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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione al popolo

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Avvertimenti dall'istruttore per render l'istruzione più profittevole.

 

 

1. Tre sono le parti del catechismo al popolo, l'introduzione, la spiega del mistero, precetto, o sagramento, di cui si tratta, e la moralità, colla pratica de' mezzi e de' rimedi contra i vizi. Ed in primo luogo in quanto all'introduzione, ella si farà con esporre la materia, di cui in quella istruzione dovrà parlarsi, e con distinguere i punti che vi capono. Se la materia è concatenata con quella dell'istruzione antecedente, il catechista può introdursi con succingere i punti spiegati nella passata istruzione. Se poi la materia è disparata potrà introdursi con esporre l'importanza delle cose che in quel giorno hanno da trattarsi.

 

 

2. In secondo luogo in quanto alla spiega del mistero, del precetto, o del sagramento, di cui dee trattarsi, bisogna avvertire più cose. Per 1., quel mistero, precetto, sagramento che si spiega, bisogna che dall'istruttore sia provato colle autorità, con ragioni, similitudini, o fatti approvati. Ho detto colle autorità, ma queste sieno poche, e pochi sieno i passi latini, che da' rozzi, che per lo più compongono l'uditorio in questi catechismi, niente o molto poco s'intendono. Si lascino poi tutte le questioni scolastiche, le quali convengono alla cattedra, ma non al pulpito; specialmente quando si parla alla gente ignorante, che udendo tali questioni facilmente si confonde, e talvolta può dedurne qualche erroneo sentimento.

 

 

3. Per 2., si avverte a non proporre nell'istruzione certe dottrine, che possono indurre gli uditori a qualche rilasciamento di coscienza. Altro è parlare in confessionario, ove si considerano tutte le circostanze del caso e della persona: altro è parlare in pulpito, ove qualche opinione non bene appresa da coloro che sono inclinati alla larghezza può molto nuocere, con ricavarne essi conseguenze improbabili e lasse. Questo però non impedisce, che si tolgano le coscienze erronee di alcuni, che apprendono per peccati quelli che sono. Per esempio certi rozzi stimano, che sieno sospetti o giudizi temerari anche quelli, per cui vi è bastante fondamento di sospettare o di giudicare; bisogna spiegare, che tali giudizi o sospetti non sono temerari, né peccati. Altri stimano peccato grave il maledire semplicemente le creature, come i giorni, il vento, la pioggia, e simili: altri stimano, esser mormorazione grave il far sapere a' genitori i peccati de' figli, benché ciò sia necessario per darvi rimedio: altri stimano peccare, non osservando qualche precetto della chiesa, come di sentir messa, di non faticare la festa, di digiunare, ancorché abbiano legittime cause che gli scusano. In tutte queste cose e simili bisogna spiegare, che non vi è peccato.

 

 

4. Per 3. bisogna all'incontro, che l'istruttore dichiari quelli che son peccati certi, ancorché da taluni non si apprendano per tali, specialmente quando vi è pericolo, che vi facciano l'abito, e che quando poi sapranno, che sono i peccati, difficilmente per l'abito fatto potranno più astenersene. Per esempio alcuni tengono per peccati veniali il maledire i giorni santi, sabato santo, pasqua, pasqua rosata: bisogna istruirli, che tali maledizioni sono vere bestemmie, e peccati mortali. Di più alcuni tengono, non esser colpa grave l'esporsi all'occasione prossima di peccare: bisogna spiegare, che chi non fugge o non toglie l'occasione prossima, quando è volontaria, pecca gravemente,


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ancorché non tenga intenzione di commettere quel peccato, al cui pericolo si espone. Di più bisogna istruire coloro che praticano certe superstizioni o vane osservanze per ligare i cani, per guarire da qualche male ec.; che quelle sono tutti peccati mortali, ancorché prima l'avessero fatte in buona fede. Di più bisogna istruire chi sta coll'animo preparato di vendicarsi, in caso che ricevesse qualche affronto, e fargli sapere, che esso sta in continuo peccato mortale, e se muore con tal disposizione, muore dannato. E così anche bisogna istruire le donne che si compiacciono di esser desiderate dagli uomini, non per fine di matrimonio, ma per mera vanità, ch'esse stanno tutte in peccato.

 

 

5. Per 4. alcuni istruttori si pregiano di riempire i loro catechismi di lepidezze e fatticelli curiosi; e dicono, che ciò è necessario per aver concorso, e mantenere il popolo attento e senza tedio. Ma io non so altro, che i santi nelle loro istruzioni faceano piangere, non ridere. Quando s. Gio. Francesco Regis faceva i suoi catechismi nelle missioni, il popolo non faceva altro che piangere, come si legge nella sua vita. Che voglia dirsi qualche lepidezza, che nasce naturalmente dalla materia che si tratta, io non la riprovo; ma il voler rapportare certi fatti o favolette ridicole, a posta per far ridere la gente, questo è voler ridurre l'istruzione ad una scena di commedia: cosa indecente alla chiesa ove si parla, ed al pulpito da cui si espone la parola di Dio, e dove l'istruttore fa l'officio di ambasciatore di Gesù Cristo, come scrive l'apostolo: Pro Christo enim legatione fungimur1. È vero che la gente ha piacere di sentir quelle facezie, e ridere; ma dimando, qual profitto poi ne ricava? dopo le risa l'uditorio si troverà così distratto e indevoto, che vi bisognerà molta fatica per vederlo di nuovo raccolto; ed in vece di stare attento alla moralità che stentatamente cercherà da quella facezia dedurne il nostro lepido istruttore, per non farsi tenere da ciarlatano), anderà rivoltando per la mente quella facezia, o quel fatto ridicolo inteso, e poco o niente baderà alla moralità che vuol ricavarne l'istruttore. Se non fosse altro, un tal catechista, che si pregia di far ridere, acquisterà bensì il concetto di lepido e grazioso, ma non già di uomo santo e di spirito, il quale concetto è necessario per lo profitto di coloro che sentono. È un inganno poi il pensare che altrimenti senza queste lepidezze la gente non resterà attenta, e non concorrerà al catechismo: io dico, che allora starà più attenta, e più concorrerà, quando vedrà, che in sentire il catechismo non vi perde il tempo, ma ne ricava frutto e divozione.

 

 

6. Per 5. bisogna che l'istruttore stia molto attento alla maniera di dire che dee usare nell'istruire. Lo stile del catechismo dee essere tutto semplice, e popolare, astenendosi dal parlar pulito, e da' periodi contornati. Queste cose anche nelle prediche, come dicea s. Francesco di Sales, sono la peste della predica. I predicatori che hanno spirito di Dio, non vanno trovando questi fiori e frondi, che fanno perdere il frutto della parola di Dio, e frattanto l'anime piovono all'inferno. La parola di Dio non ha bisogno di ornamenti, quanto è più semplice, rende più frutto. Oh quanti predicatori vedremo dannati nel giorno del giudizio per questo predicar fiorito, avendo adulterata la divina parola, perché se tutti predicassero all'apostolica, viene a dire come predicavano gli apostoli, l'inferno non farebbe certamente la strage d'anime che fa al presente con queste prediche di stile gonfio e pulito. Anche i panegirici, dice il celebre Ludovico Muratori, hanno da essere fatti a stile semplice, per muovere la gente ad imitare le virtù de' santi, e non già per ricavarne un poco di fumo e vana lode. Or basta, su di questo punto ho dato fuori un nuovo libretto a parte, dove ho fatto vedere col Muratori, che tutte le prediche, e panegirici debbano esser fatti con istile semplice e popolare: poiché ordinariamente la maggior parte degli ascoltanti nelle prediche è composta di gente plebea, e perciò se lo stile non è popolare, ed accomodato alla loro capacità, niuno o molto poco profitto ne ricavano. E ciò va detto per tutte le prediche; ma nelle missioni poi è un errore troppo grande predicare con istile ornato di belle parole, e specialmente nel fare il catechismo, dove si tratta d'istruire i poveri ignoranti di


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quel che hanno da credere e che hanno da osservare, come si hanno da confessare, come raccomandare a Dio: se lo stile non è tutto popolare, ed aggiustano a modo loro, vi perde il tempo l'istruttore a parlare, ed essi a sentire. Ho detto stile popolare, ma non goffo, alcuni poi danno in eccesso a parlar goffo; ma il goffo non mai conviene al pulpito. Ho detto di più, che il sire sia aggiustato a modo loro; per tanto non si parli con periodi lunghi, ma corti e concisi; così meglio si ottiene l'attenzione del popolo. E giova molto ancora per tenere gli uditori attenti il farsi spesso dall'istruttore dimande e risposte, come se ne porteranno più esempi pratici dentro l'istruzione; e serve ancora per far restare le cose più impresse a memoria.

 

 

7. In terzo luogo in quanto alla moralità, avvertasi, che l'istruttore non solo dee istruire la mente, ma ancora, anzi con maggiore studio dee muovere la volontà degli ascoltanti a fuggire i peccati, e praticare i mezzi per non cadervi. Sono molto più i peccati che si commettono per la malizia della volontà, che per l'ignoranza della mente. Le moralità non però dell'istruzione debbono esser più brevi di quelle della predica. Debbono dirsi con fervore, ma senza tuono di predica, e senza schiamazzi. Giova talvolta nell'istruzione far qualche esclamazione contra di qualche vizio più comune, o contro alcuna falsa massima di mondo che corre, o pure contra certe scuse frivole che sogliono apportarsi da' malviventi per farsi compatire; dicendo per esempio: Non tutti si hanno da far santi: siamo di carne: Dio è di misericordia: così fanno gli altri. A queste scuse bisogna rispondere con calore, acciocché si levino certi pregiudizi, che alcuni li tengono per massime, e così non si emendano mai. Ma queste esclamazioni pure debbono esser poche, per non confondere l'istruzione colla predica, come malamente fanno alcuni.

 

 

8. Procuri per tanto l'istruttore non solo di abolire queste massime di mondo, ma d'insinuare a chi sente certe massime generali di salute, che molto giovano per conservare l'anime in grazia di Dio, per esempio: A che serve guadagnarsi tutto il mondo, e perdere l'anima? Ogni cosa finisce colla morte; l'eternità non finisce mai: Si perda tutto, e non si perda Dio: Solo il peccato è quel male, che si ha da temere: Chi ha Dio, ha tutto: A chi si ha meritato l'inferno è poca ogni pena: Bisogna vincer tutto, per salvare il tutto: Che sa fare un cristiano, se non sa sopportare un affronto per Dio? Chi prega Dio, ne ha quanto vuole: Quel che viene da Dio tutto è buono, e per nostro bene: L'esser santo consiste in amare Dio, e l'amare Dio consiste in fare la sua volontà. E queste massime, secondo cade, è bene replicarle più volte acciocché restino più impresse.

 

 

9. Di più procuri dentro l'istruzione di replicare più volte certe cose più necessarie per la salvazione dell'anime, e per 1. di non far sacrilegi con lasciar di confessare qualche peccato per vergogna. È certo, che per questa maledetta vergogna innumerabili anime si dannano. Accade, che taluni son tanto presi dal rossore, che confessandosi anche a' missionari, fanno sacrilegi. Onde bisogna battere spesso sovra questo punto; e specialmente nelle missioni; perché se quella persona non si confessa quel peccato nella missione, non se lo confesserà più. E giova a tal fine di narrare al popolo più esempi di anime dannate per le confessioni sacrileghe; perciò in fine di questo libretto ho notati molti esempi di questa sorta.

 

 

10. Per 2. bisogna più volte inculcare sovra la fuga delle occasioni cattive perché se non si fuggono le occasioni prossime, specialmente in materia di senso, tutti gli altri mezzi non servono a niente.

 

 

11. Per 3., bisogna inculcare sovra la preghiera, cioè di spesso cercare l'aiuto a Dio per non cadere in peccato. Specialmente in tempo di tentazione, chi non si raccomanda a Dio è perduto; e perciò bisogna molte volte replicare nell'istruzione, che quando vengono le tentazioni, specialmente le tentazioni impure, ognuno invochi Gesù e Maria, e seguiti ad invocarli finché dura la tentazione. Chi prega non ha paura di cadere, perché ha Dio che l'aiuta. Dicea s. Teresa, ch'ella avrebbe voluto salire sovra di un monte, e di non dir altro che: Anime, pregate, pregate, pregate.

 

 

12. Per 4. S'inculchi ancora più volte


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l'amore a Dio. Chi non piglia amore a Dio, ma si astiene dal peccare solo per timore dell'inferno, sta in molto pericolo di tornare a cadere, quando cessa quella viva apprensione di timore. Ma chi giunge ad innamorarsi di Gesù Cristo, difficilmente più cadrà in peccato mortale. Ed a ciò molto giova il pensare alla passione di Gesù Cristo. Dice s. Bonaventura, che le piaghe di Gesù Cristo impiagano i cuori più duri, ed infiammano l'anime più gelate: Vulnera corda saxea vulnerantia, et mentes congelatas infiammantia. A tal fine bisogna fare un poco d'orazione mentale ogni giorno, ed in quella fare spessi atti di amore a Gesù Cristo, e spesso cercare a Dio l'amor suo.

 

 

13. Per 5. inculchi l'istruttore spesso la frequenza della confessione e della comunione, dalle quali riceve l'anima forza per conservarsi in grazia di Dio. Di queste cose non basta parlarne una volta, bisogna replicarle molte volte, sì perché non tutti gli uditori assistono a quell'istruzione dove se ne parla, sì perché il replicarle giova per maggiormente imprimerne la necessità di metterle in pratica. Ma la gente si tedia a sentir replicare una cosa più volte. Ma ciò che importa? alcuni svogliati l'avranno in fastidio, ma gioverà a tutti gli altri che sentono, e specialmente a' rozzi, i quali se non sentono replicare una cosa più volte, subito se ne scordano.

 

 

14. Per ultimo procuri l'istruttore dentro del catechismo d'insinuare, sempre che accade, cose di pratica, mettendo in bocca agli ascoltanti le stesse parole, che hanno da dire, quando bisogna. Per esempio, quando taluno riceve qualche affronto o disgusto da un altro, dica: Dio ti faccia santo: Dio ti dia luce. E quando sta accesa la collera, meglio è che taccia senza dir niente. Quando avviene qualche cosa contraria, dica: Sia fatta la volontà di Dio: Signore, me lo piglio per li peccati miei. E queste o simili pratiche l'istruttore anche le replichi più volte, acciocché restino ben impresse nella memoria della gente: la quale si dimenticherà certamente di tutti i passi latini, e di tutte l'erudizioni peregrine addotte, e solamente si ricorderà di queste facili pratiche insegnate loro dall'istruttore. Tutti questi avvertimenti qui notati parranno cose triviali a certi spiriti bizzarri; ma la verità si è, che questi produrranno più profitto all'anime.

 

 




1 2. Cor. 5. 20.






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