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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto III. Del voto.

21. 22. e 23. Dell'animo d'obbligarsi.

24. Della materia possibile e migliore.

25. Del voto fatto per mal fine.

26. Del voto di non cercar dispensa.

27. Di ammogliarsi.

28. Di non fare più voti.

29. Diverse cose notabili.

30. Del voto condizionato.

31. Del voto disgiuntivo; e di chi soddisfa senza memoria del voto.

32. Se passa il tempo.

33. Della colpa in differire.

34. Del voto di religione.

35. Della mutazione della materia.

36. e 37. Dell'irritazione.

38. Della commutazione.

39. e 40. Della dispensa e delle sue cause.

41. Se 'l voto è fatto in utile del terzo.

42. a 44. Chi possa dispensare.

45. a 50. De' voti riservati.

51. Se 'l papa possa dispensare ne' voti solenni.

21. Il voto si definisce: Promissio facta Deo deliberata, de bono possibili et meliori. Andiamo spiegando la definizione. Si dice per 1. Promissio: s'intende la promessa fatta con animo d'obbligarsi con obbligo grave: a differenza del mero proposito, che (parlando per se stesso) non obbliga neppure con obbligo leggiero. Ond'è che il voto fatto senza animo di promettere, né di obbligarsi, è affatto nullo. All'incontro ben è tenuto al voto chi vuol promettere ed obbligarsi, quantunque non voglia adempirlo; o pure che vuol promettere e soddisfare, sapendo già l'obbligo del voto, benché non l'avverta riflessivamente, perché chi vuole l'antecedente, vuole ancora il conseguente5. Se alcuno poi volesse promettere, ma non obbligarsi, diciamo, che costui peccherebbe ma secondo la sentenza più probabile non sarebbe tenuto al voto, ancorché sapesse l'obbligo del voto, perché quando l'obbligo nasce dalla propria volontà, niuno può restare obbligato, se non ha volontà d'obbligarsi. E tal peccato (soggiungiamo), ordinariamente parlando, non sarebbe che veniale, se ciò non si facesse già nel far la professione religiosa o nel prendere gli ordini sacri; poiché allora sarebbe certamente mortale, Les., Sanch., Suar., Salm., ec.6. Anzi se alcuno si ordinasse senza volontà d'obbligarsi alla castità,


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questi resterebbe a quella tenuto, almeno per lo precetto della chiesa1. In dubbio nonperò della volontà d'obbligarsi, si presume ordinariamente esservi già stata in ciascun voto che si fa. E lo stesso corre in dubbio, se siasi o no avvertito l'obbligo del voto, per la regola generale, che quilibet actus praesumitur rite factus. In dubbio poi se la promessa è stata voto o proposito, diciamo, che allora si presume voto, quando la persona si ricorda di aver creduto nel far la promessa di peccare se poi non l'avesse adempita2.

22. Si dice per 2. Deliberata, mentre per l'obbligo del voto si richiede in primo luogo il perfetto uso di ragione. Onde il voto del fanciullo, s'egli è stato fatto prima de' sette anni, non obbliga, se non costa dell'uso di ragione; ma s'è stato fatto dopo il settennio, nel dubbio obbliga, perché allora ben si presume esservi stato il perfetto uso di ragione, per quel che ordinariamente accade. E lo stesso dicesi nel dubbio, se 'l voto è stato fatto prima o dopo il settennio per la regola poco anzi mentovata, che ogni atto si presume ben fatto3.

23. In secondo luogo si richiede la deliberazione piena e libera di volersi obbligare al voto. E perciò il voto fatto per meto ingiusto da altri incusso ad estorquere il voto, egli è nullo: e non sole se 'l voto è solenne (il che è certo), ma anche se è semplice, secondo la sentenza più probabile4. E così parimente è nullo il voto, s'è stato fatto per errore (ancorché supino) quando l'errore è stato circa la sostanza, o circa qualche circostanza sostanziale. Anzi probabilmente dicono Suarez e Sanchez con s. Tommaso5, che ogni errore anche intorno le circostanze accidentali libera dal voto, sempreché il voto non si sarebbe fatto, se da principio fosse stato avvertito l'errore: Id liberare (son parole del santo dottore) a voti vel iuramenti obligatione, quod si a principio notum fuisset, ea fieri impediret6.

24. Si dice per 3. d'un bene possibile e migliore. Si dice possibile, perché altrimenti non tiene il voto. Se poi fosse possibile solo in parte, e potesse dividersi, sarebbe valido solo per la parte possibile. E così parimente deve adempirsi il principale voto, se l'accessorio non può soddisfarsi; ma per contrario, se 'l principale è impossibile, non v'è obbligo di adempire l'accessorio7. Si dice di più, d'un bene migliore, mentre anch'è nullo il voto, quando la materia è d'un bene inferiore o pure indifferente, se non fosse che per le circostanze si rende migliore8.

25. Si domanda qui per 1. Se sia irrito il voto fatto con mal fine. Si distingua: Se il fine è pravo ex parte voventis, come per esempio se taluno facesse voto di digiunare per ricavar lode umana dallo stesso atto di fare il voto, allora è valido. È nullo poi se 'l fine è pravo ex parte rei votae, come se alcuno promettesse il digiuno per esser lodato nel fare il digiuno, o pure per risparmiare la spesa col digiunare. Se poi costui facesse il voto per ottenere da Dio qualche cosa temporale, o pure se 'l fine è posto in condizione (v. gr. se uccide il nemico), il voto è certamente valido9. Di più notisi qui, che se uno facesse voto di fare qualche peccato, ancorché veniale, peccherebbe mortalmente; perché vorrebbe che passasse in onore di Dio una cosa ch'è di suo disonore10. E lo stesso dicono del giuramento di fare un peccato Elbel, March. e Turian11, benché in ciò spesso l'ignoranza scusa i rustici.

26. Si domanda per 2. Se vale il voto di non cercar dispensa. Si risponde che sì, purché indi non si veda, che la dispensa sia più utile al profitto spirituale di chi ha fatto il voto12.

27. Si domanda per 3. Se vale il voto di ammogliarsi. Ordinariamente non vale, ancorché il voto fosse di prendersi una povera o meretrice, se pure


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non si facesse il matrimonio per togliere lo scandalo, o per riparare l'onor tolto: ovvero posto che l'uomo voglia già accasarsi, e non volesse avvalersi d'altri rimedi per contenersi, avendo già sperimentata la sua incontinenza1.

28. Si domanda per 4. Se vale il voto di non fare più voti. Vale se alcuno è troppo facile a far voti, con pericolo poi di non osservarli. Onde se appresso fa altro voto, egli pecca; ma il secondo voto è valido, purché non abbia fatta l'intenzione che tutti i voti futuri sieno invalidi, e questa intenzione non l'abbia rivocata, come già s'intenderebbe fatta la rivocazione, se colui avesse fatto il secondo voto ricordevole già del primo2. Se alcuno poi facesse più voti incompossibili, sarebbe tenuto al più degno; e se fossero uguali, al più antico, secondo la sentenza più comune3.

29. Parlando poi dell'obbligo del voto, debbono avvertirsi più cose e per 1. Se la materia è grave, il voto obbliga gravemente; ma se uno volesse obbligarsi a quello sotto obbligo leggiero, è più probabile che resti obbligato solamente sub levi4. Se poi la materia è leggiera, niuno benché voglia può obbligarsi col voto a quella con obbligo grave. Che se taluno facesse voto di far per ciascun giorno d'un anno un'opera leggiera, in tal caso, quando il voto è fatto per modum unius, ad sollicitandam obligationem (come si giudica, ordinariamente ne' voti reali), allora omettendo l'opera per tempo o in materia notabile, peccherebbe gravemente. All'incontro se 'l voto è fatto in honorem diei, ad finiendam obligatione (come si stima ne' voti personali, per esempio di dire una Salve Regina il giorno), allora le omissioni sono solamente veniali5. Per 2. l'erede è tenuto per giustizia a tutti i voti reali del suo testatore, e questi dee soddisfarli prima de' legati, ma dopo i debiti dovuti per giustizia dal defunto6. Per 3. È lecito al padre di famiglia il far voti reali, ancorché leda in qualche parte (ma moderatamente) la legittima de' figli. Ciò non di meno non può farlo egli in morte, perché allora dee disporre de' suoi beni secondo vogliono le leggi7. Per 4. Non può il padre obbligare i figli a' voti da lui fatti in nome loro; né le comunità possono obbligare i soggetti futuri8. Per 5. i voti personali debbono soddisfarsi dal medesimo che gli ha fatti; ma i reali possono soddisfarsi per altri9.

30. Per 6. Parlando de' voti condizionati, avvertasi, che se la condizione è turpe o impossibile, il voto non tiene10. Se un figlio fa voto, per esempio di digiunare, sotto la condizione del consenso di suo padre, egli non pecca, se lo prega a non consentire. Peccherebbe all'incontro, se con inganno ne ottenesse il dissenso: ma allora più probabilmente resterebbe già libero dal voto, perché già non si adempirebbe allora la condizione apposta11. Per 7. Chi fa voto di castità con questa condizione per esempio, se Dio per un anno lo libera da colpa grave e poi cade: Se cade a posta per liberarsi dal voto, costui pecca ancora contro del voto: altrimenti poi se pecca per mera fragilità12. Per 8. Chi fa voto se giuoca, di soddisfare qualche pena, basta che paghi la prima volta. Ma se facesse voto di non giuocare sotto tal pena, allora quante volte giuoca, dee pagar la pena, eccettoché giuocando affatto si dimenticasse del voto13.

31. Per 9. Chi fa un voto disgiuntivo, e poi elegge a soddisfare una delle parti, egli è tenuto a quella, benché dopo l'elezione l'altra parte si rendesse impossibile. Altrimenti poi se una delle parti si rende impossibile prima dell'elezione, poiché allora non è tenuto a niente: purch'egli non sia stato in colpevol dimora di non eleggere. Fatta non però l'elezione, è probabile che sempre possa eleggere la parte che vuole14. Per 10. Chi fa voto di sentir la messa per ogni giorno, probabilmente nelle feste


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non è tenuto a sentirne due. Chi fa voto di dire il rosario, basta che ne reciti la terza parte; e certamente soddisfa dicendolo accompagnato. Chi fa voto di digiunare in tutti i sabati, non è tenuto probabilmente, se in tal giorno viene la nascita del Signore, purché espressamente non abbia anche ciò promesso1.

32. Per 11. Se alcuno soddisfa l'opera del voto, ma senza ricordarsi del voto, non è tenuto ad altro, perché ciascuno ha la volontà generale di adempire prima le cose dell'obbligo, e poi di mera divozione: così insegnano comunissimamente Lessio, Sanchez, Laymann, ecc.2. E vedi al cap. X. num. 120. in fin. Molti dicono, che chi ha ragione probabile di aver già soddisfatto all'obbligo del suo voto, non è tenuto ad altro; così de Lugo, Laym. Roncaglia, Bossio, Viva, ed i Salmaticesi3. Ma noi teniamo il contrario, come abbiamo detto al cap. I. num. 17. in fine.

33. Si domanda per 1. Se uno facendo voto di digiunare in alcun giorno determinato, passando quel giorno, sia poi tenuto al voto? non è tenuto, se 'l giorno è apposto ad finiendam obligationem: il che in dubbio si presume ne' voti personali, come di sopra si è detto. Altrimenti poi se 'l giorno è apposto ad sollicitandam obligationem, come si presume ne' voti reali4.

34. Si domanda per 2. Per quanto tempo stimasi che alcuno pecchi gravemente, differendo il soddisfare al voto. Se 'l voto è perpetuo, come è il voto di religione, pecca gravemente (come dicono i dd.) se differisce oltre i sei mesi senza causa, poiché se egli è giovinetto, con qualche giusta causa può lecitamente differirlo anche per tre o quattro mesi. Se 'l voto poi è a tempo, come di rosari, pellegrinaggi e simili, dicono Castrop. i Sal., Trull., Garzia e Croix, che pecca gravemente, quando lo differisce per due o tre anni5. Il voto indeterminato (per esempio di dire il rosario ogni giorno) s'intende fatto in perpetuo6. In dubbio non però del più o del meno, basta che la persona soddisfi alla minor parte di cui si dubita, come si ha dal cap. Ex parte, de censib.7

35. Si domanda per 3. Se uno fa voto di religione, a che è tenuto. Se ha fatto voto semplicemente di religione, egli è obbligato ad entrarvi, ed anche a permanervi; altrimenti uscendosene senza giusta causa, peccherebbe gravemente: se non fosse ch'egli avesse inteso di solamente sperimentare. Per altro sarebbe giusta causa di uscire, se trovasse tale stato di vita superiore alle sue forze: o pure vi sperimentasse una grave e lunga mestizia. Se poi ha fatto voto anche di professare, egli è tenuto ad adempirlo, ancora con suo grave incomodo; purché non li riuscisse lo stato religioso affatto intollerabile. Avvertasi di più, che chi ha fatto voto di religione, se non viene ammesso ne' monasteri della provincia, non è tenuto ad andar fuori. E se ella è donna non è obbligata ad andar fuori della patria8.

36. L'obbligo poi del voto per prima si toglie da sé per la mutazione della materia, come quando occorre qualche notabile circostanza nuova o non preveduta, che se fosse stata avvertita, non si sarebbe fatto il voto (vedi al n. 23.); o pure quando la materia si rendesse inutile o impossibile: che se il voto può adempirsi in parte e comodamente, ben deve a quella soddisfarsi9. Per secondo si toglie l'obbligo del voto coll'autorità de' superiori, coll'irritazione, colla commutazione, e colla dispensa.

37. L'irritazione può farsi da tutti coloro che hanno la podestà dominativa, come sono i genitori, tutori, prelati, mariti ed altri conforme si è detto di sopra n. 19. E ciò ancorché i voti fossero futuri, non ancor fatti dal figlio, pupillo ec., e benché non vi fosse causa sufficiente d'irritarli, almeno una tale irritazione senza causa non sarà colpa grave10. Sicché il padre e l'avo paterno in difetto del padre ed anche la madre (purché non contraddica il padre) possono irritare tutti i voti, così degl'impuberi


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(anche in dubbio se 'l voto è stato fatto prima o dopo della pubertà), come de' puberi quando il voto è reale, e 'l pubere non è nell'età minore, né ha beni propri; che se poi il voto fosse personale, anche possono irritarlo, quando pregiudicasse al governo domestico. Lo stesso dicesi de' tutori e curatori1. Notisi, che quando il voto è stato fatto in tempo dell'impubertà, il padre può irritarlo, quantunque il figlio sia fatto pubere, purché il figlio non l'abbia ratificato, con sapere già, che il voto era infermo2. Di più i prelati di religione anche locali, purché il prelato primario non abbia approvato il voto, possono irritare tutti i voti (fuorché quello di passare a religione più stretta) de' loro sudditi professi, poiché i voti de' novizi possono solamente sospenderli. Ciò si concede anche all'abbadessa (ma non il dispensare) da molti dd., come Suarez, Bonac., Filliuc., Salmat., ec.3. Avvertasi per altro, che i voti fatti prima della professione, tutti per quella poi restano estinti4. Di più i mariti possono irritare tutti i voti delle mogli, benché non pregiudicassero alla famiglia o al matrimonio, come molto probabilmente dicono Soto, Sanchez, Prado, i Salmat. ec. Ed anche i voti da eseguirsi dopo la morte de' mariti, v. gr. di religione o di castità, come dicono Sanc., Soto, i Salmat. ec. contra Navar. e Gaetano5. I voti nondimeno fatti prima del matrimonio non può irritarli il marito, ma solamente sospenderli in quanto gli fossero di pregiudizio6. I voti poi de' mariti non possono irritarsi dalle mogli, se non in quanto loro pregiudicassero, come sarebbe il voto d'un lungo pellegrinaggio, ed anche il voto non petendi debitum, il quale per altro più probabilmente in quanto al marito ordinariamente è irrito da sé, come di materia inetta7.

38. Si noti qui per 1., che i voti de' sudditi più probabilmente con s. Tommaso non sono irriti da se stessi, ma son validi, finché non s'irritino da' superiori; perché i sudditi, sebbene debbon tenere la volontà soggetta a' superiori, non sono però di quella privi8. Si noti per 2., che il superiore (come padre, prelato o marito) può validamente irritare i voti del suddito, ancorché gli avesse un tempo approvati, poiché egli non può, benché volesse, togliersi quella facoltà che gli concede la legge anche naturale. Si è detto validamente, perché irritandogli senza giusta causa non sarebbe scusato almeno da colpa veniale, ma non peccherebbe gravemente, come dicono Soto, Suar., Bonac., Valenz., Spor., Peirin. ed altri9.

39. La commutazione poi de' voti non può farsi che coll'autorità della chiesa, almeno per quando la commutazione si fa in opera alquanto minore o dubbiamente eguale, perché se fosse evidentemente eguale, dicono molti autori, come Lessio, Sa, Salmat., Bonacin. ec., che possa farsi la commutazione anche dalla stessa persona che ha fatto il voto10. Ma più mi piace la sentenza opposta con s. Tommaso, Gaetano, Suarez ed altri, perché la commutazione (come dice l'angelico) è un contratto, che non può farsi senza il consenso del prelato. All'incontro ammettono comunemente i dd., come Suarez, Azorio Valenza, Laymann ed altri, che ben può farsi la commutazione dalla stessa persona in meglio, perché il meno è compreso nel migliore. E qui si noti per 1., che se la commutazione si fa in opera migliore, non vi si richiede causa; altrimenti poi, se si fa in eguale. Del resto basta per causa giusta la minorazione del pericolo della trasgressione, ed anche basta la maggior propensione del soggetto, e se l'opera è dubbiamente eguale, basta per una notabile molestia nell'adempimento. Se poi l'opera si commuta in un ' altra minore, è probabile con Sanc., Tamb., Candido ec., che validamente e lecitamente si adempisca la minore, se poi


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si supplisce con un'altra opera aggiunta1. Si noti per 2., che chi ha la facoltà di commutare i voti, non può commutarli se non in opere eguali: s'intende moralmente eguali, in modo che non apparisca eccesso notabile manifesto, secondo la sentenza comune2. È molto probabile, che i voti reali possano commutarsi in personali, ed i personali in reali, come dicono Suar., Laym., Castrop., Salm. ec.3. Si noti per 3., che fatta la commutazione del voto, sempre è lecito di ritornare al primo, ancorché la commutazione fosse fatta in meglio; purché il secondo voto non si accetti come nuovo, come ben dicono Castropal. Prado, ec.4. Ma se mai l'opera commutata si rendesse impossibile, si dimanda se v'è obbligo di ritornare la primo voto. Vi è, se la commutazione s'è fatta per propria elezione; altrimenti poi, se si è fatta per autorità della chiesa; e ciò ancorché l'opera si fosse renduta impossibile per colpa propria5. Si noti per 4., che chi ha la facoltà di commutare per altri (e lo stesso corre nel dispensare), l'ha ben anche per se stesso, come insegnano Suarez, Azor., Sanch., Salmat., Prado ed altri con s. Tommaso, il quale6 espressamente insegna, che 'l prelato può anche dispensare con se stesso nel voto fatto7.

40. Per la dispensa finalmente del voto si richiede maggior causa, che per la commutazione. Le cause sufficienti per la dispensa sono per 1. il bene della comunità, o della chiesa, o della famiglia, o pure dello stesso soggetto, per esempio se la dispensa si stimasse di maggior suo profitto, come si ha dal cap. Magnae, de voto; o s'egli fosse in pericolo di trasgredire il voto, o fosse angustiato dagli scrupoli. Per 2. la difficoltà notabile per l'adempimento del voto. Per l'imperfezione di libertà, o di deliberazione, v. gr. se alcuno ha fatto il voto, quand'era impubere, o spinto dallo sdegno, o da timore intrinseco d'incendio, naufragio ec.; o da timore estrinseco leggiero. Per 4. se cessa la causa impulsiva del voto8.

41. Si noti per 1., che se veramente v'è stata la giusta causa, ma il prelato ha dispensato con mala fede, credendola ingiusta, la sua dispensa probabilmente è valida, ancorché sia stata concessa dal delegato, come dicono Suar., Ponz., Sanch. ec.9. All'incontro se il prelato ha dispensato in buona fede, ma la sua causa certamente non è stata sufficiente, la dispensa è nulla secondo la sentenza più vera: vedasi ciò che si è detto al cap. II. n. 53. Si è detto certamente, perché in dubbio il possesso sta per lo valore della dispensa10. Se poi la causa non bastasse per la dispensa, può ella farsi con aggiungere qualche commutazione11.

42. Si noti per 2., che se il voto è fatto in utile del terzo, e questo terzo è determinato, cioè il tal povero, la tale chiesa, il voto non può dispensarsi, sempre ch'è stato accettato dal povero, o dal rettore di questa chiesa. Ma se 'l voto è stato fatto per un povero indeterminato, può dispensarsi, ancorché da alcuno fosse stato già accettato. E lo stesso dicono probabilmente molti dd., come Gaetano, Navarr., Viva, Trullench., Enriqu., etc. (contra Suarez, Sanchez, ec.), de voto fatto principalmente in onore di Dio, e secondariamente in benefizio del terzo per alcun riguardo particolare, v. gr. della di lui povertà, bontà, ec., perché allora il povero non acquista vero ius alla cosa promessa, o pure l'acquista dipendentemente dalla volontà di Dio, al quale principalmente la promessa è stata fatta12. Ma avvertasi, che ciò s'intende delle promesse totalmente gratuite, ma non già delle mutue, come avviene ne' voti e giuramenti di perseveranza che si fanno nelle comunità religiose; poiché allora quelli assumono la ragion di contratto, siccome si è


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spiegato di sopra al num. 19. coll'autorità del pontefice Benedetto XIV.1.

43. Si noti per 3., che la facoltà di dispensare i voti l'hanno tutti i prelati, che han la giurisdizione ordinaria nel foro esterno, come sono 1. Il papa a rispetto di tutti i fedeli. 2. I vescovi a rispetto de' loro sudditi: ma non i loro vicari, né i parrochi, né i penitenzieri. 3. I prelati regolari così in quanto a' professi, come ai novizi; benché avessero fatto il voto nel secolo (come dicono Lessio, Sanch. e Busemb.): almeno possono sospenderli in quanto pregiudica al nuovo stato di vita2. 4. I confessori mendicanti, che colla licenza de' loro superiori possono dispensare i voti de' secolari, anche fuori di confessione, giusta la sentenza comune di Lessio, Nav., Sanch., Pal., Salm. etc.3. Possono essi ancora dispensare il voto di passare a religione più stretta. Il che è concesso ancora a' vescovi, i quali co' sudditi che han voto di entrare in qualche religione d'osservanza, possono dispensare, acciocché vadano ad un'altra di meno osservanza. Soto, Less., San., Led., Salm., ecc.4.

44. Tutti i superiori che han la podestà ordinaria, possono certamente delegarla a ciascun chierico, che abbia ricevuta almeno la prima tonsura. E conforme possono dispensare cogli altri, così anche con loro stessi; Suar., Sanch., Less., Bon., Laym., Gaet., Ponzio, Castrop., ec., s. Tommaso5. E chi può dar la dispensa ne' voti, può darla ancora ne' giuramenti6.

45. Se poi possa il vescovo dispensare i voti de' pellegrini, che per breve tempo si ritrovano nella sua diocesi. La più probabile è, che non possa, se non quando il pellegrino abita ivi per la maggior parte dell'anno. Ma la contraria non è improbabile, come dicono Suarez, Castropal., Sanch., Salas, e i Salm., ec., perché (come dicono) i pellegrini, anche stando per breve dimora in un paese, si fan sudditi del di lui vescovo, sicché son ben tenuti alle leggi di tal luogo dove si trovano; e così è giusto che godano i privilegi de' sudditi; si legga quel che si è detto al capo II. n. 41. e 42.

46. Si noti per 4., ch'è riserbata al papa la dispensa de' cinque voti, cioè di religione, di castità e de' tre pellegrinaggi, alla terra santa, alla chiesa di s. Pietro e s. Paolo in Roma, e a s. Giacomo in Compostella. In caso non però di urgente necessità, e quando non è facile ricorrere al papa, essendovi nella dimora pericolo di grave danno spirituale, o temporale, come di scandalo, violazione del voto, risse, allora a' suddetti voti possono dispensare, secondo la sentenza comune, anche i prelati inferiori di sopra nominati7.

47. In più casi poi i detti voti non sono riservati, e 1. Se son fatti sotto obbligo leggiero. 2. Se son fatti per timore estrinseco da altri incusso, benché leggiero, perché allora già non son fatti con piena libertà. 3. Se 'l voto non è perfetto secondo la materia riservata, come sarebbe nella castità il voto solamente di non accasarsi, di non fornicare, di non cercare il debito coniugale, ed anche il voto di conservare la verginità, quando la persona non intende di promettere l'astinenza da ogni atto venereo, ma la sola conservazione del pregio della verginità. Così neppure è riservato il voto di castità a tempo, né il voto di far voto di castità, o di religione; né il voto di prendere gli ordini sagri, perché questo non è voto di castità già fatto, ma faciendo. Così neppure il voto di andare in Roma, se non è fatto per causa di devozione, e specialmente per visitare i ss. apostoli. Neppure son riservate le circostanze del voto, come di andare a piedi, o mendicando, o tra un mese8. Neppure è riservato il voto disgiuntivo, v. g. o di religione, o di digiunare; e ciò ancorché siasi eletta la parte riservata,


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come probabilmente dicono i Salmat. con altri molti, perché, anche fatta l'elezione, sempre resta la libertà di tornare ad eleggere l'altra parte del voto1. Al voto poi di castità, dopo che si è contratto il matrimonio, possono ben dispensarvi così i vescovi, come i mendicanti, ancorché il voto siasi fatto prima del matrimonio2.

48. Si dubita per 1. Se conforme è riservato il voto, sia riservato ancora il giuramento di castità. Altri dd. dicono di sì, perché la promessa giurata include il voto, il quale non è altro che la promessa. Ma da altri meglio si risponde, che quando la persona intende ligarsi con due vincoli, cioè del voto e del giuramento, restabene obbligata al voto ch'è riservato; ma altrimenti poi dee dirsi, se taluno ha voluto obbligarsi col solo vincolo del giuramento, volendo, che 'l suo proposito, o sia promessa non obbligatoria, si fosse renduta irrevocabile, non già dal ligame del voto, ma dall'obbligo del giuramento, che per altro obbliga meno del voto, come dice s. Tommaso3; così Sanchez, Valenza, e Lopez. Ed in dubbio se costui ha voluto o no ligarsi con tutti i due vincoli di giuramento e di voto, non s'intende ligato dal voto, per la regola comunemente accettata da' dd. che 'l voto dubbio non obbliga4.

49. Si dubita per 2. Se commutandosi il voto riservato, resta riservata anche la materia commutata. Alcuni dicon di sì; ma è comune la sentenza contraria, perché sebbene la materia commutata porti seco lo stesso obbligo del primo voto, nulladimeno non essendo ella riservata, non porta seco la stessa riserba, la quale è addetta solamente alla prima materia5.

50. Si dubita per 3. Se 'l voto penale, o condizionato in futuro di castità, religione, o de' tre pellegrinaggi, sia riservato. Si risponde colla sentenza più probabile di Toledo, Castropal., Prado, Salm., Sanch., ecc., che no, perché tali voti non procedono da affetto assoluto alla virtù. Altrimenti non però dee dirsi, se il voto è fatto già per mero affetto alla virtù, e la condizione solamente si appone, acciocché il voto vaglia, per quando si stima tolto l'impedimento ad osservarlo, come per esempio, quando alcuno facesse voto di farsi religioso sotto la condizione se muore sua madre; poich'egli allora è veramente già mosso a fare il voto dal desiderio di perfezione, ma perché non può eseguirlo per non potere abbandonare la madre, perciò vi appone la condizione6.

51. Si dubita per 4. Se 'l papa possa dispensare ne' voti solenni de' chierici in sacris, e de' religiosi. In quanto a' chierici è più probabile, che possa, con s. Tommaso, e colla più comune: purché vi sia una causa urgentissima7. Si è detto co' chierici, ma non già co' sacerdoti, come vuole la sentenza comune8. E siccome co' chierici, così anche è più probabile che 'l papa possa dispensare co' religiosi9.




5 N. 201.



6 N. 201. Qu. 2.



1 Lib. 6. n. 809. Dub. 2.



2 Lib. 3. n. 201. Qu. III.



3 Lib. 3. n. 196.



4 N. 197.



5 In 4. sent. dist. 38. q. 1. a. 3. ad 1.



6 L. 3. n. 198. et 226.



7 N. 202.



8 N. 204.



9 N. 206.



10 N. 205.



11 N. 146. v. 5. Venialiter.



12 N. 208.



1 Lib. 3. n. 209.



2 N. 210.



3 N. 210. v. Notandum.



4 N. 214.



5 N. 212.



6 N. 214.



7 N. 215.



8 N. 216.



9 N. 217.



10 N. 219.



11 N. 218.



12 Ibid. v. At si.



13 N. 223.



14 N. 224. not. 3.



1 Lib. 3. n. 224. et 226.



2 N. 224. in fin.



3 Ib. et l. 1. n. 76.



4 Lib. 3. n. 220.



5 N. 221.



6 Loc. cit. v. Votum.



7 Ibid.



8 L. 4. ex n. 72.



9 L. 3. n. 225.



10 N. 228.



1 Lib. 3. n. 229. et 230.



2 N. 238.



3 Lib. 3. n. 233., et lib. 4. n. 54.



4 Lib. 3. n. 237. v. Non potest.



5 N. 234.



6 N. 237.



7 N. 135.



8 N. 231.



9 N. 239.



10 N. 244.



1 Lib. 3. n. 244. et 245.



2 N. 247.



3 Ibid. Notandum.



4 N. 248.



5 N. 249.



6 2. 2. q. 185. a. 8.



7 L. 3. n. 249. circa fin.



8 N. 252. et 253.



9 Lib. 1. n. 181.



10 Lib. 3. n. 251.



11 N. 254.



12 N. 255.



1 Lib. 3. n. 255. v. Notandum.



2 N. 237. v. Quaer. in fin., et 256.



3 N. 257. v. Imo.



4 N. 257.



5 2. 2. q. 185. a. 8. - Lib. 3. n. 256. v. Quaer.



6 N. 190. et 254.



7 N. 258. v. Not. l. et II.



8 Lib. 3. n. 258. Not. 5.



1 Lib. 3. n. 224. v. Quaer.



2 Lib. 6. n. 1128.



3 2. 2. q. 89. a. 8.



4 Lib. 3. n. 259. v. In dubio.



5 N. 260.



6 Lib. 3. n. 261.



7 Lib. 6. n. 1059.



8 Ibid.



9 Lib. 3. n. 256. v. Quaeritur.






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