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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione al popolo

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CAP. IV. Del sagramento dell'eucaristia.

 

 

1. Circa il sagramento dell'eucaristia ho più cose da dire. In questo sagramento Gesù Cristo ci dona il suo corpo e sangue sotto le specie di pane e di vino, acciocché si conservi in noi e si aumenti la sua grazia e 'l suo santo amore colla santa comunione. Sicché dobbiamo credere, che per le parole della consagrazione che dice il sacerdote nella messa, il pane ed il vino perdono la loro sostanza, e si convertono in corpo e sangue di Gesù Cristo, non restando altro del pane e del vino che le sole specie apparenti, il colore, il sapore, e la figura; in modo che è di fede, che nel ss. sagramento dell'altare vi è realmente tutto Gesù Cristo col suo corpo, anima, e divinità.

 

 

2. Dobbiamo conseguentemente credere, che Gesù Cristo, mentre sta in cielo, si ritrova anche realmente ed intieramente in tutti i luoghi della terra dove sta il pane consagrato; e che quando si divide la sagrosanta ostia, non già si divide Gesù Cristo, ma rimane intiero in ogni parte divisa di quell'ostia, come ha dichiarato il concilio di Trento1; e prima lo dichiararono il concilio niceno (appresso Bellarm.2), e 'l concilio lateranese sotto Innocenzo III.3.

 

 

3. L'effetto principale di questo sagramento è di conservare e perfezionare in noi la vita spirituale dell'anima. Siccome il pane terreno nudrisce il corpo, così questo pane celeste nudrisce l'anima, e la fa crescere nel divino amore. Ci serve ancora di medicina per purgarci da' peccati veniali, e preservarci da' peccati mortali. Antidotum, quo liberemur a culpis quotidianis, et a peccatis mortalibus praeservemur, dice il concilio di Trento4. Effetto ancora di questo sagramento è la risurrezione e glorificazione de' nostri corpi, che speriamo nel giudizio finale, secondo quel che disse Gesù Cristo: Qui manducat meam carnem, et bibit meum sanguinem, habet vitam aeternam, et ego resuscitabo eum in novissimo die5. Ma l'effetto da noi più desiderabile della santa comunione è, ch'ella ci unisce e ci fa una cosa con Gesù Cristo: Qui manducat meam carnem... in me manet, et ego in illo6.

 

 

4. Per poter ricevere poi questi santi effetti, è necessario stare in grazia di Dio; altrimenti chi riceve la santa comunione con coscienza di peccato mortale, riceve Gesù Cristo, ma non riceve la sua grazia, anzi riceve la sua disgrazia, e la sentenza della sua dannazione, come parla l'apostolo: Iudicium sibi manducat, et bibit; commettendo un sacrilegio enormissimo. Si narra, che una persona, stando in peccato mortale, andò a comunicarsi; ma che avvenne? la santa particola diventò come un coltello, che le tagliò la gola, e quella morì di subito avanti l'altare. Udite un altro fatto più terribile, che si legge nelle cronache teresiane7. Una certa zitella, avendo commessa una debolezza, per rossore non volle confessarla, e poi fece tre comunioni sacrileghe; ma dopo la terza comunione morì la sventurata immediatamente a' piedi dell'altare. Ma che? comparve il suo volto, non già nero, ma tutto risplendente. Onde tutti la chiamavano santa, santa, e perciò fu portata in giro per lo paese. Ma udite quel che accadde appresso, e tremate di fare una comunione in peccato mortale. Mentre un divoto religioso teresiano se ne stava nella sua cella, gli apparve un angelo la notte, nella quale il cadavere di quella miserabile stava nella chiesa, e non ancora era stato seppellito: l'angelo portò seco alla chiesa il detto padre, e poi gli comandò, che avesse aperta la bocca di quella morta zitella. Il padre aprì la bocca, e vi trovò tutte le tre particole ricevute da quell'infelice in peccato: le pose in una pisside; e dopo ciò il volto della morta non apparve più risplendente, ma nero, ed orribile.

 

 

5. Ritorniamo al nostro proposito. Chi stesse in peccato mortale, per potersi comunicare non basta che faccia un atto


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di contrizione, come basta nel ricevere gli altri sagramenti, ma dee confessarsene prima, e riceverne l'assoluzione. Solamente nel caso che alcuno avesse commesso un peccato grave, ma se ne fosse scordato, e poi fosse arrivato già all'altare, ed ivi si ricordasse del peccato, allora per evitare lo scandalo che darebbe, alzandosi per ritornare a confessarsi, basta che faccia un atto di contrizione, e può comunicarsi.

 

 

6. Questa è la disposizione necessaria per l'anima. In quanto poi alla disposizione del corpo, bisogna che la persona sia digiuna dall'ora di mezza notte, cioè che non abbia trangugiata alcuna cosa digestibile di cibo, o di bevanda; eccettoché se fosse inferma con pericolo di morte, perché allora può ricevere il ss. Viatico, ancorché non sia digiuna.

 

 

7. Queste sono le disposizioni assolutamente necessarie; ma per comunicarsi con maggior frutto bisogna tener l'anima purgata anche da' peccati veniali, almeno da quelli che sono deliberati, e fatti ad occhi aperti. Onde quelle anime fredde, che usualmente commettono peccati veniali, sono indegne di comunicarsi spesso. Il più che loro si può concedere è di comunicarsi ogni otto giorni, acciocché almeno ricevano dal sagramento vigore per non cadere in peccati mortali. Quelle persone all'incontro che non commettono peccati veniali deliberati, ed han desiderio di avanzarsi nell'amore di Dio, queste possono comunicarsi più spesso, secondo loro consiglierà il confessore. Dicea s. Francesco di Sales, che Gesù Cristo solo per amore a noi si dona, e così noi solo per amore dobbiamo riceverlo. La miglior disposizione dunque per la comunione è riceverla per crescere nell'amore verso Gesù Cristo.

 

 

8. Già si sa poi, che ogni cristiano è tenuto per obbligo grave a comunicarsi almeno una volta l'anno, adempiendo il precetto pasquale nel tempo di quindici giorni, che corrono dalla domenica delle palme sino alla domenica ottava di pasqua; e ciò sotto pena dell'interdetto di entrare in chiesa, e di esser privato di sepoltura ecclesiastica dopo la morte. Ognuno di più è tenuto a comunicarsi e prendere il santo viatico in pericolo di morte: dico pericolo, senza aspettare che l'infermo si riduca proprio al tempo quando è disperato; perché aspettando ciò, v'è pericolo di morire senza prendere il viatico, come è succeduto a molti.

 

 

9. Il comunicarsi dunque in questi due tempi, cioè nella pasqua, ed in pericolo di morte, è obbligo grave d'ogni cristiano, dichiarato dalla chiesa; ma dee sapersi in oltre, che difficilmente una persona si manterrà in grazia di Dio, se si comunica solo una volta l'anno, come fanno alcuni trascurati della loro eterna salute. Ciò si vede coll'esperienza, e si prova ancora colla ragione, perché stando lungo tempo l'anima senza questo cibo divino, difficilmente ha forza di resistere alle tentazioni, e così facilmente cade in peccato. Il ss. sagramento si chiama pane celeste, perché siccome il pane terreno conserva la vita del corpo, così questo pane celeste conserva la vita dell'anima. Onde ognuno si comunichi almeno ogni otto giorni, come si è detto; poiché quelle persone che fanno vita spirituale, fanno orazione mentale, e si astengono anche da' peccati veniali deliberati, si possono comunicare più volte la settimana, secondo il consiglio del confessore. Gli altri poi che menano vita più tiepida, acciocché almeno si possano mantenere in grazia di Dio, è bene che si facciano la comunione ogni domenica, o al più ogni quindici giorni.

 

 

10. I fanciulli poi debbono farsi comunicare subito che sono capaci d'intendere (come dice s. Tommaso1) la differenza che vi è tra questo pane divino ed il terreno. Alcuni figliuoli giungono più presto a questa capacità, alcuni più tardi; del resto, ordinariamente parlando, quest'obbligo della comunione non comincia ne' fanciulli se non dopo il nono o decimo anno, e non può differirsi oltre gli anni dodici, o al più ai quattordici. Sappiamo però, che s. Carlo Borromeo ordinò ai parrochi, che avessero procurato di far comunicare i figliuoli giunti che fossero al decimo anno. Ed in quanto a' fanciulli moribondi, quasi comunemente dicono i dottori con Benedetto XIV.2, che per questi non si desidera tanta età, ma basta che sieno capaci di confessione.

 

 

11. Bisogna comunicarsi, ma comunicarsi (come si è detto) in grazia di Dio, altrimenti la comunione diventerà


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veleno, o per meglio dire, laccio che strangola. Narra s. Cipriano1, che una donna cristiana, avendo fatta per timore della persecuzione un'azione contraria alla fede, ella per nascondersi venne alla chiesa, e si comunicò senza confessarsi. Ma che avvenne? l'ostia sagra le restò nella gola, la quale subito si gonfiò in tal modo, che la miserabile cominciando a tremare da capo a piedi spirò l'anima infelice.

 

 




1 Sess. 13. can. 3.

 



2 De euch. c. 20.

 



3 Can. 1.

 



4 Sess. 13. c. 2.

 



5 Io. 6. 55.

 



6 Ib. v. 57.

 



7 Tom. 1.



1 3. p. q. 80. a. 9. ad 3.

 



2 De synodo l. 7. c. 12. n. 3.



1 Serm. de lapsis.

 






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