niente riceve da alcuno. Tutti noi siamo debitori a Dio di quanto abbiamo, poiché tutto è suo dono; ma a voi ha voluto Dio stesso farsi debitore, pigliando da voi la carne e facendosi uomo. Onde dice S. Agostino: Virgo quae meruit pro liberandis proferre pretium, potest plus omnibus suffragium libertatis impendere (or. 2, de Ass. B.V.).40 Avendo Maria meritato di dar la carne al divin Verbo, e con quella apprestare il prezzo della Redenzione, affinchè noi fossimo liberati dalla morte eterna, perciò ella, dice S. Agostino, è più potente di tutti ad aiutarci a conseguir la salute eterna. Quindi S. Teofilo, vescovo d'Alessandria, che viveva al tempo di S. Girolamo, così lasciò scritto: Il Figliuolo gradisce di esser pregato da sua Madre, perché vuole accordarle tutto ciò ch'egli accorda in suo riguardo, e così ricompensare la grazia, ch'esso ne ha ricevuta, d'avergli ella data la carne.41 Onde


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S. Giovan Damasceno rivolto alla Vergine così le parla: Voi dunque, o Maria, essendo Madre di Dio, potete salvar tutti colle vostre preghiere che sono avvalorate dell'autorità di madre: Potes quidem omnes salvare, ut Dei altissimi Mater, precibus materna auctoritate pollentibus (Ex men., 1 ian., Ode 4).42

Concludiamo con S. Bonaventura, il quale, considerando il gran beneficio che ci ha fatto il Signore in darci Maria per avvocata, parlando a lei così le dice: O certe Dei nostri mira benignitas, qui suis reis te Dominam tribuit advocatam, ut auxilio tuo, quod volueris, valeas impetrare (In Salv. Reg.):43 O certamente immensa ed ammirabile bontà del nostro Dio, che a noi miseri rei ha voluto concedere voi Signora nostra per nostra avvocata, acciocché possiate colla vostra potente intercessione ottenerci di bene, quanto voi volete.

O mirabilis erga nos, siegue a dire lo stesso santo, misericordia Dei nostri, qui, ne fugeremus pro sententia, voluit Matrem ac dominam gratiae, instituere advocatam!44 O gran pietà del Signore, il quale, acciocché noi non fuggissimo per la sentenza che si ha da dare sulla nostra causa, ci ha destinata per avvocata la stessa sua Madre e la padrona della grazia.


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Esempio.

Racconta il P. Razzi Camaldolese (Mirac. d. Mad., Mir. 47) come un certo giovine, essendo morto il padre, fu mandato dalla madre in corte d'un principe. Ma la madre in licenziarlo, perch'era divotissima di Maria, si fece promettere dal figlio che ogni giorno l'avrebbe recitata un'Ave Maria, con queste parole in fine: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia.

Arrivato nella corte, il giovane fra qualche tempo diventò così dissoluto ne' vizi, che 'l padrone fu costretto a mandarlo via. Egli allora disperato non sapendo come vivere, si diede in campagna a far l'assassino di strada; ma in questo tempo non lasciava di raccomandarsi alla Madonna, come gli avea detto la madre. Finalmente fu preso dalla giustizia e condannato a morte.

Or stando esso in prigione per essere giustiziato il giorno seguente, pensando al suo disonore, al dolor della madre ed alla morte che l'aspettava, piangeva inconsolabilmente; onde vedendolo il demonio oppresso da una gran malinconia, gli apparve in forma d'un bel giovine, e gli disse ch'esso l'avrebbe liberato dalla morte e dalla carcere, se avesse voluto fare quello che gli dicea. Il condannato si esibì a far tutto. Allora il giovane finto gli palesò ch'egli era il demonio venuto per suo aiuto. In primo luogo volea che rinnegasse Gesù Cristo ed i SS. Sagramenti; e 'l giovine acconsentì. Di più gli disse che rinnegasse Maria Vergine, e rinunziasse alla sua protezione. Or questo non lo farò mai, rispose il giovane; e volgendosi a Maria, le replicò la solita orazione insegnatagli dalla madre: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia. A queste parole sparì il demonio. Ma il giovane restò afflittissimo per l'eccesso commesso di aver rinnegato Gesù Cristo. Ricorrendo però alla S. Vergine, ella gl'impetrò un gran dolore di tutti i suoi peccati; onde si confessò con gran pianto e contrizione.

Uscito già per andare al patibolo, nella via s'incontrò con una statua di Maria; egli la salutò colla solita preghiera: Vergine benedetta, aiutatemi nell'ora della morte mia; e la statua a vista di tutti chinò la testa e lo risalutò. Allora egli intenerito pregò di poter baciare i piedi a quell'immagine. I ministri ripugnavano, ma poi condiscesero per lo strepito che ne faceva


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il popolo. Si chinò il giovane per baciare i piedi, e Maria da quella statua stendè il braccio, e lo prese per la mano, e lo tenneforte che non fu possibile staccarnelo. A questo prodigio tutti cominciarono a gridare, grazia, grazia, e la grazia fu fatta. Egli poi ritornato alla patria si diede ad una vita esemplare, seguendo a vivere affezionatissimo a Maria, che l'avea liberato dalla morte temporale ed eterna.45

Preghiera.

O gran Madre di Dio, vi dirò con S. Bernardo: Loquere, Domina, quia audit Filius tuus, et quaecumque petieris, impetrabis.46 Il vostro Figlio ben vi ascolta, e quanto voi cercherete, tutto vi concederà. Parlate dunque, parlate, o Maria avvocata nostra, a favor di noi miserabili. Ricordatevi che anche per nostro bene voi riceveste tanta potenza e tanta dignità. Un Dio a tal fine ha voluto farsi vostro debitore, con prender da voi l'essere umano, acciocché poteste a vostro arbitrio dispensare a' miseri le ricchezze della divina misericordia.

Noi siamo vostri servi, addetti con modo speciale alla vostra servitù, e tra questi spero d'essere anch'io. Noi ci vantiamo di vivere sotto la vostra protezione. Se voi fate bene a tutti, anche a coloro che non vi conoscono o non vi onorano, e che anzi vi oltraggiano e vi bestemmiano, quanto più dobbiamo sperar noi dalla vostra benignità, che va cercando miseri per sollevarli? noi che vi onoriamo, vi amiamo e confidiamo in voi?

Siamo gran peccatori, ma Dio vi ha arricchita di pietà e di potenza maggiore d'ogni nostra iniquità. Voi potete e volete salvarci; e noi tanto più vogliamo sperarlo, quanto più ne siamo indegni, per più glorificarvi in cielo, allorché vi giungeremo colla vostra intercessione.


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O Madre di misericordia, noi vi presentiamo l'anime nostre, un tempo fatte belle e lavate col sangue di Gesù Cristo, ma poi imbrattate col peccato. A voi le presentiamo, voi pensate a purificarle. Otteneteci una vera emenda, otteneteci l'amore a Dio, la perseveranza, il paradiso. Vi cerchiamo gran cose, ma che forse voi non potete ottenerci tutto? son troppe forse all'amore che Dio vi porta? Vi basta aprir la bocca a pregare il vostro Figlio; egli niente vi nega. Pregate dunque, pregate, o Maria, per noi; pregate, e voi sarete certamente esaudita, e noi saremo sicuramente salvati.




1 «Nomine dexterae Patris intelligitur vel ipsa gloria deitatis ipsius, vel beatitudo aeterna eius, vel potestas iudiciaria et regalis. Haec autem praepositio ad (sedet ad dexteram Patris) quemdam accessum ad dexteram designat; in quo designatur convenientia cum quadam distinctione. Quod quidem potest esse tripliciter. Uno modo, ut sit convenientia in natura et distinctio in persona; et sic Christus, secundum quod Filius Dei, sedet ad dexteram Patris, quia habet eamdem naturam cum Patre... Alio modo secundum gratiam unionis, quae importat e converso distinctionem naturae et unitatem personae; et secundum hoc Christus, secundum quod homo, est Filius Dei, et per consequens sedens ad dexteram Patris... Tertio modo potest praedictus accessus intelligi secundum gratiam habitualem, quae abundantior est in Christo prae omnibus aliis creaturis, in tantum quod ipsa natura humana in Christo est beatior ceteris creaturis, et super omnes alias creaturas habens regiam et iudiciariam potestatem.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 58, art, c. - «Christus dicitur sedere ad dexteram Patris, inquantum secundum naturam divinam est in aequalitate Patris, secundum autem humanam naturam in excellenti possessione divinorum bonorum prae ceteris aliis creaturis. Utrumque autem soli Christo convenit.» Ibid., art. 4, c.

2 «Et venit Nazareth, et erat subditus illis (Luc. II, 51). Quid enim magister virtutis, nisi officium pietatis impleret? Et miramur si Patri defert, qui subditur matri? Non utique infirmitatis, sed pietatis est ista subiectio (tanto al Padre Eterno, quanto alla Madre)... Disce... tuae utilitatis praecepta, et exempla pietatis agnosce.» S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum secundum Lucam, lib. 2, n. 65, 66. ML 15-1575, 1576.

3 «Dominus tecum. In his duobus verbis notatur Mariae dignitas et dominium super Filium suum: cum enim de omnibus ceteris sanctis dicatur, et magnum sit eis, esse cum Domino, unde et Enoch dicitur ambulasse cum Deo, quod faciunt qui eius per omnia obediunt voluntati: Maria maius aliquid ceteris hominibus sanctis sortita est, ut non solum ipsa subiiceretur voluntati Domini, sed etiam Dominus voluntati ipsius, ut per hoc merito diceretur Dominus esse cum ea.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 5, n. 6. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 23; Parisiis (Vives), XXXVI, 41.

4 «In laude aliarum virginum dicitur quod sequuntur Agnum quocumque ierit (Apoc. XIV, 4): de ista autem potest secure dici quod Agnus sequebatur eam quocumque ivit. Unde Luc. II, 51: Descendit cum illis... Nazareth, et erat subditus illis.» IDEM, id. op., lib. 1, cap. 5, n. 4.

5 «Quintum Mariae privilegium est, quod ipsa, super omnem creaturam, Deo corporaliter familiarissima fuit. Nam... ipsa Deum novem mensibus in utero portavit... lactavit... dulciter educavit... sibi subditum habuit... in amplexibus et osculis familiarissima contrectavit... Sextum Mariae privilegium est, quod ipsa super omnem creaturam apud Deum potentissima est... Grande privilegium est quod ipsa prae omnibus sanctis apud Deum tam potentissima est.» CONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Vatic., Mogunt., Lugdunen., VI, 439, col. 1.

6 «Fecit in te magna qui potens est, et data est tibi omnis potestas in caelo et in terra... Nil tibi impossibile, cui possibile est desperatos in spem beatitudinis relevare. Quomodo enim illa potestas tuae potentiae poterit obviare, quae de carne tua carnis suscepit originem? Accedis enim ante illud aurem humanae reconciliationis altare, non solum rogans, sed imperans, domina, non ancilla... Audi nos. Nam et Filius nihil negans honorat te, qui est Deus benedictus in saecula saeculorum. Amen.» NICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, In Nativ. B. V. M., sermo 44, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-740.

7 «Viderunt pauperes, per te, divitias bonitatis divinae... Peccatores, per te, Deum exquisierunt et salvi facti sunt... Potens igitur ad salutem auxilium tuum, o Deipara, nec mendationem requirens. Tu enim revera, verae es Vitae parens.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In dormitionem SS. Deiparae, sermo 2, MG 98-350.

8 «Omnia quae sunt in caelo et in terra... quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta. Ille enim qui Filius Dei est et Virginis benedictae, volens, ut sic dicam, paterno principatui quodammodo principatum aequiparare maternum, ipse, qui Deus erat, matri famulabatur in terra: unde Luc. II, 51 scriptum est de Virgine et glorioso Ioseph: Et erat subditus illis. Praeterea (propterea) haec (propositio) est vera: Divino imperio omnia famulantur et Virgo. Et iterum haec est vera: Imperio Virginis omnia famulantur et Deus.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., art. unic., cap. 6. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 92, col. 1, 2.

9 «Rogamus ergo te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis obtineas, ut plenitudo gratiae quam meruisti, in nobis sic operetur quo participium beati praemii eius nobis misericorditer quandoque donetur.» EADMERUS, monachus Cantuariensis, Liber de excellentiaB.M. cap. 12. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-578.

10 «Persequar inimicos meos et in fugam convertam, solam retinens veluti thoracem protectionem tuam, tuumque omnipotens auxilium.» COSMAS Hierosolymitanus, Hymnus VI, Pro magna quinta feria. MG 98-482.

11 «Ipsa enim regina est illius civitatis, cuius filius suus rex, et eisdem privilegiis secundum leges gaudent rex et regina. Cum autem eadem sit potestas, et communis, matris et filii, quae ab omnipotente Filio omnipotens est effecta... tamen excellenter potens est in Ecclesia triumphante.» RICHARDUS A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 29, n. 1. Inter Opera S. Alb. M., Lugd., 1651, XX, pag. 146, col. 1; Paris., XXXVI, 254, col. 2.

12 «In quantum (luna) significat Ecclesiam... secundum hoc, tantum fuit meritum Virginis, ut Ecclesia sit sub pedibus eius, sub protectione; unde ipsa ait Eccli. XXIV, 15: In Hierusalem potestas mea, id est, in Ecclesia.» S. ANTONINUS, Sum. Theolog., pars 4, tit. 15, cap. 20, § 2. Veronae, 1740, IV, col. 1051.

13 «Cui (Mariae) respondit Filius: «Benedicta sis tu, Mater carissima... Et benedictum sit os tuum et labia tua, de quibus omnis misericordia procedit in miseros peccatores. Tu vere misericordiae Mater praedicaris et es, quia miserias omnium consideras, et me ad misericordiam flectis: pete ergo quod vis, non enim inanis potest esse caritas et petitio tua.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 6, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 362, col. 2.



14 «Deinde (Pater) ad matrem Filii ait: «Quia tu mihi nihil negasti in terra, ideo ego tibi nihil negabo in caelo: voluntas tua complebitur.» Id. op., lib. 1, cap. 24, pag. 29, col. 2.



15 Non sappiamo dove abbia detto S. Bernardo le parole riferite da S. Alfonso. Il pensiero però è manifestamente suo, espresso specialmente in quel celebre passo del Sermone de aquaeductu, n. 7, 8, ML 183-441, 442: «Potesne Filius aut repellere, aut sustinere repulsam; non audire aut non audiri Filius potest?... Semper haec inveniet gratiam, et sola est gratia qua egemus... Quod quaerit, invenit, et frustrari non potest.» - Giova riferire quanto si legge nelle Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 74, pag. 238, col. 2: «Tunc statim sancti apparentes dixerunt: «O Domina benedicta... quid est quod non poteris? Quod enim tu vis, hoc factum est.»

16 «Procul dubio... benignissimus Filius tuus erit ad concedendum quidquid voles promptus et exaudibilis. Tantummodo itaque velis salutem nostram, et vere nequaquam salvi esse non poterimus.» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 12. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-579.

17 «Roganda est autem Maria ut velit, quia, si vult, necesse est fieri, sicut dicit Augustinus de Domino.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 40. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 45, col. 2; Paris., XXXVI, 81, col. 1.



18 «Revertere, revertere, Sulamitis... (Cant. VI, 12)... Revertere, primo per naturam. Numquid quia ita deificata, idfeo nostrae humanitatis oblita es?... Scis in quo discrimine nos reliqueris... Non enim convenit tantae misericordiae tantam miseriam oblivisci, quia, etsi subtrabit gloria, revocat natura: non enim ita memoraris iustitiae Dei solius, ut misericordiam non habeas; neque ita es impassibilis, ut sis incompassibilis. Naturam nostram habes, non aliam; et iustum est ut de rore tantae pietatis diffusius infundamur. Revertere, secundo per potentiam. Fecit in te magna qui potens est, et data est tibi omnis potestas in caelo et in terra... Moveat te natura, potentia moneat, quia quanto potentior, tanto misericordior esse debebis.» NICOLAUS, monachus, In Nativ. B. V. M., sermo 44, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-740.

19 «Sic potentissima et piissima caritas et affectu compatiendi, et subveniendi abundat effectu, aeque locuples in utroque.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V. sermo 4, n. 8. ML 183-430.

20 È questa dottrina generale di S. AGOSTINO. Forse allude S. Alfonso a quanto si legge nel Tractatus 8 in Ioannem, n. 9. ML 35-1455, su questo luogo (Nondum venit hora mea): «Et antequam de illa natus esset, noverat matrem; et antequam ipse Deus crearet, de qua ipse homo crearetur, noverat matrem.» - Abbiamo adottato il testo della prima ediz. Napolet., manifestamente alterato nelle seguenti edizioni. Ediz. Bassanese: No, risponde, non...; ed. Napo. 1776: no, si risponde, non...

21 «Et cur, inquies, postquam dixerat: Nondum venit hora mea, et recusaverat, id quod mater dixerat effecit? Ut contradicentibus... demonstraretur ipsum non esse horae et tempori subditum... Ad haec in matris honorem id fecit, ne omnino ipsi repugnare videretur, ne ex imbecillitate id facere videretur, ne tanto adstante coetu matrem pudore afficeret: nam ministros ipsi obtulerat.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem hom. 22, n. 1. MG 59-134.

22 Defensio B. V. Mariae et piorum cultorum illius contra libellum intitualtum Monita salutaria B. V. Mariae ad cultores suos indiscretos: auctore Francisco Lodviscio BONA, theologo (da non confondersi col Cardinale Giovanni Bona), cap. 11: «Audi D. Thomam (p. III, qu. 27, art. 4) explicantem citatum a te (dall'autore dei Monita salutaria B. V. M.) Ioannis textum: «Per illa verba: Quid mihi et tibi, mulier: nondum venit hora mea, ostendit se dilaturum fuise miraculum si alius rogasset; quia tamen rogabat Mater, fecit.» (Summa aurea, V, col. 183) - Bisogna pur confessare che S. Tommaso non ha queste parole, né nel luogo indicato, né, per quanto sappiamo, altrove. Dice soltanto S. Tommaso, Comment. in Evang. S. Ioannis, lect. 1, n. 5: «Quamvis autem mater repulsa sit, tamen de filii misericordia non diffidit; ideo consequenter monet ministros: Quodcumque dixerit vobis, facite.» - L'autore dei Monita salutaria B. V. Mariae ad cultores suos indiscretos, è Adamo Windenfeldt (+ 1678), giureconsulto di Colonia. Fece gran rumore questa operetta, e molti scrissero contro per confutarla: tra gli altri, anche Enrico de Cerf, dottore dell'Università di Donai, coi suoi Iesu Christi monita maxime salutaria de cultu dilectissimae Matri Mariae debite exhibendo (Summa aurea, V, col. 213-226). Forse per questo gli venne attribuita la Defensio. - Zaccaria, nella sua nomenclatura delle opere intorno ai Monita del Widenfeldt (Storia letteraria, VIII, 247-251, all'anno 1674) dice che il sopra nominato «Lodovico Bona» chiamavasi «M. Dubois, professore».

23 «Maximum esse illum honorem, qui parentibus debetur, Christus ostendit, dum reverentia matris id faciendum suscipit, quod facere nolebat.» S. CYRILLUS Alexandrinus, In Ioannis Evangelium, lib. 2, in cap. II, 4. MG 73-226.

24 In questo versetto: Tempus faciendi, Domine... (Ps. CXVIII, 126). «Aut fortasse vult a nobis admoneri, vult rogari: imo si rogatus fuerit, ante tempus venit. Venit ad ficulneam: et ante horam venit, ut dicit ad matrem. Illa rogabat pro nobis, illa festinabat, dicens: Vinum non habent, fili. Respondit Iesus: Quid mihi et tibi est, mulier? Nondum venit hora mea (Io. II, 3, 4). Et mater quae sciebat eius affectum, dicit ministris: Quodcumque dixerit vobis, facite (ibid. 5). Iesus quoque, qui horam suam venisse negaverat, fecit quod ante differebat; nam omnia Deus suo tempore facit. Quidquid facit, non est extra tempus: sed totum opportunum est quod fecerit: et mihi suo tempore advenit; omne enim tempus opportunum saluti, nihil praeproperum pro salute periclitantium: sed volebat exspectare adhuc Synagogae correctionem. Ideo ante tempus ad ficulneam venit (Marc. XI, 13), hoc est, cito Iudaeis venit, opportune gentibus: cito venit perituris, commode credituris.» S. AMBROSIUS, Expositio in Ps. CXVIII, Sermo 16, n. 38. ML 15-1437. - S. Alfonso intende citare S. Ambrogio, e non S. Girolamo, come apparisce dalla nota seguente.

25 «Ex his constat, quantum Deiparae precibus detulerit; tempus enim atque horam miraculorum, illius annuens precibus, antevertit. D. Cyrillus in Ioannem: «Quantus, inquit, honor parentibus debeatur, Christus ostendit, cum statim ad actum propter matrem accedat, quem, quantum in eo erat, parumper distulisset, etc.» Et Ambrosius, Psalm. 118, octonario 16: «Qui horam suam venisse negabat, fecit quod ante differabat, etc.» BARRADAS, S. I., Commentarii in concordiam et historiam quatuor Evangelistarum, lib. 3, cap. 1 (verso la fine). Lugduni, 1610, II, pag. 157, col. 1.

26 «Aliter tamen dici potest, nondum tunc venisse tempus passim et publice edendi miracula, quod tempus coepit primum ab incarceratione Ioannis, unde ab eo tempore reliqui Evangelistae coeperunt eius praedicationem et miracula prosequi: tamen quo matrem, ob repulsam filii non deficientem in fide et spe, honoraret, praevenit illud tempus miracula faciendi, ostendens simul se temporibus non subiici, sed dominari eis.» Cornelius IANSENIUS, episcopus Gandavensis, Commentaria in suam Concordiam ac totam historiam evangelicam, cap. 18. Lovanii, 1572, I, pag. 147. - Notiamo in fine che l'obbiezione mossa da taluni, a nome della teologia, contro la spiegazione qui data da S. Alfonso, non ha fondamento. Come sapientemente osserva S. Alfonso, tutto è preveduto da Dio, e nei suoi decreti eterni ordinato: tutte le leggi e tutte le eccezioni, e la coordinazione tra loro delle leggi ed eccezioni, come vuole Iddio che succeda nel tempo. - Quest'ultimo tratto chiuso tra le lineette manca nella I edizione.

27 «Nulla enim creatura et tot, et tanta, et talia impetrare posset apud benedictum Filium tuum miseris, quanta tu apud ipsum impetras eisdem. In quo proculdubio non tamquam ancillam suam, quae indubitanter es, sed tamquam matrem verissimam te honorat.» GUGLIELMUS ALVERNUS, episcopus Parisiensis, Rethorica divina, sive Ars oratoria eloquentiae divinae (ars orandi), cap. 18. Opera, I, Aureliae et Parisiis, 1674, pag. 358, col. 2.

28 «Quae habitas in hortis caelestibus, quae mecum accubas in amoenitate semper virentis Paradisi, fiducialiter apud me, pro quibuscumque volueris, intercede: non enim possum oblivisci me filium, ut Matri quidpiam denegandum putem.» Dice Paciuchelli: Guglielmus Abbas. Potrebbe dunque essere GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neoburgensis, piuttosto che Guglielmo, vescovo di Parigi. Scrissero l'uno e l'altro Commentari inediti sulla Cantica: il secondo viene citato più di frequente. - Dopo le surriferite parole, il PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 20 in Salutationem Angelicam, n. 10, Venetiis, 1720, pag. 544, col. 1: «Quinam sunt amici, nisi Christi fideles? Auscultant: spectant, alii legunt. Quid? Ut sonet vox tua in auribus meis: ut ego audiam vocem tuam. Cur non potius spectant, ut eis multa impetret, sed tantum ut vocem proferat? Quia eius orare, exorare est; et a Filio audiri, exaudiri est. Imperium siquidem oratio Matris censetur.»

29 «Ceteri siquidem sancti Dominum Deum orant, et orando impetrant, sed honorabilis Virgo Maria, si illum, ex eo quod Deus et Dominus est, exorare merito creditur, ex eo tamen quod homo est et natus ex ea, quasi quodam matris imperio apud ipsum impetrare quidquid voluerit pia fide non dubitatur... Hoc est enim materni iuris apud filios dignitate sublimes, ut si eos matres eorum saepius rogent quia domini sunt, eis etiam aliquando quasi imperent quia filii sunt. Bonum itaque naurae, quod Deus hominibus dedit, numquam sibi, qui est summum bonum et a quo bona cuncta procedunt, negabit.» GOFFRIDUS, Abbas Vindocinensis (Vendôme), S. Priscae Cardinalis, + 1132, Sermo 8, In omni festivitate B. M. Matris Domini. ML 157-268, 269.



30 «Cn. Marcius, patriciae gentis adolescens, Anci regis clara progenies, cui Corioli Volscorum oppidum captum cognomen adiecit...» VALERIUS MAXIMUS, Factorum dictorumque memorabilium libri noveni, lib. 4, cap. 3, I (Exempla Romana), n. 4. - «Coriolanus, maximi vir animi, et altissimi consilii, optimeque de republica meritus, iniquissimae damnationis ruina prostratus, ad Volscos infestos tunc Romanis confugit... Quo latebras quaesitum venerat, ibi brevi summum adeptus est imperium. Evenitque, ut quem pro se salutarem imperatorem cives habere noluerant, paene pestiferum adversus se ducem experirentur. Frequenter enim fusis exercitibus nostris, victoriarum suarum gradibus, aditum iuxta moenia urbis Volsco militi struxit. Quapropter fastidiosus ille in aestimandis bonis suis populus, qui reo non pepercerat, exsuli coactus est supplicare. Missi ad eum deprecandum legati, nihil profecerunt. Missi deinde sacerdotes cum infulis aeque sine effectu redierunt. Stupebat senatus, trepidabat populus, viri pariter ac mulieres exitium imminens lamentabantur. Tunc Veturia, Coriolani mater, Volumniam uxorem eius et liberos secum trabens, castra Volscorum petiit. Quam ubi filius adspexit: «Expugnasti, inquit, et vicisti iram meam, patria: precibus huius admotis, cuius utero te, quamvis merito mihi invisam, dono;» continuoque Romanum agrum hostilibus armis liberavit. Ergo pectus dolore acceptae iniuriae, spe potiundae victoriae, verecundia detrectandi ministerii (affidatogli dai Volsci), metu mortis (da parte dei Volsci: dice però Cicerone che si diede la morte da se stesso) refertum, totum sibi pietas vacuefecit: uniusque parentis adspectus bellum atrox salutari pace mutavit.» IDEM, id. op., lib. 5, cap. 4, I (Exempla Romana), n. 1.

31 «Robertus Fossanus, in salutationem angelicam concione 25, in Vita S. patris Dominici se legisse narrat, quod unum B. Virginis suspirium plus possit apud Filium, quam omnium sanctorum simul suffragium.» Iustinus MIECHOVIENSIS, Polonus, O. P., Discursus praedicabiles super Litanias Lauretanas B. V. M., Discursus 275, n. 9. Neapoli, 1857, II, pag. 160, col. 1. Questa edizione riproduce quella di Lione, 1660; aggiungendovi però l'invocazione Regina sine labe originali concepta, ed il trattato del Perrone, S. I., De immaculato B. V. Mariae conceptu.

32 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 3 in Salutationem Angelicam, n. 10. Venetiis, 1720, pag. 400, col. 1, 2, pag. 401, col. 1. Lo stesso fatto viene raccontato più brevemente dal Miechoviense, op. cit., l. c. (vedi la nota precedente), pag. 160, col. 1, 2.

33 «Oratio quidem sanctorum non innititur alicui iuri ex parte sui, sed tantum misericordiae ex parte Dei; oratio autem Virginis innititur gratiae Dei, iuri naturali et iustitiae Evangelii. Nam filium non tantum tenetur audire matrem, sed et obedire, iuxta illud Apostoli Ephes. VI: Filii, obedite parentibus vestris, quod etiam est de iure naturae. Quod ipsa videtur innuere in modo orandi; non enim usa est obsecratione simplici, sed insinuatione, dicens: Vinum non habent, Io. II. Dicit autem Hugo de S. Victore (vedi De modo orandi, cap. 3, ML 176-960, 961, ove conchiude: Insinuatio ex fiducia perfectis convenit) quod nobilissima species orationis est insinuatio, exemplificans in dicto verbo: Vinum non habent. Et sic oratio eius erat nobilissimus modus orandi, tum quia habebat rationem iussionis et imperii, tum quia impossibile erat eam non exaudiri, iuxta illud, quod in figura eius dixit Salomon matri suae Bersabeae, quum aliquid petere vellet: Pete, inquit, mater mea: neque enim fas est ut avertam faciem tuam. III Reg. II, 20.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars. 4, tit. 15, cap. 17, § 4. Veronae, 1740, IV, col. 1029.

34 «Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus, ut verae ac intermeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in omnibus, morem gerat.» S. GERMANUS, In dormitionem Dominae nostrae Deiparae, sermo 2. MG 98-351.

35 «Tunc statim sancti apparentes dixerunt: «O Domina benedicta, tu portasti Dominum in te, et tu Domina omnium es: quid est quod non poteris? Quod enim tu vis, hoc factum est.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 74. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 238, col. 2.

36 Il citato verso è comune presso gli scrittori pii, così nel P. G. PINAMONTI, S. I., Il sacro Cuore di Maria Vergine (introduzione), Opere, Parma, 1710, pag. 328, e nel P. PEPE, Grandezze di Gesù e di Maria, tomo VII, pag. 601: né l'uno né l'altro però indica la fonte.



37 «Numquid non pertinet ad benignitatem Domini, matris servare honorem, qui legem non solvere venerat, sed adimplere (Matth. V, 17)?» De Assumptione B. M. V. liber unus («incerti auctoris ac pii», contemporaneo, a quanto pare di Carlo Margno: ML 40-1141, titolo e nota a): forse di Alcuino?), n. 5. ML 40-1145, inter Opera S. Augustini.

38 «Tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor implet.» GEORGIUS, Nicomediensis metropolita (non santo), Oratio VI, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439.

39 «Euge, euge, Dei Mater ancillaque. Euge, euge, cui ille omnium creditor, debitor sit. Deo debemus omnes: tibi ipse obstrictus est.» S. METHODIUS, Sermo de Simeone et Anna, n. 10. MG 18-374. - Se poi sia da attribuirsi questo Sermone all'illustre teologo S. Metodio, vescovo e martire, o a S. Metodio, Patriarca di Costantinopoli, si veda sopra, cap. 3, § 2, nota 3, pag. 118.

40 «Neque enim dubium, quae meruit pro liberandis proferre pretium, posse plus sanctis omnibus, liberatis impendere suffragium.» Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 208, In festo AssumptionisB.M. n. 12. ML 39-2134. - Vengono proposti come autori, o «Fulbertus, episcopus Carnotensis», o, con maggior probabilità, «S. Ambrosius Autpertus».

41 «Decebat Dei Matrem, ut omnia et singula bona per ipsam perciperemus a Deo, ut Filius parenti suae deferret gloriam... Secundo ex Theophilo Alexandrino, in libro de Incarnatione Verbi, argumentum haud leve duci potest, ubi postquam praemisit filios parentibus suis aequale reddere non posse, quia scilicet haud possunt eosdem vicissim generare, solum Christum Dominum, non solum ad aequalitatem rependisse, et compensasse acceptum a parente sua beneficium docet, sed etiam superasse. Illa enim vitam naturalem Christo impertivit, Christus autem illi vitam addidit spiritualem: sic tamen ut quantum Christus in naturalibus bonis reliquis praestitit mortalibus, tantumdem Virgo in spiritualibus gratiis et charismatibus omnibus antecelleret. Subdit denique alio modo Christum Matri suae acceptam vitae gratiam rependere, quoties pro hominibus orat: «Gaudet, inquit, Filius orante Matre, quia omnia, quae nobis precibus suae Genitricis evictus donat, ipsi Matri se donare putat, et acceptae ab illa sine patre humanitatis vices reddere.» Pende illud «sine patre», quo non parum extulit Christi erga Matrem suam debitum.» SALAZAR, Expositio in Proverbia Salomonis, in cap. VIII, 18, n. 187, 188. Parisiis, 1619, col. 614, 615. - Sembrava non poter esser autentico questo testo di Teofilo, non conoscendosi alcuna opera sua de Incarnatione Verbi: ma dal Cardinal Mai venne ritrovato un frammento di Teofilo su quell'argomento (tom. VII Scriptorum veterum; cf. Ceillier, Histoire générale des auteurs sacrés et ecclésiastiques, nouvelle édition, Paris, 1861, VII, 447, col. 2). - Alla «santità» poi di Teofilo si fanno delle obbiezioni gravi a causa principalmente del suo accanimento contro S. Gio. Grisostomo; ma il Concilio di Efeso ne fece un grande elogio, e S. Leone Magno (Epistola 121, ad Marcianum Augustum, cap. 2, ML 51-1056) lo chiama «sanctae memoriae Theophilus, Alexandrinae Ecclesiae episcopus».

42 Ex Menaeis Graecorum, 1 ian., Ode 4 in S. Basilium. Item 20 ian. in precibus matutinis de S. Euthymio post Stichologiam secundam, Cathismate 2, ante Canon. festi. Apud Wangnereck, Pietas Mariana Graecorum, num. 4, p. 186.

43 «O certe Dei nostri mira benignitas, quis suis reis te Dominam tribuit advocatam, ut a Filio tuo inter nos et ipsum iudicem constituta, quod volueris pro nobis valeas impetrare.» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19 (Meditatio super Salve Regina). Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugdunen, VII, 233, col. 1. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.

44 «O mirabilis erga nos misericordia Dei nostri, qui ne alias fugeremus pro sententia, non solum dignatus est communicare se nobis in iudicem, ut esset Deus et homo Iesus Christus a quo debet sententia promulgari: sed voluit ipse sua viscera misericordiae matrem suam Dominam gratiae, nostram insituere advocatam.» Idem opus, ibid.



45 Silvano RAZZI, Camaldolese, Raccolta di miracoli operati ad intercessione della B. V. Maria Nostra Signora, ed estratti da diversi cattolici ed approvati scrittori, lib. 3, miracolo 39. Venezia, 1757, pag. 302. «Si narra nel medesimo libro» dice il RAZZI, cioè nel «Prontuario degli esempi della Beata Vergine». Cf. Ignatius BRENTANUS CIMAROLUS, O. S. B., Miranda Mariana, Fasciculus 3, XXXV, (Ex Scala caeli et Kalendario Mariano Leonardi Meyer): Migne-Bourassé, Summa aurea, XII, col. 833, 834. - CARTAGENA, De arcanis B. V., lib. ultimo, § 97: apud Pomerium, lib. 7, Serm. B. V., c. 13.

46 Sermo panegyricus seu Deprecatio et laus ad gloriosiam Virginem, n. 7. Inter Opera S. Bernardi, 184-1014. - Vedi Appendice, 3, B.




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