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S. Alfonso Maria de Liguori Istruzione al popolo IntraText CT - Lettura del testo |
§ II. Della speranza.
20. La speranza è una virtù anche infusa in noi da Dio, per la quale aspettiamo dalla divina misericordia con certa fiducia la beatitudine eterna per li meriti di Gesù Cristo, e per mezzo ancora delle buone opere che faremo coll'aiuto di Dio. Sicché l'oggetto primario della speranza cristiana è la vita terna, cioè Dio stesso che speriamo godere: il secondario poi sono i mezzi per conseguirla, che sono la divina grazia, e le nostre buone opere, che adempiremo col soccorso della grazia. I motivi poi della speranza sono l'onnipotenza di Dio, colla quale egli può salvarci, e la sua misericordia, colla quale vuole salvarci, e di più è la fedeltà di Dio nella sua promessa a noi fatta di salvarci, per li meriti di Gesù Cristo, purché noi per li meriti di Gesù Cristo ne lo preghiamo. Ecco la promessa: Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis3. Senza questa promessa non avremmo noi alcun fondamento certo di sperare la salute da Dio, e l'aiuto per ottenerla.
21. Ma se Dio è la nostra speranza, come la santa chiesa ci fa chiamare speranza nostra la b. Vergine Maria, Spes nostra salve? Bisogna distinguere: Iddio principalmente è la speranza nostra, come l'autor della grazia e d'ogni bene: Maria poi è la nostra speranza, come mediatrice nostra appresso Gesù. Onde le dice s. Bernardo: Per te (parlando a
Maria) accessum habemus ad filium, o inventrix gratiae, mater salutis, ut per te nos suscipiat, qui per te datus est nobis1. Col che volle dire, che siccome noi non abbiamo l'accesso al Padre, se non per mezzo del figlio Gesù Cristo, ch'è mediatore di giustizia; così non abbiamo l'accesso al Figlio, se non per mezzo della madre, ch'è mediatrice di grazia, e ci ottiene colla sua intercessione le grazie che Gesù Cristo ci ha meritate. E perciò s. Bernardo chiamava Maria, tutta la ragione della sua speranza: Haec est tota ratio spei meae2. E perciò ancora la chiesa ci fa chiamarla: Vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
22. Come si pecca contro la speranza? Si pecca per 1. disperando della divina misericordia. Così peccò Caino dopo aver ucciso Abele suo fratello, dicendo: Maior est iniquitas mea, quam ut veniam merear3. Come se Dio non avesse potuto perdonarlo, benché egli si pentisse del suo peccato; quando il Signore ha detto: Convertimini ad me, et convertar ad vos, dicit Dominus4. Si pecca per 2. presumendo di salvarci senza l'aiuto divino, oppure di ottener misericordia senza lasciare il peccato. Onde se vogliamo ottener la santa perseveranza, bisogna che sempre diffidiamo di noi, e confidiamo in Dio; chi confida alle proprie forze di non cadere nelle tentazioni, non riceve aiuto da Dio, e resta vinto. Chi poi vuol superare la tentazione, bisogna che subito ricorra a Dio con confidenza: Non delinquent omnes, qui sperant in eo, dice Davide5. E Dio stesso dice: Quoniam in me speravit, liberabo eum6.
23. Come si fa dunque l'atto di speranza? Dio mio, fidato nelle vostre promesse, per li meriti di Gesù Cristo, spero da voi, perché siete potente, misericordioso, e fedele, la gloria del paradiso, ed i mezzi per conseguirla.
24. È necessaria la speranza per salvarsi; ma non basta a salvarci la sola speranza, bisogna ancora cooperare colle buone opere per acquistarsi la salute eterna. I santi han lasciato tutto per acquistarla. Narra s. Giovanni Damasceno, nella vita di Giosafat monaco cap. 30., che questo giovane era figlio del re, e successore del regno; ma illuminato da celeste luce, affin di accertare la sua salvazione, disprezzando tutte le ricchezze e delizie terrene, fuggì dal palazzo reale, e segretamente si ritirò in un deserto, ove visse in continue orazioni e penitenze tutta la sua vita. In morte furono veduti gli angeli, che portavano la sua anima benedetta in paradiso. Udite quel che fece un'altra donna per acquistarsi il paradiso. Narra Socrate7, che avendo ordinato l'imperator Valente ariano al prefetto della città, che si uccidessero tutt'i cattolici, che si adunavano in certo luogo a far le loro divozioni; ed andando già il prefetto ad eseguire il barbaro comando, s'incontrò con una donna giovane, che portava seco un figliuolino, e si affrettava a camminare; domandata dove andasse, rispose: Vado ove vanno gli altri cattolici. - Ma non sai tu (le fu detto), che tutti questi hanno da essere fatti morire? - E per questa causa (replicò la donna) io mi affretto, con questo unico mio figlio, acciocché abbiamo la sorte di morire per Gesù Cristo, e di andare a goderlo in paradiso. Avendo inteso ciò il prefetto, ritornò all'imperatore, e gli raccontò il fatto; quegli, confuso dall'animo così generoso di quella donna, ordinò ch'essa fosse lasciata in pace.