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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto II. Del giuramento.

12. Quando si fa giuramento.

13. Di quanti modi è il giuramento.

14. Condizioni del giuramento lecito.

15. e 16. S'è lecito giurar coll'equivoco.

17. Chi giura senza animo di giurare.

18. Il giuramento non obbliga all'illecito.

19. In quanti modi si toglie l'obbligo del giuramento.

20. Dell'adiurazione e degli esorcismi.

12. Il giuramento si definisce: Invocatio nominis divini in testimonium veritatis. Fa dunque giuramento chi dice: per Dio, o per li santi, o per le cose sagre, o per le creature in cui risplende con modo speciale la bontà, o potenza di Dio, come per la chiesa, croce, sacramento, vangelo, anima, cielo, terra, ec. Ma non già chi giura per la coscienza, o per la fede sua (non intendendo già la fede divina); o chi dice: Viva Dio; Dio lo vede: è vero come il vangelo. O pure chi dicesse semplicemente: Giuro esser così, se non fosse che altri lo richiedesse a giurare per l'anima, vangelo, o altra cosa, come di sopra2.

13. Il giuramento può essere di quattro modi: Assertorio, quando si asserisce qualche cosa: Promissorio, quando si promette alcuna cosa con giuramento: Esecratorio, o sia imprecatorio, con dire per esempio: Dio mi castighi, se non farò la tal cosa. Di più, Comminatorio, quando per esempio si dice: Se non mi ubbidisci, per Dio te ne farò pentire. Quindi s'avverta, che nel giuramento assertorio pecca gravemente chi asserisce una cosa falsa. Pecca anche gravemente nel promissorio chi giura, senza animo di attendere la promessa: dico senz'animo, perché se alcuno ha l'animo di attenderla, ma poi non l'attende, e la cosa è di poco momento, allora è molto probabile con Soto, Suarez, Azor., Salmat., ec., che non pecca mortalmente3; perché nel giuramento s'invoca Dio come testimonio della volontà presente, non già della futura esecuzione della promessa. Se alcuno poi promettesse con giuramento, ma senza animo di giurare, o d'obbligarsi, peccherebbe mortalmente; nondimeno


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probabilmente non sarebbe tenuto alla promessa, almeno non sotto colpa grave, Sanch., Castropal., Ronc., s. Antonin. Salmatic. ec.1. Il giuramento poi esecratorio, quando in esso non v'è nominato Dio, è probabile che non obblighi sotto colpa grave. E lo stesso dicesi, quando è comminatorio; anzi se il castigo minacciato fosse ingiusto, il giuramento affatto non obbliga2. E perciò i giuramenti che fanno i padri di castigare i figli, per lo più non obbligano; perché si fanno o per cose inutili, o per passione disordinata3.

14. Per esser lecito il giuramento, vi bisognano tre cose, giudizio, giustizia e verità. Giudizio, viene a dire, che si giuri non vanamente, ma con ragionevol causa; il difetto però il giudizio non importa più che peccato veniale. Giustizia, che la cosa giurata sia giusta; e pecca gravemente chi giura di fare un cosa ingiusta, ancorché sia leggiermente ingiusta. Verità, che la cosa, la quale si asserisce con giuramento, sia moralmente certa, almeno in qualche modo4.

15. Qui si dimanda, s'è lecito giurar sull'equivoco. Altro è la bugia, altro è l'equivoco. L'equivoco può essere in più modi, o che la parole, o il sermone abbia doppio senso letterale, o pure ch'abbia un senso letterale, e l'altro spirituale o sia mistico. Equivoco si chiama ancora la restrizione non pura mentale; perché la pura mentale è affatto proibita, come si ha dalla proposizione 26 dannata da Innocenzo XI., in cui generalmente diceasi esser lecito il negare qualche verità, sempre che la persona dentro di sé intende qualche cosa vera. La pura mentale è, quando in niun modo il prossimo può avvedersi dell'equivoco. La non pura mentale è, quando dalle circostanze può il prossimo argomentare, che tu parli intendendo dentro di te altra cosa di ciò che significa per sé la proposizione. Per esempio, se sai una cosa sotto sigillo, puoi dire, non la so, cioè non la so in modo ch'io possa palesarla; come appunto disse Gesù Cristo, che non sapeva il tempo del giudizio finale: De die autem illo vel hora nemo scit.... neque Filius5. Intendendo, che non lo sapeva come uomo; o pure come meglio dicono Gotti e Tournely, che non lo sapevano ad revelandum6. E quando disse: Non ascendo ad diem festum7. Intendendo manifeste, mentr'egli occultamente già si portò al tempio. Quando dunque vi è giusta causa, ben possiamo lecitamente rispondere, ed anche giurare coll'equivoco, o colla restrizione non pura mentale, come comunemente dicono Soto, Gonet, Palud., Wigandt, Laym., Carden., Palud., Wigandt. Laym., Carden., Holzm, Salm., Tournely, Croix, Viva ec.8, perché allora non s'intende d'ingannare il prossimo (il che sempre è illecito), ma di permettere, ch'esso da sé s'inganni, giacché non sempre siam tenuti di rispondere secondo la mente di colui che interroga. Ciò non di meno non è lecito in giudizio, perché ciascuno che dal giudice è legittimamente interrogato, è obbligato a dir la verità, onde giurando con equivoco pecca contra la giustizia legale9.

16. Ma stando fuori di giudizio, dicono molti dd., che se taluno confessa già il suo peccato ad un confessore, interrogato poi da un altro può dire di non averlo commesso, intendendo di non averlo commesso in modo, che sia tenuto a confessarlo di nuovo. Si avverta qui non però, che ciascuno è obbligato a confessare l'abito fatto nel peccato, quando n'è interrogato dal confessore, come si ha dalla proposizione 58. dannata da Innoc. XI. Così parimente, se un povero tiene un solo pane, e vien richiesto a dar pane in prestito, può dire di non averne10; perché dalla circostanza della povertà ben possono gli altri argomentare, ch'egli parli in altro senso, cioè che non ha per darne ad altri. In questi e simili casi non di meno è più sicuro il rispondere: Oh volesse Dio che l'avessi! o pure:


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E chi tiene pane? e dove ci sta pane?1

17. Se uno giura senza animo di giurare, e senza animo di adempire la promessa, senza dubbio pecca mortalmente. Se all'incontro giura con animo di adempirla, ma senza animo di giurare, è probabile, che pecchi solo venialmente, perché allora non v'è altra colpa di nominare il nome di Dio in vano. E lo stesso è, se giura senza animo d'obbligarsi, perché tal promessa non è vero giuramento promissorio, né vera promessa. Se poi giura senza animo di adempire, ma con vero animo di giurare, allora pecca mortalmente, e tuttavia resta obbligato alla promessa, benché non abbia avuta intenzione d'obbligarsi; perché l'obbligo nasce allora dallo stesso giuramento, il quale per riverenza del divin nome obbliga a far vero ciò che si giura; purché colui sappia l'obbligazione del giuramento, che per altro non obbliga oltre l'intenzione di chi giura, come dice s. Tommaso2.

18. Il giuramento non può mai obbligare a fare una cosa illecita: e così neppure ad adempire una cosa inutile, o che impedisca un ben maggiore, come se la cosa fosse contra i consigli evangelici. Avvertendo non però, che quando il giuramento è fatto in favor del terzo, egli deve adempirsi, sempre che si può senza peccato. Onde chi giura di pagar l'usure, o di dare la sua roba al ladro, è obbligato a darla, benché poi se la possa compensare3. Ed è probabile ancora con Suarez, Sanchez, e La-Croix, che allora può giurare colla condizione sottintesa di dare, se non ottiene la rilassazione del giuramento dal prelato; sicché ottenuta la rilassazione non è più tenuto4. Che se poi la promessa venisse dalla stessa legge irritata per lo ben comune, come sarebbe la promessa del chierico alla concubina, o la rinunzia del foro ecclesiastico, o pure il giuramento estorto per timore sulla professione religiosa, o sul matrimonio o sponsali, allora è affatto nullo il giuramento5. Del resto ogni promessa fatta con giuramento s'intende fatta sempre colle condizioni, 1. Se la persona a cui la promessa è fatta, l'accetti, o non la rimetta. 2. Se lo stato delle cose non si muti notabilmente; o pure se non vi è qualche circostanza la quale se si fosse preveduta, non si sarebbe fatto il giramento. 3. Se non cessa la causa finale, per cui s'è fatta la promessa. 4. Se l'altra parte osserva la sua promessa. 5. Se i superiori non vietino l'esecuzione della promessa6. 6. Se la promessa può osservarsi senza grave danno7. Onde se prometti il segreto, non sei tenuto ad osservarlo con tuo danno grave; purché nol promettessi espressamente anche col tuo danno. Se poi promettessi il tuo segreto anche col pericolo della vita, è probabile che non sei tenuto8. Così ancora se prometti di non palesare qualche segreto per medicare i morbi, non sei obbligato a celarlo, quando altrimenti alcuno stesse in grave pericolo di morte9.

19. Come si toglie l'obbligo del giuramento? 1. Coll'irritazione, che si può fare da ognuno il quale ha la podestà dominativa, come padre, marito, prelato, badessa, tutore ec. E ciò ancorché sia in pregiudizio del terzo, in quei contratti che da' suddetti superiori possono irritarsi10. 2. Colla dispensa o commutazione, che può farsi da coloro che possono dispensare o commutare i voti11. 3. Colla rilassazione, che può farsi da' prelati ecclesiastici co' loro sudditi; ed anche da' delegati che possono dispensare i voti12. Qui si noti per 1., che il giuramento fatto in beneficio del terzo può dallo stesso terzo rilasciarsi, come insegna s. Tommaso13 colla comune. E ciò (come dicono molti dd.) ancorché il giuramento sia fatto ad onore di Dio, quando la promessa va tutta a beneficio del terzo, come del monastero, della chiesa, o del povero14. Si noti per 2., che per l'irritazione non vi bisogna causa, ma sì bene per la dispensa,


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commutazione e rilassazione1. Si noti per 3., che quando la promessa è giurata, e dal terzo accettata, non può da altri rilasciarsi, che dal terzo medesimo, quando v'interviene contratto. Ond'è che il giuramento, o sia voto di perseveranza, che si fa in alcune congregazioni, come nella ven. congregazione de' padri della missione di s. Vincenzo de Paoli, e nella nostra minima del ss. Redentore, non può esser rilasciato da altri che solamente dal papa, o dal superior maggiore della congregazione; poiché un tal giuramento (o voto) assume la natura di contratto, che v'interviene tra il soggetto e la congregazione: mentre la congregazione s'obbliga a sostentare ed istruire il soggetto, ed all'incontro il soggetto s'obbliga a servire la congregazione, e così ha dichiarato il n. ss. pont. Benedetto XIV. nella bolla, Convocatis §. 32. data fuori a' 25 di novembre del 1749., e lo stesso ha confermato nella bolla, Inter praeteritos, §. 5. num. 66. a' 3 di dicembre dello stesso anno 17492. Notisi per ultimo, che la promessa giurata, ancorché sia accettata dal terzo, ben può rilasciarsi dal superiore, quando ella fosse in pregiudizio del suo ius, o in danno comune, o quando il giuramento fosse stato estorto per timore3.

20. Qui parlano i teologi ancora dell'adiurazione, la quale si fa, allorché si prega un altro a rispondere in nome di Dio; o pure in suo nome si comanda, come si fa negli scongiuri degli ossessi cogli esorcismi; i quali ben possono lecitamente farsi da ciascuno in privato, ma solennemente solo posson farsi da' ministri di chiesa, e colla licenza dell'ordinario. E chi mai fa tal officio, si guardi di domandare cose vane e curiose; ma si serva di detti esorcismi a solo fine di evitare i danni, e liberare l'ossesso dalla vessazione del demonio4.




2 Lib. 3. n. 133. ad 138.



3 Lib. 3. n. 172.



1 N. 172. v. An autem.



2 N. 134. ad 6. et 143.



3 Lib. 3. n. 186. et 187.



4 Ex n. 144. ad n. 150.



5 Marc. 13. 32.



6 Tourn. t. 4. de incarn. quaest. 11. art. 2. v. Quo autem.



7 Ioan. 7.



8 Lib. 3. ex n. 151.



9 N. 155.



10 Lib. 3. n. 163.



1 Lib. 3. n. 153. et seq.



2 N. 172. v. Quaeritur.



3 N. 177.



4 N. 172. in fin.



5 N. 177. v. Aliter.



6 Lib. 3. n. 180. 187. et 188.



7 N. 183.



8 N. 971. v. Hoc quoad.



9 N. 183. v. Iuramenta.



10 N. 189.



11 N. 190.



12 N. 192.



13 2. 2. q. 89. a. 9. ad 2.



14 N. 192.



1 Lib. 3. n. 192.



2 N. 255. v. Notandum.



3 N. 192.



4 L. 3. Append. de adiur.






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