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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione al popolo

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§ II. Del giuramento.

 

 

15. Il giuramento è un'invocazione del nome di Dio in testimonianza della verità che si asserisce. È giuramento sempre che si asserisce una cosa, e si dice, per Dio, o per qualche santo, o cosa sagra, come per li sagramenti, per l'evangelio, per la chiesa, per la croce, per la messa. È anche giuramento quando si nomina qualche creatura, in cui risplende con modo speciale la bontà, o la potenza di Dio, come quando uno giura per l'anima, per lo cielo, o per la terra. Se uno dicesse: viva Dio, o pure Dio lo vede, e giuramento? Bisogna distinguere: se chiama Dio invocativamente, cioè invocandolo in testimonio di quel che allora asserisce, è vero giuramento; ma non già poi, se dice quelle parole assertivamente, senza chiamar Dio in testimonio. Così anche non è giuramento il dire: per la coscienza mia, o per la fede mia, senza dinotare o intendere la fede divina. Così neppure è giuramento, se uno semplicemente dicesse: giuro esser così. Ma s'intende ciò, purché altri non lo richiedesse allora a giurare per Dio, o per qualche santo, o altra cosa santa.

 

 

16. Il giuramento poi è di quattro sorte: assertorio, quando uno asserisce una cosa, e giura, che così va il fatto Promissorio, quando uno promette e giura di osservar la promessa. Esecratorio, o sia imprecatorio, dicendo per esempio: Dio mi castighi, se io non farò la tal cosa. Per ultimo comminatorio, quando uno dicesse: se non fai la tal cosa, giuro, che te ne farò pentire. Nel giuramento assertorio chi asserisce una cosa falsa, sempre pecca. Nel promissorio pecca chi giura senza intenzione di attender la promessa; ma se uno giurasse con animo di attender la promessa quando giura, ma poi non l'attendesse, e la cosa fosse di poco momento, è molto probabile, come dicono più dottori, che allora non pecca mortalmente, perché nel giuramento si chiama Dio in testimonio della volontà presente


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di promettere, non già dell'esecuzione futura della promessa.

 

 

17. Circa questo giuramento promissorio si debbono attender due regole; la prima, che il giuramento non può mai obbligare a fare una cosa illecita: Iuramentum numquam obligat ad illicitum. La seconda, che sempre che la cosa promessa è lecita, sempre obbliga il giuramento: Iuramentum servari debet, semper ac servari potest. Per esempio, se uno promette con giuramento ad un ladro di strada di mandargli quello che cerca, per timore delle minaccie che fa il ladro, è tenuto ad osservar la promessa? Sì signore, benché il ladro ingiustamente l'abbia costretto a far quella promessa, perché l'osservare la promessa è cosa lecita. potrebbe nulladimeno il promittente andare dal vescovo a farsi rilasciare quel giuramento; ed allora non sarebbe più tenuto alla promessa, mentre quella è stata estorta per timore. Ma potrebbe colui giurare, quando promette senza animo di giurare? No, ciò non si può fare; e dire il contrario è proposizione dannata da Innocenzo XI. al n. 25., la quale diceva: Cum causa licitum est iurare sine animo iurandi, sive res sit levis, sive sit gravis.

 

 

18. Quando poi il giuramento è esecratorio, o sia imprecatorio, allora solamente obbliga, quando vi è nominato il nome di Dio, o di altra cosa santa. Lo stesso corre per lo giuramento comminatorio. Quando non però il castigo minacciato col giuramento fosse ingiusto, allora il giuramento non obbliga; e così non obbligano quei giuramenti che fanno i padri verso i figli ingiustamente: Per Dio ti uccido, se non torni presto, ne non finisci questo lavoro, e cose simili.

 

 

19. Il giuramento per esser lecito dee esser fatto con tre condizioni, con verità, con giustizia, e con giudizio. Con verità, cioè che la cosa che si asserisce sia certa, onde pecca chi giura per una cosa dubbia. Con giustizia, per lo che pecca doppiamente chi giurasse di fare una cosa ingiusta, o sia illecita. Con giudizio, viene a dire che dee giurarsi per causa ragionevole, altrimenti è peccato veniale, non già mortale.

 

 

20. Bisogna avvertire di più, che chi giura il falso in giudizio avanti al giudice, fa doppio peccato, ed è peccato riservato colla scomunica; e se deponesse una cosa con danno del prossimo, sarebbe di più obbligato alla restituzione del danno. Il testimonio è tenuto a dir la verità, sempre che è interrogato legittimamente dal giudice. Ma io, padre, se diceva la verità, il prossimo passava guai, e per usare ad esso la carità ho detto, che non ne sapeva niente. Bella carità! e per far la carità al prossimo tu vuoi fare un peccato gravissimo, e condannarti tu stesso all'inferno? Così poi crescono i delitti: i testimoni negano quel che han veduto, i malfattori restano assoluti, e crescono i furti, gli omicidii, e tanti altri mali. Se quelli fossero castigati, non si sentirebbero tanti delitti.

 

 

21. Come poi si toglie l'obbligo del giuramento? Si toglie in più modi, coll'irritazione, colla dispensa o commutazione, e colla rilassazione. E per 1., si toglie coll'irritazione; questa si può fare da ognuno che ha la potestà dominativa, come padre, marito, tutore, prelato, badessa; e per far questa irritazione non vi bisogna causa. Per 2. colla dispensa o commutazione in altra opera, e questa dispensa o commutazione può farsi dal papa, o dal vescovo, ma vi bisogna la giusta causa. Per 3. colla rilassazione, e questa può farsi da' vescovi, e da tutti gli altri che hanno la facoltà episcopale.

 

 




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